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Allarme sulla casa: i costi in salita mettono a dura prova la proprietà immobiliare

Il mercato immobiliare italiano si trova in una fase di profonda trasformazione. Lo conferma il Terzo Rapporto Federproprietà-Censis “Agenda 2024-2030. La transizione abitativa: la casa possibile”.
I dati rivelano un quadro di crescente difficoltà, se non addirittura crisi, per chi detiene la proprietà di immobili, con costi di gestione e manutenzione che l’82,2 per cento ritiene ormai insostenibili, specialmente per le fasce di reddito più basse (88,8 per cento).
A peggiorare il quadro, il calo del valore reale delle abitazioni (-16,8 per cento in dieci anni), combinato con il timore di un inasprimento fiscale (69,3 per cento).

I numeri del Rapporto
La proprietà della casa è sotto pressione. Il 78,9 per cento degli italiani è convinto che in passato fosse più facile acquistare una casa. A pensarlo sono: il 79,1 per cento degli anziani, il 78,9 per cento degli adulti, il 78,5 per cento dei giovani, il 77,6 per cento dei redditi bassi e il 71,8per cento dei redditi più alti.
L’82,2 per cento dei proprietari di casa pensa che i costi di gestione e manutenzione siano diventati eccessivi (lo afferma l’88,8 per cento dei redditi bassi e il 75,6 per cento di quelli più alti).
Il 69,3 per cento teme tasse più alte sulla casa, compresa una patrimoniale. Inoltre, cala il valore delle abitazioni: tra il 2° trimestre 2014 e il 2° trimestre del 2024 è diminuito in termini reali del 16,8 per cento.

La Legge Salva Casa tra opportunità e incertezze
La Legge 105/2024, nota come Salva Casa, rappresenta un tentativo di semplificare la gestione immobiliare. Ma permangono timori e incertezze. Infatti, sebbene il 44,5 per cento degli italiani esprima un’opinione favorevole, resta un significativo 24,2 per cento di indecisi.
Benché il 37,9 per cento degli italiani sia convinto che questa legge sia utile per l’economia e la società italiana, il 32,4 per cento non è convinto di ciò e il 29,7 per cento non si esprime in proposito. Tuttavia, il 26,7 per cento dichiara esplicitamente di aver realizzato piccole migliorie in casa che potrebbero beneficiare della semplificazione di sanatoria prevista dalla Legge Salva Casa.

La sostenibilità energetica: opportunità e costi
Il tema della sostenibilità energetica è centrale nel dibattito immobiliare. La transizione verso case meno energivore, con cappotto termico, caldaie a basso impatto e infissi a prova di spifferi, è considerata una necessità dal 67,6 per cento degli italiani, con una potenziale valorizzazione degli immobili riconosciuta dall’81,7 per cento.
Tuttavia, il timore di un costo elevato degli interventi frena molti: l’84 per cento delle famiglie ritiene indispensabile un supporto pubblico per affrontare le spese, un segnale che evidenzia una necessità urgente di politiche di incentivazione mirate.
Affitti brevi turistici
Un altro aspetto cruciale riguarda il fenomeno delle locazioni turistiche, che il 46,8 per cento degli intervistati considera responsabile di una trasformazione negativa del tessuto sociale e urbano.
Inoltre, il 44,4 per centoo rileva un aumento dei canoni di locazione dovuto alla competizione con il mercato degli affitti brevi. Questa situazione richiede un intervento normativo per bilanciare la promozione turistica con la sostenibilità abitativa.
Un’altra criticità riguarda l’applicazione del Codice CIN per le locazioni brevi, definita “confusa e disomogenea”. Regole contrastanti tra norme locali e nazionali creano incertezze, con obblighi difficili da rispettare, come l’esposizione del codice in stabili vincolati da divieti paesaggistici. Secondo Pezzetta, l’Italia deve agire subito per favorire la reimmissione delle case vuote sul mercato, altrimenti l’emergenza abitativa resterà irrisolta.

Il Social Housing
Il Social Housing emerge come una possibile soluzione abitativa per le fasce più deboli, ma resta poco conosciuto: solo il 28,6 per cento degli italiani sa di cosa si tratti. Tra chi lo conosce, la maggioranza lo ritiene utile soprattutto in chiave temporanea (74,4 per cento). Una maggiore diffusione di informazioni e incentivi potrebbe rendere questa opzione più attrattiva e accessibile.

Case vuote: è emergenza
In Italia, su 35 milioni di abitazioni, ben 9,5 milioni restano inutilizzate. Un’emergenza abitativa che non dipende dalle locazioni brevi, le quali rappresentano appena il 2 per cento degli immobili (6 per cento nelle città d’arte), ma da una normativa inefficace che disincentiva la locazione.
A denunciarlo è Maurizio Pezzetta, Vicepresidente Vicario di FIMAA-Confcommercio, nel corso della presentazione del Rapporto Federproprietà-CENSIS.
FIMAA propone soluzioni concrete: dimezzamento dell’IMU per chi affitta con contratti abitativi ordinari, esenzione fiscale per redditi non percepiti in caso di morosità e contratti di locazione considerati titoli esecutivi per agevolare il recupero degli immobili.

Prospettive per il futuro
Il Rapporto Federproprietà-Censis dipinge un quadro di sfide strutturali che richiedono interventi coordinati e lungimiranti. Dal supporto pubblico per l’efficienza energetica alla regolamentazione del mercato degli affitti brevi, fino alla valorizzazione del Social Housing, è evidente che la “casa possibile” passa attraverso una profonda revisione delle politiche abitative. La transizione abitativa 2024-2030 sarà una prova cruciale per il settore immobiliare e per l’intera economia italiana.
Sara Funaro, delegata Anci alle Politiche abitative e sindaco di Firenze, lancia un monito deciso: “Dopo anni di assenza di politiche per la casa, siamo davanti a una vera emergenza nazionale”. “Il diritto alla casa deve tornare accessibile a tutti – sottolinea Funaro – con misure mirate per giovani coppie, lavoratori, famiglie e studenti, soprattutto nelle aree urbane dove l’emergenza abitativa è più acuta”.
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, richiama l’attenzione sulla necessità di azioni combinate. Oltre al rifinanziamento del fondo per il sostegno alla locazione, l’abbattimento dell’IMU per le case affittate a canone concordato e una migliore gestione dell’edilizia residenziale pubblica. Spaziani Testa evidenzia l’urgenza di rimettere in uso gli immobili abbandonati, garantendo il diritto alla casa a chi ne ha realmente bisogno.

Scadenze fiscali 2025, cambia il calendario degli adempimenti

Il calendario 2025 degli adempimenti fiscali recepisce le modifiche introdotte per l’attuazione della riforma fiscale. Vengono quindi inseriti nuovi termini per la dichiarazione dei redditi, ma non solo.
La prima novità riguarda la Certificazione Unica, per la quale dal 2025 si anticipano i tempi di invio dei modelli relativi ai compensi corrisposti ai lavoratori autonomi. Da aprile, inoltre, riparte il concordato preventivo biennale, con scadenza anticipata alla fine di luglio.

Certificazione Unica a marzo
Il cuore delle modifiche al calendario introdotte in attuazione della riforma fiscale è contenuto nel decreto legislativo n. 1/2024. Alcuni ulteriori ritocchi sono inoltre stati apportati dal decreto legislativo n. 108/2024.
Il primo appuntamento a subire modifiche è quello con la Certificazione Unica, per la quale a partire dal 2025 scattano i nuovi termini di trasmissione.
Le novità interessano in particolare i sostituti d’imposta che hanno corrisposto somme a lavoratori autonomi: dal calendario viene cancellata la scadenza del 31 ottobre, legata a quella del modello 770, e in tutti i casi le CU contenenti redditi derivanti da prestazioni di lavoro autonomo dovranno essere inviate al Fisco entro il 31 marzo.
Non solo quindi le Certificazioni Uniche di partite IVA interessate dalla dichiarazione precompilata, ma tutti i modelli per la comunicazione dei redditi corrisposti dovranno essere trasmessi entro marzo.
Non cambia invece la scadenza delle Certificazioni Uniche di dipendenti e pensionati, fissata al 16 marzo (17 marzo 2025, cadendo di domenica).
Inoltre, a partire dal 2025, e quindi per l’anno d’imposta 2024, viene meno l’obbligo di trasmissione delle certificazioni uniche relative a compensi corrisposti a contribuenti che applicano il regime forfettario.

Concordato preventivo biennale da aprile
Nel calendario delle novità sulle scadenze fiscali bisogna ricordare il concordato preventivo biennale. Il patto con il Fisco, che nella sua prima edizione ha convinto solo il 13 per cento delle partite IVA beneficiarie, verrà infatti riproposto per il biennio 2025-2026.
Sulla base di quanto previsto dal decreto legislativo n. 13/2024, entro il 15 aprile l’Agenzia delle Entrate dovrà mettere a disposizione i software per il calcolo delle proposte di concordato.
Ci sarà tempo fino al 31 luglio per aderire (ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta per i soggetti “non solari”). L’adesione agganciata alla scadenza del modello Redditi è stata prevista solo per il 2024.

Nuovo calendario per la dichiarazione dei redditi
La dichiarazione dei redditi è stata indubbiamente la grande protagonista delle modifiche al calendario delle scadenze introdotte per l’attuazione della riforma fiscale, e dal 2025 scatteranno le nuove date da considerare.
Innanzitutto, entro il 15 marzo l’Agenzia delle Entrate dovrà mettere a disposizione i programmi per la compilazione e l’invio dei dati relativi agli ISA, gli Indici di affidabilità fiscale che determinano il “voto in pagella” delle partite IVA.
A decorrere dal 15 aprile ed entro il 30 giugno sarà possibile la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte delle persone fisiche per il tramite di uffici postali.
Sempre dal 15 aprile partirà l’invio in modalità telematica, con un anticipo di 15 giorni rispetto alle tempistiche previste fino al 2024.
La scadenza della dichiarazione dei redditi viene fissata a regime al 31 ottobre, mentre resta al 30 settembre il termine di invio del modello 730.
Per i soggetti passivi IRES con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, l’invio dovrà essere effettuato entro l’ultimo giorno del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta.

Case prefabbricate: a quanto ammonta l’IVA?

Le sfide della casa

Attraverso la Risposta n. 246/2024, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulla tematica relativa all’aliquota IVA da pagare per l’acquisto di una casa prefabbricata da montare.

Nel caso analizzato una Società estera che opera nel settore della produzione di case prefabbricate ha venduto ad un cliente privato italiano una casa prefabbricata da montare. Tale Società ha fatto presente di aderire al regime One Stop Shop (OSS), ovvero un sistema elettronico centralizzato e digitale che consente ai soggetti passivi che forniscono servizi o cedono beni a consumatori dell’UE di dichiarare e pagare l’IVA in un unico Stato membro, quello dove sono identificati

La Società si è rivolta, quindi, all’Agenzia delle Entrate chiedendo chiarimenti sulle aliquote IVA da applicare all’operazione, sui requisiti e sulla registrazione delle fatture con aliquota ridotta e sulle eventuali sanzioni per l’errata applicazione delle aliquote agevolate.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che sulle cessioni delle case di legno prefabbricate la risoluzione ministeriale 503351/1974 prevede l’aliquota IVA al 22% quando il cliente acquista i pezzi della casa e li fa montare dall’impresa stessa che li ha prodotti o da terzi.

Si applica, invece, l’aliquota ridotta del 4% o del 10% quando il committente affida a un’impresa la costruzione della casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall’impresa stessa.

Nel caso di specie, la Società ha ribadito più volte di aver prodotto e venduto al cliente privato italiano la casa prefabbricata che sarà installata in Italia, fornendo tutti i dettagli su consegna, montaggio e sulle moderne tecnologie utilizzate per assemblare i vari pezzi.

A tal proposito, quindi, l’Agenzia ha chiarito che il caso preso in esame rientra nella prima ipotesi per ciò che concerne l’aliquota.

Difatti, basandosi su tutte le informazioni aggiuntive rese note dalla Società Istante, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’acquirente non sta acquistando una casa, come affermato inizialmente dalla Società, bensì pezzi di una casa, precisamente le pareti che andranno successivamente montate.

L’oggetto della transazione, quindi, non è la vendita di un immobile ma la vendita di pezzi prodotti da una Società ai quali deve essere applicata l’aliquota IVA del 22%.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Legge di Bilancio 2025: ecco come cambiano i bonus edilizi

Dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la Legge di Bilancio 2025, che contiene molte novità inerenti ai settori dell’energia, dell’edilizia e dell’ambiente, dallo stop al bonus caldaie a gas e al bonus elettrodomestici, alla rimodulazione dei vari bonus edilizi. Vediamo, quindi, in sintesi, le principali novità apportate ai vari bonus edilizi.

Nuovi limiti di reddito alle detrazioni fiscali
Una delle principali novità che riguarda in modo trasversale tutti i bonus edilizi è quella relativa all’introduzione di un limite massimo agevolabile basato sul reddito complessivo. Difatti è stato previsto un taglio delle detrazioni fiscali per i contribuenti con redditi superiori a 75.000 euro, che variano sulla base del reddito percepito e del numero dei figli a carico.
Sostanzialmente, per coloro che hanno un reddito superiore a 75.000 euro ma inferiore a 100.000 euro, il tetto massimo delle detrazioni è fissato a 14.000 euro. Mentre, per i soggetti che hanno reddito superiore a 100.000 euro, il tetto massimo è fissato a 8.000 euro.

Bonus Ristrutturazione
Dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 per le abitazioni principali l’aliquota resta al 50% con un tetto di spesa di 96.000 euro. Dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2027, invece, l’aliquota scenderà al 36% con un massimale di 96.000 euro.
Per le abitazioni non principali, dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025, l’aliquota è pari al 36% con un tetto di spesa di 96.000 euro. Dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2027 l’aliquota scenderà al 30% e il massimale di spesa resterà a 96.000 euro.
A partire dal 2028 sia per le abitazioni principali e sia per le abitazioni non principali l’aliquota scenderà al 30%, con un limite di spesa di 48.000 euro.

Superbonus
La Legge di Bilancio ha stabilito che il 2025 sarà l’ultimo anno in cui sarà possibile usufruire di tale agevolazione, con aliquota al 65%. L’agevolazione è disponibile solo per condomini, gli immobili da 2 a 4 unità immobiliari con un unico proprietario e le Onlus.
Sarà possibile usufruire del Superbonus a patto che entro il 15 ottobre 2024 sia stata presentata la CILA o nel caso di lavori in condominio la delibera assembleare più la CILA, o ancora, l’istanza di acquisizione del titolo abitativo in caso di interventi di demolizione e ricostruzione.
La manovra finanziaria 2025 conferma lo Spalmacrediti in 10 anni anche per le spese sostenute nel 2023.

Ecobonus
Sono state previste alcune variazioni anche per l’Ecobonus. Per le abitazioni principali dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025 l’aliquota sarà pari al 50%. A partire dal 1° gennaio 2026 e fino al 31 dicembre 2027 l’aliquota scenderà al 36%.
Per quanto concerne le abitazioni non principali, per tutto il 2025 l’aliquota sarà al 36%, mentre a partire dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2027 l’aliquota scenderà al 30%.

Bonus Mobili
La Legge di Bilancio 2025 proroga il Bonus Mobili fino al 31 dicembre 2025 con detrazione al 50% per un limite di spesa pari a 5.000 euro. L’agevolazione è riservata a coloro che hanno effettuato interventi di recupero edilizio nell’anno precedente.

Nuovo Bonus Elettrodomestici
La manovra finanziaria 2025 introduce una nuova agevolazione dedicata all’acquisto di grandi elettrodomestici ad alta efficienza (classe B o superiore) prodotti in Europa, sostituendoli contestualmente ad apparecchi obsoleti. Si tratta di un contributo pari al 30% del costo fino a un massimo di 100 euro per apparecchio, contributo che aumenta a 200 euro per le famiglie con ISEE inferiore a 25.000 euro. L’agevolazione è valida per un solo elettrodomestico a nucleo familiare.

Sismabonus
Prorogato il Sismabonus ordinario e acquisti con aliquote decrescenti fino al 31 dicembre 2027. Per le abitazioni principali nel 2025 l’aliquota sarà pari al 50%, mentre per le abitazioni non principali nel 2025 l’aliquota sarà al 36%.
A partire dal 2026 e fino alla fine del 2027, l’aliquota per le abitazioni principali sarà pari al 36%, mentre per le abitazioni non principali l’aliquota scenderà al 30%.

Bonus Barriere Architettoniche
La legge di Bilancio 2025 ha prorogato sino al 31 dicembre 2025 la detrazione del 75% per gli interventi effettuati su scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.

Stop Bonus Caldaie a Gas
A partire dal 1° gennaio 2025 sono escluse tutte le agevolazioni relative agli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate esclusivamente a gas o a combustibili fossili, in linea con la Direttiva Case Green. Restano agevolabili gli impianti di riscaldamento ibridi e le pompe di calore.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Imu, ridotte le sanzioni per il mancato versamento del saldo

La Riforma delle Sanzioni Tributarie, in vigore a partire dal 1° settembre, si applica anche all’Imposta Municipale Unica (Imu).
L’Imu ha, ogni anno, una doppia scadenza: entro il 16 giugno si deve versare l’acconto, entro il 16 dicembre il saldo. Le nuove disposizioni hanno valenza esclusivamente per il saldo. Rimangono invece invariate le regole per il mancato versamento dell’acconto di giugno.
Il Decreto 87 del 14 giugno 2024, noto come Decreto Sanzioni, ha apportato delle modifiche al sistema sanzionatorio a livello tributario, tra le quali la riduzione dal 30 al 25 per cento della sanzione per omessi versamenti di imposte e tasse.
Tale riduzione si applica sulle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024.
Per quanto riguarda l’Imu, l’effetto di questa variazione è che per il 2024 l’omesso versamento dell’acconto Imu è sanzionato al 30%; mentre per il saldo, che scade a dicembre, la sanzione applicata è del 25%.
La riduzione delle sanzioni per omesso o parziale versamento ha effetti anche sui pagamenti tardivi di tutte le altre tasse o imposte.
Pertanto, per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024 si applicano le seguenti sanzioni:
• per i versamenti effettuati con un ritardo di almeno 91 giorni la sanzione è pari al 25%;
• per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione del 25% è ridotta alla metà e quindi si applica la sanzione del 12,5%;
• per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al precedente punto è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo (pari allo 0,8333% per ogni giorno di ritardo).

Contributo a fondo perduto Superbonus 2024: riconosciuto il 100% dell’importo ai soggetti richiedenti

L’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento n. 431551 del 29 novembre 2024 ha stabilito la percentuale del contributo a fondo perduto Superbonus 2024 da erogare ai soggetti con reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro che dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024 hanno sostenuto spese relative a interventi rientranti nel Superbonus e detraibili nella misura del 70%.

Tale contributo poteva essere richiesto entro il 31 ottobre 2024 in riferimento alle spese sostenute per interventi di efficientamento energetico, fotovoltaico, interventi rientranti nel cosiddetto Sisma bonus e interventi relativi alle installazioni delle colonnine di ricarica per veicoli elettrici.

Dal citato Provvedimento pubblicato dall’Agenzia delle Entrate si legge che visto che l’ammontare complessivo dei contributi richiesti risultante dalle istanze validamente presentate è inferiore alle risorse finanziarie stanziate, la percentuale stabilita riconosciuta è pari al 100% di quanto richiesto.

Ciò significa che i soggetti beneficiari riceveranno il 100% del contributo Superbonus 2024 richiesto proprio perché le istanze presentate sono state inferiori rispetto alle risorse messe a disposizione.

Per ottenere il contributo a fondo perduto Superbonus 2024, oltre alla condizione del reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro, prevedeva il rispetto di altri requisiti, ovvero l’intervento realizzato doveva aver raggiunto uno stato di avanzamento lavori (SAL) superiore al 60% entro il 31 dicembre 2023 e, inoltre, i beneficiari dovevano aver fruito di sconto in fattura o cessione del credito.

Il tetto massimo di spesa ammesso dal contributo era pari a 96.000 euro, con un limite massimo erogabile pari a 28.800 euro per ciascun contribuente. Le risorse messe a disposizione dal governo erano pari a 16,4 milioni di euro.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contributo spettante a ciascun contribuente sarà accreditato direttamente, semplificando così le tempistiche e l’iter burocratico.

Chiaramente, qualsiasi discrepanza tra le somme richieste e quelle spettanti, potrà essere oggetto di ulteriori e approfonditi controlli e, inoltre, in caso di errore o ricezione indebita del contributo, è stata prevista una regolarizzazione spontanea da parte del beneficiario, ovvero quest’ultimo potrà restituire le somme ricevute indebitamente senza incorrere in ulteriori sanzioni.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Proteggere la casa utilizzando il bonus sicurezza

Vorrei installare nella mia abitazione un sistema di allarme. Ci sono agevolazioni fiscali per questo tipo di interventi? Nel caso di risposta affermativa, si chiede quale sia la procedura da seguire? Chiedo inoltre di sapere se si ha diritto al bonus mobili?

La spesa per l’installazione di un sistema di allarme rientra tra le opere per la sicurezza elencate dall’Agenzia delle Entrate nella sua guida al bonus ristrutturazione.

Pertanto, può essere detratto il 50% della spesa in 10 anni, seguendo le regole di prassi per le agevolazioni: pagamento con bonifico parlante, spesa massima detraibile di 96mila euro per immobile.

Il “bonus sicurezza” è applicabile a tutti gli interventi finalizzati a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi, con interventi quali:
• il rafforzamento, la sostituzione o l’installazione di cancellate o recinzioni murarie degli edifici;
• l’installazione di grate alle finestre, l’apposizione o la sostituzione di porte blindate rinforzate, di serrature, lucchetti, catenacci, spioncini;
• l’installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti.

Rientrano inoltre tra gli interventi agevolabili l’installazione di saracinesche, tapparelle metalliche con bloccaggi, vetri antisfondamento, casseforti a muro, videocamere collegate con società di vigilanza.
Questo elenco richiede però alcune precisazioni.

La prima, connessa al quesito, è che il canone di un contratto con una società di vigilanza non è agevolabile.

La seconda riguarda le autorizzazioni connesse ai lavori. Non tutte le opere elencate sono infatti realizzabili senza comunicazioni o segnalazioni in Comune. Certo si possono installare senza incombenze burocratiche una porta blindata o un impianto di allarme, ma ad esempio la sostituzione di un muro di recinzione esterno, a seconda del tipo di lavoro potrebbe richiedere una comunicazione o una segnalazione certificata al Comune e la questione va valutata caso per caso con un tecnico.

La terza è che le agevolazioni sulla sicurezza sono un capitolo a sé stante del bonus ristrutturazione e non danno diritto automaticamente alla possibilità di chiedere il bonus arredi, possibile solo quando si compie la manutenzione straordinaria dell’immobile. Quindi sì con il muro di cinta, no con la porta blindata.

Bonus ristrutturazione e trasferibilità delle detrazioni fiscali

L’Agenzia delle Entrate torna ad affrontare la tematica della trasferibilità delle detrazioni che rientrano nel bonus ristrutturazione rispondendo ad un quesito posto da una contribuente su “La Posta di FiscoOggi”.

Nel caso specifico, la contribuente spiega che in qualità di familiare convivente, il padre portava in detrazione le spese per la ristrutturazione dell’abitazione di proprietà della contribuente (figlia), abitazione in cui risiedevano entrambi. Il dubbio riguarda l’eventuale trasferibilità delle detrazioni alla morte del genitore.

Sostanzialmente, la contribuente chiede all’Agenzia delle Entrate se dopo il decesso del padre, può portare lei in detrazione le spese di ristrutturazione dell’immobile, pur non avendo ricevuto tale immobile per successione, essendo sempre stato di sua proprietà.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato che la risposta al quesito è affermativa, a patto che l’erede abbia la detenzione materiale e diretta del bene.

Il Fisco spiega che a prescindere che l’abitazione fosse già di proprietà dell’erede, lo stesso può comunque usufruire delle rate residue spettanti al soggetto deceduto. Difatti, tra i due esiste un vincolo giuridico con l’immobile che permette di poter usufruire dell’agevolazione dal momento che il figlio del soggetto deceduto ne è proprietario.

Come esplicitato nella circolare n. 17/2023 dell’Agenzia delle Entrate: “Anche in tal caso, indipendentemente dalla circostanza che l’unità immobiliare fosse già presente nel suo patrimonio, l’erede può continuare a fruire delle rate residue della detrazione spettante al de cuius, avendo un vincolo giuridico con l’immobile che gli consente di beneficiare dell’agevolazione (in quanto ne è proprietario), di cui deve avere la detenzione materiale e diretta”.

Pertanto, non è rilevante chi fosse il proprietario dell’immobile al momento della realizzazione degli interventi, ma ciò che incide è il vincolo giuridico tra i soggetti. Quindi, l’unica cosa da verificare è la detenzione materiale e diretta dell’immobile da parte del figlio del genitore deceduto.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Tassa sulla plusvalenza e valore di mercato

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Superbonus 110% e fattura errata

L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 146 del 9 luglio 2024 chiarisce cosa accade nel caso in cui una fattura errata relativa ai lavori agevolati con Superbonus non viene corretta nei tempi previsti.

Nel caso esaminato, un condomino incaricato del “condominio minimo” spiega al Fisco che il 29 dicembre 2023 l’impresa incaricata a svolgere i lavori incentivati con il Superbonus, ha emesso 3 fatture distinte indicanti l’opzione dello sconto in fattura.

Dopo il 31 dicembre 2023, in sede di avvio delle procedure di asseverazione, è stato riscontrato un errore. Nello specifico, lo sconto in fattura non era stato esposto a valle dell’importo complessivo della fattura (IVA inclusa), ma bensì nel corpo della stessa, quindi “neutralizzando” erroneamente gli importi dei singoli interventi riportati.
Successivamente l’impresa, dopo aver riscontrato l’errore, ha emesso delle nuove fatture datate 29 dicembre 2023, ma trasmesse concretamente allo SdI (Sistema di Interscambio) il 27 marzo 2024, quindi oltre i termini consentiti per sanare l’errore.

Il condomino si è rivolto, quindi, all’Agenzia delle Entrate per chiedere se è possibile sanare l’errore al fine di conservare l’agevolazione fiscale nella misura del 110%.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto richiamato la Circolare dell’8 agosto 2020, n. 24/E e la Circolare del 22 dicembre 2020, n. 30/E, secondo cui: “Per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell’effettivo pagamento. In caso di sconto ”integrale” in fattura (e, dunque, in assenza di un pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore”.

A ciò va aggiunto, come ribadito dal Fisco, che la fattura non può considerarsi emessa prima dell’invio allo SdI. A tal proposito, infatti, con la risposta n. 103 del 13 maggio 2024, è stato chiarito che laddove l’emissione della fattura per i servizi resi non sia contestuale al pagamento degli stessi (anche tramite riconoscimento dello sconto) e, pertanto, il documento riporti due date diverse (una di effettuazione dell’operazione ed una successiva di trasmissione allo SdI), qualora la seconda data sia rispettosa dei termini di legge (compresi i cinque giorni dell’eventuale scarto), la fattura risulterà emessa correttamente e lo sconto applicato.

L’Agenzia delle Entrate spiega sostanzialmente che: “Ai fini dell’individuazione del momento di sostenimento della spesa, in ipotesi di opzione per lo ”sconto integrale” in fattura applicabile secondo le percentuali vigenti in tale momento, è possibile dare rilevanza alla data indicata in fattura, corrispondente all’effettuazione dell’operazione (ossia al pagamento, anche tramite l’equivalente sconto), sempreché la relativa fattura sia stata trasmessa allo SdI nei termini stabiliti dall’articolo 21, comma 4, del d.P.R n. 633 del 1972 (entro 12 giorni), e ricorrano gli ulteriori requisiti formali e sostanziali previsti dalla disciplina del Superbonus 110%”.

Per ciò che concerne il caso analizzato, l’impresa ha emesso 3 fatture errate in data 29 dicembre 2023, avendo praticato lo sconto sul solo imponibile e omettendo, quindi, di addebitare l’IVA in rivalsa. A tal proposito, con la Circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020 era stato chiarito che ai fini dell’applicazione dello sconto in fattura “per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell’IVA, e l’importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti”.

Le fatture successivamente prodotte per rettificare quelle errate, seppur datate 29 dicembre 2023, sono state trasmesse allo SdI, quindi “emesse” in data 27 marzo 2024, ben oltre il termine dei 12 giorni che consentono di dare legittima rilevanza alla data corrispondente all’effettuazione dell’operazione (ossia al pagamento, anche tramite l’equivalente sconto).

Inoltre, le nuove fatture hanno replicato quelle precedenti errate, salvo che per l’addebito dell’IVA in rivalsa, poi assorbito anch’esso dallo sconto, per cui le prime fatture non sembrano essere state “stornate” con una nota di credito ma solo duplicate.

Pertanto, considerando che le note di debito corrette (rectius fatture) sono state emesse il 27 marzo 2024, lo sconto in fattura, fermo restando che sussistano gli altri requisiti richiesti dalle normative, sarà applicabile nella misura del 70%, così come previsto per il 2024.

Infine, il Fisco ha concluso che, coerentemente con la misura agevolativa effettivamente spettante, con aliquota pari al 70%, andranno modificate anche l’asseverazione intermedia e la comunicazione della cessione del credito.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI