A Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, è stato domandato: “Per acquisto di appartamento e box auto pertinenziale, per il quale il proprietario fruisce di detrazione, l’acquirente, attesa la pertinenzialità, può fruire delle quote residue di detrazione del box?”.
Nel fornire la sua risposta, il Fisco ha precisato che è possibile per l’acquirente fruire delle quote residue di detrazione del box pertinenziale, a patto che il venditore non abbia espresso nell’atto di vendita la volontà di continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione o l’acquisto del box.
Se, dunque, nell’atto di vendita non figura la volontà del venditore di continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione o l’acquisto del box, e se sempre nell’atto di vendita risulta il vincolo pertinenziale del box all’unità immobiliare a destinazione residenziale, l’acquirente può richiedere le quote residue di detrazione.
Come funziona la detrazione per l’acquisto di un box pertinenziale
La detrazione Irpef per il recupero del patrimonio edilizio spetta anche per l’acquisto o la realizzazione di posti auto pertinenziali. L’agevolazione è riconosciuta:
– per l’acquisto di box e posti auto pertinenziali già realizzati dall’impresa costruttrice (solo per le spese imputabili alla loro realizzazione);
– per interventi di realizzazione di parcheggi (autorimesse o posti auto, anche a proprietà comune), purché vi sia un vincolo di pertinenzialità con una unità immobiliare abitativa.
Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate, la detrazione per l’acquisto del box spetta limitatamente alle spese sostenute per la sua realizzazione e sempre che le stesse siano dimostrate da apposita attestazione rilasciata dal costruttore.
L’agevolazione è possibile:
– se c’è la proprietà o un patto di vendita di cosa futura del parcheggio realizzato o in corso di realizzazione;
– se esiste un vincolo pertinenziale con una unità abitativa, di proprietà del contribuente;
– se l’impresa costruttrice documenti i costi imputabili alla sola realizzazione dei parcheggi, che devono essere tenuti distinti dai costi accessori (questi ultimi non sono agevolabili).
In caso di vendita del box pertinenziale, per il quale si è fruito della detrazione, il proprietario del bene principale (unità immobiliare a destinazione residenziale) può continuare a usufruire della detrazione spettante per la costruzione/acquisto del box a condizione che lo indichi espressamente nell’atto di vendita. In assenza di tale indicazione nell’atto, l’acquirente del box può usufruire delle quote residue della detrazione a condizione che nell’atto di acquisto sia indicato il vincolo pertinenziale del box a un’altra unità immobiliare a destinazione residenziale.
Per usufruire della detrazione per l’acquisto del box auto, il proprietario deve essere in possesso dell’atto di acquisto, o preliminare di vendita registrato, dal quale risulti la pertinenzialità; della dichiarazione del costruttore, nella quale siano indicati i costi di costruzione; del bonifico bancario o postale per i pagamenti effettuati.
Come detrarre l’acquisto del box
La detrazione deve essere indicata nel modello 730. In particolare, nel quadro E del modello 730, precisamente nella sezione III-A, la spesa sostenuta; nella sezione III-B i dati catastali dell’immobile.
Il credito d’imposta del 75 per cento per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici esistenti sarà in vigore fino al 31 dicembre 2025.
La proroga non apporta modifiche per i beneficiari, che possono essere indistintamente persone fisiche, condòmini o imprese.
A poter beneficiare di tale bonus fiscale sono gli interventi che rispettano i requisiti previsti dal Dm 236/1989 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche”).
L’indicazione, piuttosto generica, è stata meglio definita con la risposta dell’Agenzia delle Entrate 461/2022. In tale documento di prassi viene fornita un’interpretazione estensiva dei requisiti previsti. Si spiega infatti che anche l’ampliamento delle porte e la sostituzione dei sanitari possono beneficiare del bonus 75 per cento, a condizione che siano rispettate le prescrizioni del Dm 236/1989.
Affinché si possa fruire della detrazione in questione, quindi, è contemporaneamente necessario sia che i sanitari possano essere raggiunti, ad esempio con l’ampliamento di una porta, sia che essi rispettino le caratteristiche previste per ciascun apparecchio sanitario dal Dm 236/1989.
Gli studi professionali che rientrano nelle categorie PMI e partite IVA dal 1° aprile 2023 hanno dovuto fare il loro ingresso nel mercato libero dell’energia, non potendo più accedere alle tariffe incluse nel mercato tutelato.
I professionisti, anche nel caso in cui condividano lo studio con altri colleghi, possono dedurre dalle tasse una quota delle bollette di luce e gas.
In linea generale le spese legate alle bollette di gas e luce possono essere deducibili ai fini IRPEF, nonché detraibili ai fini IVA, a patto che:
– le bollette riportino i dati del professionista, nonché l’indicazione del suo numero di partita IVA. Non è possibile, infatti, portare in deduzione il costo ai fini IRPEF, ovvero procedere alla detrazione dell’IVA, nei casi in cui le bollette riportino unicamente il codice fiscale del professionista;
– la deduzione IRPEF, nonché la detrazione IVA, saranno al 100%, qualora sia riferita allo studio professionale, quindi, spese inerenti. Viene fatta eccezione in caso di indeducibilità e indetraibilità soggettiva come nel caso dei contribuenti forfetari di cui alla Legge n. 190/2014; ovvero, con riferimento all’IVA i casi in cui la stessa per pro-rata di indetraibilità sia totalmente o parzialmente indetraibile – ad esempio per soggetti che pongono in essere operazioni esenti IVA quali i medici;
– nel caso in cui il professionista abbia un contratto delle utenze per uso promiscuo (abitazione e studio) potrà dedurre le spese al 50% indipendentemente dalle dimensioni dell’appartamento o da quante persone vi abitano.
Nel caso in cui più professionisti condividano le spese dello studio professionale, colui che supporta il costo complessivo deve poi ridistribuisce l’onere pro quota ai colleghi. Nel ri-addebitare la spesa, il professionista dovrà emettere nei loro confronti apposita fattura. Per trattare tali ri-addebiti, si deve fare riferimento ai chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria. È pertanto necessario precisare che:
– con la CM n. 58/E del 18 giugno del 2001 è stato chiarito che il r-iaddebito, da parte di un professionista, delle spese comuni dello studio utilizzato da più professionisti non costituiti in associazione professionale, da lui sostenute, deve essere realizzato attraverso l’emissione di fattura assoggettata ad IVA. Ai fini reddituali, le somme rimborsate dagli altri utilizzatori comportano una riclassificazione in diminuzione del costo sostenuto dal professionista intestatario dell’utenza;
– la CM n. 38/E del 23 giugno 2010 ha, inoltre, precisato che ai fini reddituali le somme incassate per il ri-addebito dei costi ad altri professionisti per l’uso comune degli uffici non costituisce reddito di lavoro autonomo e quindi non rileva quale componente positivo di reddito. In tal caso, è corretto ritenere che il costo sostenuto può essere dedotto dal professionista solo parzialmente, vale a dire per la parte riferibile alla attività da lui svolta e non anche per la parte ri-addebitata o da ri-addebitare ad altri. Infatti, la parte di costo ri-addebitata o da ri-addebitare non è inerente alla attività da questi svolta e quindi non assume rilevanza reddituale quale componente negativo. Nella imputazione delle componenti reddituali al periodo d’imposta il reddito di lavoro autonomo segue il criterio di cassa, principio che può essere derogato solo nelle ipotesi previste. Pertanto, il costo rimborsato al professionista dal collega per l’uso comune del locale di esercizio dell’attività nel periodo d’imposta successivo non può considerarsi rilevante ai fini reddituali per il professionista che lo riceve. Detto componente sarà invece rilevante per il professionista (collega), nel periodo d’imposta in cui effettivamente lo corrisponde per l’uso dei locali.
Nei casi in cui il ri-addebito avvenga tra professionisti che agiscono in regime forfettario, in considerazione del fatto che tali contribuenti non applicano IVA in fattura, non possono neppure dedurre i costi inerenti all’attività.
La detrazione dell’affitto nel modello 730/2023 consente ai titolari di contratti di locazione di recuperare una parte delle somme sostenute. Il rimborso IRPEF è riconosciuto nel rispetto di determinati limiti di reddito e sono diverse le tipologie di detrazione spettante, sulla base di specifiche casistiche. A partire dalle spese sostenute nel 2022 è inoltre riconosciuta una particolare detrazione dell’affitto in favore dei giovani fino a 31 anni non compiuti. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato una guida per chiarire chi ha diritto alla detrazione. Innanzitutto, viene indicato che è la sezione V del modello 730/2023 ad ospitare la detrazione per l’affitto, agevolazione riconosciuta agli inquilini titolari di contratto di locazione.
La normativa in materia prevede diverse tipologie di detrazione, modulate in base al contratto stipulato, alle condizioni soggettive del beneficiario e al reddito dichiarato. Inoltre, nel modello 730/2023 trova spazio la nuova detrazione dell’affitto riconosciuta ai giovani fino a 31 anni di età, che per i primi quattro anni di locazione di abitazioni o parti di esse possono fruire di un rimborso pari al 20 per cento del canone di locazione, fino ad un massimo di 2.000 euro e per un importo minimo pari a 991,60 euro.
Queste quindi le tipologie di agevolazione spettanti:
– detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale;
– detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale locati con contratti in regime convenzionale;
– detrazione per canoni di locazione spettante ai giovani di età compresa tra i 20 e i 31 anni non compiuti per l’abitazione destinata a propria residenza;
– detrazione per i lavoratori dipendenti che trasferiscono la residenza per motivi di lavoro;
– detrazione dell’affitto per gli studenti universitari fuori sede.
Le diverse detrazioni non sono cumulabili, ma il contribuente ha la facoltà di scegliere quella a lui più favorevole. Se, invece, nel corso dell’anno il contribuente si trova in situazioni diverse, può beneficiare di più detrazioni. In caso di incapienza della detrazione sull’IRPEF dovuta, la stessa sarà riconosciuta come credito d’imposta e, quindi, a titolo di rimborso fiscale.
Detrazione affitto 730/2023 per l’abitazione principale
La detrazione dell’affitto riconosciuta agli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale, ovvero la prima casa (da indicare nel rigo E71 del modello 730 inserendo il cod. 1), come stabilito dall’articolo 16 del Tuir, spetta in misura forfettaria sulla base della durata della locazione e per il seguente importo:
– euro 300 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 150 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) è superiore a euro 15.493,71 ma non a euro 30.987,41.
La detrazione affitto nel modello 730/2023 è suddivisa sulla base dei contestatari del contratto di locazione.
Ad esempio nel caso di marito e moglie cointestatari del contratto di locazione, la detrazione spetta nella misura del 50 per cento ciascuno in relazione al loro reddito. I documenti da controllare e conservare per beneficiare della detrazione sono il contratto di locazione registrato regolarmente e un’autocertificazione che attesti l’utilizzo della casa come abitazione principale.
Detrazione affitto modello 730/2023 per immobili locati con contratto a canone concordato
Per contratti di locazione stipulati in regime convenzionale (canone concordato) la detrazione fiscale dell’affitto dovrà essere richiesta compilando il rigo E71, cod. 2 del modello 730/2023.
In questo caso la detrazione sull’affitto riconosciuta è pari a:
– euro 495,80 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 247,90 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
Sarà necessario conservare il contratto di locazione, registrato, stipulato ai sensi dell’art. 2, comma 3 e art. 4, commi 2 e 3 della Legge n. 431/98 e l’autocertificazione nella quale si attesti che l’immobile è utilizzato come abitazione principale.
Detrazione affitto nel modello 730/2023 per i giovani da 20 a 31 anni non compiuti
La detrazione dell’affitto per i giovani dai 20 ai 31 anni non compiuti è una delle novità al debutto nel modello 730/2023. Nel dettaglio, per i giovani titolari di un contratto di locazione per un immobile, o per una parte di esso (come nel caso di affitto di stanze), il rimborso IRPEF spettante è pari al 20 per cento del canone di locazione, fino ad un massimo di 2.000 euro e per un importo minimo di 991,60 euro.
Non sono previsti requisiti reddituali ma, per poter fruire dell’agevolazione, è necessario che:
– l’immobile sia adibito a propria residenza;
– che il contratto sia stipulato prima del compimento del trentunesimo anno d’età;
– che l’immobile affittato sia diverso dall’abitazione principale dei genitori o affidatari.
La detrazione dell’affitto del 20 per cento spetta per i primi quattro anni dalla stipula del contratto. Se quindi il contratto è stato stipulato nel 2022 l’agevolazione può essere fruita fino al 2025. A livello operativo, sarà compilando il rigo E71, indicando il codice 4, che sarà possibile fruire dello sconto o del rimborso IRPEF.
Detrazione affitto modello 730/2023 per lavoratori che trasferiscono la residenza per motivi di lavoro
I lavoratori dipendenti che hanno trasferito la proprio residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi hanno diritto alla detrazione con il modello 730/2023 dei canoni d’affitto, secondo regole specifiche. La detrazione dell’affitto per lavoratori fuori sede è pari a:
– euro 991,60 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) non supera euro 15.493,71;
– euro 495,80 se il reddito complessivo (comprensivo del reddito assoggettato al regime della cedolare secca) supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41.
Ai fini della detrazione bisognerà compilare il rigo E72 e sarà necessario rispettare alcuni requisiti specifici, ovvero:
– essere titolari di contratto di lavoro dipendente;
– aver trasferito la residenza nel Comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi che disti almeno 100 km e in una regione diversa da quella di provenienza.
La detrazione può essere fruita nei primi tre anni dal trasferimento della residenza. Per beneficiare della detrazione affitto con il modello 730/2023 il lavoratore dovrà aver cura di conservare la seguente documentazione:
– contratto di locazione registrato;
– contratto di lavoro dipendente, ovvero CU 2023 attestante la qualifica di lavoratore dipendente;
– autocertificazione nella quale si attesti la residenza, che l’immobile è utilizzato come abitazione principale e che risultano rispettate tutte le condizioni previste per beneficiare della detrazione.
Detrazione affitto modello 730/2023 studenti universitari fuori sede
Anche gli studenti universitari fuori sede titolari di contratto di locazione hanno diritto a richiedere la detrazione dell’affitto presentando il modello 730/2023, nel limite totale di 2.633 euro. La detrazione consente di recuperare il 19 per cento dell’importo sostenuto e, quindi, un massimo di 500 euro. Oltre ai limiti di spesa, la regola prevede che la detrazione sia concessa a patto che l’università presso cui lo studente è iscritto disti almeno 100 Km dal proprio Comune di residenza. È inoltre necessario che l’università si trovi in una provincia diversa da quella di residenza.
Per orientarsi tra le agevolazioni fiscali previste per chi acquista la “prima casa”, ancor più consistenti per i giovani under 36, e non cadere in errore tra i vincoli da rispettare, viene in aiuto la Guida per l’acquisto della casa, aggiornata e pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione “l’Agenzia informa” e sulla rivista FiscoOggi. Restyling pure della brochure dedicata agli Under 36: le agevolazioni per l’acquisto della prima casa, presente nella pagina “Depliant e infografica”.
“Prima casa under 36”, consistenti i benefici
Chi ha meno di 36 anni di età e un Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) non superiore a 40mila euro annui, se acquista la prima casa con atto stipulato tra il 26 maggio 2021 e il 31 dicembre 2023, ha diritto a notevoli vantaggi fiscali.
La legge di bilancio 2023 (legge n. 197/2022, articolo 1, comma 74), infatti, ha rinnovato per un altro anno le agevolazioni “prima casa under 36” previste inizialmente dal decreto Sostegni bis.
In cosa consistono? In caso di acquisto non soggetto a Iva, sono azzerate le imposte di registro e ipocatastali. In caso, invece, di compravendita soggetta a Iva, oltre a non pagare le imposte di registro e ipocatastali, è concesso un credito di imposta di importo pari all’Iva versata al venditore per l’acquisto, che può essere utilizzato:
• per pagare le imposte (di registro, ipotecaria e catastale) sulle successioni e donazioni dovute su atti e denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito
• per compensare le somme dovute tramite modello F24, in cui va indicato il codice tributo “6928”
• per pagare l’Irpef dovuta in base alla dichiarazione da presentare dopo la data dell’acquisto agevolato.
La guida ricorda, come chiarito dalla circolare n. 12/E del 14 ottobre 2021, che il credito di imposta “prima casa under 36” può essere fatto valere in sede di presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva all’acquisto, o della dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è stato effettuato l’acquisto.
L’acquisto con i benefici “prima casa”, senza errori
L’aggiornamento del vademecum è l’occasione per fare il punto sulle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della “prima casa”.
Chi la compra da un privato o da un’impresa che vende in esenzione Iva, versa l’imposta di registro nella misura del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, e paga le imposte ipocatastali nella misura fissa di 50 euro ognuna.
Chi, invece, acquista la prima casa da un’impresa soggetta a Iva, deve pagare l’Iva con aliquota al 4%, anziché al 10%, e pagare le imposte di registro e ipocatastali nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Per beneficiare delle agevolazioni fiscali, però, bisogna rispettare determinati requisiti. Innanzitutto avere la residenza nel Comune dove si trova l’immobile o trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto. Inoltre non essere titolare, nemmeno con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di un’altra casa nel territorio del Comune in cui si trova l’immobile da acquistare. Infine dichiarare, all’atto di acquisto, di non possedere un altro immobile, in tutto il territorio nazionale, acquistato con l’agevolazione prima casa o, in caso contrario, venderlo entro un anno dal nuovo acquisto agevolato.
La guida precisa, inoltre, i casi di insussistenza dei requisiti e le ipotesi in cui decadono le agevolazioni prima casa. Infine ricorda che gli immobili ammessi ai benefici sono quelli che rientrano nelle categorie catastali A/2 (unità civili), A/3 (economiche), A/4 (popolari), A/5 (ultra popolari), A/6 (rurali), A/7 (villini). Sono, infatti, esclusi gli immobili che appartengono alle categorie catastali A/1 (dimore signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico).
Con la risposta n. 298 del 19 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che le istanze per le autorizzazioni ad ospitare soggetti terzi in alloggi di edilizia residenziale pubblica, dovute qualora l’assegnatario intenda ospitare per un periodo superiore ai trenta giorni nell’arco dell’anno solare, scontano il pagamento dell’imposta di bollo nella misura di 16 euro per ogni foglio. Ugualmente è soggetto a bollo il relativo provvedimento di autorizzazione emanato dal direttore dell’Ater competente.
L’azienda istante rappresenta che le assegnazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà e la stipulazione dei contratti di locazione rientrano tra i fini istituzionali attribuiti dalla legge regionale 39/2017, e che, nell’ambito di tali contratti di locazione, l’assegnatario di un immobile può essere autorizzato ad ospitare soggetti terzi (ampliando il nucleo familiare originario) ovvero, in caso di decesso o abbandono, a far subentrare nel contratto altro membro del nucleo familiare. A tal fine, il richiedente deve presentare apposita istanza, alla quale segue una attività istruttoria dell’ente volta a verificare la sussistenza dei requisiti richiesti, che si conclude con l’adozione di decreti di autorizzazione o diniego da parte del direttore dell’ente medesimo. Ciò posto, l’azienda, prospettando una risposta negativa, chiede se sussista l’obbligo di apporre la marca da bollo ai sensi dell’articolo 3 della Tariffa, Parte prima, annessa al Dpr n. 642/1972 sulla domanda/istanza ed apporre, inoltre, la marca da bollo sul decreto di autorizzazione.
L’Agenzia premette che l’imposta di bollo è dovuta fin dall’origine sulle istanze dirette agli uffici e agli organi anche collegiali dell’Amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, tendenti ad ottenere un provvedimento amministrativo. La medesima Tariffa prevede che il tributo in questione è dovuto per gli atti ed i provvedimenti degli organi di cui sopra, rilasciati a coloro che ne abbiano fatto richiesta. Pertanto, le istanze dirette ad ottenere un provvedimento amministrativo dalle Amministrazioni dello Stato e dagli enti territoriali scontano l’imposta di bollo, così come il relativo provvedimento emesso.
Con riferimento al caso in esame, continua l’Agenzia, in base all’articolo 95 Dpr n. 616/1977, le funzioni amministrative concernenti l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuite ai comuni, salva la competenza dello Stato per l’assegnazione di alloggi da destinare a dipendenti civili e militari dello Stato per esigenze di servizio. Ebbene, la legge regionale 39/2017 dispone che il comune può delegare all’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (Ater) competente per territorio gli adempimenti connessi all’assegnazione e alla gestione del proprio patrimonio di edilizia residenziale pubblica; le Ater – si ricorda – sono enti pubblici economici strumentali della Regione che operano nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, dotati di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, patrimoniale e contabile, hanno sede nel comune capoluogo di ogni provincia e nella Città Metropolitana in questione ed operano nel territorio della stessa. La legge regionale citata, inoltre, regolamenta l’ospitalità temporanea di persone non appartenenti al nucleo familiare e specifica che, qualora l’assegnatario intenda ospitare per un periodo superiore ai trenta giorni, anche non consecutivi nell’arco dell’anno solare, presenta istanza all’ente proprietario o delegato prima che l’ospitalità abbia inizio. L’ente proprietario o delegato entro 30 giorni autorizza, con provvedimento revocabile, l’ospitalità previa verifica dell’assenza di morosità o dell’assenza di condizioni di sovra utilizzo dell’alloggio.
In sostanza, il comune, nell’espletamento delle predette attività relative all’assegnazione e alla gestione del proprio patrimonio di edilizia residenziale pubblica, può delegare all’Ater gli adempimenti connessi e può, inoltre, avvalersi della collaborazione dell’ente da ultimo menzionato, sulla base di apposita convenzione. Quindi, gli atti e provvedimenti emanati dall’ente, con riferimento ai descritti adempimenti, appaiono riconducibili allo svolgimento di una funzione amministrativa per conto dell’ente territoriale.
In definitiva, conclude l’Agenzia, le istanze per l’ospitalità oggetto del quesito sono riconducibili all’ambito applicativo del citato articolo 3 della Tariffa allegata al Dpr n. 642/1972, con pagamento dell’imposta di bollo nella misura di 16 euro per ogni foglio e il relativo provvedimento di autorizzazione emanato dal direttore dell’azienda competente sconta l’imposta di bollo ai sensi dell’articolo 4 della medesima Tariffa.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni per portare in detrazione, all’interno della dichiarazione dei redditi, le agevolazioni spettanti ai contribuenti che hanno utilizzato il bonus barriere architettoniche.
Lo ha fatto attraverso il provvedimento n. 34545 del 6 febbraio 2023, con il quale è stato approvato il Modello 730/2023 e sono state fornite le indicazioni sulla sua compilazione.
L’Agenzia delle Entrate, nel fornire le istruzioni per la compilazione del Modello 730, concentra principalmente l’attenzione sulle novità introdotte nel corso dell’ultimo anno fiscale, precisando che la dichiarazione dei redditi dovrà essere presentata entro il 30 settembre 2023. Cadendo di sabato, però, la scadenza è stata rinviata al 2 ottobre 2023.
All’interno delle istruzioni per la compilazione del Modello 730, l’Agenzia delle Entrate ha dato particolare importanza alle detrazioni che spettano ai contribuenti che hanno beneficiato del bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche, che fa il proprio debutto nel 2023.
A partire dal 1° gennaio 2022, i contribuenti che hanno sostenuto delle spese per interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in immobili già esistenti, hanno la possibilità di beneficiare di una detrazione dall’imposta lorda pari al 75% rispetto al limite di spesa, che viene calcolato in funzione del tipo di edificio.
I contribuenti che hanno beneficiato dell’agevolazione e che abbiano intenzione di fruirne direttamente all’interno della dichiarazione dei redditi, devono provvedere a compilare la sezione III.A del quadro E del Modello 730.
Questa sezione è specificatamente dedicata alle “Spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per misure antisismiche, bonus facciate e superbonus”.
In particolare, all’interno della colonna 2 dei righi E41-E42 dovranno essere indicati i codici 21 e 22, i quali, rispettivamente, si riferiscono:
• agli interventi che i contribuenti hanno effettuato sugli edifici unifamiliari;
• ad eventuali interventi su singole unità immobiliari che sono situate all’interno di edifici plurifamiliari e che, almeno funzionalmente, risultino essere indipendenti: a tal fine devono disporre di uno o più accessi autonomi all’esterno. Il codice deve, inoltre, essere utilizzato per gli edifici composti da più unità immobiliari.
I contribuenti che dallo scorso 1° gennaio 2022 hanno sostenuto delle spese per realizzare interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti, hanno la possibilità di accedere ad una detrazione che dovrà essere ripartita in cinque rate. La detrazione spetta nella misura del 75% rispetto al limite di spesa, che viene calcolato facendo riferimento direttamente al numero delle unità immobiliari di cui l’edificio è composto.
Per poter accedere alle agevolazioni, gli interventi che sono stati effettuati devono obbligatoriamente rispettare i requisiti che sono stati indicati all’interno del Decreto n. 236 del 14 giugno 1989 del Ministro dei Lavori Pubblici.
È possibile accedere alla detrazione anche quando sono stati effettuati degli interventi di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari, che servono ad abbattere le barriere architettoniche. L’agevolazione spetta anche quando viene sostituito un impianto già esistente e copre le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dei materiali relativi all’impianto che è stato smantellato e sostituito.
I contribuenti devono prestare particolare attenzione al fatto che le spese sostenute durante il 2022 rappresentino o meno una continuazione di interventi avviati nel corso degli anni precedenti, per i quali i contribuenti avevano diritto ad accedere alla detrazione al 100%. Nel caso in cui si trattasse di una prosecuzione di lavori avviati in precedenza, ferme restando tutte le regole per accedere a questa agevolazione, il diretto interessato ha la possibilità di scegliere:
• se proseguire a usufruire del Superbonus nel limite massimo di spesa di 96.000 euro. Questo importo è comprensivo delle spese che sono state sostenute nel corso del 2021 per lo stesso intervento;
• accedere ad una nuova detrazione. In questo caso la detrazione prevista è del 75% delle spese sostenute e deve rimanere all’interno dei limiti di spesa previsti dalla norma.
Per accedere alla detrazione direttamente nella dichiarazione dei redditi, il contribuente deve essere in possesso di un titolo idoneo sull’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi di recupero. In altre parole ne deve essere il proprietario, l’affittuario o deve possedere un qualsiasi altro diritto reale sullo stesso.
Si continua a lavorare sullo sbocco dei crediti incagliati. Nei giorni scorsi è stata resa nota la convenzione l’intesa, tra InfoCamere e Confartigianato, per favorire le cessioni dei crediti d’imposta legati alle agevolazioni edilizie. L’accordo ha come obiettivo quello della promozione dell’utilizzo della piattaforma SiBonus da parte degli iscritti a Confartigianato.
Il portale, operativo già dall’inizio del 2021, è uno strumento per facilitare l’incontro tra domanda e offerta dei crediti edilizi e può essere utilizzato sia da venditori sia da acquirenti.
Gli utenti possono infatti inserire degli annunci di vendita, precisando le relative condizioni, o scegliere a chi vendere il credito d’imposta tra i potenziali interessati che hanno avanzato una proposta di acquisto.
Dopo l’incontro tra domanda e offerta si potrà procedere alla firma del contratto di cessione del credito. Dovranno quindi essere seguite le istruzioni per provvedere alla trasferimento delle somme nel cassetto fiscale dell’acquirente.
Come si legge sul comunicato stampa diffuso da Confartigianato: “l’iniziativa di InfoCamere è promossa dal Sistema camerale e dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e ha già consentito lo scambio di circa 80milioni di crediti derivanti dai bonus e superbonus edilizi, liquidati in un tempo medio che va dai 12 ai 22 giorni (a seconda del tipo di credito) dall’avvio della trattativa.”
Nel comunicato sono anche stati forniti i dati relativi alle cessioni del periodo passato. Nel complesso sono oltre 50.000 gli iscritti alla piattaforma e oltre 7.000 gli annunci pubblicati, per un valore di circa 650 milioni di euro.
Considerando che i crediti fermi nei cassetti fiscali di contribuenti e imprese ammontano a circa 19 miliardi di euro, si è ancora lontani dalla soluzione definitiva. Tuttavia lo strumento può aiutare parte dei contribuenti che non hanno ancora trovato un acquirente per gli importi relativi allo scorso anno.
Intanto si lavora anche ad una piattaforma per la verifica delle pratiche e la comunicazione all’Agenzia delle Entrate della cessione dei crediti.
L’incentivo all’utilizzo della piattaforma Sibonus non è l’unica azione in cantiere da parte di Confartigianato.
L’associazione precisa infatti: “Con il supporto di Harley&-Dikkinson, Confartigianato ha sviluppato una web platform per la raccolta delle pratiche/crediti esistenti, provvista di servizi di backoffice erogati da H&-D per la verifica delle pratiche, la comunicazione all’Ade e la successiva aggregazione, cessione e liquidazione dei crediti fiscali”.
In parallelo all’incontro tra domanda e offerta di crediti fiscali, si lavora anche sul fronte degli adempimenti da porre in essere.
Come previsto dalla legge di conversione del Decreto Cessioni, il DL 11/2023, la comunicazione all’Agenzia delle Entrate relativa alla cessione dei crediti per le spese sostenute nel 2022 o per le rate di interventi realizzati precedentemente, potrà essere effettuata fino al 30 novembre prossimo.
Si può provvedere nuovamente alla comunicazione alle Entrate grazie all’istituto della remissione in bonis, che permette di effettuare l’adempimento anche oltre la scadenza passata dello scorso 31 marzo 2023.
L’intervento è confluito nel testo della legge di conversione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 11 aprile 2023, per fornire una soluzione per chi non avesse trovato un acquirente dei crediti entro la scadenza della fine dello scorso mese.
A tale intervento si aggiungono la possibilità di portare in detrazione in 10 anni gli importi per le spese relative allo scorso anno e per i crediti oggetto di cessione entro lo scorso 31 marzo 2023.
È stata inoltre prevista la possibilità, per banche e assicurazioni, di trasformare in BTP con scadenza almeno a 10 anni i crediti per gli importi eccedenti la compensazione. Devono essere rispettate le condizioni stabilite dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, tuttavia la misura potrebbe essere una valvola di sfogo per la ripresa dell’acquisto dei crediti da parte delle banche.
Non si escludono nuovi interventi per offrire ulteriori soluzioni utili alla risoluzione del problema.
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