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raccolta rifiuti

Torino, la trasformazione della raccolta differenziata

Ha preso il via la campagna informativa di Amiat Gruppo Iren a sostegno della trasformazione del servizio di raccolta rifiuti nel centro storico di Torino, con la progressiva attivazione del porta a porta per tutte le frazioni. L’avvio del nuovo servizio coinvolgerà in una prima fase utenze domestiche e attività commerciali comprese nell’area tra corso Vittorio Emanuele II, via Carlo Alberto, piazza Castello, via Pietro Micca e corso Re Umberto.
Il sistema prevede la rimozione degli attuali contenitori stradali e la realizzazione della raccolta domiciliare per i rifiuti differenziati (carta e cartone, imballaggi in plastica, vetro e metalli, rifiuti organici) e non recuperabili, attraverso l’installazione di appositi contenitori che verranno collocati all’interno di spazi condominiali. L’attivazione del nuovo sistema di porta a porta integrale verrà completata in questa prima area entro la fine dell’anno, per essere poi estesa alla parte restante del centro storico entro il 2024.
La Città di Torino sarà così completamente servita da un sistema di raccolta domiciliare declinato secondo differenti varianti tecniche modellate sulle peculiarità di ogni quartiere, con la prospettiva di accrescere ulteriormente la percentuale di raccolta differenziata.
A partire dall’11 settembre, i cittadini e le attività commerciali presenti nella zona hanno ricevuto, a cura degli incaricati Amiat Gruppo Iren, le prime informazioni. A seguire, gli addetti consegneranno porta a porta gratuitamente a ogni utenza il kit per la raccolta domiciliare (biopattumiera e prima dotazione di sacchi per i rifiuti organici) oltre al materiale informativo di supporto. In un secondo momento, in ogni edificio o condominio verranno collocati i nuovi contenitori preposti per la raccolta. Per chiarire qualsiasi dubbio del cittadino e permettere agli utenti non trovati e/o non identificati durante il passaggio porta a porta di ritirare lo starter kit, dal 21 settembre al 16 dicembre verrà attivato un punto info distributivo presso la “Sala Valfrè” della Chiesa dell’Oratorio San Filippo Neri, con ingresso da via Accademia delle Scienze 11, attivo il giovedì e il venerdì dalle 16.30 alle 20.30 e il sabato dalle 9.30 alle 13.

Mercato residenziale, compravendite in calo del 16%

Nel secondo trimestre del 2023 si accentua il calo del mercato residenziale. A metterlo in evidenza è la nota trimestrale pubblicata dall’Osservatorio OMI dell’Agenzia delle Entrate. In base ai dati rilevati, il calo delle compravendite è stato del 16% rispetto all’analogo periodo del 2022. In tutto, si tratta di 35mila abitazioni in meno. Da aprile a giugno 2023 il numero di case vendute è stato di 184mila unità.
Dopo il picco positivo raggiunto nel secondo trimestre del 2021, la crescita del comparto residenziale si è fermata e a partire dal quarto trimestre del 2022 ha incominciato a registrare un andamento negativo.

Sono i Comuni capoluogo, a livello nazionale, a registrare la maggiore flessione del numero di compravendite di abitazioni: il 17,2% in meno, che vuol dire circa 12 mila abitazioni scambiate in meno rispetto al secondo trimestre 2022. Anche i Comuni minori hanno subito una decisa flessione, registrando una diminuzione del 15,4% rispetto al secondo trimestre del 2022.

Le perdite più consistenti si registrano nei comuni capoluogo del Centro, che hanno registrato un tasso negativo del 21,4%. Al Nord Est e al Centro la variazione negativa è più marcata (rispettivamente -19,6% e -19,9%) mentre al Nord Ovest il calo si attesta a -14. Dinamica simile al Sud, dove il calo del 14,8% è trascinato dalle perdite registrate nei comuni capoluogo (-17%). Nelle Isole, invece, si osserva la diminuzione più lieve, che si attesta all’8%.

Rapporto tra abitazioni nuove e già esistenti
Nel secondo trimestre del 2023 si è registrato l’acquisto di circa 14.000 nuove abitazioni, pari al 7,6% del totale delle abitazioni compravendute. Rispetto all’analogo trimestre del 2022 si registra ancora una decisa flessione dei volumi di scambio di abitazioni di nuova costruzione, con un calo tendenziale che sfiora il 41%.
Per quanto riguarda le abitazioni esistenti, si registra invece un andamento crescente, interrotto solo durante la pandemia.

Compravendite finanziate da mutui
Registra un’ulteriore flessione nel trimestre in esame il dato riferito alla quota degli acquisti di abitazioni da parte di persone fisiche finanziate da mutui con ipoteca iscritta sull’immobile compravenduto, 40,8% a fronte del 41,8% del trimestre precedente. Tale dato è in costante flessione dal primo trimestre del 2022.
Ancora in aumento il tasso medio di interesse, stabilito alla sottoscrizione dell’atto di mutuo, che in questo secondo trimestre 2023 raggiunge il 4,31%, che vuol dire 23 punti base in più del trimestre precedente, 200 punti base in più in un anno. Il capitale di debito, sempre riferito a quanto contratto dalle persone fisiche per acquistare abitazioni, ammonta a circa 9,1 miliardi di euro, oltre 5,8 miliardi di euro in meno rispetto allo stesso trimestre del 2022.

Superfici delle abitazioni compravendute
In termini di superfici delle abitazioni scambiate nel secondo trimestre 2023, si registra anche qui un calo del16,7%. La superficie media delle abitazioni compravendute in questo trimestre, rispetto al II trimestre 2022, si mantiene prossima a 106 metri quadri .
La diminuzione degli scambi, come emerge dal confronto con lo stesso trimestre del 2022, coinvolge i tagli dimensionali più grandi e risulta più accentuata al crescere della grandezza delle abitazioni. In particolare, le abitazioni di taglio piccolo diminuiscono del 10,1%, le abitazioni nella classe da 50 a 85 metri quadrati hanno registrato una variazione del 14,2%; quelle di taglio compreso tra gli 85 e i 115 metri quadrati sono diminuite del 17,4%; le abitazioni di taglio compreso tra 115 e 145 metri quadri hanno subito una flessione pari a -18,7%. Infine, le grandi abitazioni con superfici oltre i 145 metri quadrati hanno registrato un calo pari al 17,6%.

Aumentare la sicurezza negli ascensori per le persone con disabilità uditive

L’Università Iuav di Venezia ha firmato due protocolli di intesa con ENS Veneto (Ente nazionale sordi) e Unibo (Università di Bologna) per condurre una ricerca congiunta sull’accessibilità degli ascensori da parte delle persone con disabilità, in particolare con disabilità uditive, che oggi nel mondo sono circa 70.000.000.

Un gruppo di lavoro inter-disciplinare – composto da Iuav (area di Tecnologia dell’architettura) e Unibo (area di Psicologia) con la preziosa collaborazione di ENS Veneto – ha allestito un laboratorio sperimentale per testare le più sicure e confortevoli modalità di uso di un ascensore, che è il mezzo di eliminazione delle barriere architettoniche per antonomasia.

Attualmente, gli ascensori non soddisfano le esigenze di sicurezza dei sordi: la comunicazione con l’esterno è preclusa in caso di guasto tecnico o arresto della cabina, poiché avviene con un combinatore telefonico (quindi audio).

Oltre allo stato di emergenza nell’uso dell’ascensore, sono in discussione anche l’uso intuitivo dei comandi, l’illuminazione della cabina e la dimensione del suo spazio interno. La sordità, infatti, implica un rapporto con lo spazio che privilegia l’elevata visibilità, la luce, i colori, la chiarezza di scritte e simboli, una posizione frontale rispetto agli elementi significanti.

La ricerca avviata da Iuav insieme ai partner approfondisce e sottopone a verifica sperimentale le esigenze delle persone sorde per definire requisiti di accessibilità aggiornati, che meglio rispondano alla disabilità della sordità, anche nella prospettiva di un miglioramento delle norme tecniche.

La collaborazione con ENS Veneto si è rivelata fondamentale per l’inquadramento della ricerca e lo sviluppo delle idee e degli obiettivi più urgenti. La collaborazione prosegue anche con la verifica sperimentale che viene condotta con persone sorde e ipoudenti.

Comunicato Stampa Università Iuav di Venezia

Kone aderisce alla rassegna Gee, Global elevator exhibition

KONE – leader globale nell’installazione, manutenzione e ammodernamento di ascensori, scale mobili e porte automatiche per edifici – conferma la sua partecipazione alla prima edizione di GEE, Global Elevator Exhibition, la fiera internazionale dedicata alla mobilità verticale e orizzontale, in programma dal 15 al 17 novembre 2023, a Milano (fieramilano – Rho).

Con ricavi netti pari a 10,9 miliardi di euro, oltre 60.000 dipendenti (dati aggiornati a fine 2022) ed azioni di classe B quotate al Nasdaq Helsinki Ltd. in Finlandia, KONE rappresenta una quota rilevante per il settore ascensoristico, oltre che un riferimento internazionale di innovazione per il People Flow®, ovvero la gestione dei flussi di persone all’interno degli edifici per spostamenti sicuri, confortevoli e senza interruzioni.

La sua adesione a GEE, Global Elevator Exhibition, rappresenta un endorsement decisivo per la fiera, che, sebbene alla sua prima edizione, si dimostra fin da ora una piattaforma fieristica internazionale, rappresentativa dell’intera industria di ascensori, scale mobili, tappeti mobili e componenti.

L’offerta di GEE, Global Elevator Exhibition, si conferma fin da oggi ricca di prospettive per amplificare le opportunità di business e networking di operatori e visitatori. La manifestazione, infatti, si svolgerà in concomitanza con altre tre fiere B2B, già consolidate e decisive per il settore del Building (ME-Made Expo, leader in Italia per il mondo dell’architettura e delle costruzioni – che durerà come di consueto un giorno in più; SICUREZZA, punto di riferimento in Europa per il settore security e antincendio; SMART BUILDING EXPO, l’evento della home and building automation e dell’integrazione tecnologica). Questa sinergia ha preso la forma di un’alliance strategica – MIBA, Milan International Building Alliance – un sodalizio il cui intento è offrire a tutti i settori coinvolti e affini una visione più ampia, contemporanea ed integrata di Smart Building e Smart City.

L’adesione di KONE è una dichiarazione di intenti che riflette l’impegno continuo dell’azienda, ma anche di GEE, Global Elevator Exhibition, e della stessa MIBA, nell’aggiornamento e nello sviluppo del business, volti a plasmare il futuro della mobilità verticale e a guidare l’industria verso soluzioni sempre più intelligenti, sostenibili, complementari ed efficienti.

Comunicato Stampa

Gas, Assoutenti: con nuovi prezzi bolletta +29 euro anno famiglia

Il rialzo delle tariffe del gas è un pessimo segnale per Assoutenti, che calcola le ripercussioni per le tasche delle famiglie.
Con l’aumento del 2,3% disposto da Arera per il mese di agosto la bolletta del gas sul mercato tutelato, a tariffe costanti, raggiunge quota 1.267 euro a nucleo, equivalente ad un maggior esborso di circa +29 euro all’anno a famiglia rispetto alle tariffe in vigore a luglio. Sommati ai 644 euro annui per la luce, la spesa di una famiglia per le forniture energetiche (agosto 2023/luglio 2024) raggiunge così il totale di 1.911 euro, analizza Assoutenti. Nel confronto con lo stesso periodo del 2021, e tralasciando il 2022 quando i prezzi hanno raggiunto livelli astronomici, la bolletta del gas risulta più salata del 6,9% (ossia +82 euro annui a nucleo), e addirittura del +50,2% rispetto ad agosto 2020, pari ad una maggiore spesa annua da +424 euro a nucleo.
“Al di là dell’entità dell’aumento disposto oggi da Arera, quel che ci preoccupa sono i segnali che giungono dai mercati internazionali dell’energia – afferma il presidente Furio Truzzi – In vista dell’arrivo dei mesi freddi e con la corsa agli accaparramenti, il rischio è quello di una impennata delle quotazioni che si riverserebbe in modo diretto sulle tariffe dei prossimi mesi e, quindi, sulle tasche degli italiani. Il Governo non deve farsi trovare impreparato e deve studiare ogni possibile azione di contrasto per evitare il dramma delle bollette vissuto negli ultimi due anni nel nostro paese” – conclude Truzzi.

Associazioni: “Nel Ddl affitti brevi una deriva liberticida”

Aigab, Confedilizia, Fiaip e Prolocatur esprimono la loro “più totale contrarietà” al disegno di legge sugli affitti brevi predisposto dal ministero del Turismo.
“Si tratta – affermano in una nota – di un testo palesemente mirato a contrastare l’ospitalità in casa a vantaggio di quella in albergo in virtù della previsione di una innumerevole serie di divieti, limitazioni, requisiti e obblighi senza precedenti, alcuni dei quali di pressoché impossibile applicazione. Basti, a titolo esemplificativo, citare alcune previsioni: viene vietato, nelle città più importanti, l’affitto delle case per una sola notte; vengono imposti ai proprietari di casa gli stessi adempimenti previsti per gli alberghi (estintore, rilevatore monossido di carbonio, segnaletica di sicurezza, ecc.), persino nel caso in cui si affitti per una settimana l’anno la casetta al mare o in montagna; vengono previsti, per la prima volta nella storia, dei requisiti soggettivi per poter affittare una casa; viene imposto di diventare imprenditore, con i mille adempimenti conseguenti, a chi dia in locazione breve più di due appartamenti; vengono introdotte pesanti sanzioni per violazione di meri obblighi formali (es.: fino a ottomila euro per chi dimenticasse di chiedere un codice)”.
“Si tratta – commentano i rappresentanti delle associazioni di categoria – di una proposta di legge inaccettabile che contraddice le ripetute dichiarazioni pubbliche nelle quali il ministro Santanchè affermava, nell’affrontare la delicata materia delle locazioni turistiche, la propria contrarietà all’introduzione di divieti, chiusure e limitazioni. Chiediamo un deciso cambio di rotta nell’impostazione di una normativa che, se rimanesse tale, determinerebbe una pericolosa deriva liberticida rispetto al diritto costituzionalmente garantito di poter affittare liberamente il proprio immobile, acquistato spesso e volentieri con i risparmi accumulati in anni e anni di sacrifici”.

Donare un immobile a un familiare

La donazione è uno strumento molto utile per regalare un immobile, soprattutto se il beneficiario è un familiare, in quanto le imposte sono ridotte. Con la donazione è possibile trasferire anche diritti reali diversi dalla proprietà, ad esempio l’usufrutto e il diritto di abitazione. Si tratta quindi di uno strumento particolarmente efficace per aiutare i propri familiari e disporre nel modo più congruo possibile del proprio patrimonio. Per procedere alla donazione di un immobile nei confronti del familiare è sufficiente recarsi dal notaio, con i documenti di identità di entrambe le parti e un documento che certifichi il diritto di proprietà del donante. La procedura deve avvenire alla presenza di due testimoni, che di norma vengono forniti direttamente dallo studio notarile.

La donazione immobiliare deve necessariamente avvenire con l’ausilio di un notaio, in quanto supera in ogni caso il modico valore. Le spese del professionista ricadono su chi riceve l’immobile, in quanto è il donatario a beneficiare della procedura. Se l’immobile oggetto della donazione non è in proprietà del donante è possibile procedere con una donazione indiretta, che non necessita dell’atto pubblico. Si configura la donazione indiretta quando il donante trasferisce i soldi necessari all’acquisto della casa, oppure paga direttamente il venditore per conto del donatario. Ovviamente deve essere indicato espressamente nell’atto di acquisto che si tratta di una donazione, che è a titolo gratuito.

Per procedere in modo corretto bisogna però capire eventuali rischi e prevenirli, come gli effetti sull’eredità e le eventuali pretese degli altri eredi, oltre alle possibili conseguenze per il donatario che riceve l’immobile. Il rischio concreto per il donante è che dopo la sua morte la donazione possa essere impugnata da un erede, e così il donatario prescelto si troverebbe poi privato dell’immobile in questione. Affinché la donazione sia al riparo da queste situazioni è perciò necessario che non possa essere impugnata dagli eredi, il che si verifica quando la donazione non lede le quote di legittima o se i legittimari firmano preventivamente la rinuncia all’impugnazione della donazione.
Differentemente dalla lesione della legittima testamentaria, è ammessa la rinuncia effettuata quando il donante è ancora in vita. Quando la donazione lede la legittima e non vi è alcuna rinuncia firmata dai legittimari, questi ultimi possono infatti impugnarla entro 20 anni dalla sua trascrizione e non oltre 10 anni dall’apertura della successione (anche se in alcuni casi questo limite può salire a 20 anni).

I rischi per i familiari beneficiari della donazione
Il rischio che la donazione possa essere impugnata lede senza dubbio le volontà del donante, ma allo stesso tempo il suo risvolto pratico è decisamente più pesante per i donatari. Questi ultimi, infatti, rischiano di dover restituire l’immobile dopo il decesso del donante. Ovviamente perché ciò accada è necessario che siano presenti le condizioni sopraindicate, delle quali però i donatari potrebbero essere all’oscuro e perciò essere preoccupati.
Per lo stesso motivo, può essere molto difficile anche procedere alla vendita di un immobile ricevuto in donazione. Un terzo acquirente è senza dubbio scoraggiato dall’ipotesi di un’eventuale restituzione ai fini ereditari. Allo stesso tempo, gli istituti di credito concedono molto raramente dei prestiti con ipoteca su una casa ricevuta in donazione, in quanto la garanzia potrebbe venire annullata.
Infine, esiste anche il rischio remoto che il donante revochi la donazione. La revoca è però possibile soltanto in alcuni casi:
– L’ingratitudine del donatario, che compie atti molto gravi (come un omicidio) o lede in modo grave il patrimonio del donante;
– La sopravvenienza di discendenti dei quali il donante non era a conoscenza all’epoca della donazione.

Furti in casa, cresce l’allarme

I furti in casa sono reati che destano grande allarme sociale. I dati parlano chiaro. Il 43,1% degli italiani non si sente sicuro nelle proprie abitazioni ed ha timore di subire furti, incendi, danneggiamenti: due anni fa la quota era nettamente inferiore (il 33,9%). Effrazioni e rapine generano molta preoccupazione sebbene sembrino in diminuzione. Secondo i dati attuali, ogni anno, si contano circa 200mila effrazioni, vale a dire quasi 500 al giorno, più di venti all’ora, uno ogni tre minuti circa (Censis).
Rendere la propria abitazione a prova di antifurto certo non è facile. In alcuni casi, ad aggravare la situazione, oltre al danno può esserci la beffa. E’ importante utilizzare prodotti di qualità elevata e tecnologicamente aggiornati, l’installazione però, deve essere fatta da personale qualificato, altrimenti, eventuali assicurazioni contratte, non daranno diritto al risarcimento.
“Le certificazioni – spiega Alessandro Dall’Aglio, Ceo di Digiemme – sono elemento necessario ma non sufficiente. Si possono ottenere ma non garantiscono la sicurezza totale dell’abitazione. La scelta delle porte blindate e delle inferriate è il secondo passo da compiere. Chi delinque oggi, è particolarmente aggiornato e usa dispositivi facilmente trasportabili e utilizzabili. Penso, alle cesoie che si possono tenere in mano e non hanno bisogno di corrente elettrica. Basta un tac e il gioco è fatto, le inferriate fino a 18 millimetri di spessore si tagliano senza alcuna difficoltà. Per questo, bisogna sottrarre al ladro quanto più tempo possibile. Per dirla in altri termini, tutti i dispositivi di sicurezza possono essere violati, ma i minuti che passano sono determinanti per far fallire ogni tentativo”.

La logica deve essere quella di complicare quanto più possibile la vita al ladro
“L’ancoraggio della porta è fondamentale, ed il telaio realmente performante è quello assemblato con la saldatura- segue Dall’Aglio – ci vuole un falso telaio prefissato alla parete, un telaio maestro che venga ancorato al falso telaio, e un battente che contenga tutti quegli elementi come le serrature e i chiavistelli, che rendono la porta resistente ai tentativi di effrazione e manipolazione anche meccanica. Parlando di serratura, la soluzione migliore ritengo sia quella della doppia serratura. Ma a un patto: che sia presente la funzione di blocco e quella di differenziare gli accessi. Questo vuol dire che, la prima serratura deve essere a doppia mappa, di ultima generazione, mentre la seconda deve adottare il cilindro. Si tratta di due tecnologie completamente diverse. Ciò comporta due azioni da parte del ladro diametralmente opposte. Dunque, per entrare, non basta un tac ma serve tempo, e spesso il tempo, aiuta a difendersi ed evitare che la propria casa venga violata”.
Se poi le serrature presentano una protezione di copertura allo stato dell’arte, la percentuale, in termini di protezione aumenta: “Parliamo del Defender, un dispositivo che impedisce i tentativi di effrazione che coinvolgono il cilindro e, non consente al ladro, di agire con strumenti da scasso nella zona del cilindro. E’ bene che abbia una forma a tronco di cono o arrotondata, per non dare appigli ai più recenti arnesi utilizzati per i furti. Per il ladro, ciò significa un’ulteriore perdita di tempo e di lucidità. Per entrare in un appartamento un delinquente impiega dai tre al massimo cinque minuti. Ecco, far scorrere le lancette sull’orologio è nostro compito. Se si arriva a oltre dieci minuti, il tentativo di furto, nel 90% dei casi, non va a buon fine”.
Le porte dunque costituiscono senza dubbio gli accessi preferenziali dei malintenzionati che, di solito, le scassinano con strumenti come grimaldelli, piedi di porco, leve, cunei e martelli. Secondo il Censis, oltre l’80% dei furti si realizza infatti forzando la porta di ingresso. “Ma bisogna fare attenzione anche al restante 20% – sostiene Dall’Aglio – penso, in particolare, alle finestre. Chi abita al piano terra, è bene che adotti particolari inferriate che non possano essere facilmente rimosse con le cesoie. L’ideale è che abbiano un diametro maggiore di 22 mm. Inoltre bisogna curare anche la posizione delle barre. La distanza fra esse deve essere al massimo di dodici centimetri, in modo da impedire la flessione con una leva o con un crick”.
Ovviamente il rischio di subire un furto, può variare a seconda di differenti situazioni. La prima, spiega l’esperto, dipende dalla tipologia dell’immobile, un appartamento in un condominio, quindi più frequentato e abitato, oppure se isolato e con un minor numero di condomini che fungono da deterrente. Altro caso è se l’abitazione è una villetta.
“Anche la nostra percezione soggettiva del pericolo – conclude Dall’Aglio – è un elemento da tenere in considerazione. Ognuno di noi, desidera un diverso grado di sicurezza. C’è chi ha un forte timore psicologico dei ladri e chi, oltre a questo, deve realmente proteggere dei beni di grande valore. E’ consigliabile installare infissi e finestre in acciaio. E’ un materiale che presenta maggiore capacità di resistenza rispetto al PVC, al legno o all’alluminio e, consente di montare dei vetri antisfondamento e addirittura antiproiettile, che altri tipi di serramenti non possono supportare”.

Fonte: Comunicato Stampa

Come chiedere il rimborso Tari e a chi spetta nel 2023

Tutti coloro che detengono, a qualsiasi titolo, locali o aree che possano produrre rifiuti, sono chiamati a pagare la Tari, un tributo dovuto per sostenere i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
La Tari è una tassa. A differenza delle imposte, che consistono in un prelievo coattivo da parte di un Ente impositore non connesso a una prestazione specifica, le tasse vengono versate dai contribuenti in cambio di specifici servizi.
Proprio perché si tratta di una tassa, in caso di disservizi i contribuenti hanno il diritto di richiedere il rimborso su quanto pagato di Tari.

RIMBORSO TARI 2023: QUANDO SPETTA E A CHI
Il principio in base al quale si ha diritto a uno sconto sulla Tari in caso di disservizio è sancito dalla legge 147/2013. In base a questa legge, nel momento in cui il servizio viene interrotto causando danni o pericolo alle persone o all’ambiente, il cittadino può pagare solo il 20% della tassa sui rifiuti, presentando una certificazione Asl sul pericolo di salute pubblica. La legge, quindi, sancisce il diritto del cittadino di avere una riduzione dell’80% sulla tassa dei rifiuti se il servizio del Comune è scadente.
Inoltre, al comma 676/677 la legge stabilisce che chi ha il punto di raccolta dei rifiuti troppo lontano da casa ha diritto a uno sconto sulla Tari fino al 40%.

COME CHIEDERE IL RIMBORSO TARI PER DISSERVIZIO
La Tari è un tributo disciplinato su base locale, quindi le richieste di rimborso vanno presentate direttamente al Comune di appartenenza.
Per richiedere riduzioni, sconti e i rimborsi sul pagamento della Tari si possono seguire due procedure:
– collegarsi al sito del proprio Comune e compilare l’apposito modello di domanda;
– rivolgersi direttamente allo sportello degli uffici comunali.

Chi non paga la Tari o effettua il versamento in ritardo va incontro a sanzioni. La sanzione applicata di solito è pari al 30% dell’imposta o della tassa dovuta. Se il pagamento avviene dopo soli 10 giorni di ritardo, la sanzione viene ridotta seguendo le regole del ravvedimento operoso:
– riduzione alla metà poiché il pagamento avviene entro 90 giorni;
– riduzione di 1/15 se il pagamento si verifica entro 15 giorni.
Discorso diverso se, invece, la Tari non viene pagata del tutto. In questo caso le conseguenze diventano più gravi della semplice sanzione amministrativa, in base all’importo non pagato. Se l’importo complessivo di Tari non pagata supera i 30.000 euro si configura il reato di evasione fiscale, per il quale si rischia la detenzione; mentre sotto i 30.000 euro si tratta di un illecito tributario.

Come calcolare la tassa sui rifiuti

Per determinare l’importo della tariffa sui rifiuti si deve tenere conto di una quota fissa e di una quota variabile, oltre a considerare i criteri adottati dal Comune in cui si trova l’immobile oggetto del pagamento.
Infatti entro il 31 luglio di ogni anno, con un’apposita delibera, gli enti locali approvano le regole specifiche da seguire per stabilire la somma dovuta per ciascun tipo di utenza. Inoltre vengono definite anche le agevolazioni a cui gli utenti hanno diritto. Tutte le indicazioni devono comunque fare riferimento alle direttive nazionali indicate dall’ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente

Gli altri elementi per il calcolo della Tari sono costituiti da:
– superficie in metri quadri e dati catastali, se disponibili;
– periodo di riferimento;
– nucleo familiare;
– quota fissa;
– quota variabile;
– quota provinciale 5 per cento.
La quota fissa si calcola moltiplicando i metri quadrati dell’unità immobiliare per il numero di persone che la occupano.
Per i contribuenti non residenti il numero di occupanti è così calcolato:
– 1 occupante: locali fino a 45 mq;
– 2 occupanti: locali fino a 60 mq;
– 3 occupanti: locali fino a 75 mq;
– 4 occupanti: locali oltre i 76 mq.

Alla quota fissa si somma la quota variabile, finalizzata alla copertura dei costi di servizio per raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Il calcolo TARI è effettuato in base alla quantità di rifiuti prodotti in via presuntiva stabilita dalle delibere comunali.
In questo caso occorre infine distinguere se si tratta di:
– immobile ad uso domestico residenziale o non residenziale;
– immobile non domestico, come ad esempio nel caso delle attività commerciali.

La tassa sui rifiuti è gestita a livello locale. Le regole per stabilire le somme dovute e le scadenze per i pagamenti possono seguire logiche diverse da Comune a Comune, e anche gli importi da versare possono essere molto diversi, anche a parità di condizione.
Una maggiore chiarezza per i cittadini e un’omogeneità tra territori sono i pilastri della nuova Tari, introdotta a partire dallo scorso anno con i nuovi criteri di calcolo adottati dall’ARERA, per i quali ulteriori modifiche sono previste dal 2022 al 2025.
Il nuovo metodo tariffario punta a garantire la sostenibilità sociale delle tariffe e regola anche le tariffe di accesso agli impianti di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani. Ai nuovi parametri dovranno conformarsi i Comuni nella messa a punto delle regole per il calcolo della TARI.

Si ricorda inoltre che dal 1° gennaio dello scorso anno è stata modificata la definizione di rifiuto urbano ed è stata soppressa la categoria dei rifiuti speciali assimilati agli urbani. I Comuni devono quindi modificare i propri regolamenti, in particolare riguardo alle riduzioni stabilite per quanto riguarda la quota variabile della TARI. I rifiuti assimilati a quelli urbani sono quindi sostituiti dalla categoria dei rifiuti urbani prodotti dalle imprese, industrie escluse.
A motivo delle modifiche apportate alla definizione, l’utente non domestico deve scegliere tra il servizio privato e quello pubblico per almeno 5 anni: potrà lasciare il privato per tornare al pubblico ma non procedere con la scelta opposta. Tra i soggetti che devono pagare il tributo vengono esclusi i magazzini delle industrie, dal momento che le industrie producono solo rifiuti speciali. Molte diverse attività, quali centri commerciali ed ipermercati precedentemente esclusi dalla TARI, rientreranno nell’applicazione del tributo.

La metodologia effettiva utilizzata per il calcolo della TARI può cambiare da Comune a Comune, comprese le date di scadenza per il pagamento. Non è previsto, infatti, un termine unico così come stabilito invece per l’IMU.
Nella maggior parte dei casi la scadenza della TARI è tuttavia ripartita in tre tranche:
– 1° acconto entro la fine di aprile;
– 2° acconto entro la fine di luglio;
– saldo entro la fine dell’anno.
Ricordiamo che la TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Nel caso di affitto sono gli inquilini a dover versare la tassa sui rifiuti. Solitamente è il Comune ad inviare i bollettini con il calcolo dell’importo dovuto a titolo di TARI, con indicate le scadenze per il versamento. Qualora i bollettini non vengano recapitati è necessario informarsi su quando bisogna pagare e come calcolare la quota di tassa rifiuti dovuta per l’anno in corso.