Si è svolta dal 17 al 31 gennaio l’inchiesta pubblica preliminare, presso la commissione UNI/CT 040 – Servizi, per il progetto UNI 1611661, per la definizione dei requisiti relativi all’attività professionale dell’amministratore di condominio.
Tali requisiti sono specificati, a partire dai compiti e attività specifiche e dall’identificazione dei relativi contenuti, in termini di conoscenze e abilità, anche al fine di identificarne chiaramente il livello di autonomia e responsabilità in coerenza con il Quadro Nazionale delle Qualificazioni (QNQ).
Il progetto UNI 1611661 nasce dall’esigenza di introdurre nuovi requisiti per soddisfare le esigenze degli stakeholder, in particolare legate a una maggiore trasparenza e alla richiesta di un supporto sempre più professionale nella tutela del valore della proprietà immobiliare. La UNI 1611661 aggiorna la UNI 10801, giunta alla sua terza edizione.
L’inchiesta pubblica preliminare è un passaggio fondamentale del processo normativo perché aiuta a capire se il mercato ha bisogno di queste norme e se ci sono altri bisogni da soddisfare.
L’aggiornamento della norma UNI 10801 è conseguente all’analisi del mercato, all’analisi dei cambiamenti che sta vivendo il settore, inclusa la necessità di creare un collegamento con la UNI 11777 sulla figura professionale del revisore condominiale a maggior tutela del patrimonio immobiliare e della collettività intesa come i singoli condomini, fornitori e professionisti che si relazionano con il condominio (istituti di credito, l’erario, etc. ), nonché alla valorizzazione del mercato immobiliare
Le principali modifiche che saranno introdotte nella nuova versione riguardano in particolare:
• integrazione dei compiti e delle competenze dell’amministratore di condominio, in particolare per l’ambito formazione e qualifica professionale, al fine di supportare meglio le disposizioni di legge;
• nuovi requisiti specifici per il servizio offerto dallo studio dell’amministratore, inclusi i requisiti sulle competenze specifiche necessarie per una gestione di qualità dello studio e del personale presente;
• integrazione di linee guida operative per il rendiconto condominiale;
• indicazioni sulla gestione della privacy in condominio (con indicazioni operative anche sulle novità come le bacheche informative o le riunioni elettroniche);
• aggiornamenti sulla parte relativa al fascicolo tecnico del condominio;
• aggiornamento dei riferimenti Legislativi applicabili.
Il bonus bollette, che può arrivare fino all’importo di 600 euro, può essere attribuito ai lavoratori dipendenti, a discrezione del datore di lavoro, anche per pagare le utenze domestiche intestate al condominio.
A chiarire gli aspetti legati al benefit per l’anno 2022 è la circolare numero 35 dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata il 4 novembre scorso.
Entro il tetto dei 600,00 euro le somme non sono “tassate” per il lavoratore e possono essere portate in deduzione dal datore di lavoro. Tuttavia, come specificato dalla circolare numero 35 del 2022 dell’Agenzia delle Entrate: “nel caso in cui, in sede di conguaglio, il valore dei beni o dei servizi prestati, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, risultino superiori al predetto limite, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al medesimo limite di euro 600”. Dunque, il superamento del limite determina l’imponibilità dell’intera somma, che sarà quindi “tassata”.
La stessa circolare chiarisce anche gli aspetti legati a spese condominiali: “Le utenze per uso domestico intestate al condominio e ripartite fra i condomini e quelle per le quali, pur essendo le utenze intestate al proprietario dell’immobile (locatore), nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) o dei propri coniuge e familiari”. Pertanto, anche le utenze domestiche intestate al condominio e oggetto di successiva ripartizione, come quelle per i consumi idrici e per il riscaldamento, possono dare diritto al bonus 600 euro.
La questione aperta riguarda la possibile asincronia tra i tempi del pagamento stesso e quelli della determinazione dei consumi. Per ottenere l’agevolazione deve essere prodotta un’autocertificazione da conservare in caso di controlli, come le fatture pagate o una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nel quale vengono indicati il numero e l’intestatario della fattura, la tipologia di utenza, l’importo pagato, la data e le modalità di pagamento.
Tale documentazione deve contenere anche la prova delle spese pagate nel 2022 ed entro il 12 gennaio 2023, purché riferite a consumi dell’anno in corso.
E’ l’amministratore di condominio che è chiamato a determinare l’imputazione delle spese condominiali e delle quote individuali, nel corso della gestione. Su richiesta del soggetto che intende ottenere il bonus fino a 600 euro, infatti, l’amministratore di condominio deve produrre un’apposita attestazione.
Tuttavia, tale calcolo potrebbe non essere semplice perché spesso il pagamento delle bollette non ha gli stessi tempi dell’attribuzione dei consumi del singolo condomino. Sarebbe quindi opportuno procedere alla lettura delle misure di acqua e riscaldamento entro la fine dell’anno, così da poter procedere per tempo alla determinazione degli importi.
Con il “pronto ordini” n. 109, pubblicato il 21 novembre 2022, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) risponde ad un dubbio in merito all’obbligo assicurativo a carico dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni ai fini delle detrazioni da Superbonus 110% e agli altri bonus edilizi.
Veniva chiesto se tale obbligo richieda necessariamente:
• la stipula di una polizza cosiddetta “single project”, “quindi una polizza differente per ogni cantiere” (ai sensi del comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 risultante dalle modifiche recate dall’articolo 2, comma 2, lett. b) del decreto-legge n. 13 del 2022, poi trasfuso nell’articolo 28-bis, comma 2, lettera b) introdotto in sede di conversione del decreto-legge n. 4 del 2022);
• ovvero se sia possibile utilizzare la normale polizza per danni da attività professionale “che non preveda esclusioni relative ad attività di asseverazione, con un massimale non inferiore a 500mila euro, specifico per il rischio di asseverazione, da integrare a cura del professionista ove si renda necessario e che garantisca, se in operatività di claims made, un’ultrattività pari ad almeno cinque anni in caso di cessazione di attività e una retroattività pari anch’essa ad almeno cinque anni” (già prevista dal terzo periodo del citato comma 14);
• o, in, alternativa una polizza (cosiddetta “a consumo”) dedicata alle attività in oggetto con un massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro, senza interferenze con la polizza di responsabilità civile (di cui al quarto periodo del citato comma 14).
L’Ordine interpellante segnala un articolo tratto dalla stampa specializzata in cui sono richiamati i chiarimenti forniti dall’Ania, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici.
Secondo l’Ania, anche dopo le modifiche al comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni conservano la possibilità di scegliere tra le tre diverse tipologie di polizza assicurativa previste. Si chiede pertanto conferma di quest’ultima interpretazione.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ritiene di essere in accordo con l’interpretazione dell’Ordine istante e specifica che:
• considerato che il terzo periodo del citato comma 14 prevede espressamente che “L’obbligo di sottoscrizione della polizza si considera rispettato qualora i soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni abbiano già sottoscritto una polizza assicurativa per danni derivanti da attività professionale ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, purché questa: abbia le caratteristiche ivi indicate nelle lettere a), b) e c);
• considerato altresì che il quarto periodo del citato comma 14 prevede espressamente che “In alternativa il professionista può optare per una polizza dedicata alle attività di cui al presente articolo”, con le caratteristiche del tipo “a consumo” sopra richiamate;
• sembra corretto ritenere che “L’obbligo di sottoscrizione della polizza” a carico dei soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni possa considerarsi rispettato anche tramite le tipologie alternative di polizza di cui ai periodi terzo e quarto del comma 14 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.
Diminuisce l’interesse all’acquisto di case e aumenta quello per l’affitto. è quanto emerge dall’analisi che CENTURY 21 Italia ha eseguito sulle principali città italiane.
Il ritorno all’affitto in Italia, come emerge dall’analisi CENTURY 21, svela una tendenza che ancora non è stata intercettata dagli ultimi dati ufficiali.
Secondo i dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate, infatti, il secondo trimestre 2022 risulta ancora in crescita per quanto riguarda l’acquisto delle case, con un tasso tendenziale delle compravendite del +8,6% rispetto allo stesso periodo del 2021.
“I numeri a disposizione – spiega Marco Tilesi, CEO di CENTURY 21 Italia – rispecchiano i dati che i notai incamerano in quel trimestre, cioè i rogiti. Ma in realtà – continua il manager – l’acquisto e il prezzo sancito nel rogito è stato definito almeno nel trimestre precedente, se non addirittura prima”.
Questo significa che i dati dell’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate, pur facendo riferimento al secondo trimestre, riguardano trattative concluse mesi prima e poi rogitate soltanto nel secondo trimestre 2022.
In breve, vuol dire che anche se quei dati sono ufficialmente relativi al secondo trimestre, ci restituiscono una fotografia dei primi tre mesi dell’anno e forse anche degli ultimi del 2021.
CENTURY 21 Italia, allora, ha analizzato i numeri del real estate nelle principali città italiane dei primi 8 mesi dell’anno in corso per intercettare l’andamento delle richieste nel mercato presente, confrontandoli con quelli dello stesso periodo del 2021 e della media degli ultimi 4 anni.
“Quella che emerge è ovviamente una tendenza – dice Tilesi – ma è interessante notare come alcuni elementi siano molto diversi dai dati ufficiali dell’Agenzia delle Entrate”.
Interesse all’acquisto in discesa
Secondo l’analisi CENTURY 21, infatti, analizzando il mercato immobiliare di Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli, Firenze e Catania, emerge che l’interesse all’acquisto segna un “meno” rispetto al 2021 su tutte le principali città: a Roma -10,3% e a Milano -11,7%, arrivando ai picchi del -17,5% a Bologna, -15,6% a Napoli e -14,8% a Torino. Più moderato, ma comunque in negativo rispetto al 2021, il calo delle percentuali di interesse all’acquisto a Firenze (-6,9%) e a Catania (-5,8%).
“Oggi in Italia i potenziali acquirenti di case sono in pausa di riflessione e le cause sono molteplici – spiega Tilesi – tra queste, l’incremento dei tassi d’interesse (cioè la difficoltà ad avere mutui dalle banche) e l’incremento dei prezzi d’acquisto”.
Secondo l’analisi CENTURY 21, infatti, in alcune delle città prese in esame i prezzi di vendita proposti sono saliti: Milano ha il podio con un incremento del +4,8%, seguita dal +3,2% di Bologna, dall’1,8% di Torino e dall’1,5% di Roma. In controtendenza Firenze (-0,7%), Napoli (-0,4%) e Catania (-3,5%).
A fronte di questi fattori, gli italiani hanno dirottato il loro desiderio di comprare casa verso l’interesse all’affitto – si legge nell’analisi CENTURY 21.
In crescita le ricerche per l’affitto
In tutte le città analizzate, le ricerche di affitto sono in crescita rispetto allo scorso anno: a Milano i primi 8 mesi del 2022 hanno fatto registrare un aumento di queste ricerche del +6,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, a Bologna del +7,5%, a Firenze del +7,2%, a Catania del +10,9%. Più modesta, ma comunque presente, la crescita a Napoli (+1,4%), a Torino (+0,8%) e a Roma (+1,6%).
L’inversione di tendenza
Ma se rispetto allo scorso anno c’è un evidente rallentamento dell’interesse all’acquisto (a favore di un’intenzione all’affitto), il discorso cambia rispetto al lungo periodo.
Se infatti confrontiamo i dati del 2022 con quelli degli ultimi 4 anni, la voglia di acquistare casa continua a mantenersi in crescita: +12,4% a Roma, +10,4% a Firenze e +13,8% a Catania, queste le città in cui la percentuale è più elevata, ma anche tra le altre il segno è positivo.
“La nostra analisi ha lo scopo di porre l’attenzione su una tendenza che c’è e che potrebbe farsi sentire sempre di più nel prossimo futuro”, spiega Tilesi. “Da qualche tempo il trend generale è quello di parlare di un mercato immobiliare forte, fortissimo, ed è realmente così, considerando anche l’ultimo anno record. Ma è bene essere prudenti: occorre tenere in considerazione questa frenata nell’interesse all’acquisto e il contestuale ritorno all’affitto, tendenze che potrebbero cambiare le carte in tavola molto rapidamente”, conclude Tilesi.
Fonte: Ufficio Stampa
Con la risposta n. 545/2022 l’Agenzia delle Entrate torna a fornire chiarimenti sul tema del Superbonus in merito all’installazione di un impianto fotovoltaico.
Nel caso analizzato, l’Istante è il comproprietario di un’unità immobiliare residenziale e spiega di aver effettuato l’installazione di un impianto fotovoltaico come intervento “trainato”. L’Istante fa anche presente che l’energia non autoconsumata in sito viene ceduta in favore del gestore dei servizi energetici (GSE).
L’unità abitativa in oggetto appartiene a due comproprietari: l’Istante che è il committente dei lavori nonché l’intestatario delle fatture, quindi colui che ha effettuato i pagamenti delle stesse, e l’altro comproprietario che invece è l’intestatario dell’utenza elettrica e del contratto con il GSE, nonché unico residente nell’abitazione.
Ciò detto, l’Istante si rivolge all’Agenzia delle Entrate per chiedere se al fine di poter fruire del Superbonus, è necessario che esso sia anche intestatario dell’utenza elettrica e del contratto di cessione dell’energia in surplus al GSE.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che come esplicitato nella circolare n. 24/E del 2020, il Superbonus spetta ai contribuenti che hanno sostenuto le spese e che possiedono l’immobile oggetto degli interventi agevolabili in qualità di proprietario, nudo proprietario o di titolare di diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie) o che detenga l’immobile in base a un contratto di locazione.
L’Agenzia delle Entrate prosegue spiegando che in caso di unità immobiliare in comproprietà fra più soggetti, ciascun proprietario ha diritto alla detrazione in relazione alle spese sostenute, a prescindere dalla quota di proprietà.
Nel caso dell’installazione di un impianto fotovoltaico si ha diritto a fruire dell’agevolazione a condizione che l’energia non autoconsumata in sito sia ceduta in favore del GSE tramite il contratto stipulato.
In assenza di una disposizione a riguardo, quindi, non è necessario che vi sia coincidenza tra il titolare della detrazione e l’intestatario dell’utenza elettrica e del contratto con il GSE, pertanto, nel caso di fatto, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’Istante abbia diritto a fruire del Superbonus anche se l’utenza elettrica e il contratto con il GSE sono intestati all’altro comproprietario dell’immobile.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
E’ del 25 per cento, in media, l’aumento registrato in Italia dai canoni di locazione di un appartamento.
Considerando il classico contratto di locazione ordinario di lunga durata (4+4) stipulato tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015 nelle principali città metropolitane e giunto quasi a scadenza, chi intendesse rinnovare potrebbe trovarsi di fronte a un aumento medio di queste proporzioni.
I rincari nelle città
Il valore degli aumenti registrati dai canoni di locazione può arrivare fino a +35,3% a Firenze, +28,5% a Bologna e +28,4% a Genova. Mentre a Roma e Milano si registra una crescita inferiore al 20 per cento, in quanto otto anni fa gli affitti erano già mediamente più alti rispetto alle altre città.
E si parla soltanto di contratti di affitto, spese escluse.
A questi aumenti bisogna infatti aggiungere anche un incremento medio del 50 per cento delle spese condominiali, soprattutto nelle case con riscaldamento centralizzato, che porta il canone totale mensile a un livello non più sostenibile per molte famiglie, a quel punto obbligate a cambiare zona o addirittura città, spostandosi dove i prezzi sono più bassi.
La fotografia degli aumenti
A scattare la fotografia dei rincari è l’ufficio studi di Abitare Co., che ha analizzato l’incremento dei prezzi degli affitti rispetto al 2014/2015 nelle otto principali città metropolitane (Milano, Roma, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Torino), calcolando il possibile impatto sul mercato immobiliare.
Nel 2015 sono stati stipulati circa 493mila contratti di affitto 4+4, di cui 97.248 nelle sole 8 città metropolitane, per case con una superficie media di 79,3 metri quadrati (oggi la superficie media è leggermente più bassa: 72,2 metri quadrati).
“Prendendo ad esempio la tipologia più richiesta per la locazione, ovvero un bilocale di 70 metri quadrati, nelle principali città metropolitane – spiega Alessandro Ghisolfi, responsabile dell’ufficio studi di Abitare Co. – occorrono in media circa 945 euro al mese, con una notevole differenza in base alla zona (+25,6% sul 2015): si parte da 580 euro nelle aree periferiche (+24,9%) e 790 euro in quelle semicentrali (+25,6%), per arrivare fino a 1.070 in centro (+23,6%) e circa 1.350 (+28,3%) per gli immobili di pregio”.
Naturalmente, sono escluse da questi conteggi al rialzo le spese condominiali, e anch’esse hanno subito un fortissimo aumento soprattutto negli ultimi tempi, a causa della crescita esponenziale del costo dell’energia, che tra luce e gas sta mettendo a dura prova le famiglie e intere realtà condominiali.
La classifica delle città
Tra le città, ai primi posti della classifica si trova Roma, con una media dei canoni mensili, sempre per un bilocale di 70 mq, pari a 1.365 euro (+20% sul 2015): da 700 euro (+33,3%) in periferia a 2.050 euro (+14,4%) per gli immobili di pregio. Subito dopo Roma c’è Milano, con 1.300 euro medi (+17,4%): da 720 euro in periferia (+15,1%) a 1.930 euro (+24,1%) per gli immobili di pregio. Aumenti significativi si registrano inoltre a Firenze (+35% in media): dai 760 euro della periferia (+32,7% in 7 anni) ai 1.530 euro del pregio (+42,9% dal 2015).
Le città meno care, come canone medio mensile, sono Palermo (625 euro, +26,4%), Torino (715 euro, +20,6%) e Genova (750 euro, +28,4%).
Scarsa offerta di qualità nel mercato delle locazioni
“Quello che manca oggi sul mercato italiano – conclude Ghisolfi – è un’offerta di qualità legata al mondo degli affitti, con edifici di nuova generazione che possano offrire case con servizi condominiali di vario genere. Da una nostra recente indagine effettuata su un campione di 1.500 famiglie, oltre l’80 per cento ha risposto che sarebbe disposto a pagare un affitto più alto del 15 per cento, rispetto a quanto paga oggi, per una casa nuova dotata di servizi comuni dedicati”.
L’Agenzia delle Entrate fornisce nuovi chiarimenti riguardo le spese collegate ad un intervento trainato e ammesse in detrazione al 110%, attraverso la risposta n. 547 del 4 novembre 2022.
Nel caso di specie, l’Istante è un Condominio composto da sei unità residenziali, che intende effettuare un intervento “trainante”, ovvero un intervento di coibentazione delle superfici opache verticali e orizzontali e, contemporaneamente, intende realizzare anche un intervento “trainato” di eliminazione delle barriere architettoniche attraverso l’installazione di un ascensore.
L’Istante prosegue spiegando che per l’installazione dell’ascensore è necessario, da parte del Condominio, l’acquisto di un locale cantina di proprietà di un solo condomino, all’interno del quale verrà posizionato il vano motore e la fossa di termine corsa inferiore.
Ciò detto, l’Istante ha quindi chiesto all’Agenzia delle Entrate se le spese inerenti l’acquisto del citato locale cantina possono rientrare in quelle detraibili, in quanto spese strettamente connesse all’installazione dell’ascensore.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate è tornata ad approfondire l’elenco dei costi collegati agli interventi ammessi al Superbonus 110% che è possibile calcolare nell’insieme delle spese detraibili. Nel caso analizzato, il quesito riguarda le spese connesse all’intervento trainato destinato all’eliminazione delle barriere architettoniche.
La circolare n.28/E/2022 fornisce degli esempi pratici di spese relative ad interventi che hanno diritto alla detrazione, come ad esempio:
• la sostituzione di finiture (pavimenti, porte, infissi esterni, terminali degli impianti);
• l’adeguamento o il rifacimento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici, impianti di ascensori, impianti citofonici);
• il rifacimento di scale e ascensori;
• l’inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o di piattaforme elevatrici.
Nella stessa circolare viene chiarito anche che tra le spese ammesse in detrazione al 110% rientrano anche quelle sostenute prima o nel corso dei lavori relative a:
• progettazione e altre prestazioni professionali connesse richieste dal tipo di lavori;
• acquisto dei materiali;
• effettuazione di perizie o di sopralluoghi;
• oneri di urbanizzazione;
• l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta di bollo e i diritti pagati per le concessioni, le autorizzazioni e la dichiarazione di inizio lavori;
• altri eventuali costi strettamente connessi alla realizzazione degli interventi.
Come chiarito dall’Agenzia, l’elenco non ha valore tassativo ma si riferisce ai costi ulteriori connessi agli interventi edilizi realizzati. Tra questi, ad esempio, anche i costi relativi allo smaltimento dei materiali rimossi o la tassa per l’occupazione di suolo pubblico.
Non sono agevolabili, invece, i costi di trasloco e di custodia del mobilio per tutto il periodo di effettuazione dei lavori.
L’Agenzia delle Entrate ha, quindi, chiarito che per quanto concerne l’Istanza in oggetto, tra le spese detraibili non rientrano quelle sostenute per l’acquisto dell’unità immobiliare oggetto dei lavori, così come le spese per l’acquisto di locali necessari per l’installazione dell’ascensore.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Il mese di ottobre, e anche quello di novembre, caratterizzati da un caldo anomalo, ha portato una conseguenza positiva legata ai volumi ridotti dei consumi: il calo del prezzo del gas.
Il risultato, come comunicato da Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente), è che se prendiamo come riferimento il consumo medio delle famiglie, cioè 1.400 metri cubi annui con riscaldamento autonomo, la spesa complessiva confrontata con il trimestre precedente è scesa del 12,9%.
L’aggiornamento, però, non riguarda i consumi futuri, ma quelli passati.
Purtroppo, infatti, i prezzi unitari del gas rimangono alle stelle e per contenere le bollette dei prossimi mesi il risparmio energetico e l’efficienza rimangono atteggiamenti decisivi per evitare bollette astronomiche.
Bollette di luce e gas
in aumento
Considerando i consumi di una famiglia di 3 /4 persone (2.700 kWh per energia elettrica e 1.400 mc per gas, con riscaldamento autonomo), Altroconsumo ha aggiornato le stime notando che per i prossimi 12 mesi la stima di spesa annua per energia elettrica è pari a 1.726 euro, mentre la stima della spesa per il gas è pari a 2.794 euro, per una somma di circa 3.766 euro (–16% rispetto alla stima precedente di Altroconsumo, di 4.500 euro).
L’indagine di Altroconsumo
Al fine di rilevare come i cittadini abbiano tentato di arginare i costi nelle proprie abitazioni, Altroconsumo ha condotto un’indagine che tra il 15 e il 20 settembre 2022 ha coinvolto 918 intervistati di età compresa tra i 25 e i 79 anni, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Ne risulta che solo metà dei rispondenti considera la propria casa attrezzata ad affrontare il caro energia.
Efficienza energetica nelle abitazioni: gli italiani e il caro bollette
Negli ultimi due anni, quasi il 50% degli intervistati ha condotto interventi nelle proprie abitazioni per migliorarne l’efficienza energetica.
Attualmente tra i sistemi per il risparmio più diffusi nelle case degli italiani troviamo lampadine a basso consumo (73 per cento), finestre ad alto isolamento (67 per cento), elettrodomestici ad alta efficienza energetica (66 per cento) e prese multiple con interruttore (61 per cento).
Circa la metà ha una caldaia a gas a condensazione o pompa di calore.
Infine, solo 1/4 degli italiani afferma di avere isolato il tetto termicamente e altrettanti hanno fatto isolare le pareti con il cappotto termico.
Al contrario, le soluzioni meno diffuse sono l’isolamento termico del pavimento e piano cottura a induzione, pannelli solari, caldaie o stufe a biomassa.
In particolare, questi interventi strutturali vengono realizzati più frequentemente nelle case indipendenti rispetto agli appartamenti in condominio, inoltre ci sono anche importanti disuguaglianze geografiche.
In generale, le case del nord Italia hanno maggiori dotazioni per il risparmio energetico rispetto a quelle delle regioni centrali e, soprattutto, a quelle del meridione e delle isole.
Oltre la metà del campione ritiene conveniente attivarsi per risparmiare
Inoltre, dai risultati emerge che solo il 53 per cento del campione ritiene di avere una casa con caratteristiche che possano fare la differenza sul risparmio energetico.
Viceversa, circa la metà non è soddisfatto di ciò e, in particolare, il 18% dà una valutazione negativa.
Ipotizzando un potenziale risparmio in bolletta, il 61 per cento degli intervistati ritiene molto conveniente investire per migliorare almeno un aspetto legato al risparmio energetico in casa.
Solo il 6 per cento pensa che non valga la pena intervenire su alcun ambito.
Infine, il 31 per cento degli intervistati si dichiara poco o per nulla informato sulle attrezzature disponibili per risparmiare sul caro bollette.
Come gestire al meglio la casa: i suggerimenti di Altroconsumo
Chi non ha la possibilità economica per attuare interventi sul proprio immobile, può comunque adottare accorgimenti significativi a livello domestico.
Ad esempio, durante l’inverno, la strategia più efficace per mantenere stabile, se non ridurre, la bolletta è intervenire sul riscaldamento: abbassarlo anche solo di un grado riduce la spesa di circa l’8 per cento.
In più, si consiglia di utilizzare e gestire gli elettrodomestici in maniera consapevole ed efficiente.
L’utilizzo poco efficiente degli elettrodomestici, considerando il prezzo medio attuale dell’energia (0,64 euro a kWh), ha un impatto non indifferente sui costi della bolletta.
Per questo motivo bisognerebbe utilizzare solo gli elettrodomestici indispensabili e per il tempo strettamente necessario, prediligendo la scelta dei modelli meno energivori.
In generale, dovremmo impegnarci ad evitare sprechi, come usare lavatrice e lavastoviglie solo a pieno carico, che permette ad una famiglia di risparmiare 57 euro all’anno.
Sul mercato immobiliare le evidenze numeriche non restituiscono ancora ciò che sembra prospettarsi per il mercato immobiliare nel breve periodo, vale a dire la chiusura della fase di crescita post pandemica e l’avvio di una nuova fase di arretramento conseguente all’impennata dei prezzi.
È quanto si legge nell’ultima edizione dell’Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma, giunto al trentacinquesimo anno di attività. Inoltre, “la sfida è ora quella di contenere l’arretramento nella fase avversa del ciclo economico, per poi riprendere il cammino interrotto della crescita non appena il quadro si sarà fatto meno fosco”.
Sul piano delle compravendite di abitazioni, nel primo semestre del 2022 in Italia si è registrato un aumento tendenziale del 10,1 per cento, leggermente inferiore al +11 per cento rilevato in corrispondenza degli immobili per l’impresa.
Il preconsuntivo elaborato da Nomisma, relativamente al solo segmento abitativo, evidenzia un calo delle transazioni nel secondo semestre rispetto al primo pari all’8,9 per cento, riconducibile perlopiù alla performance del quarto trimestre dell’anno.
È bene tener presente come a consuntivo del primo semestre 2022, le dimensioni del mercato residenziale eccedessero quelle raggiunte nel pre-Covid, con un incremento rispetto al primo semestre del 2019 del 34,2 per cento a livello nazionale e del 22 per cento per l’insieme dei 13 maggiori mercati monitorati.
La ricerca di Nomisma
Nel segmento degli immobili di impresa di piccole dimensioni, Nomisma evidenzia che, dopo il trend limitatamente espansivo prodottosi grazie alla prospettiva di un possibile ritorno a fatturati pre-Covid, si è assistito ad un’attenuazione della crescita, sia in termini di contratti sia di valori. Nel primo semestre 2022 – rispetto al primo semestre 2019 – anche in questo settore si erano registrati aumenti a due cifre delle compravendite. Sempre con riferimento al primo semestre 2022, la distribuzione delle compravendite tra capoluogo e comuni periferici registra un repentino ritorno di interesse della domanda abitativa per le realtà maggiori.
Le difficoltà di ottenimento del credito riducono l’accessibilità al mercato della proprietà, con l’allargamento della forbice tra l’ampia fetta di domanda che necessita di un sostegno all’acquisto e quanti, appartenenti alla fascia alta in termini di disponibilità, possono procedere grazie ad una semplice valutazione di opportunità.
Il mercato delle compravendite di immobili residenziali vede protagoniste le persone fisiche, con un peso del 96 per cento sul totale degli acquisti, di cui il 50-60 per cento risulta sostenuto dal ricorso al mutuo, per importi che si aggirano in media tra i 130-140.000 euro.
Rispetto all’utilizzo dell’abitazione acquistata, Nomisma evidenzia come nel 70-80 per cento dei casi si tratti di un’esigenza di prima casa o di sostituzione dell’abitazione di proprietà.
Nel 2021, l’incidenza degli immobili di nuova costruzione acquistati si è attestata all’8,3 per cento del totale. Nel primo semestre 2022 la percentuale è salita al 9,2 per cento. In termini numerici, si è passati dalle 29.700 compravendite di abitazioni nuove del primo semestre 2021, alle 37.400 dei primi sei mesi dell’anno in corso. Un trend che si conferma in crescita e che per Nomisma potrebbe consolidarsi, come si può intuire dal numero di permessi rilasciati per nuove abitazioni (+8 per cento rispetto ai livelli pre-Covid).
Sul mercato dell’acquisto, Nomisma individua in Milano e Padova per il Nord Italia e in Napoli e Bari per il Sud i mercati che anticipano le tendenze al rallentamento. Nei mercati del Nord sono la minore intensità della domanda e delle compravendite a segnalare l’inversione, mentre in quelli del Sud il fattore che denota il raffreddamento è la minore intensità della domanda, in parte già riflessasi sui prezzi.
Nonostante il peggioramento del potere d’acquisto delle famiglie, dovuto alla crescita esponenziale dell’inflazione e alla dinamica contenuta dei salari dei consumatori, Nomisma rileva che la domanda abitativa risulta ancora sostenuta, ancorché in tendenziale flessione.
Le soluzioni ricercate
Per l’istituto bolognese, nel 2022 la priorità della domanda è rappresentata dall’individuazione di una soluzione abitativa con spazi adeguati, ove far convivere vita familiare e professionale, a differenza di quanto avvenuto nel 2021, quando il fattore di attivazione era invece rappresentato dalla ricerca di un contesto al di fuori dei grandi centri urbani.
L’offerta che riguarda le nuove costruzioni scarseggia, come si può evincere dal numero di concessioni rilasciate nell’ultimo decennio. Rispetto al 2011 la nuova superficie autorizzata nel 2022 per nuove costruzioni non residenziali risulta inferiore del 39 per cento, mentre quella di abitazioni addirittura del 43 per cento.
Se si analizzano i primi semestri del periodo 2004-2022, si è passati da un numero di compravendite per singola concessione edilizia rilasciata, pari rispettivamente a 3,0 per le abitazioni e a 2,3 per gli immobili d’impresa, a valori pari, rispettivamente, a 12,0 e 5,3.
È dunque evidente come il segmento abitativo sia stato quello che più ha risentito della minore intensità di ampliamento e rinnovo dello stock edilizio.
Per Nomisma gli agenti immobiliari hanno percepito un calo dell’offerta di abitazioni in vendita e, al contempo, una crescita di uffici immessi sul mercato.
Si ricorda che il parco edilizio italiano sia costituito per il 92 per cento da edifici residenziali, in gran parte obsoleti sotto il profilo qualitativo ed energetico. Il 62,3 per cento del patrimonio abitativo e il 37,8 per cento di quello destinato ad altri usi ricade tra le classi energetiche più basse (F o G). Nomisma sottolinea come negli ultimi anni vi sia stato un generalizzato miglioramento della prestazione energetica delle abitazioni, riconducibile alla maggiore efficacia degli interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione radicale, effettuati a seguito di agevolazioni fiscali, come il Superbonus 110 per cento, per i quali è richiesto un miglioramento delle prestazioni di almeno 2 classi energetiche.
Sul fronte dei prezzi, nella media dei 13 maggiori mercati nel secondo semestre del 2022 si è registrato un aumento dello 0,5 per cento per le abitazioni, a fronte di una flessione dello 0,6 per cento per gli uffici e di una sostanziale invarianza per i negozi (-0,1 per cento).
Passando ai canoni di locazione di abitazioni, si conferma il tasso di crescita del primo semestre (attorno all’1 per cento in media), a fronte della stasi registrata nel segmento degli uffici e della lieve flessione in quello dei negozi.
Per Nomisma il +1,1 per cento dei canoni di locazione delle abitazioni, preceduto da un +0,9 per cento nella prima parte dell’anno “testimonia la pressione della componente di domanda che resta esclusa dal mercato dell’acquisto e di quella già robusta di chi cerca casa in affitto”.
Osservando i singoli mercati locali, l’Istituto bolognese sottolinea come le realtà ove è iniziato più tardi l’aumento delle quotazioni sono quelle in cui le percentuali di crescita fatte segnare nel corso del secondo semestre dell’anno rispetto al primo sono state più elevate.
A Milano, dove i valori delle case risultano in crescita da alcuni semestri, le variazioni sono risultate ancora positive, seppure con un’intensità decrescente, a differenza di quanto accaduto invece a Torino, dove il trend rialzista ha acquisito ulteriore forza.
Considerando invece i tempi di assorbimento degli immobili in vendita, Nomisma riscontra differenze significative in relazione alla tipologia. Per le abitazioni occorrono in media 4,9 mesi, a fronte degli 8,5 mesi necessari per gli uffici e degli 8,2 mesi per i negozi.
Milano risulta essere il mercato che, in tutti i segmenti monitorati, fa segnare i tempi di assorbimento più esigui (3,5 mesi per la vendita e 2 per la locazione di un’abitazione), non solo nel confronto con gli altri contesti urbani, ma rispetto ai livelli toccati negli ultimi 10 anni.
Anche Bologna si allinea ai tempi correnti di Milano, con la differenza che nel decennio il capoluogo emiliano ha fatto registrare una maggiore variabilità. Lo sconto medio praticato sul prezzo richiesto risulta essere pari all’11,2 per cento nel settore abitativo e al 13,1 per cento sia per uffici che per negozi. Nel secondo semestre del 2022 la riduzione del divario ha riguardato tutti i segmenti monitorati. Gli sconti maggiori continuano ad essere riconosciuti a Palermo e Cagliari.
Sul fronte opposto si collocano Milano e Bologna. Rispetto al focus sull’abitare, Nomisma evidenzia la crescita, come già evidenziato, della domanda interessata ad una soluzione nel comune capoluogo.
In calo risultano, invece, le intenzioni di acquisto di abitazioni per vacanza.
Cresce, per contro, la domanda di locazione di studenti, giovani coppie, persone sole, nuclei monogenitore e lavoratori residenti, mentre risulta in calo la domanda espressa dalle famiglie che si trasferiscono da un altro Comune.
La qualità dell’abitazione rappresenta un fattore fondamentale per chi intende andare a vivere in affitto. Per il 21 per cento dei rispondenti deve essere un’abitazione nuova o di recente costruzione, mentre per il 17,6 per cento degli intervistati deve essere vicina ai trasporti pubblici e a servizi quali scuole e ospedali. Per il 10,2 per cento dei rispondenti deve essere dotata di un balcone ampio e per il 9,1 per cento deve disporre di doppi servizi.