[A cura di: Virginio Trivella Coordinatore del Comitato tecnico scientifico Rete Irene]
La pubblicazione della bozza della nuova Strategia Energetica Nazionale consente di ipotizzare che nella prossima legge di bilancio l’ecobonus potrebbe essere oggetto di modifiche rilevanti.
LE CRITICITÀ
La nuova SEN ha attribuito grande importanza al miglioramento dell’efficienza energetica dello stock immobiliare nazionale, mostrando un cambio di passo qualitativo rispetto alla Strategia del 2013. Non altrettanto si può dire sotto un profilo quantitativo. I tassi di riduzione di emissioni e consumi ipotizzati nella SEN per il settore degli edifici – nei diversi scenari presentati – appaiono infatti ben poco ambiziosi rispetto alle potenzialità e anche rispetto al risparmio annuo dell’1,5% prospettato nella nuova direttiva EED in elaborazione.
Difficilmente si tratta di obiettivi compatibili con gli impegni COP21. L’assenza di una roadmap impedisce di avere una chiara visione degli obiettivi specifici e di verificare l’adeguatezza degli strumenti adottati. Di conseguenza, anche gli impegni risultano vaghi, poco vincolanti e probabilmente sottodimensionati.
DEEP RENOVATION
Rete IRENE ha contribuito alla consultazione sulla SEN suggerendo di affidare alla deep renovation un ruolo più ambizioso rispetto a quello prospettato nella Strategia, più coerente con le potenzialità ancora non espresse dal settore. Molti Paesi stanno annunciando la propria via all’eccellenza energetica. Quella italiana potrebbe essere declinata in un ambizioso programma di riqualificazione del patrimonio immobiliare, dimensionato su un tasso annuo di efficientamento profondo di almeno il 3%.
Per marcare un punto di svolta, la SEN ha bisogno di mostrare maggiore orientamento e determinazione. Uno degli aspetti su cui è stata posta maggiore attenzione è la centralità degli strumenti di stimolo. La loro ottimizzazione, volta a rendere i meccanismi incentivanti molto più efficaci, è un passaggio necessario, senza il quale qualunque obiettivo di trasformazione dello stock immobiliare resta irraggiungibile.
Il contributo di Rete IRENE si è concentrato soprattutto sul processo di ottimizzazione, che deve essere percorso senza errori. L’omissione di una chiara definizione degli obiettivi, unita all’incompletezza e incoerenza degli strumenti incentivanti, sono i principali difetti che hanno confinato l’ecobonus, nel suo primo decennio di esistenza, in un ambito assai più angusto rispetto a quello che oggi è richiesto dalle più pressanti esigenze di contenimento di consumi ed emissioni, e che le sue potenzialità di contribuzione allo sviluppo economico e sociale del Paese rende auspicabile.
Molti sono i benefici che potrebbero essere colti attraverso un vasto piano di riqualificazione non solo energetica di lungo periodo, in termini di sviluppo dell’occupazione, miglioramento delle condizioni ambientali, sanitarie, di sicurezza e sociali, oltre a un possibile posizionamento internazionale di spicco dell’industria italiana del retrofit degli edifici.
Considerata la trasversalità dei motivi di interesse e la dimensione di un piano che potenzialmente è di entità straordinariamente vasta, è però necessario, ancor prima di individuare i più consoni dettagli tecnici di un efficace strumento di incentivazione, focalizzare l’attenzione sul costo della policy e sulle risorse necessarie.
POLICY E RISORSE
Gli incentivi per le ristrutturazioni edilizie hanno avuto origine, più che da esigenze di stimolo del settore, da motivazioni di natura fiscale. L’attuale intensità del contributo (50%) rappresenta il compromesso tra le contrapposte esigenze del contenimento della spesa pubblica e dell’attivazione di una sufficiente addizionalità fiscale. Per la riqualificazione energetica si è ritenuto che l’attivazione della domanda necessitasse intensità di contribuzione maggiori (65-70-75%). Intensità ancora superiori (fino all’85%) sono state introdotte nella legislazione fiscale a sostegno del miglioramento delle caratteristiche sismiche degli edifici.
Si è giustamente posto il problema della verifica della sostenibilità di tali livelli di intensità. Mentre il CRESME e l’ENEA sostengono che la policy di incentivazione mostra per il bilancio pubblico (e ancor più per il sistema-Paese) un saldo positivo, secondo uno studio dell’Agenzia delle Entrate le attività indotte dall’incentivazione genererebbero maggiori imposte in misura inferiore a quelle a cui lo Stato rinuncia concedendo gli incentivi. Questa conclusione giustificherebbe la cautela sistematicamente adottata dal Ministero dell’Economia e dalla Ragioneria Generale dello Stato a fronte di proposte di stabilizzazione o di potenziamento degli strumenti di stimolo, finalizzate a migliorarne l’efficacia e a moltiplicare il ricorso agli incentivi.
Deve però essere evidenziato che le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate si basano esclusivamente sui dati relativi agli interventi di ristrutturazione edilizia, che non sono adeguati a valutare il costo della policy di stimolo per la riqualificazione energetica. Il gap tra l’addizionalità riscontrata dall’Agenzia sugli incentivi per le riqualificazioni edilizie (alle condizioni attuali) e quella che consentirebbe di rendere positivo il saldo economico della policy è piuttosto modesto. Si può quindi ritenere che, grazie alla maggiore intensità delle detrazioni e in virtù dei nuovi meccanismi di cessione recentemente introdotti, già l’attuale configurazione degli incentivi per la riqualificazione energetica sia caratterizzata da un’addizionalità economica e fiscale sufficiente ad assicurarne la sostenibilità.
Perfezionamenti aggiuntivi del meccanismo, in grado di superare le barriere ancora esistenti e di attivare gli interventi che oggi per vari motivi non si realizzano, ne migliorerebbero ulteriormente l’addizionalità economica, rafforzando la capacità della policy di autosostenersi e rendendo superflui i criteri cautelativi fin qui adottati dal Ministero dell’Economia. In ogni caso, altre risorse potrebbero confluire (soprattutto a sostegno del settore pubblico) attraverso un percorso di progressiva riallocazione dei sussidi ambientalmente dannosi che, oggi, è posto all’attenzione dei decisori politici.
L’adozione di schemi di valutazione del costo netto della policy che computino correttamente l’addizionalità economica specifica e gli effetti moltiplicativi settoriali è un prerequisito necessario di una Strategia ambiziosa e di ampio respiro. Considerazioni del tutto analoghe valgono per l’incentivazione del miglioramento sismico degli edifici.
IL CONDOMINIO
Queste considerazioni preliminari consentono di riconsiderare la preoccupazione per il costo dei singoli interventi che, a giudicare dalle notizie apparse, sta orientando gli estensori della proposta di riordino. Se il costo della policy di stimolo non è un problema ma piuttosto un’opportunità di sviluppo, l’obiettivo del perfezionamento del sistema di incentivazione dovrebbe essere, almeno in una prima fase, non tanto la minimizzazione del rapporto costo-efficacia, quanto la massimizzazione della capacità di stimolo.
Nell’attuale, acerba, fase di mercato, in cui la riqualificazione profonda degli edifici è estranea alle prassi manutentive e i consumatori tendono a dare maggior peso ai risparmi attuali piuttosto che a quelli futuri, criteri eccessivamente stringenti o di complessa applicazione rischiano di introdurre nuovi ostacoli, soprattutto in un ambito difficile come quello condominiale, con la conseguenza di restringere ulteriormente le attività che il mercato è propenso a realizzare, piuttosto che di attivare un virtuoso percorso di trasformazione e crescita.
L’ipotesi di modulare l’intensità di detrazione in relazione al risparmio atteso, astrattamente corretta, può comportare difficoltà operative notevoli in presenza di una domanda immatura, soprattutto se abbinata a un sistema sanzionatorio particolarmente rigoroso. Più efficace, ai fini della promozione degli investimenti, è un sistema di semplice applicazione, che non necessiti previsioni sofisticate (spesso soggettive e manipolabili) ma che favorisca gli interventi che hanno caratteristiche tali da orientare la trasformazione degli edifici verso il paradigma NZEB, anche per fasi, se condotte nell’ordine temporale corretto.
La semplificazione di requisiti e procedure è più efficace, ai fini di un’ampia diffusione degli interventi, della ricerca della massima efficienza. L’introduzione di limiti di costo dovrebbe essere esclusivamente funzionale al mantenimento di un elevato valore di addizionalità degli incentivi. Dovrebbero invece essere adottati i provvedimenti in grado di abbattere le barriere che ancora ostacolano le decisioni di investimento, che non hanno solo natura economica (l’intensità dell’incentivo è già sufficientemente elevata) ma soprattutto di altro tipo. Prioritaria è la rimozione degli ostacoli finanziari e il corretto indirizzamento delle scelte dei cittadini verso gli interventi di deep renovation, anche rimuovendo gli attuali ostacoli tecnici posti dai requisiti minimi obbligatori.
Molti suggerimenti, anche di dettaglio, per migliorare efficacia, addizionalità e sostenibilità del sistema di incentivazione sono contenuti nel documento presentato da Rete IRENE in fase di consultazione sulla SEN. A una prima fase di sviluppo, che avrebbe la finalità di innescare un vasto processo di profonda trasformazione del patrimonio edificato nazionale, potrebbe seguirne una di consolidamento, nel medio periodo, con l’introduzione di criteri di efficientamento obbligatorio (mandatory renovation), anche settoriali, in connessione a momenti chiave (trigger points), e con la revisione dei criteri di accesso agli incentivi, in un’ottica di ottimizzazione dell’allocazione delle risorse. Non prima, però, che la riqualificazione energetica sia diventata una prassi socialmente accettata e diffusa.