[A cura di Luigi Rinzivillo – coordinatore Lazio di Valore Aggiunto Impresa]
Un “cigno nero” : così Taleb potrebbe definire “l’ospite inatteso e scomodo” che si è imbucato nelle nostre vite, stravolgendole a tal punto da modificare la percezione stessa che ognuno di noi ha di quel che lo circonda e che ora vediamo dalla finestra o dal monitor di un PC che abbiamo sistemato in qualche angolo di casa, magari l’unico lasciato libero dal resto della famiglia.
“Un cigno nero” è un evento imprevedibile, che sconvolge l’ordine stabilito, con conseguenze incalcolabili. Un fulmine a ciel sereno caduto su tutto il mondo che diffonde il veleno dell’incertezza e paralizza interi settori economici.
Davanti a tutto questo, siamo chiamati a reagire. Molti reagiscono domandandosi: “Per quanto ancora? Quanto ci costerà?”. L’esperienza del passato invita all’umiltà: nessuno oggi può prevedere, anche approssimativamente, la durata e il costo finale di questa pandemia.
Possiamo però “pensare a cosa succederà quando usciremo nuovamente di casa, ma facciamolo con una mentalità diversa”, come ha detto Stefano Moriggi, filosofo contemporaneo milanese.
A noi quindi il compito di pensare al post-crisi con una mentalità “fuori dagli schemi”, d’altronde “dove la vita si blocca, l’intelligenza si fa strada”, affermava Proust.
Gli esempi e gli incoraggiamenti di pensiero “fuori dagli schemi” non mancano.
È quanto hanno fatto Banerjee et Duflo, premi Nobel per l’economia del 2019, nella loro pubblicazione “Economia utile per tempi difficili”, dedicata ai loro due figli “con la speranza che possano crescere in un mondo più umano e più giusto”. La dedica riassume l’idea di fondo del libro e ci fa pensare a quella buona scienza “fuori dagli schemi” (non solo economica) della quale il mondo ha tanto bisogno.
Naturalmente i due coniugi, non trattano della pandemia di Covid-19 o delle sue conseguenze socio-economiche (il libro è stato pubblicato negli Stati Uniti a novembre 2019). Gli autori fanno esplicito riferimento al romanzo di Charles Dickens (Tempi difficili) pubblicato nel 1854, mentre l’Europa viveva la prima rivoluzione industriale dove crescita economica e miseria convivevano per la prima volta.
Anche noi, come i due premi Nobel possiamo pensare che “di fronte a disuguaglianze esplosive, catastrofi politiche ed ambientali che incombono da tutti i lati … non tutto è perduto”, come si legge sulla quarta di copertina dell’edizione francese.
Purtroppo, però, Marx aveva ragione (almeno su questo): l’intelligenza umana si pone solamente problemi che può risolvere. Mi riferisco alle discussioni che impazzano sul web e non solo.
Per rispondere alle problematiche del presente purtroppo si ritirano fuori “vecchi cavalli di battaglia” che non sono serviti all’epoca e non serviranno certo oggi. Si cerca di far passare questo o quel emendamento per far modificare una normativa che si sta rivelando inadeguata e già “sconfitta sul campo della realtà”.
A noi spetta il compito di effettuare un ragionamento incardinato sulla realtà, anche a rischio di non essere ortodossi, come Banerjee et Duflo, rifiutando i modelli creati a tavolino e puntando sul pragmatismo: la nostra attività non deve essere quello di consigliare al governo in che modo agire bensì quella legata alla sperimentazione per ottenere risposte pratiche, corroborate dal mercato nel quale e del quale tutti viviamo. I modelli teorici che vanno per la maggiore non bastano più: dobbiamo lavorare sul campo.
Concretezza e semplicità. Così dobbiamo rivoluzionare il nostro mondo.
Noi ci siamo e siamo aperti al confronto. Abbiamo ancora qualche settimana sotto la campana di vetro della quarantena per rifletterci insieme, osando e proponendo qualcosa di (veramente) nuovo.
Vi aspettiamo.