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ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

Ponteggi in condominio e responsabilità per eventuali furti

Nel condominio in cui vivo sono stati installati i ponteggi per i lavori di ristrutturazione. Non é però stato predisposto alcun sistema di allarme. Pertanto, sia quando sono fuori sia la notte vivo con la paura che possano entrare dei malintenzionati. Chiedo, quindi, chi sia il responsabile per eventuali furti.

L’installazione di ponteggi per lavori di manutenzione condominiale può creare un’occasione per spingere i ladri a compiere furti negli appartamenti.

Nel caso, la responsabilità può essere:
• dell’impresa appaltatrice: ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile, l’impresa è responsabile per i danni causati a terzi per colpa, negligenza o imprudenza. Il condòmino derubato dovrà dimostrare la condotta colposa dell’impresa e il nesso di causalità tra tale condotta e il furto;
• del condominio: il condominio, con l’amministrazione condominiale, può essere ritenuto responsabile per “culpa in eligendo”, cioè per aver scelto un’impresa inaffidabile, o per “culpa in vigilando”, per non aver vigilato adeguatamente sull’operato dell’impresa e sul rispetto delle norme di sicurezza. Anche in questo caso, il condòmino derubato dovrà dimostrare la condotta colposa del condominio e il nesso di causalità tra tale condotta e il furto.
Sebbene non vi siano obblighi di legge specifici per la messa in sicurezza dei ponteggi, è consigliabile adottare alcune misure preventive:
• redigere un contratto d’appalto dettagliato in cui si specifica che l’impresa è tenuta a dotare il ponteggio di sistemi di allarme, illuminazione notturna e reti metalliche di protezione;
• installare sistemi di allarme per ponteggi, quali quelli che rilevano variazioni di peso e vibrazioni o quelli volumetrici;
• vigilanza notturna: la soluzione più efficace, seppur onerosa, è quella di assumere un guardiano notturno che vigili sul cantiere;
• rimuovere le scale di collegamento ai piani, cosa che renderà più difficile per i ladri salire inosservati sui ponteggi.

In caso di furto durante i lavori condominiali, è importante denunciare il fatto alle autorità competenti e conservare tutta la documentazione utile (fotografie, fatture, contratto d’appalto, ecc.). È consigliabile, inoltre, rivolgersi a un avvocato per valutare la propria posizione, tutelare i propri diritti e verificare l’evoluzione delle tutele legali. Infine, é bene scegliere una polizza che tuteli contro i furti nella propria casa.

Comunicazione cessione del credito

Con riferimento alle spese sostenute nel 2024, i contribuenti che possono ancora scegliere la cessione del credito o lo sconto in fattura devono inviare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate entro il 17 marzo.

I casi in cui è ancora possibile scegliere le opzioni alternative alla detrazione sono limitati.

In particolare hanno ancora diritto ad esercitare queste opzioni coloro che al 30 marzo 2024 rispettano i seguenti requisiti:
• risulti presentata la CILA, se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
• risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) se gli interventi effettuati dai condomini;
• risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, per gli interventi che comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici;
– risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario, se gli interventi sono diversi da quelli agevolati ai sensi dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020;
• siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo, se per gli interventi non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo.

Tra le eccezioni al divieto di cessione del credito ci sono gli interventi realizzati su immobili danneggiati dagli eventi sismici che si sono verificati nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria il 6 aprile 2009 e dal 24 agosto 2016, per i quali le istanze o dichiarazioni siano state presentate dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. La deroga si applica nel limite delle risorse messe a disposizione.

Possono beneficiare della cessione del credito anche gli interventi che rientrano nel bonus barriere architettoniche.

Pignoramento immobiliare: chi paga le spese

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L’intestatario del conto corrente condominiale

L’amministratore del condominio nel quale sono proprietario dell’appartamento in cui sono residente ha aperto un conto corrente a lui intestato, sul quale ha chiesto di eseguire i versamenti delle rate condominiali, specificando nella Causale: ONERI CONDOMINIALI ORDINARI PERIODO xxx CONDOMINIO yyy. Chiedo pertanto di sapere se questa procedura é corretta, in quanto nel condominio dove vivevo prima il conto era intestato a condominio e non all’amministratore.

Per gestire il condominio è necessario attivare ed utilizzare un conto corrente bancario e/o postale, specificatamente dedicato all’edificio.
Tale modalità è stata introdotta dalla Riforma del condominio (Legge n. 220/2012).
La mancata accensione del conto corrente condominiale è motivo di revoca dell’amministratore, in quanto é intesa come grave irregolarità nella gestione condominiale (art. 1129, comma 12, n. 3, del Codice civile).
Pertanto l’amministratore è tenuto a far affluire i versamenti di quote condominiali su apposito e separato conto corrente intestato al Condominio. Questo, in particolare, per evitare confusione e sovrapposizioni tra il patrimonio del condominio e il suo personale, oltre che per una esigenza di trasparenza e di informazione di tutti i condòmini che intendano verificare la destinazione dei propri esborsi e la gestione condominiale (in tale senso Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2012, n. 7162).
Chiarito ciò, dall’esame del quesito emergerebbe una grave irregolarità commessa dall’amministratore in oggetto: ha infatti acceso un conto corrente intestato a se stesso.
Se tale circostanza fosse veritiera, sarebbe molto grave.
Come già precisato, infatti, in questo caso si verifica una sovrapposizione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore.
Mentre per legge il conto corrente condominiale deve essere intestato solo ed esclusivamente al Condominio, e gestito dall’amministratore che ne deve dare conto ai condòmini.
Dunque, è giusto che l’amministratore si sia attivato per l’apertura di un conto corrente, facendo versare direttamente su tale conto tutti gli oneri condominiali necessari per la gestione dei beni comuni. Questo conto però non deve assolutamente essere intestato direttamente allo stesso, perché vi sarebbero, in tal caso, anche profili di natura penale (ad esempio il reato di appropriazione indebita).

L’amministratore e la decadenza dalla carica

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Le detrazioni edilizie per chi ristruttura la seconda casa

Per quanto riguarda gli interventi di ristrutturazione da realizzare sulla seconda casa con CILA aperta a luglio 2024, quali saranno le detrazioni sulla parte delle opere realizzate nel 2025?

La risposta al quesito posto dipende da quale tipologia di lavori edilizi sono in carso di esecuzione e dall’agevolazione che si intende applicare nel 2025.

Se gli interventi edilizi sull’immobile sono agevolati con il Superbonus, con una CILA rilasciata nel luglio del 2024 c’é la possibilità di utilizzare la superagevolazione anche nel 2025, con aliquota al 65%. E’ però fondamentale che il titolo edilizio sia precedente al 15 ottobre 2024.

Se i lavori in via di realizzazione sono stati ammessi al Bonus Ristrutturazioni o Ecobonus ordinario, trattandosi di una seconda casa l’aliquota applicabile per gli interventi effettuati nel 2025 è pari al 36 per cento.

I tetti di spesa dell’Ecobonus non cambiano, quindi rimane il limite di 96mila euro per le ristrutturazioni edilizie e si confermano le diverse soglie di spesa per le varie tipologie di opere di efficientamento energetico.

Quindi, per riassumere, se si utilizza il Superbonus é possibile applicare l’agevolazione al 65 per cento nel 2025.
Mentre in tutti gli altri casi per lavori sulle seconde case l’aliquota di detrazione scende nel 2025 al 36 per cento.

Si coglie l’occasione per far presente un’ulteriore novità inserita nella Manovra 2025, che prevede limiti alle spese detraibili, calcolati nel loro complesso ed applicati a tutte le detrazioni fiscali per chi ha un reddito complessivo personale sopra i 75mila euro.

La soglia massima di spesa detraibile per chi rientra in questa fascia è pari a 14mila euro, scendendo a 8mila euro per chi ha un reddito superiore ai 100mila euro.

A questi limiti, che si riferiscono alla spesa su cui si effettua la detrazione, si applicano poi specifici coefficienti relativi alla presenza o meno di figli nel nucleo familiare (quoziente familiare), che servono a quantificare nel dettaglio il tetto personale alle spese che si potranno detrarre.

Stop al Superbonus, ma proseguono adempimenti e controlli

Stop al Superbonus, ma proseguono adempimenti e controlli

La misura é in vigore fino al 31 dicembre 2025. Sui lavori in corso e su quelli terminati i beneficiari dovranno inviare comunicazioni aggiuntive e saranno soggetti a severi controlli

Gli adempimenti legati al Superbonus continueranno anche nel 2025, nonostante la detrazione per l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica sia fortemente limitata dal Disegno di Legge di Bilancio in discussione in Parlamento.
Chi ha realizzato o sta realizzando lavori agevolati con il Superbonus, deve infatti affrontare ancora controlli e inviare una serie di documenti aggiuntivi.
Formalmente, il Superbonus è in vigore fino al 31 dicembre 2025, ma il disegno di Legge di Bilancio 2025 di fatto mette la parola fine alla detrazione.
Il Ddl stabilisce infatti che a partire dal prossimo anno, potranno usufruire della detrazione, che avrà l’aliquota del 65%, solo condomini, persone fisiche che realizzano interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari, anche se posseduti da un unico proprietario, e enti del terzo settore che abbiano già deliberato gli interventi e presentato o richiesto i titoli abilitativi entro il 15 ottobre 2024.
Chi non ha centrato questa scadenza non potrà realizzare interventi Superbonus, a meno che non intervengano modifiche.
I nuovi adempimenti, quindi, in un certo senso sopravvivono al tramonto definitivo della detrazione.

Gli adempimenti aggiuntivi per Superbonus e Sismabonus
Per effetto Dpcm 17 settembre 2024, che dà attuazione all’obbligo della nuova comunicazione Superbonus, i beneficiari della detrazione devono inviare delle informazioni aggiuntive all’Enea e a Casa Italia.
Chi sostiene le spese per gli interventi di efficientamento energetico deve infatti inviare all’Enea i dati catastali relativi all’immobile oggetto degli interventi, l’ammontare delle spese sostenute entro il 30 marzo 2024, le spese che prevedibilmente saranno sostenute dal 30 marzo 2024 e nel 2025 e le percentuali delle detrazioni spettanti per le spese. Per l’invio è necessario rispettare gli stessi termini delle asseverazioni inoltrate all’Enea, quindi 90 giorni dalla fine dei lavori.
Chi sostiene le spese per i lavori antisismici deve iinvece nviare al Portale nazionale delle classificazioni sismiche, gestito dal dipartimento Casa Italia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, i dati catastali dell’immobile, l’ammontare delle spese sostenute entro il 30 marzo 2024 e quelle da sostenere dal 30 marzo 2024 e nel 2025, oltre alle percentuali delle detrazioni spettanti.
Per l’invio delle comunicazioni relative ai lavori antisismici, le scadenze sono due. La prima, più imminente, era prevista per il 30 novembre 2024 e riguarda i SAL approvati entro il 1° ottobre 2024. La deadline per l’invio delle comunicazioni aggiuntive era stata inizialmente fissata al 31 ottobre 2024, ma è stata prorogata con il dpcm 29 ottobre 2024. La seconda scadenza dipende invece dall’approvazione del SAL: i dati devono infatti essere inviati entro 30 giorni.

I controlli sulle rendite dopo i lavori Superbonus
Un altro capitolo di adempimenti legati al Superbonus riguarda tutti i beneficiari della detrazione, anche quelli che hanno realizzato gli interventi negli anni passati e li hanno già conclusi.
Si tratta delle verifiche sull’aggiornamento dei dati catastali dopo i lavori per verificare se l’incremento del valore degli immobili, dovuto agli interventi di efficientamento energetico e miglioramento antisismico, ha aumentato anche la rendita catastale e se queste variazioni sono state correttamente segnalate.
Si ricorda, infatti, che, in generale, il direttore dei lavori deve presentare la dichiarazione di variazione catastale, oppure la dichiarazione che i lavori non hanno influito sulla rendita catastale, entro 30 giorni dalla fine dei lavori, a prescindere dal fatto che essi siano incentivati con i bonus edilizi.
Le verifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate sono state introdotte già lo scorso anno, con la Legge di Bilancio per il 2024, ma il Governo ha recentemente espresso la volontà di rinvigorire i controlli.
I controlli su questi adempimenti riguarderanno pertanto tutti i beneficiari del Superbonus e andranno avanti nel 2025.

Superbonus e tassazione delle plusvalenze
Continueranno poi ad essere conteggiati nelle plusvalenze, tassate al 26%, i costi dei lavori agevolati con il Superbonus, realizzati su immobili venduti entro 10 anni dai lavori.
Anche questa misura è stata introdotta dalla Legge di Bilancio per il 2024 e prevede la tassazione del 26% in presenza di qualunque tipo di lavoro agevolato con il Superbonus, anche se realizzato sulle parti comuni dell’edificio di cui fa parte l’unità immobiliare venduta.
La tassazione del 26% sulla plusvalenza si applica a prescindere dalla percentuale di detrazione superbonus.
La plusvalenza non viene tassata se gli immobili sono acquisiti per successione o adibiti ad abitazione principale.
La tassazione al 26% continuerà quindi, in caso di vendita, non solo nel 2025, ma anche oltre.

Bonus mobili 2025, detrazioni del 50 per cento

La Legge di Bilancio conferma la possibilità di accedere alla detrazione del 50 per cento per l’acquisto di arredi ed elettrodomestici in caso di lavori di ristrutturazione.
Il testo della Manovra non prevede differenziazioni tra prime e seconde case: il bonus mobili 2025 resta al 50 per cento per tutti, senza novità di rilievo.
Confermato il limite delle spese ammesse: sarà possibile portare in detrazione un massimo di 5mila euro, da recuperare in 10 anni con la dichiarazione dei redditi.

Bonus mobili 2025: funzionamento e requisiti
Resta in vigore anche per il 2025, abbinato alla detrazione per i lavori di ristrutturazione edilizia, il bonus mobili ed elettrodomestici.
La proroga della detrazione è prevista dal testo della Legge di Bilancio 2025. Se per la generalità delle agevolazioni si prevedono regole differenziate per prime e seconde case, viene confermata l’aliquota unica per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.
Non cambiano, inoltre, i requisiti generali beneficiare della detrazione.
Potranno fruire del bonus mobili i contribuenti che effettuano lavori di ristrutturazione edilizia e che acquistano mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A per i forni, E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica.
La detrazione del 50 per cento è riconosciuta a condizione che gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che danno diritto a fruire del bonus per arredi e grandi elettrodomestici siano iniziati a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto. Quindi, ai fini dell’accesso alla detrazione, è necessario che i lavori di ristrutturazione siano iniziati dal 1° gennaio 2024.

Il limite di spesa
L’importo dello sconto fiscale, anche nel 2025, dovrà essere calcolato su un limite massimo di spesa fissato a 5mila euro.

Le spese detraibili
L’elenco degli acquisti di ammessi è stato messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, nella guida dedicata al bonus mobili. Ecco alcuni esempi:
• mobili e arredi: letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, materassi, apparecchi di illuminazione;
• grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A per i forni, alla E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla F per i frigoriferi e i congelatori, per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica.
Vi rientrano anche apparecchi per la cottura, stufe elettriche, forni a microonde, piastre riscaldanti elettriche, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.

I lavori che consentono di accedere al bonus
La possibilità di accedere al bonus mobili è riconosciuta a chi effettua lavori di ristrutturazione edilizia. Quali:
• manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su singoli appartamenti (per esempio, tinteggiatura di pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti, sostituzione di infissi esterni e il rifacimento di intonaci interni non danno diritto al bonus);
• ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza;
• restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che entro 18 mesi dal termine dei lavori vendono o assegnano l’immobile;
• manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su parti comuni del condominio.
Per gli appartamenti privati il bonus non spetta in ipotesi di manutenzione ordinaria, quale tinteggiatura di pareti e soffitti o sostituzione di pavimenti o sostituzione di sanitari o rifacimento di intonaci interni.
Al contrario, per le parti comuni di edifici condominiali il bonus mobili spetta anche in caso di lavori di manutenzione ordinaria, come la riparazione o la sostituzione di cancelli o portoni o la riparazione delle grondaie.

Il metodo di pagamento
Per poter accedere al bonus mobili è necessario che le spese sostenute vengano pagate con mezzi tracciabili, ossia bonifico, carta di debito o credito, mentre non è possibile fruire della detrazione in caso di versamento del corrispettivo mediante assegni o contanti.
Se il pagamento è disposto con bonifico bancario o postale, si deve utilizzare quello (soggetto a ritenuta) appositamente predisposto da banche e Poste S.p.a. per le spese di ristrutturazione edilizia.
Così come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, si può accedere al bonus mobili anche in caso di finanziamento a rate, a condizione però che la società finanziatrice paghi il corrispettivo con le stesse modalità previste per il beneficiario della detrazione e che, contestualmente, il contribuente disponga di una copia della ricevuta di pagamento.

I documenti da conservare
Ai fini della richiesta in dichiarazione dei redditi della detrazione spettante è necessario conservare i seguenti documenti:
• ricevuta del bonifico;
• ricevuta di avvenuta transazione (per i pagamenti con carta di credito o di debito);
• documentazione di addebito sul conto corrente;
• fatture di acquisto dei beni, riportanti la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi acquisiti.

Comunicazione ENEA
Anche ai fini della detrazione del 50 per cento per mobili ed elettrodomestici è necessaria la comunicazione ENEA.
L’adempimento è necessario in caso di acquisto di elettrodomestici, quali forni, frigoriferi, lavatrici, piani cottura elettrici, lavasciuga o lavatrici ma, a differenza di quanto previsto per l’ecobonus, la mancata o tardiva trasmissione non comporta la perdita del diritto alle detrazioni (risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019).

La ripartizione delle spese per automazione e manutenzione il cancello condominiale

In un condominio ci sono tre cancelli, di cui uno per l’ingresso delle macchine e due per gli ingressi pedonali. Le spese di automazione/riparazione/manutenzione del cancello di ingresso del garage sono state ripartite in base ai soli posti auto e non in base ai millesimi di proprietà. Si ritiene però che il cancello condominiale sia un bene di proprietà condominiale, al pari di un impianto. Pertanto, la spesa per manutenzione/riparazione/tinteggiatura sia da ripartire tra tutti i condòmini in base ai millesimi di proprietà e non in base ai soli posti auto. Si precisa che alcuni proprietari di posti auto non possiedono appartamenti nel condominio.

Salvo diversa convenzione prevista dal regolamento del condominio, la regola generale è quella prevista dall’art. 1123, comma 1, del Codice civile, secondo cui ogni condòmino è tenuto a partecipare alle spese per i servizi di interesse comune (tra cui il cancello condominiale) in misura proporzionale al valore della proprietà in suo possesso.

Questo significa che la spesa sostenuta per riparare il cancello di accesso al condominio deve essere ripartita tra i condòmini in base ai millesimi di proprietà.

Pertanto, in presenza della decisione di automatizzare il cancello di accesso al cortile, la ripartizione delle spese deve avvenire tra tutti i comproprietari, inclusi coloro che non hanno autorimesse di proprietà esclusiva nel cortile, “qualora il cancello permetta di accedere a parti comuni dell’edificio” (Trib. Novara 19 febbraio 2007).
Tuttavia, in alcuni casi, si possono verificare ipotesi differenti.

Secondo la giurisprudenza, la ripartizione delle spese affrontate da un condominio per l’acquisto di un cancello automatico per l’accesso ai box deve essere eseguita secondo il criterio previsto dal comma 2 dell’art. 1123 c.c., a norma del quale, se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese devono essere ripartite in “proporzione all’uso che ciascuno può farne” (App. Roma 15 luglio 1994, n. 2134). Oppure, le spese di manutenzione di un cancello devono essere ripartite “solo” tra alcuni condòmini comproprietari dell’area alla quale dà accesso il cancello stesso (Cass. civ. sez. II, 2 marzo 2016, n. 4127).

In sintesi, la decisione circa l’effettiva ripartizione delle spese andrà presa tenuto conto e contemperando il principio dell’uso diretto, proporzionale o di specifica utilità. Fermo restando che il criterio di ripartizione delle spese sia quello espresso al comma 1 del citato art. 1123 c.c. “ove non sia possibile enucleare posizioni differenziate” (Cass. civ. 8 febbraio 1972, n. 475).

In conclusione, se tutti i condòmini utilizzano il cancello comune, tutti partecipano alle spese; diversamente, si tratta di valutare l’uso potenziale di alcuni condòmini (quando il bene serve in maniera diversa) o l’utilità del medesimo bene (quando serve solo una parte dell’intero fabbricato).

Compatibili le attività dell’amministratore di condominio e dell’agente immobiliare

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le attività di agente immobiliare e amministratore di condominio possono essere svolte contemporaneamente.
Questa decisione rappresenta una svolta rispetto alla normativa italiana, che le considerava incompatibili fino a ora. La sentenza apre nuove prospettive per i professionisti del settore immobiliare, consentendo loro di diversificare i servizi offerti e di ampliare il loro raggio d’azione.

La sentenza della Corte di Giustizia UE
Il 4 ottobre 2024, la Corte di Giustizia UE ha risposto a un quesito sollevato dal Consiglio di Stato italiano, dichiarando che non esiste alcuna incompatibilità tra le professioni di agente immobiliare e amministratore di condominio. La normativa italiana, fino a quel momento, aveva vietato l’esercizio combinato di entrambe le attività per preservare l’indipendenza e l’imparzialità dei professionisti coinvolti.

Il caso
Il caso affrontato dalla Corte di Giustizia Ue è nato da un agente immobiliare di Bologna, al quale il TAR aveva confermato l’impossibilità di svolgere entrambe le attività, a seguito di un avviso della Camera di Commercio di competenza che gli aveva inibito la prosecuzione dell’attività di mediazione immobiliare.
L’incompatibilità tra le attività di amministratore di condominio e mediatore immobiliare è stata chiaramente stabilita dal Ministero dello Sviluppo Economico. Questa incompatibilità deriva dal fatto che svolgere entrambe le attività potrebbe causare un conflitto di interessi.
Dopo vari ricorsi, la questione è arrivata alla Corte di Giustizia UE, che ha emesso la sua decisione.

Il conflitto tra la normativa italiana e quella europea
La Corte ha rilevato che il divieto italiano é in contrasto con la Direttiva europea 2006/123/CE, nota come “Direttiva Servizi”, che tutela la libertà di prestazione dei servizi all’interno dell’Unione Europea. Secondo i giudici, la restrizione imposta dall’Italia non è proporzionata rispetto all’obiettivo di proteggere i consumatori e non giustifica adeguatamente la necessità di limitare la libertà professionale. La Corte ha inoltre evidenziato che il rischio di conflitto d’interessi tra le due professioni non è sufficientemente dimostrato, mentre la limitazione della norma italiana impedisce agli agenti immobiliari di ampliare la gamma dei servizi offerti.

Le implicazioni per gli agenti immobiliari
La sentenza in oggetto rappresenta un’opportunità per gli agenti immobiliari, che potranno ampliare i loro servizi includendo la gestione condominiale, prima a loro preclusa.
La Corte ha sottolineato che eventuali limitazioni economiche agli operatori devono essere giustificate da reali necessità di interesse pubblico e non devono costituire un ostacolo sproporzionato alla libertà di esercizio delle attività professionali.

Verso un mercato immobiliare più flessibile e competitivo
Consentendo agli agenti immobiliari di ampliare i servizi offerti ai propri clienti, la sentenza apre la strada a una maggiore flessibilità nel settore immobiliare italiano e di aumentare l’efficienza e la competitività del mercato.
Questa evoluzione offre nuove possibilità professionali e garantisce anche vantaggi significativi per i consumatori, che potranno accedere a servizi integrati e migliorati.

Il plauso della Fiaip
“Finalmente si é fatta definitiva chiarezza sull’acclarata compatibilità tra l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio, consentendo alle agenzie immobiliari di diventare multidisciplinari ampliando i propri servizi a beneficio e a tutela del cittadino”, commenta Gian Battista Baccarini, presidente nazionale della Fiaip.
“Con questa sentenza – spiega il presidente – si raggiunge un duplice obiettivo, consentendo, da una parte, di porre fine alle note forme di illegalità e di abusivismo alimentate in questi anni dalle incertezze interpretative camerali con conseguenti danni per i cittadini; dall’altra, il chiarimento porrà fine alle pesanti ripercussioni lavorative, stratificatesi in questi anni, di molti nostri operatori professionali”.
“Ora – conclude Baccarini – sarà importante l’interlocuzione con il Ministero affinché intervenga per chiarire agli Enti Camerali quali debbano considerarsi, oltre a quella di amministrazione condominiale, le attività compatibili con quella di agente immobiliare, dando finalmente concreta attuazione alla riforma del 2019 che, sul piano normativo, ha reso compatibili tutte le attività imprenditoriali che erogano servizi in ambito immobiliare, in linea con le indicazioni Europee e le moderne esigenze del mercato”.