L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 146 del 9 luglio 2024 chiarisce cosa accade nel caso in cui una fattura errata relativa ai lavori agevolati con Superbonus non viene corretta nei tempi previsti.
Nel caso esaminato, un condomino incaricato del “condominio minimo” spiega al Fisco che il 29 dicembre 2023 l’impresa incaricata a svolgere i lavori incentivati con il Superbonus, ha emesso 3 fatture distinte indicanti l’opzione dello sconto in fattura.
Dopo il 31 dicembre 2023, in sede di avvio delle procedure di asseverazione, è stato riscontrato un errore. Nello specifico, lo sconto in fattura non era stato esposto a valle dell’importo complessivo della fattura (IVA inclusa), ma bensì nel corpo della stessa, quindi “neutralizzando” erroneamente gli importi dei singoli interventi riportati.
Successivamente l’impresa, dopo aver riscontrato l’errore, ha emesso delle nuove fatture datate 29 dicembre 2023, ma trasmesse concretamente allo SdI (Sistema di Interscambio) il 27 marzo 2024, quindi oltre i termini consentiti per sanare l’errore.
Il condomino si è rivolto, quindi, all’Agenzia delle Entrate per chiedere se è possibile sanare l’errore al fine di conservare l’agevolazione fiscale nella misura del 110%.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto richiamato la Circolare dell’8 agosto 2020, n. 24/E e la Circolare del 22 dicembre 2020, n. 30/E, secondo cui: “Per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell’effettivo pagamento. In caso di sconto ”integrale” in fattura (e, dunque, in assenza di un pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore”.
A ciò va aggiunto, come ribadito dal Fisco, che la fattura non può considerarsi emessa prima dell’invio allo SdI. A tal proposito, infatti, con la risposta n. 103 del 13 maggio 2024, è stato chiarito che laddove l’emissione della fattura per i servizi resi non sia contestuale al pagamento degli stessi (anche tramite riconoscimento dello sconto) e, pertanto, il documento riporti due date diverse (una di effettuazione dell’operazione ed una successiva di trasmissione allo SdI), qualora la seconda data sia rispettosa dei termini di legge (compresi i cinque giorni dell’eventuale scarto), la fattura risulterà emessa correttamente e lo sconto applicato.
L’Agenzia delle Entrate spiega sostanzialmente che: “Ai fini dell’individuazione del momento di sostenimento della spesa, in ipotesi di opzione per lo ”sconto integrale” in fattura applicabile secondo le percentuali vigenti in tale momento, è possibile dare rilevanza alla data indicata in fattura, corrispondente all’effettuazione dell’operazione (ossia al pagamento, anche tramite l’equivalente sconto), sempreché la relativa fattura sia stata trasmessa allo SdI nei termini stabiliti dall’articolo 21, comma 4, del d.P.R n. 633 del 1972 (entro 12 giorni), e ricorrano gli ulteriori requisiti formali e sostanziali previsti dalla disciplina del Superbonus 110%”.
Per ciò che concerne il caso analizzato, l’impresa ha emesso 3 fatture errate in data 29 dicembre 2023, avendo praticato lo sconto sul solo imponibile e omettendo, quindi, di addebitare l’IVA in rivalsa. A tal proposito, con la Circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020 era stato chiarito che ai fini dell’applicazione dello sconto in fattura “per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell’IVA, e l’importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti”.
Le fatture successivamente prodotte per rettificare quelle errate, seppur datate 29 dicembre 2023, sono state trasmesse allo SdI, quindi “emesse” in data 27 marzo 2024, ben oltre il termine dei 12 giorni che consentono di dare legittima rilevanza alla data corrispondente all’effettuazione dell’operazione (ossia al pagamento, anche tramite l’equivalente sconto).
Inoltre, le nuove fatture hanno replicato quelle precedenti errate, salvo che per l’addebito dell’IVA in rivalsa, poi assorbito anch’esso dallo sconto, per cui le prime fatture non sembrano essere state “stornate” con una nota di credito ma solo duplicate.
Pertanto, considerando che le note di debito corrette (rectius fatture) sono state emesse il 27 marzo 2024, lo sconto in fattura, fermo restando che sussistano gli altri requisiti richiesti dalle normative, sarà applicabile nella misura del 70%, così come previsto per il 2024.
Infine, il Fisco ha concluso che, coerentemente con la misura agevolativa effettivamente spettante, con aliquota pari al 70%, andranno modificate anche l’asseverazione intermedia e la comunicazione della cessione del credito.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
I bonus edilizi potrebbero cambiare completamente volto a partire dal 1° gennaio 2025. Le novità in arrivo con la Legge di Bilancio parlano di una riduzione generalizzata delle agevolazioni e dell’introduzione di un tetto ai redditi per il riconoscimento delle detrazioni.
A fare un quadro sui possibili effetti delle misure nel panorama edilizio sono Federica Brancaccio, presidente dell’ANCE, l’associazione nazionale costruttori edili, e Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, la storica associazione della proprietà immobiliare, nel corso dell’audizione che si è tenuta presso le commissioni Bilancio della Camera e del Senato sul testo della Manovra 2025.
Federica Brancaccio ha messo in evidenza il rischio dell’aumento del lavoro nero. Ha precisato: “Non entro nel merito se il 50 per cento e il 36 per cento sia giusto o non giusto, poco o non poco. Certo, il 36 per cento è il limite di tentazione di far tornare il nero”.
La riduzione delle agevolazioni potrebbe quindi incentivare indirettamente il ricorso al lavoro non regolare.
Deve inoltre essere valutato l’effetto di tutte le misure che compongono il pacchetto del DDL di Bilancio.
Giorgio Spaziani Testa ha precisato: “Siamo molto preoccupati dal notevole e drastico taglio degli incentivi per interventi edilizi che viene previsto dalla Manovra, sia direttamente sui singoli incentivi per i singoli interventi edilizi, sia indirettamente attraverso l’intreccio con il meccanismo del tetto reddituale alle detrazioni, che vale per quasi tutte le detrazioni comprese quelle edilizie.”
Il presidente di Confedilizia ha poi tracciato il quadro dei bonus edilizi prima dell’introduzione del superbonus, con detrazioni comprese tra il 50 e l’85 per cento. Detrazioni che nei prossimi anni scenderanno al 30 e 36 per cento, a seconda che gli interventi vengano realizzati o meno sulla cosiddetta “prima casa”.
La previsione, secondo Confedilizia, è quella di una riduzione degli interventi che inciderebbe sia sullo stato degli immobili sia sulle imprese del settore. Il requisito della prima casa rende più facile che tra i lavori programmati non siano previsti interventi che influiscono in modo determinate.
Nel corso dell’audizione l’ANCE ha sottolineato la necessità di misure strutturali di lungo periodo. “Chiediamo, e lo chiediamo anche questo ormai da più di un anno, è un tavolo di confronto per delle misure strutturali che guardino anche in prospettiva del 2050, anche se il 2050 sappiamo che è una data eccessivamente sfidante, ma delle misure strutturali per intervenire non solo per gli interventi di efficientamenti energetici ma anche per la messa in sicurezza anche dal punto di vista sismico”, ha precisato la presidente dell’ANCE. Una visione di lungo periodo permetterebbe, infatti, una più efficace programmazione da parte di tutti gli attori coinvolti nell’ambito edilizio. Misure strutturali garantirebbero, inoltre, di avere un quadro normativo più certo e tale da permettere una maggiore stabilità.
Si dovrà attendere la conclusione dell’iter parlamentare della Legge di Bilancio 2025 per sapere quale sarà la forma che assumeranno le diverse agevolazioni edilizie.
Al momento, nel testo del DDL di Bilancio è previsto un “appiattimento” delle detrazioni riconosciute, uniformando le aliquote a prescindere dalle peculiarità e dalle finalità degli interventi. Potrebbero tuttavia arrivare modifiche da parte di Camera e Senato, con emendamenti al testo prima dell’approvazione definitiva.
I dati emersi da una ricerca realizzata da Cna e Nomisma parlano chiaro: con il taglio dei bonus edilizi previsto dalla bozza della Legge Finanziaria per il 2025, oltre 3,5 milioni di famiglie rinuncerebbero agli interventi per migliorare la propria abitazione. Questo significherebbe non attivare investimenti per un valore di 97,3 miliardi di euro, con effetti decisamente negativi per l’economia e l’ambiente.
Cna e Nomisma precisano che “la manovra varata dal governo – e che inizia ora l’iter parlamentare – introduce una serie di restrizioni, in particolare la riduzione dell’ecobonus dal 65% al 50%, limita la platea dei beneficiari a seguito della previsione di vincolare l’intervento alla sola abitazione principale e con tetti alle detrazioni in base al reddito e alla composizione familiare”.
Pertanto, per evitare tali nefaste conseguenze, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e Nomisma suggeriscono un piano di azione, che si articola in quattro particolari richieste:
– mantenere per almeno un triennio l’assetto dei bonus attuale tra il 50% per le ristrutturazioni e il 65% per l’efficientamento energetico;
– conservare per il sismabonus la dimensione delle agevolazioni attualmente in vigore;
– non introdurre alcun tetto alle detrazioni in funzione del reddito e del nucleo familiare;
– confermare le attuali aliquote di detrazione per le abitazioni principali e i condomini.
Inoltre, il Governo viene invitato ad aprire in tempi rapidi un tavolo di confronto “per definire una strategia coerente con le prospettive di recepimento della direttiva casa e realizzare un programma di medio e lungo periodo per dare stabilità al mercato e certezze sui conti pubblici”.
La ricerca di Cna e Nomisma mette in evidenza che le famiglie italiane sono sempre più orientate a realizzare investimenti per la riqualificazione e l’efficientamento energetico delle proprie abitazioni. Ma la loro propensione agli interventi è strettamente connessa alla dimensione e alla stabilità degli incentivi. Però, proprio su questo punto il disegno di legge di Bilancio 2025 sta apportando dei cambiamenti, definendo in particolare una restrizione per il bonus ristrutturazioni e per l’ecobonus.
Cna e Nomisma ricordano che i cosiddetti bonus minori (ristrutturazioni 50% ed ecobonus 65%) hanno continuato ad essere molto attrattivi anche durante la fase del 110%, generando risultati importanti in termini economici e per il raggiungimento degli obiettivi ambientali. Inoltre – precisano – proprio questi bonus hanno garantito l’assoluta sostenibilità per i conti pubblici: tra il 2011 e il 2019 il volume delle detrazioni ha rispettato le previsioni di spesa con un impatto sostanzialmente neutro per la finanza pubblica.
In base a quanto evidenziato, “con il sistema di incentivi in vigore 10 milioni di famiglie dichiarano che nel prossimo triennio realizzeranno un intervento, ma riducendo la dimensione delle aliquote oltre 3,5 milioni di famiglie rinuncerebbero”.
La ricerca realizzata da Cna e Nomisma sottolinea che “una contrazione di 3,5 milioni di famiglie significa non attivare investimenti per un valore di 97,3 miliardi con effetti molto negativi per l’economia e l’ambiente”. Il report puntualizza inoltre che “la domanda persa equivale a un mancato valore aggiunto di 119,7 miliardi di euro, mancata attivazione di oltre 2 milioni di posti di lavoro. Notevole anche il valore ambientale che andrebbe perduto: 16mila GW/h l’anno di energia non risparmiata, pari a 461 euro l’anno in media a famiglia. Inoltre, 3,7 milioni di tonnellate di CO2 l’anno che equivale a piantare 205 milioni di alberi”.
Le plusvalenze determinati da chi ha usufruito del Superbonus hanno fermato il mercato immobiliare. Nell’ambito della discussione parlamentare sulla Legge di Bilancio per il 2025 si cerca quindi di correre ai ripari con un emendamento che prevede meno tasse per chi ha ristrutturato. Sono in molti ad attendere novità che potrebbero portare anche ad azzerare l’imposta per molti proprietari.
La senatrice Lavinia Mennuni, di Fratelli d’Italia, ha presentato un emendamento al decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio, che prevede che siano dimezzati i termini temporali per l’applicazione della tassazione sulle plusvalenze da Superbonus. L’emendamento nasce dalle critiche e dalle pressioni ricevute dagli operatori del mercato immobiliare, in particolare dalla Federazione italiana mediatori agenti d’affari, che hanno fatto notare come il mercato sia fermo.
La tassazione sulla plusvalenza sugli immobili che hanno beneficiato del Superbonus è stata introdotta con la legge di Bilancio 2024, che ha previsto l’applicazione di un’aliquota del 26% sulla plusvalenza determinata dall’esecuzione dei lavori Superbonus.
La tassazione si applica per le cessioni effettuate tra il momento della conclusione dei lavori e i 10 anni successivi ed è a carico del soggetto che ha beneficiato dell’agevolazione fiscale. Si tratta di uno stratagemma ideato dal Governo per recuperare delle somme in considerazione dell’aumento del debito pubblico causato proprio dal superbonus.
Nella circolare 13/E del 2024 dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che la plusvalenza in oggetto si applica solo alla prima cessione e non alle cessioni successive alla prima.
La Direttiva EPBD, peraltro non ancora recepita dal nostro Paese, non vieterà gli incentivi alle caldaie se possono essere alimentate da gas rinnovabili, di cui l’Italia ha buone potenzialità di produzione.
Questa Direttiva, infatti, definisce solo obiettivi di risparmio energetico e di decarbonizzazione con riferimento al parco immobiliare. Le Linee Guida emanate dalla Commissione Europea per favorirne l’attuazione rappresentano un documento non vincolante dal punto di vista giuridico e lasciano agli Stati membri individuare le tecnologie funzionali al percorso di decarbonizzazione e di efficientamento più adatto per il proprio contesto nazionale.
A questo proposito secondo uno studio realizzato da Bip Consulting, le caldaie a condensazione, che impiegheranno quote crescenti di green gas, rappresentano la tecnologia più economica, efficace e praticabile per decarbonizzare i consumi residenziali italiani.
Le ragioni di questa evidenza sono diverse.
Prima di tutto, il parco residenziale italiano è caratterizzato da immobili costruiti per oltre il 70% prima degli anni ’80. Gli stessi sono posizionati per il 50% nelle ultime classi energetiche, F e G, e si trovano in aree geografiche con caratteristiche climatiche fredde per il 50% dei casi. Inoltre, gli immobili che ricadono nella categoria degli edifici storici sono numerosi.
Un altro dato significativo è che il 60% degli appartamenti con riscaldamento autonomo non presenta un giardino privato, un terrazzo o uno spazio esterno.
Elementi che limitano le alternative tecnologiche realmente utilizzabili per il riscaldamento.
Per questo lo studio stima che – dato il contesto – dei 16,6 milioni di abitazioni in classe F e G solo meno di 6 milioni potrebbero accogliere una pompa di calore elettrica. Ma se si affina l’analisi e si considerano anche i fattori legati al reddito delle famiglie, essendo le pompe di calore elettriche molto costose, il numero si riduce a meno di 2 milioni di abitazioni.
Inoltre, confrontando oltre che i costi di istallazione anche i costi di gestione dell’impianto lo studio dimostra come le caldaie a condensazione si confermino le soluzioni più economiche per il consumatore.
Per attuare concretamente un percorso di efficientamento e decarbonizzazione dei consumi residenziali nel nostro Paese è necessaria quindi una presa di consapevolezza delle peculiarità del nostro territorio e del nostro contesto sociale ed economico guardando prioritariamente all’interesse dei consumatori.
Garantire, anche per il 2025, i benefici dell’ecobonus per le caldaie significa permettere a tutti i cittadini italiani, anche quelli con meno disponibilità economiche, di proseguire sulla strada della decarbonizzazione e dell’efficientamento dei consumi residenziali.
Comunicato stampa
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, per chiedere dei chiarimenti in merito alla possibilità di fruizione del Bonus mobili dopo l’effettuazione di interventi di ristrutturazione del box auto.
Nello specifico, il contribuente ha spiegato di aver effettuato opere di manutenzione straordinaria nel box auto di pertinenza della propria abitazione.
Successivamente ha effettuato l’acquisto di alcuni mobili destinati alla propria abitazione, pertanto, ha chiesto al Fisco se in tal caso è possibile usufruire della detrazione del 50% prevista dal “Bonus mobili” anche se i lavori sono stati realizzati esclusivamente sulla pertinenza della propria abitazione.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che, come precisato più volte, la detrazione del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici (da usufruire in dieci rate annuali di pari importo) spetta anche quando tali beni sono destinati all’arredo dell’abitazione, ma l’intervento a cui è collegato l’acquisto è stato effettuato su una pertinenza dell’immobile in questione.
Pertanto, salvo che siano rispettate tutte le condizioni previste dalla normativa relativa al “Bonus mobili”, il contribuente potrà usufruire dell’agevolazione.
L’Agenzia delle Entrate, ha ricordato anche che per maggiori informazioni relative a tale agevolazione, è possibile consultare la guida Bonus mobili ed elettrodomestici.
Ricordiamo, infine, che è possibile beneficiare del Bonus mobili sino al 31 dicembre 2024 e per quest’anno la detrazione va calcolata su un importo massimo pari a 5.000 euro.
Possono beneficiare dell’agevolazione coloro che acquistano entro la fine del 2024 mobili ed elettrodomestici nuovi (di classe non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori e hanno realizzato interventi di ristrutturazione edilizia a partire dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello dell’acquisto dei beni.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Coloro che decidono di vendere un immobile ristrutturato con il Superbonus prima che siano trascorsi 10 anni dalla fine dei lavori devono far fronte a pesanti imposte.
La legge di Bilancio 2024 stabilisce, infatti, che le plusvalenze derivanti dalla vendita onerosa di immobili che hanno beneficiato degli interventi agevolati dal Superbonus siano incluse nei redditi diversi secondo il Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR).
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 13/E/2024, ha fornito le istruzioni applicative del nuovo regime in vigore dal 1° gennaio 2024.
Plusvalenza da Superbonus: cos’è e a quanto ammonta
Il comma 64 della Legge di Bilancio 2024 prevede, per gli immobili diversi dall’abitazione principale e non ottenuti tramite successione sui quali sono stati effettuati interventi agevolati con il Superbonus al 110%, un’imposta sulla plusvalenza del 26% nel caso di vendita nei successivi 10 anni.
Questa nuova imposta, dunque, consiste in un prelievo del 26 per cento sulla plusvalenza generata dai lavori di ristrutturazione e colpisce per un periodo di dieci anni chi vende una seconda casa, a meno che non sia stata ereditata o donata. Oltre a questo, le nuove disposizioni hanno introdotto un meccanismo di indeducibilità dei costi di ristrutturazione, integrale per i primi cinque anni e al 50% per i successivi cinque.
La misura applicata agli immobili riqualificati con il Superbonus è stata concepita per scoraggiare operazioni speculative e garantire che le agevolazioni fiscali siano effettivamente ed esclusivamente impiegate per migliorare l’efficienza energetica degli immobili.
Fino al 2023, le spese “sostenute” per la realizzazione dei lavori agevolati con il Superbonus erano deducibili dalla plusvalenza tassabile.
La ratio della nuova norma è quella di non concedere più quella doppia agevolazione che consentiva di realizzare a costo zero lavori che aumentavano il valore dell’immobile e la sua vendita senza il pagamento di una tassa sulla plusvalenza.
L’esonero dal pagamento della plusvalenza
Sono previste due eccezioni all’imposta sulla plusvalenza da Superbonus:
• gli immobili ereditati per successione;
• gli immobili utilizzati come residenza principale dal venditore o dai suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni precedenti la vendita, o per la maggior parte del periodo se inferiore ai dieci anni.
Plusvalenza da Superbonus: come si calcola
La plusvalenza è determinata dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.
Alle plusvalenze derivanti dalla cessione “infradecennale” di immobili interessati dal Superbonus è applicata un’imposta sostitutiva del 26%, secondo le modalità previste dall’articolo 1, comma 496, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
Questa opzione deve essere richiesta dalla parte venditrice al notaio al momento della cessione e le nuove disposizioni si applicano alle cessioni poste in essere a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Per gli immobili oggetto di interventi agevolati con il Superbonus:
• se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni, non si tiene conto delle spese relative agli interventi agevolati se si è fruito dell’incentivo nella misura del 110% e sono state esercitate le opzioni per lo sconto in fattura o la cessione del credito;
• se gli interventi si sono conclusi da più di 5 anni, si tiene conto del 50% delle spese relative agli interventi agevolati.
Con la Circolare 13/E/2024 l’Agenzia delle Entrate chiarisce alcuni dubbi sull’applicazione delle plusvalenze:
• è sufficiente un lavoro effettuato sulle parti comuni di un condominio, senza coinvolgere il singolo appartamento, a far scattare la plusvalenza da Superbonus;
• i dieci anni si calcolano a partire dalla fine dei lavori;
• laddove, per il medesimo immobile, si sia fruito dell’incentivo in parte nella misura del 110% e in parte in una misura inferiore, l’irrilevanza delle spese relative agli interventi agevolati riguarderà solo le spese che hanno dato luogo all’incentivo nella misura del 110%; le altre spese, invece, potranno essere considerate al ricorrere di tutti i requisiti previsti dalla legge;
• laddove, con riferimento alle spese sostenute per gli interventi ammessi al Superbonus, il contribuente si avvalga in parte della detrazione e in parte delle opzioni della cessione del credito o dello sconto in fattura, non concorrono nel calcolo della plusvalenza solamente le spese per le quali è prevista l’aliquota di detrazione del 110% ed è stata esercitata una delle predette opzioni.
• nel caso in cui tra la conclusione degli interventi agevolati e la cessione dell’immobile oggetto degli interventi siano trascorsi più di cinque anni, si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni per lo sconto in fattura o per la cessione del credito, le spese sostenute, concernenti gli interventi agevolati, potranno essere riconosciute nella misura pari al 50%, a incremento del prezzo di acquisto (o costo di costruzione) del bene.
• la plusvalenza configura un reddito diverso laddove non sia conseguita nell’esercizio di arti e professioni e di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice.
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, per chiedere dei chiarimenti in merito all’agevolazione relativa all’eliminazione delle barriere architettoniche.
Nel caso analizzato, il contribuente spiega di aver acquistato un appartamento di nuova costruzione all’interno di un condominio. Il costruttore, in fase di progetto, ha predisposto solo il vano ascensore.
Pertanto il contribuente ha chiesto al Fisco se, una volta divenuto proprietario con gli altri condòmini, installando l’ascensore, è possibile usufruire della detrazione del 75% per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Inoltre, il contribuente ha chiesto anche dei chiarimenti in merito alla durata della detrazione e alla possibilità di effettuare la cessione del credito.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la detrazione del 75% per gli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche è riconosciuta per le spese sostenute sino al 31 dicembre 2025, con le medesime modalità di pagamento previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.
Il Fisco spiega che il bonus barriere architettoniche 2024 può essere richiesto solo se vengono realizzati, in edifici già esistenti, lavori aventi ad oggetto solo scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.
Per ciò che riguarda le spese sostenute a partire dal 2024, la detrazione viene ripartita in dieci quote annuali di pari importo e va calcolata su un importo complessivo non superiore a:
• 50.000 euro, per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
• 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
• 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.
Per poter fruire del bonus barriere architettoniche è necessario che gli interventi realizzati siano conformi a quanto riportato nel decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 236 del 14 giugno 1989 e il rispetto di tali requisiti deve risultare dall’apposita asseverazione rilasciata da un tecnico abilitato.
Il Fisco ha, infine, ricordato che con l’entrata in vigore del decreto legge n. 39/2024 anche per questa tipologia di interventi non è più possibile esercitare le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Un contribuente si è rivolto all’Agenzia delle Entrate, attraverso la Posta di FiscoOggi, per ricevere chiarimenti in merito al funzionamento delle detrazioni per le spese di ristrutturazione sostenute su un immobile ereditato.
Nel caso di specie, il contribuente ha chiesto al Fisco cosa accade in caso di decesso del beneficiario della detrazione relativa alle spese di ristrutturazione (bonus ristrutturazione). Il dubbio riguarda in particolar modo la detraibilità della rata relativa all’anno di decesso del beneficiario, pertanto, il contribuente ha chiesto se tale rata deve essere detratta dal de cuius (beneficiario deceduto) o dagli eredi, sempre che ne abbiano diritto.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che in caso di acquisizione dell’immobile per successione, le quote residue di detrazione si trasferiscono interamente ed esclusivamente all’erede (o agli eredi in parti uguali) che conservano la “detenzione materiale e diretta dell’immobile”.
Ciò significa che l’agevolazione (in questo caso il bonus ristrutturazioni) spetta a chi può disporre dell’immobile anche se non lo utilizza come propria abitazione principale. Inoltre, tale condizione, ovvero la condizione di detenzione del bene deve sussistere non solo per l’anno di accettazione dell’eredità, ma anche per ciascun anno per il quale si vuole usufruire della rata di detrazione.
In presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge e in relazione al quesito posto dal contribuente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la quota di detrazione relativa all’anno del decesso si trasferisce agli eredi in quanto è applicabile la regola generale in base alla quale, per determinare chi possa usufruire della quota di detrazione relativamente a un anno, è necessario individuare il contribuente che possedeva l’immobile al 31 dicembre di quell’anno.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare numero 14 del 18 giugno 2024, ha fornito i chiarimenti sul bonus prima casa per giovani under 36.
In particolare, il documento riporta le istruzioni per diversi casi specifici, dopo la proroga prevista dal decreto Millerororghe e della relativa legge di conversione.
Nello specifico vengono fornite le indicazioni da seguire nel caso in cui il contratto preliminare sia stato stipulato entro il 31 dicembre 2023 e il rogito sia stato sottoscritto tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024.
In estrema sintesi, i contribuenti riceveranno un credito d’imposta da utilizzare a partire dal 2025, ma non sarà riconosciuto in automatico. Inoltre, il bonus non sarà riconosciuto per gli immobili acquistati all’asta.
Bonus prima casa under 36
Il bonus prima casa per giovani under 36 prevede l’esenzione dal pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nel caso di acquisto della prima casa nel rispetto dei seguenti requisiti:
• che l’acquirente non abbia compiuto il trentaseiesimo anno di età nell’anno del rogito;
• che lo stesso abbia un ISEE non superiore a 40.000 euro.
La scadenza per l’agevolazione era prevista al 31 dicembre 2023. Il Decreto Milleproroghe ha però esteso l’agevolazione anche a chi entro la fine dello scorso anno abbia stipulato il preliminare di compravendita, a patto che il rogito sia stipulato entro il 31 dicembre 2024.
La Circolare numero 14 del 18 giugno 2024 dell’Agenzia delle Entrate si sofferma, tra i punti affrontati, sulla possibilità per questi ultimi di ottenere l’agevolazione nel caso in cui abbiano stipulato il rogito tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024.
Il documento conferma che viene riconosciuto un credito d’imposta, utilizzabile nel 2025, d’importo pari alle imposte pagate in eccesso.
L’ottenimento non sarà però automatico. Nel documento di prassi si legge infatti: “La fruizione del credito presuppone che il contribuente renda al notaio una dichiarazione, con un atto integrativo redatto secondo le medesime formalità giuridiche dell’atto di trasferimento, in cui manifesti la volontà di avvalersi dei benefici fiscali prima casa under 36 e dichiari di essere in possesso dei relativi requisiti richiesti dalla legge”.
L’atto integrativo, come spiegato dall’Amministrazione finanziaria:
• deve contenere la dichiarazione del contribuente di essere in possesso dell’attestazione ISEE in corso di validità nel 2024 o di aver già provveduto a richiederla, mediante presentazione di apposita DSU;
• deve essere stipulato anche in data successiva al 31 dicembre 2024 ma entro il termine di utilizzo del credito d’imposta;
• è esente dall’imposta di registro, dal momento che è stipulato per ottenere dei benefici fiscali.
Per chi ha stipulato il preliminare di compravendita entro il 31 dicembre 2023 e il rogito tra il 1° gennaio e il 29 febbraio 2024, nel rispetto dei requisiti anagrafici e di ISEE, è previsto il riconoscimento di un credito d’imposta in relazione alle seguenti imposte:
• imposte di registro, ipotecaria e catastale, al lordo delle eventuali imposte di registro proporzionali versate relativamente ad acconti e caparra confirmatoria in sede di registrazione del preliminare;
• all’IVA.
Il documento di prassi precisa: “Tenuto conto, inoltre, della ratio della norma, si ritiene che il beneficio fiscale in esame spetti all’acquirente anche per un importo pari all’imposta sui finanziamenti a medio/lungo termine – versata dalle banche o dagli intermediari finanziari ai sensi degli articoli 15 e seguenti del DPR n. 601 del 1973 – allo stesso addebitato per il finanziamento erogato in relazione all’immobile oggetto dell’agevolazione under 36”.
In merito alla dichiarazione IVA, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che il contribuente deve essere in possesso dell’attestazione ISEE in corso di validità nel 2024. Nel caso in cui non ne fosse in possesso deve aver provveduto a richiederla attraverso la presentazione della DSU.
Bonus prima casa under 36 su immobili acquistati all’asta
La Circolare numero 14 del 18 giugno 2024 dell’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti anche in merito all’acquisto della casa tramite aste immobiliari.
In questo caso non sono previste letture estensive della norma agevolativa, che viene ritenuta di stretta interpretazione.
Pertanto, le disposizioni del decreto Milleproroghe non si applicano all’ipotesi in cui: “il contribuente acquisisca il diritto dell’immobile in virtù di un verbale di aggiudicazione redatto nel 2023, qualora il successivo decreto di trasferimento immobiliare sia emanato nel 2024”.