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Detrazioni Irpef 2025 e bonus edilizi: cosa cambia per i redditi sopra i 75mila euro

La Legge di Bilancio 2025, tra le varie novità, ha introdotto una modifica importante relativa alle detrazioni Irpef per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro.
Nello specifico, è stato introdotto dalla Legge di Bilancio 2025 il nuovo art. 16 -ter del D.P.R. 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), rubricato “Riordino delle detrazioni”, il quale prevede che, fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro le detrazioni dall’imposta sui redditi sono ammesse fino ad un tetto massimo calcolato moltiplicando un importo base, attribuito a seconda del reddito, per un coefficiente basato sul numero di figli fiscalmente a carico presenti nel nucleo familiare del contribuente. Sono compresi i figli adottivi, i figli nati fuori dal matrimonio ma riconosciuti, i figli affidati o affiliati.
Per quanto riguarda i nuovi massimali detraibili, i contribuenti con reddito complessivo tra 75.000 euro e 100.000 euro hanno un tetto massimo di spese detraibili pari a 14.000 euro, mentre i contribuenti con reddito complessivo superiore a 100.000 euro hanno un massimale di spese detraibili pari a 8.000 euro.
Tale massimale viene poi adeguato in base al numero di figli fiscalmente a carico del contribuente e i coefficienti sono:
• coefficiente 0,50: nessun figlio a carico;
• coefficiente 0,70: 1 figlio fiscalmente a carico;
• coefficiente 0,85: 2 figli fiscalmente a carico;
• coefficiente 1,00: con più di due figli fiscalmente a carico o almeno 1 figlio con disabilità.
Per fare un esempio pratico, se un contribuente ha un reddito complessivo superiore a 75.000 euro ma inferiore a 100.000 euro, e ha un figlio fiscalmente a carico, potrà detrarre le spese fino ad un tetto massimo di 9.800 euro (14.000 x 0,70), tenendo conto che in questa fascia il tetto massimo previsto è di 14.000 euro ma per contribuenti che hanno più di 2 figli a carico o almeno 1 figlio con disabilità.
Il comma 4 dell’art. 16-ter del D.P.R. 917/1986 precisa che non rientrano nel calcolo e, quindi, rimangono interamente detraibili per qualsiasi reddito:
• le spese sanitarie detraibili ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 917/1986, comma 1, lettera c);
• le somme investite nelle startup innovative, detraibili ai sensi degli artt. 29 e 29-bis del D.L. 179/2012;
• le somme investite nelle PMI innovative, detraibili ai sensi dell’art. 4 del D.L. 3/2015, comma 9, seconda parte del primo periodo, e comma 9-ter;
• le rate di spesa sostenute entro il 31/12/2024;
• gli interessi sui mutui e i premi assicurativi relativi ai contratti stipulati fino al 31/12/2024.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Bonus casa, per i lavori in condominio le detrazioni scendono al 36 per cento

La Legge di Bilancio 2025 mette un freno alla realizzazioni degli interventi di una certa consistenza in condominio. Infatti, se le ristrutturazioni negli ultimi anni sono state caratterizzate da una forte spinta sulle agevolazioni per i lavori più incisivi sugli immobili, come la realizzazione di cappotti termici trainata dal superbonus, la messa in sicurezza delle parti strutturali e, in generale, tutte le operazioni di manutenzione straordinaria, con le nuove regole le condizioni sono meno favorevoli.
Il taglio agli sconti fiscali è infatti generalizzato al 36 per cento che, in alcuni casi, significa una sforbiciata di quasi 40 punti.
La regola generale, indicata dalla manovra 2025, è che per le spese sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale i bonus 2025 si incassano alla percentuale più elevata, ovvero il 50 per cento, mentre negli altri casi si scende al 36 per cento.
I lavori condominiali non vengono citati in questa definizione.
Così, le soluzioni immaginabili sono due. Da un lato, una differenziazione delle aliquote, che seguirebbero quelle dedicate all’immobile principale. Quindi, chi incassa il 50 per cento sui lavori nel suo appartamento, lo otterrebbe anche sulle parti comuni. Dall’altro, invece, si può ipotizzare che le parti comuni non siano qualificabili come abitazione principale: in altre parole, per loro non ci sarà alternativa al 36 per cento.
Quest’ultima è, indubbiamente, la soluzione più probabile per come è scritta la Legge di Bilancio. Un’interpretazione diversa sarebbe “estensiva” rispetto a quello che dice la manovra.
E, peraltro, questa linea è anche quella più semplice da gestire per chi amministra i condomini, perché non costringe a raccogliere informazioni difficili da reperire.
Il problema è che, se dovesse essere confermato il taglio al 36 per cento, per diversi lavori condominiali si materializzerà un taglio della convenienza fiscale di molti punti.
Le nuove aliquote ribassate, infatti, si applicano a tutte le tipologie di intervento, da quelli incentivati con l’ecobonus al vecchio sismabonus.
Quindi, se i cappotti termici incassavano nel 2024 il 75 per cento, nel 2025 scenderanno al 36 per cento, trattandosi di interventi sulle parti comuni.
Niente sconti per le caldaie condominiali (in base al divieto inserito nelle direttive europee), contro il vecchio 50 per cento.
In caso di installazione di un ibrido o di una pompa di calore, invece, si passa dal 65 per cento del 2024 al 36 per cento del 2025: chi valuterà questi nuovi apparecchi dovrà farlo anche alla luce di una diversa convenienza fiscale.
Mentre per la messa in sicurezza antisismica era possibile incassare agevolazioni fino all’85 per cento che, però, da quest’anno saranno tagliate al 36 per cento.
La conseguenza è che la sostenibilità economica di questi investimenti cala in maniera netta.
E diventa, quindi, più difficile la formazione delle maggioranze in condominio necessarie ad approvare questi interventi di riqualificazione.
Una penalizzazione che rischia di colpire tutti quei condomini nei quali ci sono più situazioni di difficoltà economica, rendendo impossibili in molti casi opere essenziali come quelle di coibentazione e di efficientamento energetico.

Obbligo di polizza contro gli eventi catastrofali entro il 31 marzo 2025

L’obbligo di stipulare una polizza assicurativa contro gli eventi catastrofali riguarda tutte le imprese, ditte individuali e società, iscritte nel Registro delle Imprese.
Sono esclusi i professionisti, sia quelli che operano in forma singola sia quelli appartenenti a studi associati.
Rimane invece incerto se l’obbligo si applichi anche alle società semplici, che pur essendo iscritte al Registro non svolgono attività d’impresa.
È certo, invece, che una società che gestisce, ad esempio, un poliambulatorio medico, essendo iscritta al Registro delle Imprese, sia tenuta a rispettare l’obbligo assicurativo.
Il termine ultimo per adempiere all’obbligo è il 31 marzo 2025, come stabilito dal D.L. 202/2024, convertito nella Legge 15/2025.
Il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 18 del 30 gennaio 2025, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2025, disciplina le polizze assicurative contro i rischi catastrofali.
• Articolo 3: definisce gli eventi calamitosi e catastrofali coperti dall’assicurazione, ossia alluvioni, terremoti e frane.
• Articolo 4: stabilisce che i premi assicurativi saranno soggetti ad aggiornamenti periodici.
• Articolo 6: prevede che, per polizze fino a 30 milioni di euro, lo scoperto a carico dell’assicurato non possa superare il 15% del danno indennizzabile. Per importi superiori a 30 milioni, le condizioni dello scoperto sono lasciate alla libera negoziazione tra le parti.
Secondo l’articolo 1, l’obbligo assicurativo riguarda le immobilizzazioni impiegate per l’attività d’impresa, come definite dall’articolo 2424 del Codice Civile, tra cui:
– 1. Terreni: fondi o loro porzioni con caratteristiche geografiche variabili in base alla posizione e conformazione.
– 2. Fabbricati: edifici e opere murarie, compresi fissi e infissi, fondamenta, impianti idrici, elettrici, di riscaldamento e condizionamento, ascensori, montacarichi, recinzioni e altre strutture pertinenti.
– 3. Impianti e macchinari: macchine di vario tipo, comprese quelle elettroniche e a controllo numerico, nonché impianti funzionali all’attività dell’impresa.
– 4. Attrezzature industriali e commerciali: macchine, attrezzi, utensili, impianti di sollevamento, pesa, imballaggio e trasporto, purché non iscritti al Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.)
Tra i dubbi ancora aperti c’è quello dell’assicurazione dei beni locati da soggetti non imprenditori (e quindi da proprietari non assoggettati all’obbligo). La norma prevede infatti l’obbligo a carico delle imprese, per tutte le immobilizzazioni di cui all’articolo 2424, primo comma, sezione Attivo, voce B II, numeri 1), 2) e 3), del codice civile (e quindi 1) terreni e fabbricati, 2) impianti e macchinario e 3) attrezzature industriali e commerciali), a qualsiasi titolo impiegati per l’esercizio dell’attività di impresa, con esclusione di quelli già assistiti da analoga copertura assicurativa, anche se stipulata da soggetti diversi dall’imprenditore che impiega i beni. In base al tenore letterale quindi, in caso di locazione di immobile non già assicurato, il conduttore sarebbe tenuto a stipulare un’assicurazione per conto altrui.

No al “bonus mobili” slegato dalla ristrutturazione edilizia

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Superbonus e aggiornamento della categoria catastale

Sono in partenza le prime lettere dell’Agenzia delle Entrate, indirizzate ai contribuenti che hanno beneficiato del Superbonus e non hanno inviato la dichiarazione catastale.
Come stabilito dal provvedimento dello scorso 7 febbraio, le PEC e le raccomandate hanno lo scopo di invitare chi ha usufruito del Superbonus e non ha provveduto ad aggiornare la rendita catastale dell’immobile oggetto del beneficio a mettersi in regola o a fornire elementi per documentare la propria posizione e l’assenza di obbligo di trasmissione della dichiarazione.
L’invio delle lettere non sarà a tappeto: in una prima fase interesserà soltanto gli intestatari degli immobili privi di rendita catastale o con valori catastali modesti rispetto ai costi sostenuti per effettuare gli interventi edilizi agevolati.

I chiarimenti in Commissione Finanze
A fornire i chiarimenti è stata la sottosegretaria di Stato per l’Economia e le Finanze, Lucia Albano, intervenuta nel corso dell’interrogazione a risposta immediata presentata dall’on. Emiliano Fenu, lo scorso 12 febbraio presso la Commissione Finanze della Camera. Oggetto dell’interrogazione è stato proprio quello di conoscere i criteri utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per la predisposizione delle liste selettive di contribuenti cui inviare le comunicazioni di compliance.
Fenu ha quindi domandato in che modo l’Agenzia possa evitare l’invio generalizzato ai contribuenti, in particolare verso chi non ha alcun obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione catastale, ma anche come si possa evitare di generare confusione tra i contribuenti, aggravando il carico amministrativo per i cittadini e per l’amministrazione finanziaria stessa.

I destinatari delle lettere del Fisco
Ogni volta che vengono eseguiti lavori sugli immobili, gli intestatari hanno l’obbligo di verificare se gli interventi abbiano determinato modifiche alla consistenza o un impatto sull’attribuzione della categoria e della classe dell’immobile stesso.
In tali casi, infatti, sono previste conseguenze sulla rendita catastale. Pertanto i contribuenti sono chiamati a presentare una dichiarazione catastale di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto del Ministro delle finanze del 19 aprile 1994, n. 701.
Per tale dichiarazione, che segue la verifica attraverso il supporto di un professionista abilitato alle operazioni in catasto, deve essere effettuata attraverso la procedura Docfa, di aggiornamento degli archivi catastali sulla base dei commi 1 e 2 dell’art. 1 del DM 701/1997.
Nel caso degli interventi del Superbonus, la Legge di Bilancio 2024 ha previsto l’intensificazione dei controlli nei casi in cui siano stati realizzati interventi che rientrano nella maxi detrazione prevista dal decreto Rilancio senza la trasmissione della dichiarazione catastale.
In attuazione dell’articolo 1, commi 86 e 87, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il provvedimento dello scorso 7 febbraio, che stabilisce le modalità di invio delle comunicazioni delle Entrate ai contribuenti.

I criteri adottati dal Fisco per l’invio di PEC o raccomandate
La sottosegretaria di Stato per l’Economia e le Finanze, Lucia Albano, ha spiegato: “L’Agenzia delle entrate, al fine di garantire efficienza al processo di comunicazione di posizioni potenzialmente meritevoli di denuncia di variazione catastale, contenendo al massimo l’impatto sui contribuenti, ha previsto che l’invio delle lettere di compliance riguarderà, in una prima fase, gli intestatari catastali di immobili oggetto degli interventi di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che risultano all’attualità iscritti in Catasto privi di rendita catastale o con valori catastali di modesta entità rispetto ai costi sostenuti per effettuare gli interventi edilizi in argomento”.
In prima battuta, quindi, riceveranno le lettere i contribuenti il cui immobile oggetto di interventi del superbonus:
• risulti privo di rendita catastale;
• abbia un valore catastale modesto rispetto ai costi sostenuti per gli interventi realizzati.
La motivazione è legata al fatto che in entrambe le situazioni è ragionevole ipotizzare che l’esecuzione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio abbia inciso in modo netto sulla determinazione della categoria e della classe dell’immobile, richiedendo quindi l’adempimento della dichiarazione catastale.
Lucia Albano ha assicurato che l’Agenzia ha escluso un invio generalizzato di comunicazioni di compliance a tutti i contribuenti e ha ricordato che il contribuente può dimostrare di non avere l’obbligo di procedere all’aggiornamento catastale.
Non è però escluso che possano successivamente essere individuati nuovi destinatari per accertare che siano stati rispettati gli obblighi relativi all’adeguamento delle informazioni catastali.

Come rispondere alle lettere del Fisco

In linea generale devono provvedere a mettersi in regola quanti abbiano realizzato un incremento di oltre il 15 per cento della rendita catastale dell’immobile, oppure abbiano svolto interventi di demolizione e ricostruzione dell’edificio con aumento della superficie dello stesso.
Per regolarizzare la situazione i contribuenti dovranno:
• trasmettere la dichiarazione catastale;
• provvedere al pagamento delle imposte dovute, in misura ridotta attraverso lo strumento del ravvedimento operoso;
• pagare gli interessi, calcolati sulla base dei giorni di ritardo nell’adempimento.
In alternativa alla regolarizzazione il contribuente ha comunque la possibilità di dimostrare che l’obbligo di aggiornamento dei dati catastali non sussiste, fornendo elementi a riprova della posizione.
In altre parole il soggetto potrà “dimostrare” che l’invio della dichiarazione catastale non è dovuto, fornendo la documentazione del caso.

Banche dati ipotecaria e catastale

Il decreto legislativo n.139/2024, di attuazione della riforma fiscale, ha stabilito le regole per la razionalizzazione dei tributi indiretti diversi dall’IVA.
Tale decreto ha inoltre stabilito la consultazione telematica ipotecaria e catastale per tutti i contribuenti.
Le modalità per la consultazione, come stabilito dall’art. 7 dalla norma, sono affidate al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate che è stato adottato il 30 dicembre.
Tra le novità principali ci sono:
• l’accesso ai servizi online tramite l’area riservata del portale dell’Amministrazione finanziaria, a seguito dell’accettazione delle condizioni generali di utilizzo;
• la gratuità, a partire dal 1° gennaio 2025, per tale accesso.
La consultazione telematica degli atti catastali potrà quindi essere effettuata anche presso gli sportelli catastali decentrati autogestiti.
In questo caso dovrà essere stipulata un’apposita convenzione basata sullo schema allegato al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Tale provvedimento prevede, infatti, la possibilità di stipulare apposite convenzioni per soddisfare specifiche esigenze informative per fini istituzionali.
Un successivo provvedimento stabilirà le regole per il servizio di consultazione telematica presso le postazioni degli enti, senza la necessità della stipula di una convenzione con l’Amministrazione finanziaria.

Cedolare secca: incertezza giuridica per i proprietari immobiliari

L’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari (UPPI) esprime forte preoccupazione per il persistente disallineamento interpretativo tra la sentenza n. 12395 della Corte di Cassazione del 7 maggio 2024 e l’interpello 911-7/2025 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale Toscana, relativo all’applicabilità della cedolare secca nei contratti di locazione abitativa stipulati con conduttori che operano nell’ambito di un’attività d’impresa o professionale.

Secondo la Corte di Cassazione, il regime della cedolare secca è applicabile anche quando il conduttore è un’impresa o un professionista, purché l’immobile sia destinato a uso abitativo. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate, con l’interpello recentemente emesso, ha ribadito un’interpretazione restrittiva, sostenendo che la cedolare secca non possa essere applicata in tali circostanze.

Questa divergenza ha creato una situazione di incertezza normativa che rischia di generare:
* Contestazioni fiscali e richieste di pagamento di imposte ordinarie, con sanzioni e interessi.
* Blocchi nel mercato delle locazioni e sfiducia nei confronti della disciplina fiscale da parte dei proprietari immobiliari.
* Aumento del contenzioso tra contribuenti e amministrazione finanziaria, con conseguente aggravio per il sistema giudiziario tributario.

Alla luce di questa situazione, il Presidente di UPPI, Fabio Pucci, ha formalmente richiesto un incontro con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate per discutere le implicazioni pratiche e giuridiche di questa divergenza interpretativa e individuare una soluzione condivisa.

“È fondamentale che i proprietari immobiliari possano contare su un quadro normativo chiaro e stabile. Il contrasto tra la giurisprudenza della Cassazione e le direttive dell’Agenzia delle Entrate sta generando incertezza e disorientamento tra i contribuenti, con il rischio di compromettere ulteriormente il mercato delle locazioni. Chiediamo un confronto diretto con l’Agenzia per definire una linea interpretativa uniforme, chiara e coerente con le pronunce della Corte di Cassazione,” ha dichiarato il Presidente di UPPI.

L’UPPI auspica che l’Agenzia delle Entrate prenda atto della posizione espressa dalla Corte di Cassazione e adotti una direttiva chiara e coerente che consenta ai contribuenti di applicare la cedolare secca in modo trasparente e senza rischi di contestazione.

L’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari resta a disposizione per un confronto costruttivo con l’Agenzia delle Entrate e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze per definire una soluzione normativa che garantisca certezza del diritto e equità fiscale per tutti i contribuenti.

Il Segretario Generale, dr. Jean-Claude MOCHET
Il Presidente Nazionale, avv. Fabio PUCCI

Offensiva dell’Agenzia delle Entrate per chi ha ristrutturato con il Superbonus

Chi ha ristrutturato il proprio immobile beneficiando del Superbonus deve procedere all’aggiornamento delle rendite catastali. I contribuenti che non hanno ancora fatto l’adeguamento riceveranno una lettera da parte dell’Agenzia delle Entrate successivamente all’incrocio dei dati.
Lo ha annunciato il direttore uscente delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nella sua relazione di fine anno.
Quanti potrebbero essere gli interessati? In base a quanto indicato dall’Enea, sono 496.963 gli edifici nei quali si è intervenuto con il Superbonus. In proporzione, le richieste di variazione catastale registrate sono pochissime.

Le disposizioni normative
La Legge di Bilancio 2024 prevede, ai commi 86 e 87 dell’art. 1, che l’Agenzia delle Entrate verifichi, in relazione alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati dal Superbonus, la presentazione delle dichiarazioni di variazione dello stato dei beni, anche ai fini di eventuali effetti sulle rendite dell’immobile presenti nel catasto dei fabbricati.
Nei mesi scorsi il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato in più occasioni una verifica sull’attuazione di tali misure e la necessità di procedere alla revisione dei valori catastali degli immobili migliorati con il Superbonus.
Nella sua relazione di fine anno il direttore uscente dell’Agenzia delle Entrate ha annunciato che nei primi mesi del 2025 l’Agenzia “nell’ambito delle attività finalizzate all’aggiornamento della banca dati catastale”, oltre alle attività ordinarie di verifica e controllo, “avvierà la campagna di compliance relativa al Superbonus” con l’invio di lettere per chiedere ai contribuenti di chiarire la propria posizione.
Nella relazione viene inoltre spiegato che la lista dei destinatari della lettere di compliance sarà generata dall’incrocio dei dati derivanti dalle “comunicazioni dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica” e “le risultanze della banca dati catastale, per gli immobili per i quali non risulta essere stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di variazione catastale”.
Pertanto, chi ha avviato una pratica di Superbonus effettuando la cessione del credito senza presentare la variazione catastale riceverà la lettera del Fisco.
Ricevuta la lettera, ci sarà la possibilità di spiegare perché la variazione catastale non è stata effettuata. Infatti, non sempre la legge richiede questo adempimento. In caso di omissioni, è previsto il ravvedimento operoso. Mentre, se il comportamento è stato corretto, andranno presentate le proprie controdeduzioni, supportate da una perizia tecnica.

La dichiarazione di variazione catastale
Le disposizioni contenute nella Legge di Bilancio 2024 lasciano intendere che la presentazione della dichiarazione di variazione sia un “adempimento automatico” richiesto in ogni caso al termine dei lavori agevolati con Superbonus.
Il Testo Unico dell’edilizia, infatti, prevede che entro 30 giorni dalla fine dell’intervento il direttore dei lavori debba depositare in Comune la prova dell’avvenuta presentazione della variazione catastale o una dichiarazione che gli interventi non hanno comportato una modifica del classamento.
L’obbligo di presentare una dichiarazione di variazione catastale è previsto dall’articolo 20 del Rdl 652/1939, secondo cui i titolari di immobili già censiti sono obbligati a denunciare le variazioni che implichino mutazioni, per l’attribuzione della categoria e della classe.

L’obbligo di variazione catastale
In linea di principio, molti lavori di Superbonus non comportano l’obbligo di effettuare la variazione della rendita. Tale obbligo, di norma, sussiste solo quando venga aumentato il numero di vani, venga incrementata la volumetria o siano apportate variazioni planimetriche.
Determinano l’obbligo di revisione gli interventi con cui si realizza:
• la costruzione di nuove unità fuori terra ed interrate;
• una rilevante redistribuzione degli spazi interni;
• un cambiamento dell’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze;
• modifiche interne, quali lo spostamento di porte e tramezzi;
• la modifica alla destinazione d’uso di vani o singoli ambienti;
• modifiche che incidano direttamente sulla consistenza, sulla classe o sulla rendita catastale (rientrano in questo caso gli interventi su edifici collabenti, il recupero del sottotetto a fini abitativi, l’installazione di impianti che aumentano naturalmente il valore dell’immobile, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, impianti di automazione, ascensori).
Non c’è invece obbligo di variazione catastale per:
• l’esecuzione di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione (pavimenti, wc, infissi, tetto, facciata, rinforzi strutturali, messa a norma impianti) con materiali comparabili con gli originari;
• l’installazione di impianti fotovoltaici a servizio di singole unità se la potenza installata è inferiore a KW 3 per il numero di unità immobiliari servite.

Obbligo di revisione della rendita per aumento del valore del 15 per cento
Anche in assenza delle condizioni indicate, l’aggiornamento della rendita deve essere effettuato se il valore dell’immobile, a seguito di una ristrutturazione, viene incrementato di almeno il 15 per cento.
Più precisamente, la revisione della rendita è sempre dovuta in caso di interventi edilizi di cui all’art. 3 del Testo Unico dell’Edilizia (ristrutturazioni; manutenzioni straordinarie; variazioni nelle caratteristiche tipologiche, distributive e/o impiantistiche; restauro e risanamento conservativo) che comportino un incremento stimabile in misura non inferiore al 15 per cento del valore di mercato e della relativa redditività (soglia corrispondente alla variazione di una classe catastale), quando gli stessi abbiano comportato una variazione della consistenza ovvero delle caratteristiche tipologiche distributive ed impiantistiche originarie delle unità immobiliari o, nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo, qualora abbiano interessato l’intero edificio.
Il riferimento è alle circolari 10/2005 e 1/2006 dell’Agenzia del Territorio e alla Determinazione del 16 febbraio 2005 che – nell’ambito dell’applicazione dell’art. 1 della Legge 311/2004, comma 336 – individua il 15 per cento come soglia incrementale del valore dell’immobile da considerare, indicatore sintetico e parametro di riferimento per la revisione della rendita.

Dopo il Superbonus poche variazioni catastali
Secondo quanto emerge dal rapporto 2023 dell’Enea sulle detrazioni fiscali, il 77,5 per cento degli immobili ristrutturati con Superbonus ha ottenuto un salto di almeno tre classi energetiche, il 65,7 per cento di almeno quattro classi.
Stime contenute in uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia nel dicembre del 2023 sostengono che l’incremento medio del valore di mercato per il passaggio dalla classe G alla classe A, al momento della vendita, è di circa il 25 per cento. Quindi, già con un salto di tre classi è molto probabile lo sforamento del limite del 15 per cento.
In pratica, tre immobili su quattro, tra quelli sui quali è stato effettuato un intervento agevolato con il Superbonus, avrebbero dovuto adeguare la rendita catastale.
A fronte di questi dati, le statistiche catastali più recenti non hanno registrato un aumento diffuso delle rendite: molti di coloro che avrebbero dovuto comunicare la revisione al catasto non l’hanno fatto.
Se si fa riferimento ai criteri di selezione annunciati dall’Agenzia delle Entrate (pratiche Superbonus con cessione del credito), potrebbero essere interessati dall’operazione circa 500mila immobili.

La verifica delle Entrate sulla variazione catastale dopo interventi Superbonus
Il comma 86 della Legge di Bilancio 2024 prevede che l’Agenzia delle Entrate verifichi se sia stata presentata – ove prevista – la dichiarazione di variazione di cui all’art. 1 del D.M. 701/1994, commi 1 e 2, con riferimento alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolati con Superbonus.
Tale verifica deve essere condotta sulla base di specifiche liste selettive elaborate con l’utilizzo delle moderne tecnologie di interoperabilità e analisi delle banche dati, anche ai fini degli eventuali effetti sulla rendita dell’immobile presente in atti nel catasto dei fabbricati.
Facendo un passo indietro, è utile ricordare che la norma citata – l’art. 1 del D.M. 701/1994, comma 3 – prevede che la rendita proposta dal contribuente rimanga negli atti catastali come “rendita proposta” fino a quando l’Agenzia delle Entrate non provvede con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro 12 mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni, alla determinazione della rendita catastale definitiva.
Come disposto dall’art. 4 del D.L. 853/1984, comma 21, l’Agenzia delle Entrate ha facoltà di verificare le caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni, ed eventualmente modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto.
Ora, l’Agenzia delle Entrate verifica che sia stata presentata, ove prevista, la dichiarazione per i lavori di Superbonus recante l’aggiornamento della rendita dell’immobile riportata negli atti del catasto dei fabbricati.
Se tale dichiarazione non risulta presentata, l’Agenzia delle Entrate può inviare al contribuente una comunicazione specifica – lettera di compliance – per sollecitare l’adempimento richiesto. Grazie a questa comunicazione preventiva il contribuente può presentare controdeduzioni, motivare la mancata presentazione della dichiarazione di variazione, dimostrare l’avvenuto adempimento o ravvedersi.
Qualora il contribuente – supportato dal suo tecnico – dovesse accertare l’esistenza dell’obbligo di aggiornamento del classamento catastale e convenire con quanto indicato nella comunicazione ricevuta dall’Agenzia delle Entrate, potrà correggere l’omissione, presentando la dichiarazione di variazione catastale e avvalendosi del ravvedimento operoso, che consente di ridurre la sanzione (172 euro anziché 1.032 euro a unità immobiliare) per l’adempimento tardivo.
Se invece il contribuente ritiene di non dover assolvere all’obbligo di aggiornamento catastale, dovrà fornire gli opportuni chiarimenti.
In caso di inadempimento entro il 90 giorni, l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento e interviene in surroga per aggiornare le rendite e applicare la sanzione.

Variazione catastale: l’iter ordinario
Nei confronti del contribuente che non provvede alla richiesta di attribuzione della nuova rendita catastale, l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento con il quale l’amministrazione tributaria procede in automatico all’aggiornamento, rendendo noto il procedimento al contribuente coinvolto.
In seguito alle verifiche tecniche effettuate dagli uffici dell’Agenzia, gli intestatari delle unità immobiliari urbane interessate ricevono un avviso di accertamento, con la rideterminazione del classamento e l’attribuzione di una nuova rendita catastale.
Se l’avviso di accertamento viene ritenuto corretto, i destinatari non dovranno procedere ad alcun ulteriore adempimento catastale, perché i dati sono aggiornati direttamente dall’Agenzia.
Il destinatario che, invece, considera l’atto non fondato, potrà chiederne il riesame in autotutela oppure presentare ricorso. La domanda di riesame in autotutela non sospende i termini per la presentazione di un eventuale ricorso al giudice tributario.

Polizze rischi catastrofali per le imprese italiane: regole operative e obbligo di stipula entro il 31 marzo 2025

Entro il 31 marzo 2025 tutte le imprese con sede legale o stabile organizzazione in Italia dovranno stipulare delle polizze assicurative relativamente ai danni causati da calamità naturali a terreni, fabbricati, macchinari, impianti e attrezzature commerciali e industriali.

Difatti, con la Legge 21 febbraio 2025, n. 15 di conversione con modificazioni del Decreto Milleproroghe 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 febbraio 2025 ed entrata in vigore il 25 febbraio 2025, è stato confermato lo slittamento al 31 marzo 2025 dell’obbligo di stipula delle polizze catastrofali per le imprese, tranne che per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il cui obbligo è stato slittato al 31 dicembre 2025.

A tal proposito è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2025 il Regolamento che stabilisce le modalità operative e attuative degli schemi di assicurazione contro i rischi catastrofali, così come previsto dalla Legge di Bilancio 2024, il quale entrerà in vigore il prossimo 14 marzo. Il Regolamento era stato presentato a settembre dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy e successivamente è stato rivisto e modificato dal Consiglio di Stato.

Tale Regolamento definisce la tipologia delle imprese che sono obbligate a stipulare le polizze catastrofali entro il 31 marzo 2025, l’oggetto della copertura assicurativa e le calamità naturali, così come gli eventi catastrofali da assicurare. Il Regolamento, inoltre, chiarisce anche come individuare gli eventi calamitosi e quali sono i criteri di determinazione dei premi assicurativi e i limiti alla capacità di assunzione del rischio per le assicurazioni.

Nel dettaglio, il Regolamento stabilisce che gli eventi coperti dalle polizze assicurative includono sismi, alluvioni, frane e inondazioni, i quali sono definiti con modalità precise per calcolare il danno e la determinazione di eventuali massimali.

Le imprese devono, quindi, assicurare tutti i beni, ossia terreni, fabbricati, attrezzature industriali e commerciali, impianti e macchinari iscritti nello Stato patrimoniale e impiegati per l’attività di impresa a qualsiasi titolo, con esclusione di quelli già assicurati da un’analoga copertura assicurativa.

Il Regolamento chiarisce che i premi assicurativi saranno calcolati in misura proporzionale al rischio e possono essere periodicamente aggiornati, tenendo conto di diversi fattori, come:
• ubicazione geografica del bene;
• vulnerabilità dei beni assicurati;
• serie storiche e mappe di rischio;
• modelli predittivi;
• misure di prevenzione;
• adeguamento periodico.

Per quanto concerne la capacità di assunzione del rischio, le imprese assicurative devono rispettare dei limiti alla capacità di assumere rischio e dovranno stabilire una “propensione al rischio” che deve essere aggiornata annualmente, in linea con i requisiti di solvibilità globale. Le polizze assicurative, inoltre, potranno includere una franchigia e dei massimali che variano a seconda della somma assicurata, con possibilità di personalizzazione per le grandi imprese.

Per quanto concerne i danni indennizzabili, sono stati specificati i criteri di indennizzo del danno, stabilendo che una parte del danno può rimanere a carico dell’impresa assicurata. Nel dettaglio, per una somma assicurata fino a 30 milioni di euro è previsto uno scoperto pari al 15% del danno indennizzabile e tale scoperto si applica solo se espressamente previsto dalla polizza, mentre per una somma assicurata superiore a 30 milioni di euro (quindi per le grandi imprese) la quota di danno a carico dell’impresa assicurata è stabilita attraverso libera negoziazione con la compagnia assicurativa.

Riguardo ai massimali e ai limiti di indennizzo:
• per polizze assicurative fino a 1 milione di euro il limite di indennizzo è pari alla somma assicurata;
• per polizze assicurative tra 1 e 30 milioni di euro il limite di indennizzo non può essere inferiore al 70% della somma assicurata;
• per polizze assicurative oltre i 30 milioni di euro i massimali sono concordati liberamente con la compagnia assicurativa;
• per quanto riguarda i terreni la copertura è prestata a primo rischio assoluto (ovvero fino al massimale concordato, senza l’applicazione della regola proporzionale).

È importante chiarire che è prevista l’esclusione dalla copertura assicurativa per i beni immobili che presentano abusi edilizi o che sono sprovvisti delle necessarie autorizzazioni edilizie.

L’adeguamento alla normativa relativa ai testi di polizza deve avvenire entro e non oltre 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto, mentre per quanto concerne le polizze già in essere, tale adeguamento deve decorrere a partire dal primo rinnovo o quietanzamento utile delle stesse.

Infine, il decreto stabilisce che le imprese che non rispettano l’obbligo di stipulare le polizze assicurative catastrofali entro la scadenza prevista, saranno soggette a sanzioni amministrative, esclusioni da benefici fiscali (incentivi, agevolazioni fiscali etc.) e inoltre saranno costrette a regolarizzare la propria posizione.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

IMU e pertinenze dell’abitazione principale: la compilazione del modello 730

La dichiarazione dei redditi è un adempimento fondamentale per tutti i contribuenti e proprio per questo motivo è fondamentale capire come compilare il modello 730 in modo corretto. A tal proposito, un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, spiegando di essere proprietario di due box auto rogitati come pertinenze della propria abitazione principale. A tal proposito, anche ai fini del pagamento dell’IMU, il contribuente ha chiesto al Fisco come devono essere indicate le suddette pertinenze nel modello 730.

In risposta l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto ricordato che sono considerate pertinenze dell’abitazione le unità immobiliari classificate o classificabili in categorie diverse da quelle ad uso abitativo (box, cantine etc.). Le pertinenze sono destinate in modo durevole al servizio dell’abitazione stessa, anche se si trovano in un altro fabbricato, così come stabilito dall’art. 10, comma 3 bis del TUIR. Le pertinenze più diffuse sono cantine, soffitti e magazzini (categoria C/2), box auto e rimesse (categoria C/6) e infine le tettoie (categoria C/7).

Per quanto concerne il chiarimento richiesto dal contribuente in merito a come devono essere indicate le pertinenze, ovvero i due box auto, nel modello 730, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per i 2 box auto andrà specificato nel quadro B del modello 730, nella colonna “2 – Utilizzo” il codice “5 – Pertinenza dell’abitazione principale” per entrambi i box.

Per quanto concerne la questione IMU, che appunto è strettamente collegata, la normativa prevede che la tassa non è dovuta per l’abitazione principale e le sue pertinenze, entro il limite di una pertinenza per ciascuna categoria catastale (C/2, C/6, C/7).

Di conseguenza, se si possiedono due pertinenze appartenenti ad una sola categoria catastale, come nel quesito posto dal contribuente, solo una delle due sarà esente dall’IMU, mentre l’altra sarà soggetta all’imposta.
Proprio per questo motivo, quindi, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in fase di compilazione del modello 730, nella colonna “12 – Casi particolari”, andrà indicato il codice “2”.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI