[A cura di: Cgia di Mestre]
Le tariffe pubbliche cominciano a scendere: purtroppo non tutte, anche se quelle interessate dalla contrazione avvenuta nel 2015 pesano sui bilanci delle famiglie italiane in misura superiore. Rispetto al 2014, infatti, la tariffa del gas è scesa del 3,7 per cento, la Tari del 3,3 per cento, l’energia elettrica dell’1,3 per cento e i trasporti ferroviari dello 0,5 per cento. Per contro, invece, tornano ad aumentare i costi dei servizi telefonici dello 0,4 per cento, i pedaggi autostradali dell’1,1 per cento, i taxi dell’1,2 per cento, i trasporti urbani del 2,9 per cento, i servizi postali del 5,6 per cento e l’acqua potabile del 9,3 per cento.
“Da 20 anni a questa parte – fa notare il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – mai come nel 2015 si è verificato un calo così significativo nel numero delle 10 voci tariffarie prese in esame da questo studio. A nostro avviso le ragioni di questo trend sono riconducibili alla riduzione dei prezzi dei prodotti petroliferi avvenuti nell’ultimo anno e alla dinamica dell’inflazione, che per il 2015 dovrebbe risultare prossima allo zero per cento”. Un ragionamento a parte, invece, merita la contrazione registrata dalla Tari. Introdotta per la prima volta nel 2014, l’anno scorso i costi per le famiglie della raccolta e smaltimento dei rifiuti avevano toccato un picco massimo di aumento (+10,7 per cento) mai registrato negli ultimi 10 anni. “È’ presumibile che quest’anno molti sindaci abbiano calibrato meglio le tariffe – prosegue Zabeo – cercando di ridurle per le fasce di popolazione più deboli e venendo incontro alle sacrosante rimostranze sollevate dalle famiglie che in più di una occasione hanno chiesto una riduzione del costo del servizio commisurandolo all’effettiva quantità di rifiuti prodotta”.
LA TARI
La Cgia fa presente che, nel caso della variazione dei prezzi della voce raccolta rifiuti, i dati Istat relativi al 2015 evidenziano un andamento differente rispetto a quanto determinato, di recente, da alcuni centri di ricerca che indicano come i costi sostenuti per la Tari (relativamente ad alcune specifiche tipologie familiari) siano in crescita rispetto al 2014. Tale differenza può essere dovuta a diversi fattori:
a) l’Istat determina l’indice della raccolta rifiuti attraverso la costruzione di un prezzo medio sulla base delle informazioni relative alle metrature occupate e alle numerosità delle diverse fasce in cui si articolano i nuclei familiari; i lavori degli altri centri di ricerca si basano, invece, su casi specifici (scelta di una famiglia tipo);
b) l’Istat ha registrato per la voce rifiuti un incremento sensibile già nel biennio precedente e in particolare nel 2014 con l’introduzione della Tari. È verosimile che nell’anno successivo (2015) i comuni abbiano “preso le misure” con il nuovo sistema introducendo in alcuni casi sconti e riduzioni (in particolare per le famiglie con più componenti) che si traducono in una diminuzione del prezzo finale;
c) si fa infine presente che il dato per il 2015, calcolato sulla base della media dei primi 11 mesi dell’anno, potrebbe subire alcune minime variazioni con la pubblicazione degli indici di dicembre (a metà gennaio 2016); in ogni caso, nonostante la flessione dell’ultimo anno, l’aumento della tariffa dei rifiuti nel medio-lungo periodo (ultimi 10 anni) si conferma molto elevata e più che tripla rispetto all’inflazione.
CONFRONTI EUROPEI
Sebbene in calo, le tariffe di luce e gas applicate in Italia sono tra le più elevate dei Paesi che utilizzano la moneta unica. Per quanto riguarda l’energia elettrica, solo la Germania (295,1 euro ogni 1.000 Kw/h) presenta un costo più elevato del nostro (245 euro). La media dell’area Euro si attesta a 218 euro. I confronti elaborati dall’Eurostat sono riferiti alla classe media di consumi domestici annui compresi tra 2.500 e 5.000 Kw/h, tasse incluse.
Anche nel caso del gas, ci piazziamo al secondo posto. Nell’area dell’Euro il prezzo più elevato viene applicato in Portogallo: 97 euro ogni 1.000 Kw/h. In Italia, invece, la tariffa ammonta a 76,6 euro ogni 1.000 Kw/h, contro una media europea di 70,8 euro. In questo caso, la comparazione eseguita dall’Eurostat è riconducibile alla classe media dei consumi domestici annui compresi tra 20 e 200 Gj, tasse incluse.
“Nonostante le liberalizzazioni avvenute in questi ultimi 15 anni – conclude Zabeo – l’aumento della componente fiscale presente nelle tariffe energetiche ha frenato la riduzione del costo per le famiglie italiane. Insomma, nonostante una maggiore concorrenza, i vantaggi economici per gli utenti sono stati abbastanza modesti”.
La situazione si capovolge quando confrontiamo i prezzi dell’acqua, dei biglietti dei treni e quelli dei bus: in Italia abbiamo le tariffe più basse d’Europa. Se la tariffa dell’acqua potabile applicata a Roma era di 1,62 euro al mc, tra le capitali europee solo ad Atene il costo era inferiore: 1,51 euro. Per quanto concerne il prezzo del biglietto del treno, invece, la media calcolata a Milano e Roma (ticket di sola andata in seconda classe per 200 Km) è pari a 27,81 dollari. Tra le città esaminate solo in Spagna (media dei prezzi praticati a Barcellona e Madrid) il prezzo è più basso: 27,23 dollari. Infine, per quanto concerne i prezzi dei biglietti di bus, tram e metro non temiamo confronti. Il prezzo medio praticato a Milano e Roma è il più contenuto tra le maggiori grandi città d’Europa. Se da noi un biglietto di sola andata sulla rete del trasporto pubblico per circa 10 Km costa 1,62 dollari, a Barcellona/Madrid il prezzo sale a 2,15, a Parigi 1,95 e a Berlino/Francoforte a 2,93 dollari. Tra le città analizzate quella più cara è Stoccolma: nella capitale svedese il prezzo del ticket è pari a 4,17 dollari.
“Il 2015 – dichiara il segretario della Cgia Renato Mason – si chiude senza inflazione. Nonostante il calo generalizzato dei prezzi, però, le famiglie consumano sempre meno, con ripercussioni negative anche per gli artigiani, i commercianti e le tantissime piccole imprese che vivono quasi esclusivamente di domanda interna. Un quadro, quello dell’inflazione, che sembra non essere destinato a mutare in misura sostanziale nemmeno nel 2016, visto che le previsioni ci dicono che l’andamento nazionale dei prezzi dovrebbe attestarsi su un dato medio pari al +1 per cento”.