Nel condominio in cui sono proprietario di un appartamento era stato deciso di procedere con le formalità necessarie per accedere al Superbonus 110%. Purtroppo tutte le società contattate si sono dimostrate impossibilitate ad eseguire i lavori entro i termini indicati e quindi abbiamo lasciato perdere. Adesso però, viste le condizioni precarie del tetto, vorrei capire se, disponendo della maggioranza dei millesimi della proprietà, posso in qualche modo obbligare gli altri condòmini a procedere comunque con i lavori, considerando che pur non essendo più possibile avvalersi della cessione del credito o dello sconto in fattura, si possono scaricare fiscalmente.
Il tetto dell’edificio condominiale è da considerarsi una delle parti ricomprese nell’elenco (non tassativo) indicato nel testo dell’art. 1117 del Codice civile.
Pertanto deve essere ritenuto “comune”, salvo che un titolo contrario ne attribuisca la proprietà ad uno o ad un gruppo di condomini (Cass. civ. sez. II, Sentenza n. n. 27846 del 3 ottobre 2023; Cass. civ. sez. II, Sentenza n. 20287del 23 agosto 2017).
La funzione oggettiva di tale struttura di copertura ne comprova la sua natura condominiale. La struttura di copertura è comune a tutti i condòmini a prescindere dalla posizione delle porzioni piano proprietà.
Dal quesito posto non si evince se ci troviamo nell’ambito di un condominio minimo (sotto le nove unità), oppure un condominio parziale (il tetto copre solo parte dell’edificio), oppure di proprietà esclusiva di qualche condomino.
Comunque sia, per deliberare i lavori necessari per la manutenzione del tetto, poiché si tratta di interventi di manutenzione straordinaria di notevole entità economica, è necessaria la maggioranza degli intervenuti che rappresentino i 501 millesimi dell’immobile.
Ne consegue che le spese per il rifacimento del tetto devono essere ripartite in base alle tabelle millesimali.
Quindi, rispettando la suddetta maggioranza, anche i condòmini dissenzienti, astenuti nonché assenti, potranno impugnare l’atto collettivo nei termini di legge (art. 1137 del Codice civile).
In mancanza di un’impugnazione, la deliberazione vincolerà tutte gli abitanti del condominio in virtù del cosiddetto principio dell’obbligatorietà.
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, per chiedere dei chiarimenti in merito all’agevolazione relativa all’eliminazione delle barriere architettoniche.
Nel caso analizzato, il contribuente spiega di aver acquistato un appartamento di nuova costruzione all’interno di un condominio. Il costruttore, in fase di progetto, ha predisposto solo il vano ascensore.
Pertanto il contribuente ha chiesto al Fisco se, una volta divenuto proprietario con gli altri condòmini, installando l’ascensore, è possibile usufruire della detrazione del 75% per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Inoltre, il contribuente ha chiesto anche dei chiarimenti in merito alla durata della detrazione e alla possibilità di effettuare la cessione del credito.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la detrazione del 75% per gli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche è riconosciuta per le spese sostenute sino al 31 dicembre 2025, con le medesime modalità di pagamento previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.
Il Fisco spiega che il bonus barriere architettoniche 2024 può essere richiesto solo se vengono realizzati, in edifici già esistenti, lavori aventi ad oggetto solo scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.
Per ciò che riguarda le spese sostenute a partire dal 2024, la detrazione viene ripartita in dieci quote annuali di pari importo e va calcolata su un importo complessivo non superiore a:
• 50.000 euro, per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
• 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
• 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.
Per poter fruire del bonus barriere architettoniche è necessario che gli interventi realizzati siano conformi a quanto riportato nel decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 236 del 14 giugno 1989 e il rispetto di tali requisiti deve risultare dall’apposita asseverazione rilasciata da un tecnico abilitato.
Il Fisco ha, infine, ricordato che con l’entrata in vigore del decreto legge n. 39/2024 anche per questa tipologia di interventi non è più possibile esercitare le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Da UNIONCASA un appello al Governo, alle Regioni, alle Città Metropolitane e ai Comuni per la revisione delle politiche urbanistiche. L’obiettivo è quello di riportare il giusto equilibrio tra la domanda e l’offerta di abitazioni sia in vendita sia in locazione e incrementare la disponibilità di immobili destinati alla locazione pluriennale facilitando l’accesso alla casa alle famiglie, agli studenti e ai lavoratori in genere
Il nostro Pianeta sta soffrendo e sembra che la colpa sia da addebitare, almeno in parte, all’uomo. Le correnti di pensiero sono diverse e tutte,sembra, abbiano le proprie ragioni.
C’è comunque una corrente di pensiero che prevale, rappresentata da un movimento trasversale e multilaterale che sta spingendo i nostri rappresentanti politici alla ricerca di una crescita sostenibile.
Per tale motivo l’Europa e l’ONU ci invitano a tutelare il suolo, l’ambiente, il paesaggio, e a valorizzare il capitale naturale, chiedendo al contempo di azzerare il consumo di suolo netto entro il 2050, allineando lo stesso alla crescita demografica e senza aumentare l’uso del territorio entro il 2030.
In pratica, gli ambiziosi traguardi prefissati sono:
● 1. L’ adeguata protezione del suolo anche attraverso l’adozione di obiettivi relativi al suolo in quanto risorsa essenziale del capitale naturale entro il 2020 (Delibera del Consiglio UE e ratifica del Parlamento);
● 2. l’azzeramento del consumo di suolo netto entro il 2050 (Delibera del Consiglio UE e ratifica del Parlamento);
● 3. il bilancio, “almeno a pareggio” del degrado del territorio entro il 2030 (ONU 2015).
● 4. l’allineamento del consumo del suolo alla crescita demografica reale della popolazione entro il 2030 (ONU 2015).
L’azzeramento del consumo di suolo
L’obiettivo dell’azzeramento del consumo di suolo è stato definito a livello europeo già dal 2006, sottolineando la necessità di porre in essere le azioni necessarie a diminuire gli effetti negativi del consumo di suolo e, in particolare, della sua forma più pesante e invasiva e cioè l’impermeabilizzazione dei terreni.
In Italia il Piano per la Transizione Ecologica ha fissato l’obiettivo di giungere ad un consumo pari a zero entro il 2030, con ben 20 anni di anticipo rispetto ai colleghi Europei allineandosi così alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile. L’azzeramento del consumo di suolo, secondo il Piano per la Transizione Ecologica dovrà avvenire sia riducendo ogni attività di artificializzazione, sia attraverso il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali le coste e gli ambiti urbani.
Ciò è considerato una misura chiave anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici, da normare attraverso un’apposita legge nazionale.
Inoltre numerose regioni hanno approvato leggi che a vario titolo – alcune nell’ambito di interventi più complessivi dedicati anche alla regolamentazione degli istituti urbanistici e degli strumenti di pianificazione del territorio, altre con normative di portata più circoscritta – introducono non solo discipline di dettaglio ma anche – in assenza di una specifica legislazione statale – indicazioni in tema di contenimento del consumo di suolo e di rigenerazione urbana.
Tuttavia le continue informative in materia hanno indotto le amministrazioni pubbliche locali a sviluppare tutto quanto si poteva entro la scadenza, preannunciata con largo anticipo, del 2030. D’altronde nei bilanci dei Comuni, gli oneri di urbanizzazione, l’IMU, le tasse dei residenti, delle attività commerciali ed industriali sono vitali.
Paradossalmente le direttive UE e le norme Regionali, confermando la dead line del 2030, hanno incentivato il consumo del suolo vergine e hanno creato i presupposti per un prossimo “blocco” del comparto immobiliare. Infatti proprio le regioni del nord Italia, dopo aver creato infrastrutture diffuse ed efficienti come strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, fiere, ospedali, fibra ottica ecc, contribuendo allo sviluppo del lavoro e del benessere, ora si trovano di fronte ai propri limiti.
Il perché è da ricercare nelle scelte ideologiche che, seppure suggerite “dall’alto” (ONU-UE), non erano così stringenti come la voglia di mostrarsi “i primi della classe” e giocare al “Salviamo il Pianeta” noi contro tutto e tutti. Le scelte unilaterali hanno sempre lasciato il tempo che trovavano e non è che paralizzando i sistemi funzionali e diffusi ottieni, come per magia, il benessere generale che comprende la Terra, ma anche i suoi abitanti.
Si potrebbe approfondire l’argomento valutando a 360° ogni scelta autolesionista che l’Europa sta attuando attraverso le proprie direttive, ma il problema di fondo è la mancanza di coraggio nello scegliere di rinunciare a commerciare con chi inquina veramente, chi consuma suolo ad ettari al secondo, chi deforesta e chi priva tutta o parte della propria popolazione delle libertà oramai consolidate nelle democrazie occidentali (Russia, Cina, Iran, Paesi Arabi, Brasile, India, Pakistan ecc).
Il mercato immobiliare
Finito l’intervallo utopistico e, tornando alla realtà dei giorni nostri, proviamo ad immaginare il Mercato immobiliare privo della naturale immissione di abitazioni di nuova costruzione (già scesa dal 22,6% del 2011 al 9,4% di oggi come da Grafico OMI Agenzia dell’Entrate) e immaginiamo quindi che nei prossimi anni lo stock di abitazioni tenda a rimanere lo stesso (sebbene i Piani Urbanistici Generali delle varie Città Metropolitane invochino la rigenerazione urbana dei comparti industriali, i vincoli urbanistici posti dalle norme tecniche inserite nei Piani stessi rendono antieconomica ogni iniziativa e presto il tanto auspicato blocco alla cementificazione diventerà una realtà), la mancanza di offerta, unita all’immigrazione interna, comunitaria ed extracomunitaria, porterà i valori immobiliari (già oggi a livelli insostenibili per la gran parte degli studenti e dei lavoratori ) a quotazioni sempre più elevate ed inaccessibili.
Il problema degli studenti nelle tende o dei lavoratori che dormono in auto è sempre più una realtà quotidiana che già oggi stiamo affrontando e che nel giro di pochi anni, con la crescita esponenziale dei canoni di locazione e dei prezzi al mq delle abitazioni, porterà ad una crisi sociale ed economica i cui effetti si faranno sentire a più livelli.
Se impiegati, infermieri, insegnanti, forze dell’ordine, camerieri, operai ecc, fuggono dalle nostre città per andare altrove alla ricerca di un “fine mese” sereno, la gran parte della responsabilità è da attribuirsi al divario tra redditi percepiti e costi dell’abitare.
Non è pensabile ritenere che le nostre città possano sopravvivere senza giovani e con carenza di lavoratori, considerato che la popolazione anziana aumenterà sempre più e la necessità di servizi sanitari, della sicurezza e delle attività di vicinato diventeranno sempre più impellente e importante.
La proprietà immobiliare
Unioncasa, da sempre al fianco della proprietà immobiliare, è molto preoccupata per gli effetti negativi che gli strumenti amministrativi, applicati all’urbanistica, stanno avendo sui valori immobiliari e ritiene possibile intervenire con leggi incentivanti piuttosto che con norme penalizzanti, utili ad indirizzare il mercato immobiliare verso una crescita sostenibile.
In primo luogo se lo Stato e le Amministrazioni locali non sono in grado di garantire un’abitazione a prezzi “umani” a studenti, lavoratori e famiglie, nei Comuni A.T.A. deve azzerare le tasse ai proprietari disponibili a fornire un’abitazione a canone concordato (comprese le aziende che danno in locazione ai propri dipendenti). Si deve garantire inoltre che, qualora il conduttore non paghi il canone concordato e/o le rate condominiali si possa agire con uno sfratto esecutivo in 90 giorni.
In secondo luogo bisogna incentivare la rigenerazione urbana eliminando i vincoli in altezza (salvo rare e giustificate eccezioni) chiedendo una percentuale di ERS destinata alla locazione (Edilizia Residenziale Sociale) sostenibile economicamente (non oltre il 10% della superficie edificabile). Permutare le proprietà dismesse e non strategiche di Stato, Regioni, Citta Metropolitane, Comuni ed altri enti ad essi annessi e connessi, con Società Immobiliari e/o Cooperative edificatrici di comprovata solidità disponibili a permutare sul posto immobili destinati alla Locazione residenziale Sociale.
Infine, ma non per ultimo, bisogna aumentare i collegamenti ferroviari con tutte le periferie ed i comuni delle aree metropolitane aumentandone le corse, le fermate ed estendendo le fasce orarie fino alle prime ore notturne. Dove possibile estendere la rete ferroviaria per coprire altri Comuni ed estendendo il concetto di periferia.
Le città italiane hanno un ampio margine di sviluppo se paragonate ad altre realtà metropolitane del mondo come ad esempio:
● Parigi 20.000 abitanti per km quadrato;
● Tokyo 14.000 abitanti per Km quadrato;
● New York 11.215 abitanti per Km quadrato;
● Londra 4.675 abitanti per Km quadrato;
● Roma 2.235 abitanti per Km quadrato;
● Milano 2.036 abitanti per Km quadrato;
● Bologna 274 abitanti per Km quadrato.
Non si ritiene sia necessario arrivare a densità abitative così intensive come quelle delle città intercontinentali o Parigi, tuttavia vede ampi spazi di crescita sostenibile, fornendo risposte immediate e convincenti alle fasce più deboli, ai giovani e alle famiglie.
UNIONCASA rivolge un appello al Governo, alle Regioni, alle Città Metropolitane e ai Comuni, perché rivedano le proprie politiche urbanistiche, al fine di riportare il giusto equilibrio tra la domanda e l’offerta di abitazioni sia in vendita sia in locazione ed incrementare la disponibilità di immobili destinati alla locazione pluriennale facilitando così l’accesso alla casa alle famiglie, agli studenti e ai lavoratori in genere.
A cura di Giangiacomo Congiu, Responsabile Osservatorio Immobiliare Unioncasa
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, per ricevere chiarimenti in merito al funzionamento delle detrazioni per le spese di ristrutturazione sostenute su un immobile ereditato.
Nel caso di specie, il contribuente ha chiesto al Fisco cosa accade in caso di decesso del beneficiario della detrazione relativa alle spese di ristrutturazione (bonus ristrutturazione). Il dubbio riguarda in particolar modo la detraibilità della rata relativa all’anno di decesso del beneficiario, pertanto, il contribuente ha chiesto se tale rata deve essere detratta dal de cuius (beneficiario deceduto) o dagli eredi, sempre che ne abbiano diritto.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che in caso di acquisizione dell’immobile per successione, le quote residue di detrazione si trasferiscono interamente ed esclusivamente all’erede (o agli eredi in parti uguali) che conservano la “detenzione materiale e diretta dell’immobile”.
Ciò significa che l’agevolazione (in questo caso il bonus ristrutturazioni) spetta a chi può disporre dell’immobile anche se non lo utilizza come propria abitazione principale. Inoltre, tale condizione, ovvero la condizione di detenzione del bene deve sussistere non solo per l’anno di accettazione dell’eredità, ma anche per ciascun anno per il quale si vuole usufruire della rata di detrazione.
In presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge e in relazione al quesito posto dal contribuente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la quota di detrazione relativa all’anno del decesso si trasferisce agli eredi in quanto è applicabile la regola generale in base alla quale, per determinare chi possa usufruire della quota di detrazione relativamente a un anno, è necessario individuare il contribuente che possedeva l’immobile al 31 dicembre di quell’anno.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Nonostante sia entrata in vigore da poco, la Direttiva UE Case Green inizia già a produrre i primi effetti.
Secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Bilendi, infatti, mentre sono circa 2,9 milioni gli italiani che credono che la norma non diventerà mai operativa in Italia, quasi 2,5 milioni di italiani hanno deciso di mettere in vendita la propria abitazione per evitare possibili futuri costi di ristrutturazione.
Dal sondaggio emerge inoltre che chi oggi intende comprare casa è condizionato dalla nuova norma. Infatti quasi 3 milioni di italiani alla ricerca di un immobile hanno cambiato i propri criteri di selezione limitando la scelta tra le sole abitazioni efficienti, non toccate dalla direttiva UE. Una tendenza diffusa maggiormente nelle regioni del Nord ovest.
Sono invece poco meno di 800mila gli italiani che stanno appositamente cercando di comprare una casa con basse prestazioni energetiche, nella speranza di risparmiare sul prezzo d’acquisto. Dinamica, questa, più presente nelle regioni del Centro Italia.
Il 15% del campione intervistato, infine, ha dichiarato di essere fiducioso del fatto che ci saranno degli aiuti statali per far fronte alle spese di ristrutturazione (convinzione particolarmente diffusa tra i residenti del Centro Italia,).
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare numero 14 del 18 giugno 2024, ha fornito i chiarimenti sul bonus prima casa per giovani under 36.
In particolare, il documento riporta le istruzioni per diversi casi specifici, dopo la proroga prevista dal decreto Millerororghe e della relativa legge di conversione.
Nello specifico vengono fornite le indicazioni da seguire nel caso in cui il contratto preliminare sia stato stipulato entro il 31 dicembre 2023 e il rogito sia stato sottoscritto tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024.
In estrema sintesi, i contribuenti riceveranno un credito d’imposta da utilizzare a partire dal 2025, ma non sarà riconosciuto in automatico. Inoltre, il bonus non sarà riconosciuto per gli immobili acquistati all’asta.
Bonus prima casa under 36
Il bonus prima casa per giovani under 36 prevede l’esenzione dal pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nel caso di acquisto della prima casa nel rispetto dei seguenti requisiti:
• che l’acquirente non abbia compiuto il trentaseiesimo anno di età nell’anno del rogito;
• che lo stesso abbia un ISEE non superiore a 40.000 euro.
La scadenza per l’agevolazione era prevista al 31 dicembre 2023. Il Decreto Milleproroghe ha però esteso l’agevolazione anche a chi entro la fine dello scorso anno abbia stipulato il preliminare di compravendita, a patto che il rogito sia stipulato entro il 31 dicembre 2024.
La Circolare numero 14 del 18 giugno 2024 dell’Agenzia delle Entrate si sofferma, tra i punti affrontati, sulla possibilità per questi ultimi di ottenere l’agevolazione nel caso in cui abbiano stipulato il rogito tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024.
Il documento conferma che viene riconosciuto un credito d’imposta, utilizzabile nel 2025, d’importo pari alle imposte pagate in eccesso.
L’ottenimento non sarà però automatico. Nel documento di prassi si legge infatti: “La fruizione del credito presuppone che il contribuente renda al notaio una dichiarazione, con un atto integrativo redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell’atto di trasferimento, in cui manifesti la volontà di avvalersi dei benefici fiscali prima casa under 36 e dichiari di essere in possesso dei relativi requisiti richiesti dalla legge”.
L’atto integrativo, come spiegato dall’Amministrazione finanziaria:
• deve contenere la dichiarazione del contribuente di essere in possesso dell’attestazione ISEE in corso di validità nel 2024 o di aver già provveduto a richiederla, mediante presentazione di apposita DSU;
• deve essere stipulato anche in data successiva al 31 dicembre 2024 ma entro il termine di utilizzo del credito d’imposta;
• è esente dall’imposta di registro, dal momento che è stipulato per ottenere dei benefici fiscali.
Per chi ha stipulato il preliminare di compravendita entro il 31 dicembre 2023 e il rogito tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024, nel rispetto dei requisiti anagrafici e di ISEE, è previsto il riconoscimento di un credito d’imposta in relazione alle seguenti imposte:
• imposte di registro, ipotecaria e catastale, al lordo delle eventuali imposte di registro proporzionali versate relativamente ad acconti e caparra confirmatoria in sede di registrazione del preliminare;
• all’IVA.
Il documento di prassi precisa: “Tenuto conto, inoltre, della ratio della norma, si ritiene che il beneficio fiscale in esame spetti all’acquirente anche per un importo pari all’imposta sui finanziamenti a medio/lungo termine – versata dalle banche o dagli intermediari finanziari ai sensi degli articoli 15 e seguenti del DPR n. 601 del 1973 – allo stesso addebitato per il finanziamento erogato in relazione all’immobile oggetto dell’agevolazione under 36”.
In merito alla dichiarazione IVA, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che il contribuente deve essere in possesso dell’attestazione ISEE in corso di validità nel 2024. Nel caso in cui non ne fosse in possesso deve aver provveduto a richiederla attraverso la presentazione della DSU.
Bonus prima casa under 36 su immobili acquistati all’asta
La Circolare numero 14 del 18 giugno 2024 dell’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti anche in merito all’acquisto della casa tramite aste immobiliari.
In questo caso non sono previste letture estensive della norma agevolativa, che viene ritenuta di stretta interpretazione.
Pertanto, le disposizioni del decreto Milleproroghe non si applicano all’ipotesi in cui: “il contribuente acquisisca il diritto dell’immobile in virtù di un verbale di aggiudicazione redatto nel 2023, qualora il successivo decreto di trasferimento immobiliare sia emanato nel 2024”.
In Italia vi sono 12,4 milioni di edifici residenziali, dei quali oltre il 60% è stato costruito prima del 1976, anno di entrata in vigore della prima legge sul risparmio energetico. A questi si aggiungono 1,7 milioni di edifici a uso non residenziale (circa il 12% su un totale di 14 milioni), destinati principalmente a produzione (19%), commercio (16%) e servizi (12%).
È la fotografia che emerge dal Report “La consistenza del parco immobiliare nazionale”, realizzato dal Dipartimento ENEA di Efficienza energetica, in vista degli interventi che potranno essere necessari per conseguire gli obiettivi di risparmio energetico in ottemperanza alla nuove direttive Ue.
Mettendo a sistema diverse fonti, il Rapporto individua inoltre circa 770 mila unità immobiliari di proprietà pubblica, di cui 670 mila non vincolate e quindi potenzialmente soggette agli obblighi di riqualificazione energetica previsti dalle direttive europee.
L’analisi degli Attestati di Prestazione Energetica (APE), contenuti nel SIAPE – Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica, evidenzia un miglioramento delle prestazioni energetiche degli immobili certificati, con una riduzione della percentuale nelle classi energetiche meno efficienti (F – G) di oltre il 4% nel residenziale e di circa l’1,5% nel non residenziale.
Il punto di partenza per definire gli interventi
“Questo Report rappresenta un punto di partenza necessario per tracciare gli scenari di intervento e di riqualificazione e risparmio energetico del patrimonio edilizio italiano, in linea con le nuove norme europee”, spiega uno dei curatori dello studio, Nicolandrea Calabrese, responsabile del Laboratorio Enea di Efficienza energetica negli edifici e sviluppo urbano.
Le Direttive Europee che regolano il settore
Con il Green Deal, proposto dalla Commissione nel 2019, i Paesi europei si sono impegnati a rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050 e a portare al 55% gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2030.
Per conseguire tali obiettivi, nel 2021 è stato presentato un pacchetto legislativo noto come Pronti per il 55%, di cui sono parte integrante le rifusioni della Direttiva sulle energie rinnovabili RED (Direttiva UE 2023/2413 del 18 ottobre 2023), della Direttiva sull’efficienza energetica EED (Direttiva UE 2023/1791 del 13 settembre 2023) e della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia EPBD IV (Direttiva UE 2024/1275 del 24 aprile 2024).
Il Europa il 75% degli edifici é inefficiente sotto il profilo energetico
“In base a queste norme l’Italia dovrà procedere per il conseguimento degli obiettivi previsti. Tutto ciò considerando che gli edifici nell’UE rappresentano il 40% del consumo finale di energia e determinano il 36% delle emissioni di gas a effetto serra”, commenta Ilaria Bertini, direttrice del dipartimento ENEA di Efficienza energetica.
“Di fatto, quasi il 75 per cento degli edifici in Europa è attualmente inefficiente sotto il profilo energetico. Per questo diventa fondamentale definire la consistenza del parco immobiliare italiano a uso residenziale e terziario e indagarne la prestazione energetica media. In questo contesto, il SIAPE potrà essere uno strumento molto utile per monitorare il miglioramento delle prestazioni energetiche degli immobili e affrontare l’obiettivo estremamente sfidante di decarbonizzazione entro il 2050”, conclude Bertini.
Con la Risposta n. 157 del 17 luglio 2024 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni dubbi riguardo il calcolo della plusvalenza derivante dalla vendita di un immobile oggetto di interventi edilizi agevolati con il Superbonus 110%.
Nel caso di specie, un contribuente si è rivolto al Fisco spiegando di aver acquisito un immobile abitativo tramite usucapione con sentenza del tribunale del 2020. Successivamente il contribuente ha effettuato lavori di ristrutturazione sul suddetto immobile, agevolati attraverso Superbonus (ex articolo 119 del Decreto Legge 34/2020), esercitando l’opzione per la cessione parziale del credito corrispondente e utilizzando la restante parte della detrazione nella propria dichiarazione dei redditi.
Il contribuente ha spiegato all’Agenzia delle Entrate di aver intenzione di vendere l’immobile, terminata la ristrutturazione, ma prima che siano trascorsi i dieci anni dalla data di fine lavori, pertanto, chiede come debba essere calcolata la plusvalenza ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. bbis), del Tuir.
Innanzitutto il Fisco, in risposta, ha richiamato il quadro normativo di riferimento, spiegando che l’art. 1, commi da 64 a 67, della legge di bilancio 2024, ha disciplinato una nuova ipotesi di plusvalenza immobiliare imponibile relativa alle cessioni d’immobili che sono stati oggetto d’interventi agevolati con Superbonus, conclusi da meno di 10 anni.
L’art. 67 del Tuir, come modificato dalla legge di bilancio 2024, prevede che sono considerati redditi diversi, tra gli altri, le plusvalenze realizzate mediante cessione onerosa di beni immobili sui quali sono stati effettuati lavori agevolati con il Superbonus, esclusi gli immobili acquisiti per successione o adibiti ad abitazione principale per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione.
Il successivo art. 68 del Tuir prevede i criteri di calcolo delle plusvalenze, distinguendo vari casi, inoltre specifica che la plusvalenza è la differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo d’acquisto o il costo di costruzione del bene, aumentato di ogni altro costo inerente. Per gli immobili acquisiti tramite donazione, il prezzo di acquisto è quello sostenuto dal donante.
Nel caso di immobili oggetto di interventi agevolati con il Superbonus, se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni, non si tiene conto delle spese relative ai lavori effettuati, qualora si sia fruito dell’agevolazione nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito.
Nel caso in cui, invece, gli interventi agevolati si siano conclusi da più di 5 anni, nella determinazione dei costi inerenti al bene si tiene conto del 50% di tali spese, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito.
Per quanto concerne i medesimi immobili, acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre 5 anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, determinato ai sensi dei periodi precedenti, è rivalutato in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Nel caso preso in esame in cui l’immobile acquisito per usucapione e oggetto degli interventi da meno di 10 anni, la plusvalenza si determina sottraendo dal corrispettivo della vendita il valore dichiarato nella sentenza di usucapione, aumentato “dei costi inerenti al bene” escludendo le spese agevolate dal Superbonus per cui si è esercitata l’opzione di sconto in fattura o cessione del credito.
Il Fisco chiarisce che con la circolare n. 13/E del 13 giugno 2024 sono stati forniti ulteriori approfondimenti e chiarimenti in merito al calcolo della plusvalenza. Difatti la plusvalenza si realizza a seguito della cessazione a titolo oneroso di beni immobili oggetto di interventi agevolati conclusi da non più di 10 anni, indipendentemente dalla data di acquisto o costruzione del bene.
In relazione al calcolo della plusvalenza, non si considerano le spese relative ai lavori effettuati con agevolazioni solo se è stata applicata l’aliquota di detrazione al 110% ed è stata esercitata l’opzione di sconto in fattura o la cessione del credito.
Stando a quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate, nel caso preso in esame presentato dal contribuente la plusvalenza tassabile sarà la differenza tra il prezzo di vendita e il valore della sentenza di usucapione, aumentato dai “costi inerenti”. Da tale calcolo vengono, quindi, escluse le spese per gli interventi agevolati con detrazione al 110% e trattati secondo le opzioni esercitate.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Il Bonus Sicurezza è un’agevolazione introdotta con lo scopo di incentivare i cittadini a rendere più sicure le proprie abitazioni. Nello specifico, si tratta di una detrazione fiscale pari al 50% sulle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza delle abitazioni.
Il Bonus Sicurezza è valido sino al 31 dicembre 2024 e riguarda i seguenti interventi:
• sostituzione di serrature obsolete con modelli più moderni e sicuri;
• installazione di sistemi di allarme (antifurto, telecamere di sorveglianza etc.);
• installazione di porte blindate;
• installazione di finestre con vetri antisfondamento e altri dispositivi di sicurezza;
• installazione di cancelli e recinzioni perimetrali.
La detrazione prevista del 50% si applica sull’importo totale delle spese sostenute per gli interventi citati fino ad un massimo di 96.000 euro per ogni unità immobiliare. Tale detrazione viene poi ripartita in 10 quote annuali di pari importo. Ciò significa che la metà della spesa effettuata verrà restituita sotto forma di detrazioni sulle tasse da versare, con cadenza annuale per 10 anni.
I soggetti che possono beneficiare del Bonus Sicurezza sono:
• i proprietari dell’immobile oggetto degli interventi;
• i titolari di diritti reali/personali di godimento (usufrutto, uso abitazione, superficie);
• l’inquilino o il comodatario;
• i soci di cooperative divise e indivise e i soci delle società semplici;
• gli imprenditori individuali, ma solo per gli immobili che non rientrano fra quelli strumentali o merce.
Inoltre, possono accedere all’agevolazione, ma solo a patto che sostengano le spese e risultino intestatari di bonifici e fatture:
• il familiare convivente del possessore o del detentore dell’immobile oggetto dell’intervento;
• il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
• il convivente more uxorio.
Chiaramente, per poter fruire dell’agevolazione è necessario che l’immobile risulti in regola con le normative urbanistiche.
Per poter richiedere l’agevolazione, al momento della dichiarazione dei redditi, è necessario presentare la documentazione relativa ai pagamenti effettuati da cui risultino il numero, la data e l’importo delle fatture, la causale del pagamento (incluso il riferimento all’articolo 16-bis del Dpr 917/1986), il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il codice fiscale di chi ha effettuato i lavori.
Infine, per quanto riguarda i lavori svolti in condominio, oltre alla documentazione sopra citata, sarà necessario inserire anche il codice fiscale del condominio.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI