Grazie ad una risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate attraverso la posta di FiscoOggi, si torna a parlare di Superbonus analizzando un caso specifico. Un contribuente, infatti, si rivolge all’Agenzia chiedendo se per gli interventi agevolati con il Superbonus, per i quali l’impresa che esegue i lavori applicherà uno sconto in fattura parziale, la somma eccedente deve essere pagata obbligatoriamente attraverso bonifico parlante.
In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha spiegato che il pagamento delle spese per l’esecuzione degli interventi che danno il diritto di fruire del Superbonus, deve essere effettuato (tranne che per i soggetti esercenti attività d’impresa) attraverso bonifico bancario o postale dal quale dovrà risultare il codice fiscale del beneficiario, il numero di partita iva o del codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è stato effettuato e infine la causale del versamento.
Così come riportato nella Circolare n. 24/E del 2020, per effettuare il pagamento si possono utilizzare i bonifici predisposti dagli istituti di pagamento per la detrazione prevista per gli interventi di recupero edilizio o per l’Ecobonus.
L’Agenzia delle Entrate procede spiegando che nell’ipotesi in cui, così come descritto nel quesito posto dal contribuente, il fornitore applichi uno sconto in fattura parziale, la parte eccedente, ovvero la parte del corrispettivo non oggetto di sconto, deve comunque essere pagata attraverso un bonifico bancario o postale parlante, quindi un bonifico dal quale risultino evidenti le informazioni citate.
Infine, l’Agenzia ha precisato che come illustrato nella Circolare n. 23/E del 2022, in tutti i casi in cui le parti non dovessero accordarsi per la cessione del credito, la fruizione del Superbonus è subordinata al pagamento della somma eccedente l’importo del credito “ceduto”, utilizzando sempre il predetto bonifico bancario o postale.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Il condominio di un Comune in stato di emergenza a causa del terremoto del maggio 2012 può beneficiare della detrazione del 110% per i lavori “trainanti” e “trainati” effettuati fino al 31 dicembre 2025 a patto che sia dimostrato, tramite scheda AeDES o altro documento analogo, il nesso causale tra i danni subiti e l’evento sismico.
I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 584 del 9 dicembre 2022 sono rivolti a un condominio che intende demolire e ricostruire un edificio condominiale danneggiato dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. L’intervento ha ottenuto un contributo dalla Regione, che però copre soltanto parzialmente le spese sostenute.
A giugno 2021, precisa l’istante, è stata presentata la comunicazione di inizio lavori, che, in realtà, non sono stati ancora avviati.
Per quanto riguarda la natura degli interventi, il condominio realizzerà, sulle parti comuni del fabbricato, opere strutturali e di isolamento termico riconosciute come “trainanti” ai fini del Superbonus, mentre sulle singole unità residenziali saranno eseguite modifiche “trainate” con sostituzione degli infissi e degli oscuranti.
Il risultato finale sarà un salto di due classi di risparmio energetico attraverso materiali più performanti e con caratteristiche che soddisfano i criteri ambientali minimi (Cam).
L’istante chiede, innanzitutto, se l’attestato di prestazione energetica Ape ante-intervento possa essere predisposto dopo la comunicazione di inizio lavori considerato che, in realtà, i lavori non sono ancora iniziati.
Il condominio chiede, inoltre, se trattandosi di opere effettuate in una zona sismica in stato di emergenza, sia possibile accedere al Superbonus per i lavori effettuati fino al 31 dicembre 2025 beneficiando della relativa proroga.
Prima di arrivare alle conclusioni la risposta delinea il perimetro applicativo e normativo della detrazione del 110% prevista dall’articolo 119 del decreto “Rilancio” in relazione alle spese sostenute dal 1° luglio 2020, per il potenziamento dell’efficienza energetica e il consolidamento statico dei fabbricati o per la riduzione del rischio sismico degli edifici. Rimanda poi ai numerosi documenti di prassi con cui l’amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti su requisiti e termini di applicazione della misura, e alla sezione del sito dell’Agenzia dedicata alla detrazione.
Con riferimento agli interventi finalizzati al risparmio energetico, la norma agevolativa, ricorda il documento di prassi, specifica che per accedere al Superbonus, le opere realizzate dal condominio devono assicurare il miglioramento di almeno due classi energetiche e se ciò non fosse possibile, il conseguimento della classe energetica più alta ottenibile, da dimostrare attraverso l’attestato di prestazione energetica (Ape) previsto dall’articolo 6 del Dlgs n. 192/2005 prima e dopo l’intervento, rilasciato da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata. Il decreto interministeriale “Requisiti” stabilisce, inoltre, che Ape ante e post lavori sono certificazioni necessarie ai fini della maxi detrazione (articolo 7, comma 3, decreto 6 agosto 2020). Entrambe devono fare riferimento allo stato dell’intero condominio sia per quanto riguardo la situazione iniziale che a lavori “trainati” e “trainanti” realizzati.
Ciò detto l’Agenzia delle entrate torna sul primo quesito dell’interpello con cui l’istante chiedeva se l’Ape ante lavori poteva essere rilasciata anche dopo la comunicazione di inizio lavori presentata, nel caso specifico, a intervento in realtà non ancora avviato.
Al riguardo le Entrate precisano che la soluzione implica valutazioni di carattere tecnico riguardanti l’efficientamento energetico, materia non di competenza dell’Agenzia, come risulta dal Dlgs n. 192/1995 e dal decreto “Requisiti” sopra richiamati e, quindi, l’Agenzia non può fornire alcun chiarimento sull’argomento.
Per quanto concerne il secondo quesito, la risposta ricorda che, in base all’articolo 119 del decreto “Rilancio” (comma 8-ter) nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi dal 1° aprile 2009, in stato di emergenza, il Superbonus, in deroga ai termini ordinari, è applicabile alle spese eccedenti altri contributi concessi, per i lavori effettuati fino al 31 dicembre 2025.
La proroga a tutto il 2025 della detrazione del 110%, come spiega la risoluzione n. 8/2022 (vedi articolo “Stato di emergenza conclamato, Superbonus garantito fino al 2025”), riguarda gli interventi ammessi al Superbonus realizzati su edifici residenziali, anche in condominio, o unità immobiliari a destinazione abitativa per i quali sia stato accertato mediante scheda AeDES o documento analogo, il nesso causale tra danno dell’immobile e terremoto, situati in uno dei comuni delle Regioni interessate da eventi sismici per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza.
In conclusione, dando per certo che i lavori oggetto dell’interpello siano effettuati su un fabbricato per il quale sia stato accertato il nesso causale tra danno dell’immobile e l’evento sismico, il condominio istante potrà beneficiare del Superbonus per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, per l’importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione.
Attraverso una risposta data ad un contribuente che ha posto un quesito tramite la posta di FiscoOggi, l’Agenzia delle Entrate torna sull’argomento del Superbonus per fornire chiarimenti su come può essere utilizzato il credito d’imposta derivante dal Superbonus.
Il contribuente si è rivolto all’Agenzia per chiedere come possono essere utilizzati in compensazione i crediti derivanti da interventi che rientrano nel Superbonus e quali imposte possono essere “compensate”.
In risposta l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che con il provvedimento dell’8 agosto 2020, modificato da provvedimenti successivi, sono state definite le modalità con le quali i soggetti che acquisiscono i crediti possono utilizzare i relativi importi.
Difatti, i cessionari e i fornitori destinatari dei crediti d’imposta derivanti dagli interventi ammessi al Superbonus, o da quelli elencati nel secondo comma dell’art. 121 del decreto legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), posso utilizzare i crediti d’imposta in compensazione tramite modello F24, sulla base di quanto disposto dall’art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997.
Come stabilito nella circolare n. 24/E del 2020: “Per il pagamento delle imposte sui redditi, l’Iva, l’Irap, i contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa, i contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori dei lavori, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le tasse sulle concessioni governative, le tasse scolastiche, le imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell’Iva, le somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento all’addizionale comunale debbono riversare all’Inps.”
In questi casi, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i canali telematici forniti dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
Sempre sulla tematica trattata, un altro chiarimento è stato fornito dall’Agenzia anche attraverso la risposta n. 435/2022, nella quale si precisa che è possibile “compensare i crediti di imposta agevolativi derivanti dagli interventi elencati all’articolo 121 del decreto legge n. 34/2020 – acquisiti a mezzo di “cessione del credito” – con tutte le entrate, il cui versamento per il tramite del modello F24 è previsto, direttamente o indirettamente, da disposizioni normative primarie o da decreti ministeriali, che richiamano le modalità di versamento di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997”.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
La scadenza del 16 dicembre con il saldo IMU 2022 è caratterizzata dalle novità per i coniugi con residenza diversa. Sarà quindi la sentenza della Corte Costituzionale la principale novità che vedrà impegnate famiglie e consulenti in vista dell’appuntamento con la seconda rata dell’IMU. Per chi rispetterà i requisiti per beneficiare dell’esenzione sarà possibile “saltare” la scadenza e scalare l’imposta già versata da quella dovuta su immobili diversi.
Come di consueto, sono i requisiti di residenza anagrafica e dimora abituale a determinare chi paga e quando invece si applica l’esenzione IMU, anche in relazione ai coniugi che non vivono nella stessa abitazione.
Bollette di luce, gas e acqua sono alcuni degli elementi utili per provare il diritto a beneficiare dell’esonero in sede di versamento del saldo IMU in scadenza il 16 dicembre 2022.
Si ricorda che l’IMU è dovuta in due rate: il 16 giugno di ogni anno si paga l’acconto dell’imposta, mentre a dicembre è dovuto il saldo comprensivo di eventuale conguaglio, calcolato sulla base delle nuove aliquote determinate dal proprio Comune entro il 28 ottobre.
Quest’anno l’acconto è stato caratterizzato dalle novità introdotte dal Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022 con decorrenza dal 1° gennaio, e nello specifico dalla possibilità per i coniugi di beneficiare dell’esenzione IMU su un immobile a scelta, sia in caso di residenza nello stesso territorio sia in Comuni differenti. Fino allo scorso anno, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, l’esonero a scelta non spettava su nessuno degli immobili posseduti dai coniugi, se situati in Comuni diversi.
In sede di pagamento del saldo bisognerà ora tener presenti le indicazioni conseguenti alla pronuncia con la quale la Consulta ha dichiarato illegittimo ogni riferimento al nucleo familiare ai fini dell’esonero per l’abitazione principale.
Pertanto, i coniugi o gli uniti civilmente che possiedono due diverse abitazioni principali nello stesso Comune o in Comuni differenti potranno beneficiare della doppia esenzione IMU, a patto che la casa risulti la sede della propria residenza anagrafica e dimora abituale. Questo è quanto sancito in estrema sintesi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 209 del 13 ottobre, e che impone quindi di riconsiderare le regole prese come riferimento a giugno.
I consumi di energia elettrica, gas e acqua sono quindi determinanti per stabilire se l’immobile può essere considerato sede della dimora abituale del suo possessore, oltre che della residenza anagrafica, e se quindi sussistono le condizioni per qualificarlo come abitazione principale.
In caso affermativo, sarà possibile saltare la scadenza del saldo IMU 2022 e non pagare la seconda rata. Spazio poi alle domande di rimborso delle somme già corrisposte o, se è dovuta l’imposta su un ulteriore immobile posseduto e non esente, alla compensazione degli importi secondo le regole previste a livello locale.
https://www.informazionefiscale.it/Saldo-IMU-2022-scadenza-seconda-rata-novita-esenzione
Nonostante le modifiche che il Governo Meloni, con il Decreto Aiuti Quater, ha apportato alla normativa del Superbonus, sono ancora numerosi i nodi da sciogliere per permettere alle imprese di continuare i lavori. Primo fra tutti, quello dei crediti ancora bloccati.
Sono quasi 50mila le imprese della filiera delle costruzioni (edilizia, impianti e serramenti) che accusano molte difficoltà nella cessione dei crediti legati ai bonus per la riqualificazione degli immobili e un notevole peggioramento delle condizioni finanziarie proposte dai potenziali acquirenti.
È una fotografia preoccupante quella che emerge dalla indagine effettuata da Cna (Confederazione Nazionale dell’artigianato e della Piccola e Media Impresa) presso un campione rappresentativo del settore, con un quadro in marcato deterioramento rispetto alla rilevazione realizzata a maggio scorso.
Cna stima che ammontano a oltre 5 miliardi di euro i crediti nei cassetti fiscali delle imprese che hanno riconosciuto lo sconto in fattura e non monetizzati attraverso una cessione. Un volume raddoppiato rispetto alla scorsa primavera.
Emblematica la percentuale di imprese con cassetto fiscale pieno da almeno 5 mesi: era il 35% a maggio mentre oggi sfiora il 75%. Inoltre è aumentata la platea delle imprese che detiene crediti superiori a 100mila euro (dal 45 al 54,5% del totale). Per le imprese è sempre più difficile individuare soggetti disposti ad acquisire i crediti legati ai bonus per l’edilizia e lo scenario continua a peggiorare. Il 27,4% delle imprese rileva negli ultimi mesi un atteggiamento diverso da parte degli intermediari anche se non riesce a risolvere il problema.
Oltre la metà delle imprese in difficoltà ha ricevuto offerte di acquisto da parte di soggetti diversi dagli intermediari finanziari, ma soltanto l’8% a condizioni in linea con le attese, mentre il 42% delle offerte presenta condizioni molto penalizzanti. I canali tradizionali sono sempre più indisponibili ad acquistare i crediti (anche per le incertezze a causa delle continue modifiche normative) lasciando spazio a soggetti che speculano sulle difficoltà delle imprese della filiera. La paralisi della cessione dei crediti fiscali provoca pesanti impatti. Oltre la metà del campione dichiara che sta ritardando il pagamento dei fornitori, più del 40% stenta a pagare tasse e imposte, 6 imprese su 10 considera la sospensione dei cantieri in essere e l’86% afferma che non aprirà nuovi cantieri.
Cna rinnova l’invito al Governo ad assumere un intervento straordinario per consentire a decine di migliaia di imprese di svuotare i cassetti fiscali. I dati che emergono dall’indagine confermano che il meccanismo dello sconto in fattura necessita di un adeguato sistema per lo smobilizzo dei crediti fiscali altrimenti gli oneri per le imprese rischiano di essere superiori ai benefici degli incentivi per la riqualificazione degli edifici e per il contributo al Pil.
Dall’indagine risalta infatti che solo il 7% delle imprese che ha difficoltà con i crediti fiscali è disponibile a riconoscere ancora lo sconto in fattura, tutte le altre non lo faranno e tra queste quasi il 70% prevede una significativa riduzione del mercato di riferimento.
Fonte: La Legge per Tutti
La cessione di un villino, intervenuta dopo il quinquennio dalla data di acquisto, avvenuta nel 2016, non produce una plusvalenza tassabile in base all’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir, se è effettuata da una persona fisica al di fuori dell’attività di impresa. Il fatto che due anni dopo l’acquisto siano stati eseguiti lavori di ristrutturazione, terminati quindi nel 2018, è irrilevante ai fini temporali in quanto la data che conta per il computo dei cinque anni, durante i quali il proprietario non deve vendere il bene se non vuole generare una plusvalenza tassabile, è quella dell’acquisto. È il chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 560 del 18 novembre 2022.
L’istante è un cittadino tedesco che ha acquistato il villino in Italia riservandosi insieme alla sorella la nuda proprietà e concedendo l’usufrutto dell’immobile ai genitori.
L’istante fa sapere che i lavori di ristrutturazione dell’abitazione hanno comportato un piccolo ampliamento a seguito del quale il 14 novembre 2018, è stata rilasciata dall’ufficio del catasto la ricevuta di avvenuta denuncia di variazione dell’unità abitativa a seguito dell’aumentata consistenza catastale.
Lo stesso istante si chiede quindi se ai fini del calcolo dei cinque anni per vedere la sussistenza o meno di una plusvalenza, rileva la data dell’atto notarile di acquisto del bene immobile (8 luglio 2016) o quella di denuncia dell’avvenuta variazione catastale dell’immobile (14 novembre 2018).
L’Agenzia, in linea della soluzione prospettata dall’istante, chiarisce che la data della ristrutturazione non rileva ai fini del computo dei 5 anni, il periodo cioè che deve trascorrere se si vuole evitare che l’acquisto e la successiva vendita di un immobile abbiano un fine speculativo, con la conseguente tassazione della plusvalenza realizzata.
Nel caso in esame, niente è dovuto al fisco dall’acquirente (articolo 67 comma 1 del Tuir) in quanto la vendita è avvenuta dopo i cinque anni dalla data di acquisto (2016), a nulla rilevando la ristrutturazione e il relativo ampliamento del villino.
Può fruire della detrazione per l’eliminazione delle barriere architettoniche prevista dall’articolo 119-ter del decreto Rilancio (Dl n. 34/2020), l’impresa che esegue gli interventi finalizzati alla necessaria rimozione degli ostacoli su degli immobili di sua proprietà concessi in locazione. La norma infatti non individua i soggetti beneficiari e, per quanto riguarda gli immobili, si limita a riconoscere il beneficio agli “edifici esistenti”. L’agevolazione spetta anche all’inquilino se è lui a sostenere le spese ed è autorizzato dal proprietario. Il chiarimento arriva con la risposta n. 444 del 6 settembre 2022 dell’Agenzia delle entrate.
Il nuovo articolo, introdotto dalla legge di Bilancio 2022, prevede una detrazione dall’imposta lorda, del 75% fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 necessarie a realizzare delle opere di abbattimento e il superamento delle barriere architettoniche per immobili già esistenti.
L’agevolazione, ricorda l’Agenzia, si differenzia sia dalla detrazione per l’eliminazione delle barriere architettoniche nella misura del 50% in caso di ristrutturazioni edilizie (articolo 16-bis, comma 1, lettera e), del Tuir) sia da quella riconosciuta dal Superbonus vincolata alla realizzazione di interventi trainanti.
In assenza di particolari vincoli posti dalla norma, anche le società possono beneficiare del credito d’imposta per gli interventi realizzati sugli immobili posseduti o detenuti, a prescindere che si tratti di beni strumentali o patrimoniali.
In sintesi, a parere dell’Agenzia, la società istante proprietaria di immobili classificati come strumentali ma non utilizzati direttamente in quanto dati in locazione, potrà fruire della nuova detrazione del 75% di cui all’articolo 119-ter del Dl Rilancio per i lavori di superamento delle barriere architettoniche. Il beneficio, inoltre, può spettare anche al conduttore che ha sostenuto le spese per i medesimi interventi, a patto che abbia un regolare contratto di affitto e il consenso del proprietario.
La mancanza di limiti di natura soggettiva o oggettiva, quindi, comporta un riconoscimento del bonus ad ampio raggio, fermo restando il rispetto di tutti i requisiti e delle prescrizioni tecniche per garantire l’accessibilità e l’adattabilità e la visitabilità degli edifici previste dal decreto ministeriale n. 236 del 14 giugno 1989.
A cura della redazione di FiscoOggi
La Legge 130/2022, di riforma del contenzioso tributario, ha apportato modifiche all’apparato processuale che si riverberano giocoforza anche su ambiti diversi. Tra questi vi è quello degli atti della riscossione, posto che le cartelle di pagamento includono informazioni anche sugli organismi giudicanti che possono (eventualmente) essere chiamati a decidere sulle liti insorte avverso gli stessi atti.
Per questo motivo, con il provvedimento n. 0387971 del 17 ottobre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso note le modifiche che si sono rese necessarie per le cartelle in virtù di quanto visto in precedenza.
La prima variazione riguarda la nuova denominazione delle (già) commissioni tributarie. In particolare, considerato che l’art. 4, comma 1, lettera a) della richiamata Legge 130/2022 ha di fatto sostituito ai termini “commissione tributaria provinciale” e “commissione tributaria regionale”, ove ricorrano, le diciture “corte di giustizia tributaria di primo grado” e “corte di giustizia tributaria di secondo grado”, il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle Entrate (allegati da 2 a 5) viene parimenti aggiornato nei riferimenti ivi contenuti agli organi di giustizia. In proposito si ricorda che la nuova denominazione di questi ultimi fa parte di quel gruppo di disposizioni che entra in vigore a decorrere dal 16 settembre 2022.
Secondariamente, il foglio Avvertenze ALLEGATO 2 viene integrato con riguardo alla richiesta di riesame per l’annullamento del ruolo, che può essere presentata anche mediante il “Servizio di consegna documenti/istanze”, disponibile nell’area riservata del sito internet istituzionale www.agenziaentrate.gov.it. Nel provvedimento in esame viene riportato che, esclusivamente nel caso in cui il ruolo riguardi somme dovute a seguito di controllo automatizzato, vengono altresì aggiunti i riferimenti per l’assistenza da telefono cellulare e da estero ed il canale telematico CIVIS.
Si tratta, evidentemente, di modifiche di carattere prettamente formale che, anche in caso di errore (ad esempio nel caso venga riportata la precedente denominazione delle commissioni tributarie) non porteranno con massima probabilità a vizi invalidanti dell’atto.