Si è svolto il 28 febbraio il workshop sul tema della decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento a livello urbano, organizzato dall’Osservatorio Smart City presso Università Bocconi, al quale è stata invitata a partecipare Assoedilizia in qualità di ente patrocinatore.
I sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento possono generare una serie di benefici di tipo economico, sociale ed ambientale e ridurre gli inquinanti locali e le emissioni climalteranti.
Le città offrono il contesto ideale per implementare reti di teleriscaldamento e nel workshop sono stati presentati anche casi pilota nella realtà milanese.
I lavori si sono aperti con l’introduzione di Edoardo Croci, Coordinatore Osservatorio Smart City, GREEN, Università Bocconi, che ha illustrato l’idea di Milano come laboratorio sul tema: “L’aspetto più interessante è il passaggio a sistemi di fonti rinnovabili o di valori di scarto da impianti industriali o da acque reflue e o superficiali. E in prospettiva anche la geotermia”.
Giuseppe Ferrari, Coordinatore Osservatorio Smart City, Dipartimento di Studi Giuridici Angelo Sraffa, Università Bocconi, ha chiarito che si tratterà soprattutto dell’illustrazione di case studies e ha centrato il suo intervento su come la normativa internazionale ambientale penetri nell’ordinamento giuridico italiano, dalle convenzioni Onu del 1972 e del 1992 sino al protocollo di Kyoto e alle normative Ue dal 1998 in avanti, in parte vincolanti e in parte indirizzi risultati di faticose mediazioni. In Italia, ha spiegato Ferrari, si formano la legge 308/92 e 10/91 e il quadro italiano si completa con il Dlgs 38/2011. Inoltre, conclude Ferrari “Il Dlgs 102/2014 tenta anche di definire l’efficienza, con le percentuali minime di provenienza da valori di scarto o fonti rinnovabili e la definizione di realizzazione delle reti come opere di urbanizzazione primaria. Si aggiungono negli anni incentivazioni fiscali e da ultimo il Pnrr con 200 milioni per sviluppare 230 km di rete di teleriscaldamento efficiente o per il recupero di valori di scarto”.
Sono poi iniziate le relazioni con Giuseppina Sordi, direttore area Energia Clima del Comune di Milano: “L’obiettivo del Comune – ha detto Sorgi – è ridurre le emissioni di gas sera del 45% per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2025. E’ prevista una serie di azioni, dal piano di de carbonizzazione dell’energia termica come modulato dalla direttiva Ue. Sul teleriscaldamento innovativo ci son o progetti pilota che partono da progetti di riqualificazione urbana come dove il rinnovo del parco urbano di molti edifici consente interventi complessivi sulla rete di teleriscaldamento. Poi la missione centro città Climate City Contract che anticipa al 2030 la decarbonizzazione di alcune aree coinvolgendo stakeholder come A2A”.
Per evitare la povertà energetica il sostegno a interventi dei produttori di energia per lo sfruttamento di fonti non fossili sarà condizionato a programmi di quartiere e monitoraggio delle famiglie in difficoltà economica per la spesa energetica, e su questo ultimo aspetto il Comune preparerà un piano specifico entro il 2024. Gli interventi diretti del Comune si indirizzeranno sulla mobilità elettrica e sugli edifici di proprietà comunale e di Erp. “Gli elementi di criticità – ha concluso Sordi – sono soprattutto la normativa datata; per noi i sistemi di teleriscaldamento non sono più lo strumento più adeguato, così come il tema dell’Iva, che è al 22% quando le reti sono meno efficienti ma l’utenza non può certo scegliere a quale rete allacciarsi”.
Per l’altro maggiore interlocutore milanese sui temi del riscaldamento è intervenuto Michele Rota, Responsabile Sviluppo Teleriscaldamento, A2A Calore & Servizi S.R.L, che ha illustrato lo stato del sistema di teleriscaldamento e teleraffrescamento a Milano, dove il teleriscaldamento è iniziato negli anni Novanta ma si è sviluppato soprattutto negli ultimi 20 anni, con 375 km di rete, 3500 punti di fornitura e 1,081 GWht di calore venduto. ”L’obiettivo – ha detto Rota – è di sviluppare il sistema, che attualmente serve il 10-12% del potenziale. E aspettiamo di capire quale sarà il modello tariffario che Arera predisporrà entro il 2024. Gli sviluppi che abbiamo portato avanti vanno comunque nella direzione voluta, con gli accumuli termici con i serbatoi in costruzione e già realizzati, con il recupero geotermico da pozzi realizzati a suo tempo per controllare l’acqua di falda ma anche da edifici privati, con il calore dall’acquedotto nel quartiere Comasina e con lo scambio termico con recupero dal surplus dell’impianto di teleriscaldamento di San Donato”.
Luca Alberto Piterà, Segretario Generale, AiCARR – Associazione italiana Condizionamento dell’Aria, Riscaldamento e Refrigerazione, ha centrato il suo contributo su come i progettisti possano realizzare strategie in linea con gli obiettivi: “Oltre 220 milioni di edifici, l’85% del patrimonio – ha esordito Piterà – sono stati costruiti prima del 2001 e ora abbiamo una serie di norme europee, già recepite nell’ordinamento italiano, in particolare l’ultima che ha cambiato l’obiettivo da prescrittivo e prestazionale ma con obblighi sull’esistente, anche nell’ottica delle comunità energetiche”. Piterà ha poi illustrato alcun e soluzioni tecniche, a partire dallo scambio di calore mantenuto dalla centrale termica in collegamento con più edifici e con una pluralità di fonti di energia rinnovabile e con le reti di teleriscaldamento.
Altro caso illustrato quello di un complesso ospedaliero con grandi distanza tra generatore punto di consumo e temperature elevate da raggiungere per la sanificazione e obbligo di coprire con la cogenerazione gran parte del fabbisogno: “Il 75% di copertura generale è assicurato: la percentuale di calore cogenerato è all’82 per cento e per l’energia elettrica e al 66% per quella termica”.
La valutazione economica dei benefici del teleriscaldamento è stato oggetto dell’intervento di Annamaria Bagaini, Research Fellow, Università Bocconi (l’intera ricerca è disponibile cliccando qui). “Ciò che manca è la capacità di monetizzare i benefici generati: la ricerca sviluppato serve a un monitoraggio standardizzato relativo ai benefici per sistema energetico, ambiente e utente finale”.
Per il sistema energetico – ha spiegato Bagaini – si calcola efficienza energetica, incremento della sicurezza degli approvvigionamenti (minore dipendenza dalle fonti tradizionali) e del sistema elettrico (minori e più brevi interruzioni) e il recupero del calore prodotto dai cascami termici. I benefici per l’ambiente standardizzabili in euro/tonnellata sono la diminuzione della produzione di CO2, la riduzione gli inquinanti locali e delle superfici per lo stoccaggio dei rifiuti. IL beneficio per l’utente finale si misura con l’incremento di comfort e la esclusione di incidenti e infortuni da impianti individuali sostituiti da quello centralizzato. “Un caso concreto è stato analizzato sul recupero di calore per teleriscaldamento dalla centrale termoelettrica di Cassano d’Adda: i benefici – ha concluso Bagaini – sono soprattutto individuabili nella minore emissione di CO2 e degli inquinanti locali”.
Dopo le relazioni si è svolta la tavola rotonda sulle esperienze di recupero di calore rinnovabile nelle smart cities: “Modelli, risultati e replicabilità a livello nazionale e internazionale”, moderata da Tania Molteni, Research Fellow GREEN Università Bocconi.
A iniziare è stato Emanuele Emani, Consigliere Consiglio Ordine nazionale dei Geologi: “Quasi metà della CO2 prodotta proviene dai riscaldamenti urbani e oggi le pompe di calore restano quelle che permettono in migliore sfruttamento delle fonti di calore naturali geotermiche, soprattutto se sono collegate in reti cittadine specificamente laddove non esistono reti di teleriscaldamento; l’Ikea di Parma e Milano si riscaldano già con la geotermia”.
Adele Manzella, Geofisica e Primo Ricercatore CNR ha illustrato i numerosi vantaggi della geotermia: potenziale illimitato, continuità di produzione, resilienza ai fattori climatici, tecnologie mature o in rapida evoluzione con notevoli competenze italiane e scarsa dipendenza dai materiali esteri. “In Cina, per esempio – ha detto Manzella – la prima cosa è stata la formazione, poi le limee guida con normativa adeguata, un piano di supporto per la prima parte dello sviluppo”.
Mentre Francesco Mascolo, Ad MM Spa, società del Comune di Milano che ha acquisito compiti di gestione del servizio integrato della città, tra cui appunto l’acqua (con acquedotto, fognatura e depurazione), le case popolari comunali e la manutenzione delle scuole: “Il recupero di calore delle acque reflue in un sistema di maglie chiuse intercomunicanti, una delle caratteristiche di Milano. Quel calore recuperabile, circa il 15% del calore degli edifici, finisce nelle nostre fognature e stiamo lavorando sulle mappe d’uso per individuare i tratti di fognatura adatti per estrarre il calore, cioè con requisiti minimi di portata di 10 litri al secondo e intervallo termico di 10°, facilità di pulizia e manutenzione dell’impianto: poi basta deporre uno scambiatore di calore sul fondo della fognatura corrispondente alle utenze e si riesce a riscaldare le rispettive utenze con una pompa di calore”. Il sistema ha un costo relativamente alto rispetto al recupero dell’investimento, della durata di circa 10 anni, e questo è un deterrente, ha concluso Mascolo: “Potremmo fare molto in casa, però non abbiamo trovato una filiera italiana di produzione e ci siamo dovuti rivolgere in centro Europa”.
Luca Rigoni, Presidente e Amministratore Delegato A2A Calore & Servizi S.R.L., ha dato un quadro molto realistico e non troppo ottimistico: “Oggi da A2A circa 1,5 TWh viene prodotto con energia rinnovabile, corrispondete al fabbisogno di una città come Brescia. Dobbiamo però calare le traiettorie di decarbonizzazione alla nostra realtà: ogni fabbrica ha una sua peculirità per il recupero di calore e poi hanno dei periodi di chiusura, perciò abbiamo investito tantissimo negli accumulatori. In Finlandia il ritorno economico è facile: l’energia elettrica è praticamente gratis e hanno contributi in conto capitale sugli investimenti. Ci piacerebbe però un aiuto, e non c’è alcuno stimolo perché un cliente finale cambi la caldaia che produce CO2. E sulla geotermia profonda dobbiamo fare ogni volta studi molto precisi e lunghi”.
L’ultimo intervento, di Lorenzo Spadoni, Presidente AIRU – Associazione Italiana Riscaldamento Urbano, ha evidenziato il potenziale del teleriscaldamento in Italia: si tratta di 52,9 TWh al 20230 con 8 milioni di tonnellate di CO2 risparmiabili, mentre oggi il potenziale è di 13,5 TWh. Ma “mettere a terra” tutto il potenziale, ha detto Spadoni “Vuol dire investire decine di miliardi di euro infrastrutture. Attirando investimenti con regola adeguate e coerenti che comprendano anche i temi in discussione, dai certificati bianchi per il teleriscaldamento alle norme attuative per la direttiva Ue case green e alla revisione degli incentivi fiscali”.
A cura di Saverio Fossati