Il concetto di “privacy” entra nell’ordinamento giuridico nazionale nel 1996, con la legge n. 675/1996, successivamente sostituita con l’attuale decreto legislativo n. 196/2003.
Quindi, già da molti anni, era necessario adeguarsi alle varie disposizioni e mettere in atto i diversi adempimenti previsti dalla normativa in materia di “privacy”, o meglio, in materia di “trattamenti dei dati personali”.
Ma è solo con il nuovo “Regolamento europeo per la protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali” (GDPR 679/16), approvato nel 2016 e divenuto operativo a decorrere dal 25 maggio 2018 che la materia “privacy” entra nella vita quotidiana in materia preponderante, riconoscendo per la prima volta l’importanza che la protezione dei dati personali riveste per la tutela delle persone fisiche.
Il 10 agosto dello stesso anno viene emanata la norma italiana di coordinamento tra il GDPR ed il D.Lgs. 196/2003, ossia il D.Lgs. 101/18 e con il quale, mediante l’abrogazione di diversi articoli della vecchia normativa e l’inserimento di alcuni nuovi, il Legislatore ha cercato di riempire alcuni degli spazi che il GDPR aveva lasciato vuoti, come ad esempio l’introduzione delle sanzioni penali.
E, come è ovvio che, se parliamo di tale argomento in questa rivista, la protezione dei dati personali riguarda anche il condominio, e i suoi attori.
Vediamo, quindi, preliminarmente, alcune definizioni generali fissate dal G.D.P.R. per poi calarle nella realtà condominiale, per iniziare a comprendere quali siano le incombenze che riguardano il condominio e quali siano gli attori protagonisti.
Le definizioni sono indicate nell’articolo 4, G.D.P.R.:
Trattamento: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate ai dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione.
Da un punto di vista pratico, costituiscono trattamento di dato personale:
• venire a conoscenza di un’informazione relativa ad un condomino
• comunicare un’informazione attinente ad un condomino ad un soggetto terzo
• inviare o ricevere un’e-mail
• il solo svuotamento di un cestino nello studio dell’amministratore di condominio
Dato personale: qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (interessato). Si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale.
Come è noto, l’amministratori di condominio viene a conoscenza e gestisce nell’ambito della propria attività innumerevoli dati personali: nome e cognome, indirizzo, numero di telefono dei condomini, i dati dei fornitori sia dell’amministratore che del condominio, e molti altri.
Dato particolare: qualsiasi dato personale che riveli l’origine razziale ed etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.
Potrebbe accadere che l’amministratori di condominio debba trattare anche dati personali particolari, ad esempio, nel caso abbattimento delle barriere architettoniche, deve necessariamente conoscere dati personali relativi alla condizione di handicap di un condomino.
Titolare del trattamento: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell’Unione o degli Stati membri, il Titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell’Unione o degli Stati membri.
All’interno del condominio che è il Titolare del trattamento: non che essere l’intera compagine condominiale, e quindi l’assemblea condominiale quale organo sovrano deputato a determinarne gli indirizzi operativi della vita condominiale
Il Titolare del trattamento decide quali dati personali debbano essere trattati, per quale motivo questi dati debbano esser trattati, le misure di sicurezza da applicare al trattamento.
L’amministratore di condominio deve essere identificato come Titolare del trattamento per tutti i dati personali relativi ai propri soggetti interessati, come ad esempio i propri fornitori o i propri dipendenti, mentre sarà da considerare “Responsabile del Trattamento” per tutti i dati relativi ai condomini, ai fornitori del condominio o ad eventuali dipendenti dello stesso (portieri, manutentori ecc.).
Responsabile del trattamento: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del Titolare del trattamento.
Nell’ambito del condominio, Responsabile del trattamento è l’amministratore, in qualità di rappresentante legale del condominio, che dovrà ricevere formale nomina in tal senso.
Anche perché, l’articolo 28, G.D.P.R. è categorico nell’affermate che il Responsabile deve essere incaricato con atto giuridico avente valore vincolante nello Stato membro o
secondo il diritto UE.
Come Responsabile del trattamento, l’amministratore dovrà:
• avere adeguata formazione in materia di trattamento dei dati personali;
• mettere in atto e mantenere delle misure di sicurezza tecniche e organizzative;
• autorizzare e formare gli addetti.
Soggetto interessato: la persona fisica, cui si riferiscono i dati personali
Nell’ambito condominiale, i soggetti interessati saranno gli stessi condomini, ma anche i dipendenti e i fornitori del condominio.
Ma non solo…..saranno anche il conduttore dell’appartamento, i terzi – persone fisiche – che, per qualsiasi motivo, vengano in contatto con il Condominio, come danneggiati, consulenti, soggetti ripresi dal sistema di videosorveglianza condominiale, e, chiaramente, anche lo stesso Amministratore, quale persona fisica i cui dati è necessario trattare ai fini della gestione del Condominio.
Vi sono poi tutti quei soggetti che lavorano alle dipendenze del Titolare o del Responsabile, i quali, in quanto incaricati da costoro di trattare dati personali nel contesto delle proprie mansioni lavorative, devono essere istruiti sul trattamento e sulla disciplina privacy dal Titolare o dal Responsabile.
Per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti attivi nell’ambito del trattamento dei dati personali all’interno del condominio, è intervenuto anche il Garante della Privacy, con il c.d. “Vademecum del Palazzo” in una prima versione del 18 maggio 2066, debitamente modificata, il 10 ottobre 2013, a seguito dell’approvazione della Riforma del condominio avvenuta con legge n. 220/2012.
Nel primo Vademecum il Garante Privacy afferma che l’Amministratore deve essere considerato come Responsabile, mentre la compagine condominiale è il Titolare.
Nel secondo Vademecum, ribadendo tale concetto, il Garante aggiunge che l’Assemblea dei condòmini può nominare l’Amministratore come Responsabile (ma, come detto, è meglio che tale nomina venga comunque formalmente fatta).
Nella Relazione dell’attività svolta nel corso del 2019, il Garante Privacy si è invece così espresso:
“è stata colta l’occasione per confermare, in termini generali, quanto già indicato nel provvedimento 18 maggio 2006 in merito al trattamento di dati personali nell’ambito dell’amministrazione di condomini e per ribadire che le informazioni personali riferibili a ciascun partecipante possono essere trattate per la finalità di gestione ed amministrazione del condominio e che possono essere per tali ragioni condivise all’interno della compagine condominiale, tenendo anche conto che i condòmini devono essere considerati CONTITOLARI di un medesimo trattamento dei dati di cui l’amministratore, agendo in EVENTUALE veste di responsabile del trattamento, ha la concreta gestione”.
Da ultimo, al fine di confermare che anche il condominio è soggetto alla normata in materia di trattamento dei dati personali, e di identificare correttamente gli attori protagonisti, il Garante Privacy con il provvedimento del 6 aprile 2017, ha definito i ruoli del condominio e dell’amministratore:
“il condominio, in virtù della disciplina normativa che ne regola i vari aspetti, agisce per il tramite dell’amministratore formalmente designato dall’assemblea al quale sono a tal fine attribuiti specifici poteri di rappresentanza relativamente ai diversi aspetti che ne riguardano la gestione (cfr. art. 1131 c.c.), rispetto ai quali, peraltro, la designazione formale dello stesso quale responsabile del trattamento costituisce una mera eventualità (cfr. punto 2 del citato provv. dell´8 maggio 2006), dovendosi intendere che, in caso contrario, l’amministratore operi comunque per conto del condominio in virtù del rapporto di mandato presupposto…”
Per cui, in conclusione di questo primo approccio alla materia del trattamento dei dati personali da parte del condominio, alla luce della normativa analizzata, e dei vari interventi del Garante Privacy, non si può che confermare che anche il condominio è obbligato ad avere una c.d. “compliance privacy” debitamente aggiornata, e a premunirsi nel mettere in atto, se non ancora fatto, il più in fretta possibile, tutti gli adempimenti che la vigente normativa prevede in materia di protezione dei dati personali trattati, al fine di evitare importanti sanzioni amministrative che vengono periodicamente applicate dal Garante Privacy, nei confronti degli amministratori di condominio soggetti a procedimento ammnistrativo di controllo, a seguito di apposite segnalazioni, spesso provenienti proprio dai propri condomini.
Nei prossimi approfondimenti entreremo sempre più a fondo di tutte quelle che sono le competenze del condominio, dell’amministratore e di tutti i soggetti, che a qualunque titolo ruotano intorno ad esso, in materia di trattamento dei dati personali.
A cura di Dott. Marco MASSAVELLI – DPO e Consulente privacy per condomini
Nello studio n. 15-2024/T, il Notariato fa il punto sulle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 in merito alle plusvalenze immobiliari a seguito di interventi che abbiano goduto del beneficio del Superbonus, proponendo limiti meno rigidi.
La Legge di Bilancio
Potrebbero incorrere in pesanti imposte coloro che vendono un immobile ristrutturato con il Superbonus prima che siano trascorsi 10 anni dalla fine dei lavori.
È quanto prevede la Legge di Bilancio 2024, stabilendo che si aggiungono tra i redditi diversi, ai sensi del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR), le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di immobili sui quali siano stati realizzati interventi agevolati dal Superbonus.
La plusvalenza da Superbonus
In campo economico, la plusvalenza fa riferimento al profitto ottenuto dalla vendita di un bene, come un immobile o un titolo, il cui valore è aumentato rispetto al momento dell’acquisto.
La plusvalenza, viene calcolata sulla differenza tra il ricavo della vendita e il valore d’acquisto, incrementato di eventuali spese correlate all’immobile ceduto.
In conformità con quanto previsto dal comma 64 della Legge di Bilancio 2024, per gli immobili diversi dall’abitazione principale e non ottenuti tramite successione sui quali sono stati effettuati interventi agevolati con il Superbonus al 110%, è prevista un’imposta sulla plusvalenza del 26% generata dalla loro vendita nei successivi 10 anni.
In altre parole, solo in due casi non sarebbe dovuta l’imposta, e cioè se l’immobile fosse ceduto attraverso una successione o quando si trattasse di abitazione principale.
In particolare, per il calcolo delle plusvalenze si stabilisce che queste siano costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo d’imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
La Legge di Bilancio 2024 introduce due scenari:
• nel caso in cui gli interventi agevolati si siano conclusi entro i 5 anni, all’atto della cessione, non si terrà conto delle spese relative a tali interventi nella eventualità che il beneficiato abbia scelto la strada della cessione del credito o dello sconto in fattura;
• nel caso in cui gli interventi agevolati si siano conclusi da più di 5 anni, si terrà conto del 50% di tali spese qualora si sia beneficiato dell’incentivo al 110% e siano state esercitate le opzioni della cessione del credito o dello sconto in fattura.
La nuova imposizione fiscale, in vigore dal primo gennaio 2024, sembra estendersi a qualsiasi situazione in cui si sia usufruito del Superbonus, indipendentemente dalla sua percentuale (110%, 90%, 70% o 65%).
Ciò vale sia nel caso in cui la detrazione sia stata utilizzata direttamente nella dichiarazione dei redditi, sia nel caso in cui si sia optato per la cessione del credito o lo sconto sul corrispettivo.
La misura applicata agli immobili riqualificati con il Superbonus è stata concepita per scoraggiare operazioni speculative e garantire che le agevolazioni fiscali siano state effettivamente ed esclusivamente impiegate per migliorare l’efficienza energetica degli immobili.
Fino al 2023, le spese “sostenute” per la realizzazione dei lavori agevolati con il Superbonus erano deducibili dalla plusvalenza tassabile.
La ratio della nuova norma è non concedere più una doppia agevolazione: la realizzazione a costo zero di lavori che aumentano il valore dell’immobile e la vendita dell’immobile riqualificato senza il pagamento di una tassa sulla plusvalenza.
Esonero dell’imposta sulla plusvalenza Superbonus
Si ribadisce che sono previste due eccezioni all’imposta sulla plusvalenza da Superbonus:
• gli immobili ereditati per successione o donazione;
• gli immobili utilizzati come residenza principale dal venditore o dai suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni precedenti la vendita, o per la maggior parte del periodo se inferiore ai dieci anni.
In caso di detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi, tutte le spese possono essere considerate.
Per gli immobili acquistati o costruiti da oltre cinque anni, il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione è rivalutato in base all’indice Istat.
Il Notariato propone di limitare l’applicazione della plusvalenza
Nello studio n.15-2024/T, il Notariato fa il punto sulle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2024 proprio in relazione alle plusvalenze immobiliari a seguito di interventi effettuati con i benefici del Superbonus, proponendo limiti meno rigidi.
“Sarebbe ragionevole considerare, ai fini della plusvalenza tassabile, solamente i lavori edilizi eseguiti direttamente sull’immobile tramite il Superbonus, escludendo gli interventi sulle parti comuni dello stabile”, spiegano i Notai.
Più in dettaglio, il Notariato propone di escludere dalla plusvalenza Superbonus anche:
• i lavori di manutenzione ordinaria e quelli qualificabili come edilizia libera;
• i lavori agevolati con un’aliquota inferiore al 110%;
• le vendite effettuate da chi non ha usufruito del Superbonus.
Secondo i Notai, dovrebbero generare una plusvalenza Superbonus solo:
• gli interventi che abbiano riguardato direttamente l’immobile (secondo questa interpretazione un lavoro sulle parti comuni non produce alcun effetto per il singolo appartamento);
• gli interventi edilizi trainanti e trainati di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti sul singolo immobile (esclusi, quindi, gli interventi di manutenzione ordinaria o più in generale realizzabili in edilizia libera);
• gli interventi che hanno usufruito della detrazione al 110% (e non quelli agevolati con l’aliquota al 90% o 70%);
• gli interventi agevolati con il Superbonus e realizzati direttamente dal proprietario (se il proprietario vendesse l’immobile, subirebbe una tassazione per lavori che non ha pagato e per i quali non ha usufruito di alcuna agevolazione).
Lo studio del Notariato si spinge oltre, offrendo altri esempi di interventi che non creano plusvalenza, come l’installazione di pompe di calore, l’eliminazione di piccole barriere architettoniche, la sostituzione delle finestre e delle strutture accessorie, l’installazione di pannelli solari, la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale.
Tramontata l’epoca del super incentivo al 110%, il sipario è calato anche sulle agevolazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Le nuove regole prevedono infatti che le spese sostenute dal 30 dicembre 2023, per l’agevolazione al 75%, siano limitate agli interventi relativi a scale, rampe, ascensori e piattaforme elevatrici.
Dunque, sono stati esclusi gli infissi e i rifacimenti dei servizi igienici, ovvero due delle principali voci per le quali il bonus era stato chiesto.
Per quanto riguarda la cessione del credito o lo sconto in fattura, che prima erano ammessi senza vincoli, dal primo gennaio la possibilità è stata limitata ai condomini a prevalente destinazione residenziale e alle persone fisiche che rispettano determinati requisiti, quali: essere proprietario della villetta o del singolo appartamento oggetto dell’intervento (vale anche il diritto reale di godimento), averla scelta come abitazione principale e disporre di un reddito di riferimento familiare non superiore a 15 mila euro (questo limite, però, non è richiesto se nel nucleo famigliare è presente una persona con disabilità).
Il decreto “salva-spese” prevede un salvagente in base ai tempi in cui il proprietario o l’amministratore di condominio ha prenotato la vecchia versione del bonus barriere. È infatti salva la vecchia agevolazione per chi ha presentato il titolo abilitativo per i lavori entro il 29 dicembre 2023. Nel caso, invece, il titolo abitativo non sia richiesto, come con il cambio delle finestre o il rifacimento del bagno (a seconda dei Comuni), è fondamentale aver già iniziato i lavori entro quella data. La difficoltà è semmai quella di poter provare che i lavori sono stati avviati nei termini di legge. Può servire l’aver stipulato con il fornitore un accordo vincolante e aver versato un acconto entro il 29 dicembre. Ma, comunque sia, lo sconto in fattura e la cessione del credito non ci sono più.
Abito in condominio e vorrei installare una “Vepa” nel mio terrazzo, in modo da poter usufruire dell’ampio spazio a disposizione in modo più agevole e soprattutto più protetto dal freddo e dal vento anche nella stagione invernale. Devo avvertire l’amministratore di condominio e gli altri condòmini sulle mie intenzioni? Possono, in qualche modo, impedirmi di realizzare questa struttura, che sicuramente, oltre che spazi maggiormente vivibili mi garantirebbe un non certo trascurabile risparmio energetico?
Il 21 settembre del 2022 è entrato in vigore l’articolo 33-quater (Decreto Aiuti-Bis, convertito nel DL n. 142/2022), che semplifica e aggiorna l’articolo 6, comma 1, del Testo Unico Edilizia), inserendo le “Vepa”, ovvero le vetrate panoramiche amovibili, tra le opere in edilizia libera.
Questo vuol dire che gli spazi aperti esterni alla casa o rientranti, quali logge, balconi, verande, porticati etc., possono essere protetti con vetrate panoramiche amovibili Vepa senza necessità di autorizzazione comunale.
Con la sentenza n. 7024 emessa dal Consiglio di Stato il 9 agosto 2022, è stata confermata l’inclusione delle “Vepa” in edilizia libera, solo nei casi in cui vengano rispettati determinati parametri.
Per quanto riguarda il fronte condominiale, l’articolo 1120 del Codice civile tutela il decoro architettonico. La norma stabilisce che qualora un singolo condòmino o l’intero condominio, ritengano che la nuova installazione comprometta il decoro dell’edificio, possono rivolgersi ad un giudice al fine di ottenere la rimozione della struttura.
Dunque, anche se in realtà i condòmini non devono provvedere all’approvazione dell’installazione delle vetrate panoramiche amovibili, è sempre opportuno procedere con prudenza avvisando l’amministratore di condominio, che si occuperà di informare gli altri condomini, al fine di fornire ulteriori dettagli riguardo l’intervento.
Sicuramente, alla luce dell’opera richiesta, l’impresa che si dovrà occupare dell’installazione saprà darle le corrette indicazioni su come muoversi con il condominio.
Da parte nostra le possiamo consigliare di rivolgersi a professionisti del settore e in particolare all’Associazione Italiana Vetrate Panoramiche (Assvepa), il cui presidente, Vito Chirenti, è titolare dell’omonima azienda del comparto.
Il bonus acqua potabile relativo alle spese sostenute nel 2023 sarà riconosciuto in misura decisamente inferiore rispetto a quanto previsto dalla normativa di riferimento.
È questo l’effetto della rideterminazione del credito d’imposta sulle spese relative all’acquisto e all’installazione dei sistemi di filtraggio, mineralizzazione, raffreddamento e o addizione di anidride carbonica, tenuto conto delle somme richieste entro la scadenza del 28 febbraio 2024.
La Legge di Bilancio 2021 ha stanziato un totale di 1,5 milioni di euro in relazione alle spese sostenute nel 2023, ultimo anno di vigenza dell’agevolazione fiscale. Il totale dei crediti richiesti per il bonus acqua potabile è invece pari a oltre 23 milioni di euro.
Il credito d’imposta spettante scende quindi al 6,45 per cento delle somme effettivamente richieste e, di conseguenza, sulle spese sostenute si otterrà un rimborso di poco superiore al 3 per cento.
A stabilirlo è il provvedimento con il quale l’Agenzia delle Entrate, lo scorso 22 marzo, ha reso nota la percentuale del credito d’imposta spettante a chi ha richiesto il bonus acqua potabile per le spese del 2023, presentando domanda nella finestra compresa tra il 1° e il 28 febbraio scorso.
Si ricorda che il bonus acqua potabile poteva essere richiesto per un totale di mille euro per unità immobiliare, per le persone fisiche non esercenti attività economica, e di 5mila euro per ogni immobile adibito all’attività commerciale o istituzionale, per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni e gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti.
Il valore effettivo del credito d’imposta fruibile, rideterminato alla luce della ripartizione delle risorse effettuata dall’Agenzia delle Entrate, sarà visualizzabile da ciascun beneficiario all’interno del proprio Cassetto Fiscale.
Le somme spettanti potranno essere utilizzate in compensazione da parte dei titolari di partita IVA, mentre esclusivamente per le persone fisiche non esercenti attività d’impresa o lavoro autonomo, il rimborso sarà fruibile in sede di dichiarazione dei redditi 2024.
Il credito d’imposta potrà quindi essere utilizzato a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al 2023, anno di sostenimento delle spese agevolabili, e in quelle successive fino a conclusione dell’utilizzo.
Dopo una serie di verifiche a campione effettuate nel mese di febbraio dalla Corte dei Conti europea, partono nuovi controlli sui cantieri Superbonus che interesseranno solo quattro regioni italiane: Lombardia, Toscana, Puglia e Umbria.
Nei giorni scorsi, infatti, è stata inviata una lettera di preavviso sulle nuove ispezioni ad un centinaio di asseveratori, i tecnici abilitati che hanno redatto una certificazione per dimostrare il rispetto dei requisiti tecnici degli interventi effettuati per beneficiare dell’incentivo fiscale. Inoltre, gli asseveratori dovranno essere disponibili tra lunedì 15 e venerdì 19 aprile in modo da poter garantire l’accesso allo stabile ristrutturato, per consentire il riscontro della corretta realizzazione degli interventi dichiarati.
Nel mirino ci sono circa 60mila cantieri e 200mila appartamenti, per un valore complessivo di superficie ristrutturata pari a oltre 17,5 milioni di mq. Sono previste nuove verifiche anche nel mese di maggio.
I controlli, che saranno effettuati dai funzionari della Direzione generale degli affari economici e finanziari della Commissione europea, interesseranno tutti gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Nello specifico: l’installazione delle caldaie di classe energetica A, oppure sostituite da altri sistemi; la coibentazione delle facciate; installazione del cappotto termico; la sostituzione degli infissi.
Gli organismi comunitari che si occupano dei controlli sul corretto uso delle risorse europee da parte degli Stati membri sono, oltre alla Corte dei Conti europea, la Procura europea e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode).
Inoltre, sono presenti ulteriori organi di controllo italiani che si occupano delle verifiche come la Ragioneria generale dello Stato, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ENEA.