I sacchetti che ci vengono venduti alla cassa del supermercato, che portiamo a casa carichi dei prodotti acquistati, e che poi magari riutilizziamo per imbustarvi i rifiuti domestici, sono conformi alla norma che li vorrebbe comportabili? Nella metà dei casi, no. È il risultato sconfortante emerso dalla campagna di monitoraggio di Legambiente sul rispetto della legge sulle buste di plastica nella grande distribuzione organizzata.
IL DATO REGIONALE
Su 37 sacchetti per la spesa prelevati presso punti vendita della grande distribuzione, ben 20, pari al 54% del totale, sono risultati non conformi alle disposizioni vigenti peraltro già da anni.
Sono 5 le regioni in cui, nel periodo tra novembre e dicembre 2014, sono stati prelevati i sacchetti irregolari: Campania (7 sacchetti), Basilicata (6), Puglia (3), Calabria (3) e Lazio (1). Dividendo questo dato per provincia, la situazione è la seguente: Potenza (6 sacchetti fuori legge), Avellino, Bari e Napoli (3), Vibo Valentia (2), Benevento, Catanzaro e Roma (1).
LE AZIONI LEGALI
Secondo Legambiente, “Siamo di fronte ad un diffusa situazione di illegalità nel settore delle buste per l’asporto delle merci, nonostante abbiamo evitato di fare verifiche sui tanti piccoli negozi commerciali e sui mercati rionali, dove la situazione è ancor più evidente a causa di una azione capillare da parte di alcuni distributori che vendono, anche on line, sacchetti palesemente fuori legge. Il bando sui sacchetti di plastica è in vigore da anni, la norma è molto chiara e le multe previste dallo scorso mese di agosto 2014 sono salate.
In seguito alla presentazione di questo nostro dossier ci aspettiamo che forze dell’ordine e magistratura si attivino per fermare l’illegalità. Legambiente, da parte sua, presenterà un esposto”.
I SACCHETTI REGOLARI
I sacchetti monouso biodegradabili e compostabili conformi alla legge, che possono essere utilizzati anche per la raccolta differenziata della frazione organico dei rifiuti, devono avere quindi:
– la scritta “biodegradabile e compostabile”;
– sul sacchetto la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002”;
– il marchio di un ente certificatore, che tutela il consumatore come soggetto terzo.
I sacchetti che non riportano queste specifiche danno un’informazione sbagliata e non sono conformi alla legge.
IL COMPOSTABILE
La norma europea UNI EN 13432 “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi” definisce le caratteristiche degli imballaggi compostabili o dei materiali che possono essere definiti tali, quindi che possono essere riciclati attraverso il recupero organico (compostaggio e digestione anaerobica).
Un materiale plastico, per essere definito compostabile deve avere queste caratteristiche: * biodegradabilità: è la capacità del materiale di essere convertito in anidride carbonica (CO2), grazie all’azione di microrganismi, pari al 90% del totale da raggiungere entro 6 mesi (180 giorni); * disintegrabilità: è la frammentazione e perdita di visibilità nel compost finale e la frazione visibile deve essere inferiore al 10% della massa iniziale;
* assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio;
* assenza di metalli pesanti e assenza di effetti negativi sulla qualità del compost finale.
PREVISIONI DI LEGGE
Era il dicembre 2006 quando, grazie ad un emendamento dell’allora senatore Francesco Ferrante alla legge finanziaria 2007 (n. 296/2006), in Italia viene approvato il bando sulla commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili con una visione di progresso tecnologico e di sostenibilità dell’ambiente, con un percorso che ancora nessun altro stato in Europa ha del tutto avviato. Alla legge finanziaria 2007 sono seguite diverse norme, la principale delle quali (decreto legge n. 2 del 25 gennaio 2012, convertito nella legge n. 28 del 24 marzo 2012) ha ulteriormente definito i dettagli del bando. Gli unici sacchetti commercializzabili secondo l’art. 2 della legge n. 28 del 2012 sono:
* Sacchi compostabili monouso per l’asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo le certificazioni rilasciate dagli organismi accreditati;
* Sacchi riutilizzabili realizzati in plastica tradizionale che abbiano la maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e superiore a 200 micron se destinati all’uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi;
* Sacchi riutilizzabili realizzati in plastica tradizionale che abbiano la maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all’uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi.
Inoltre, per favorire il riutilizzo del materiale plastico proveniente dalle raccolte differenziate i sacchi riutilizzabili realizzati in plastica tradizionale devono contenere una percentuale di plastica riciclata di almeno il 30% per quelli ad uso alimentare e di almeno il 10% per gli altri usi (art. 2, comma 3 della Legge n. 28/2012).
La proposta di direttiva europea definita nella primavera del 2014, alla fine della scorsa legislatura europea, ha fatto proprio l’impianto della normativa italiana.
QUALI SANZIONI
Grazie alla Legge n. 116 dell’11 agosto 2014 (conversione del D.L. n.91/2014 – decreto competitività) dal 21 agosto 2014 sono entrate in vigore le sanzioni per chi commercializza, anche a titolo gratuito, sacchetti di plastica non compostabili o comunque non conformi alla legge n. 28 del 2012. Per chi commercializza sacchetti non conformi o false “buste-bio” le sanzioni amministrative pecuniarie vanno dai 2.500 euro ai 25.000 euro. La multa può essere aumentata fino al quadruplo del massimo (quindi 100.000 euro), se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi per l’asporto oppure un valore della merce superiore al 20% del fatturato del trasgressore (art. 4, legge 28/2012). All’accertamento delle violazione provvedono gli organi di polizia amministrativa.