Il cattivo funzionamento della tv e anche degli altri elettrodomestici legato all’interferenza di campi elettromagnetici è dovuto alle modalità e alle tecniche costruttive del prodotto.
In caso di apparecchiature elettroniche che utilizzano sistemi di comunicazione senza fili (per esempio cattivo funzionamento dei telecomandi), la disfunzione è dovuta all’interferenza tra segnali elettromagnetici.
Poiché ogni sistema elettrico può subire un’interferenza da campo elettromagnetico, la produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche è disciplinata capillarmente dalle cosiddette “norme di immunità e compatibilità elettromagnetica”. Si tratta di particolari normative tecniche che devono essere osservate affinché un’apparecchiatura possa essere immessa al consumo, cosa che è particolarmente importante, anche e soprattutto in ragione della forte sensibilità di tali apparecchiature alle interferenze.
Ferma restando la necessità della presenza di una presa a terra, in caso di disturbi alla tv digitale terrestre dovuti a interferenze con le antenne di telefonia mobile o segnale, è possibile fare una segnalazione attraverso il sito internet www.interferenze.it, dal quale si può accedere al nuovo servizio di assistenza ai cittadini che riscontrano disturbi alla tv digitale terrestre, dovuti alle interferenze tra i segnali Lte (sigla che sta per “long term evolution”) e quelli televisivi.
Il costo del servizio e i relativi interventi tecnici degli antennisti sono a carico degli operatori titolari delle frequenze in banda 800 MHz, che – tramite un fondo appositamente costituito – finanziano le misure atte alla mitigazione delle interferenze tra i nuovi servizi 4G e gli impianti di ricezione tv (articolo 14, comma 2-bis, del Dl 179/2012, introdotto dalla legge di conversione 221/2012)
Gli investimenti nella transizione ecologica non possono più aspettare. Secondo l’ultimo Rapporto Cerved PMI 2022, che analizza la condizione economico-finanziaria delle PMI italiane, chi non adotterà provvedimenti per mitigare i rischi legati ai cambiamenti climatici nel 2050 avrà il 25% in più di probabilità di default rispetto a oggi.
Inoltre le imprese ad alto rischio dovranno sostenere costi annui per la ricostruzione pari all’1,6% dell’attivo e vedranno aumentare i premi assicurativi arrivando fino al 3% del fatturato.
Secondo le stime contenute nel rapporto, le PMI italiane da qui al 2030 dovrebbero sostenere un investimento di circa 135 miliardi di euro per finanziare il processo di transizione. Una cifra importante, pari al 47% dello stock delle immobilizzazioni materiali dichiarato nel 2020 e il 12,8% dell’attivo.
Costruzioni, settore chiave nella transizione ecologica
Di questi 135 miliardi, circa 6 (il 4,3%) dovrebbero essere a carico delle costruzioni, che risulta essere il terzo macro settore. Il 79,7% dell’investimento spetterebbe all’industria (circa 109 miliardi), seguita dal settore dei servizi che conterebbe per l’8% (quasi 11 miliardi) e il resto diviso tra commercio (4,1%, 5,6 miliardi), trasporti e public utilities (3,5%, quasi 4,8 miliardi) e agricoltura (0,4%, 570 milioni).
Il rapporto è ottimista e conferma che le PMI italiane sono in grado, dal punto di vista finanziario, di affrontare questi ingenti investimenti in condizioni di sicurezza, con il supporto del sistema bancario.
Pur considerando l’incertezza dello scenario macro economico attuale, non bisogna perdere il focus sulla sfida principale che le imprese sono chiamate ad affrontare: quella della transizione ecologica verso un’economia sostenibile.
Lo scenario dei prossimi anni
In questo contesto, il report ipotizza due possibili scenari. Secondo quello più pessimista, nel 2023 saranno in calo (-1% di media) tutti i settori ad eccezione delle costruzioni. In quello moderato i fatturati saliranno nel 2023, seppur con una decelerazione. Il comparto delle costruzioni risulta essere uno dei settori con la maggiore crescita stimata cumulata nel biennio 2022-2023: +4,7%, secondo solo al comparto agricolo.
L’edilizia nel 2021 ha guidato la ripresa (+17,9%), in un mercato stimolato dai numerosi incentivi messi a disposizione dal Governo e anche il 2022 è stato un anno positivo. Ora è importante pensare strategicamente a lungo termine per combinare le sfide del presente a quelle di lungo periodo. Abbracciare la transizione ecologica, nonostante gli alti costi nel breve termine, rappresenta la scelta migliore anche considerando gli andamenti economici e le prospettive di rischio future.
I balconi aggettanti sono destinati all’utilità del solo appartamento del condòmino che vi ha accesso, non rappresentando alcuna utilità in favore di altre unità immobiliari. Al contrario dei lastrici solari (articolo 1126 del Codice civile), i balconi aggettanti non fungono infatti da copertura per alcuna parte dell’edificio. è per questo motivo che sono considerati di proprietà individuale.
La necessità, o anche la semplice opportunità, di realizzare una grondaia che raccolga e convogli verso le tubature di scarico le acque piovane che cadono sulla superficie del balcone, è connessa all’esistenza stessa del balcone, che arreca utilità a un solo condomino.
Al pari e insieme con il balcone, dunque, la gronda deve considerarsi oggetto di proprietà individuale fino al punto di innesto nelle tubazioni di scarico comuni. Il ripristino della stessa, pertanto, è di competenza del condòmino proprietario del balcone.
ENEA mette in campo 5,5 milioni di euro in tre anni per finanziare il Proof of Concept (PoC), il programma interno finalizzato a ridurre la distanza fra ricerca e applicazione industriale. Il 12 maggio sarà pubblicato sul sito ENEA il primo bando per un importo di circa mezzo milione di euro, destinato a cofinanziare lo sviluppo di tecnologie ENEA in collaborazione con le imprese che manifesteranno il proprio interesse entro il 9 giugno 2023. Questo primo investimento si avvale delle risorse messe a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) nell’ambito del PNRR e va ad aggiungersi ai 5 milioni di fondi interni ENEA – 1 milione ulteriore nel 2023, 2 milioni nel 2024 e 2 nel 2025 – che saranno utilizzati sempre per finanziare progetti PoC con le imprese.
In questo primo bando le aziende potranno esprimere interesse allo sviluppo di tecnologie scelte tra circa 50 brevetti ENEA, dalle scienze dei materiali fino alle biotecnologie, di cui circa il 40% dispone di protezione della proprietà intellettuale anche a livello internazionale. Alle imprese che cofinanzieranno i progetti, contribuendo almeno al 10% dei costi del progetto PoC prescelto, verrà concesso un diritto di opzione, a titolo gratuito, sulla licenza esclusiva del brevetto sviluppato e degli ulteriori eventuali risultati.
“La logica di base del programma PoC è quella di favorire la collaborazione win-win tra i diversi attori coinvolti nel processo di sviluppo fin dalle fasi embrionali di definizione di una tecnologia. Attraverso un approccio di open innovation, è possibile aumentare le probabilità di adozione dei risultati della ricerca pubblica da parte del mondo produttivo e per i partner industriali di minimizzare il rischio di mercato a cui le imprese sono esposte, soprattutto nelle fasi embrionali di sviluppo di una nuova tecnologia”, commenta Gaetano Coletta, responsabile del Servizio Offerta e valorizzazione servizi di innovazione della Direzione ENEA di Innovazione e sviluppo.
Istituito nel 2018, il programma PoC dell’ENEA ha finanziato finora con oltre 1,6 milioni di euro lo sviluppo di 36 progetti con partner industriali, mirando alla creazione di partnership strategiche per l’innovazione. Tra i casi di successo conseguiti finora: il nuovo materiale per l’edilizia BIOAERMAC, altamente isolante e resistente, creato a partire da prodotti di scarto dell’industria chimica, grazie alla collaborazione con l’azienda italiana Fluorsid SpA, leader mondiale nella produzione di derivati inorganici del fluoro; il progetto ASCANIO per la realizzazione di una rete di sensori-sentinella a salvaguardia di territorio e infrastrutture, quali ponti, dighe e viadotti, che darà vita ad uno spin-off ENEA a cui partecipano anche i partner industriali Earth System Srl e GEI Srl; il processo per produrre glutine detossificato, adatto ad alimenti per celiaci e intolleranti, con proprietà nutrizionali e organolettiche superiori a quelle dei prodotti gluten free attualmente sul mercato.
I ricercatori del Centro ENEA di Portici (Napoli), in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, hanno messo a punto una mappa catastale tridimensionale ad alta risoluzione interrogabile con l’app map viewer per calcolare il potenziale di energia fotovoltaica installabile su tetti e ogni altra superficie urbana idonea.
“Si tratta di uno strumento GISche consente di valutare in maniera accurata il potenziale di energia fotovoltaica producibile in città, tenendo conto di geometria degli edifici, aree verdi, inquinamento dell’aria e attività antropiche”, spiega Grazia Fattoruso, ricercatrice ENEA del Laboratorio Sviluppo applicazioni digitali fotovoltaiche e sensoristiche e responsabile del progetto. “Il suo utilizzo – prosegue – può supportare le amministrazioni locali e regionali nella pianificazione e nella gestione energetica basata sulle rinnovabili, nel raggiungimento degli obiettivi della transizione energetica che vede le città protagoniste in iniziative per fronteggiare il problema della povertà energetica”.
Questo “catasto solare” è stato realizzato attraverso mappe 3D delle città che mettono in evidenza il verde urbano e la geometria degli edifici, identificando la reale “area tetto” disponibile per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Inoltre, ENEA ha messo a punto un metodo per valutare la riduzione della radiazione solare causata dall’inquinamento da polveri sottili, permettendo di calcolare l’effettiva radiazione solare disponibile, in considerazione anche dell’orientamento dei tetti, dell’ombreggiamento degli edifici e della vegetazione circostante.
Il catasto solare è stato già sperimentato a Portici, dove si è stimato che l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti potenzialmente idonei consentirebbe di produrre circa 500 GWh/anno.
“Conoscendo il potenziale fotovoltaico dell’intera città e in particolare di ogni sua superfice utilizzabile, è possibile individuare le aree più idonee alla produzione di energia rinnovabile come pure quelle a maggior rischio di povertà energetica per fattori socio-economici, favorendo la nascita di comunità energetiche.” conclude Fattoruso.
ENEA ha già proposto di mettere a sistema la formazione di comunità energetiche con strategie contro la povertà energetica per la mobilità sostenibile, utilizzando parte dell’energia rinnovabile da fotovoltaico prodotta su scala urbana dalle comunità, per ricaricare mezzi elettrici.
Nell’ambito dei piani di sviluppo urbano, questo sistema GIS può anche supportare lo sviluppo dell’iniziativa New European Bauhaus, lanciata nel 2021 dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per coniugare la lotta al cambiamento climatico con design e arte.
Il catasto è una sorta di registro di tutti i beni immobili presenti sul territorio nazionale. Il termine proviene dall’antica Grecia e indica un raccoglimento, una registrazione di oggetti, mappe, documenti.
Nel nostro Paese il catasto di divide in 2 tipologie in base alla natura dell’oggetto contenuto: c’è il catasto dei terreni e il catasto dei fabbricati.
La funzione è quella di censire i beni immobili e i terreni con tutte le caratteristiche tecnico-economiche degli stessi registrando eventuali cambiamenti.
Lo scopo è sia di natura fiscale, in quanto il censimento permette di calcolare il reddito imponibile, sia di natura civile perché le informazioni sono messe a disposizione di tutti i cittadini per diverse finalità.
Per tutti i beni presenti sono indicati i dati anagrafici del proprietario, le caratteristiche tecniche comprensive di materiale grafico come foto e mappa, la localizzazione geografica, l’estensione e la destinazione d’uso.
Alcune piante, anche se individuate con ideali per completare un angolo dell’appartamento, non si dovrebbero tenere in casa, in quanto potrebbero provocare allergie e problemi respiratori, oltre ad essere tossiche per gli animali domestici. Tra queste spiccano la Magnolia, l’Azalea, i Narcisi, la Belladonna, l’Abete Rosso, meglio noto come “cicuta”, il Giglio.
L’Azalea, per esempio, è una pianta tossica che può causare problemi cardiaci negli animali domestici e nell’uomo. Questo accade perché ha dell’andromedotossina, una sostanza velenosa.
Ottima per i luoghi aperti, dove cresce come un cespuglio, essendo in grado di sopportare il freddo. Può Anche i Narcisi sono piante tossiche, tra le più pericolose. Se ingeriti, possono causare indigestione, vomito, diarrea, convulsioni, ulcere gastrointestinali in neonati, bambini e animali. Un altro dei principali sintomi dell’avvelenamento da piante di narciso riguarda la paralisi del sistema nervoso centrale.
La Belladonna, o PxHere, sebbene utilizzata nella medicina tradizionale, è piuttosto pericolosa per l’organismo, perché contiene alcuni elementi tossici. Alcuni dei suoi effetti collaterali sono: irrequietezza, nausea, mal di testa costante, battito cardiaco accelerato e addirittura delirio. Se consumata in eccesso, la belladonna può causare avvelenamento.
L’Abete rosso, o cicuta, è una delle piante più velenose, che provoca convulsioni, paralisi muscolare progressiva, diarrea e vomito. Contiene alcaloidi e, in caso di intossicazione, il ricovero deve essere immediato.
La pianta del giglio della pace o Spatafillo può essere tossica per il proprio animale domestico. Nonostante sia molto attraente per le sue enormi foglie e venga utilizzata in alcuni interni poiché purifica l’aria, questa pianta può causare gravi malattie renali, soprattutto nei gatti, dopo la sua ingestione, oltre a problemi gastrointestinali e neurologici.
Come ormai risaputo, quello italiano è un popolo di risparmiatori e proprietari di case. In particolare di seconde case. Case, dunque che non vengono abitate direttamente dal proprietario, ma che vengono acquistate per ricavarne un reddito immettendole nel mercato degli affitti.
I numeri forniti dall’Agenzia delle Entrate rivelano che ammonta a 5.556.340 il numero di case “a disposizione”, il 17,2% del totale delle abitazioni. Rivelano inoltre che il 18% degli italiani ha almeno una seconda casa e che il 15,2% della popolazione ha una seconda abitazione che utilizza solo per le vacanze.
I dati degli ultimi studi del gruppo Tecnocasa dicono che nel 2021 il 42% delle transazioni immobiliari avvenute ha riguardato proprio l’acquisto di una seconda proprietà, con più di 270 mila abitazioni scambiate su un totale di 628.317.
Gli studi del gruppo Tecnocasa, inoltre, rivelano che nel 32% degli acquirenti di immobili ha un’età compresa tra i 45 e i 54 anni; mentre gli acquirenti di età compresa tra i 35 e i 44 anni, rappresentano il 27,7% del volume totale. Il 70% di chi ha comprato per investire è sposato e il 29% lavora come dirigente, imprenditore o libero professionista; gli impiegati sono 26,5%, seguiti da pensionati (14,8%).
Chi compra per investire, e quindi per mettere a reddito, sceglie soprattutto la tipologia di immobile più richiesta dal mercato, ovvero il bilocale, con il 34,4% delle scelte, soprattutto nel centro delle grandi città, insieme al trilocale, che arriva al 26,4% delle scelte degli acquisti degli investitori. Chi compra per investimento non si rivolge al mercato del mutuo, ma lo fa prevalentemente con propri fondi diretti (81,3%), mentre solo il 18,7% degli investitori ricorre al credito bancario.
Indicativamente, il guadagno lordo di un investitore immobiliare si aggira intorno ai 600 euro al mese (7.200 euro annui), che salgono di molto per bilocali situati nel centro nelle grandi città o per immobili condivisi da studenti o lavoratori, mentre scendono per piccoli centri o per la periferia. Questo introito deve poi essere moltiplicato per il numero di immobili che si mettono a reddito.
Questo tipo di investimento, se sostenuto senza ricorrere a prestiti bancari, porta da subito ottimi introiti.
I concetti di domicilio e residenza, anche se spesso vengono sovrapposti, hanno significati diversi e rilevanza giuridica autonoma. L’articolo 43 del Codice civile stabilisce che “il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”. Invece la residenza coincide con il “luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
Residenza e domicilio possono anche coincidere.
La residenza coincide con la dimora abituale del soggetto in un dato luogo (e deve essere fissata per legge). Il domicilio coincide con il luogo in cui una persona, in un determinato momento e senza abitualità, abita o permane (ad esempio per svolgere la sua vita professionale e lavorativa o per trascorrere le vacanze estive).
Mentre il domicilio assume rilievo giuridico solo quando non è nota la residenza, quest’ultima assume rilievo per una serie di servizi e atti, come il rilascio di certificati anagrafici e l’accesso ai servizi demografici, l’iscrizione nelle liste elettorali, l’individuazione del luogo in cui vanno rilasciati determinati atti, la determinazione delle competenze giudiziarie, la pubblicazione e la celebrazione del matrimonio.
Trovare casa in affitto rappresenta sempre di più un problema. Tra i tanti motivi, come l’aumento dell’inflazione e dei mutui, c’è anche il timore dei proprietari di inadempienze, danni, morosità nei pagamenti che spesso inducono a lasciare la casa sfitta o a scegliere vie meno impegnative come l’affitto breve. Una situazione emergenziale che ha indotto sempre più amministrazioni comunali a cercare una soluzione, in attesa, forse, anche di una legge nazionale che intervenga sul tema della tensione abitativa.
Una risposta immediata la offre SoloAffitti, il network immobiliare leader per l’affitto con oltre 300 punti in Italia che, forte della sua esperienza sul campo, ha messo a punto un sistema capace di garantire il reddito da locazione, rendendo il processo di affitto, digitale, facile, sicuro che tutela il proprietario e agevola l’inquilino virtuoso.
Spiega Silvia Spronelli, Ceo del Gruppo SoloAffitti: “In oltre 25 anni di attività, abbiamo sviluppato una grande competenza specialistica in ambito di locazione, fondata sulla gestione della rendita dei patrimoni immobiliari e su 1 milione di nuove transizioni all’anno. Ed è sulla base della nostra esperienza che, primi su tutti, abbiamo messo a punto un sistema unendo le conoscenze in ambito normativo e fiscale del nostro team di esperti – che risponde ogni anno a più di 6.000 richieste di consulenza – e le competenze informatiche del nostro partner digitale”.
Il risultato è la prima piattaforma in Italia ad avere interamente digitalizzato il processo di locazione semplificando e velocizzando l’intero percorso di affitto. La piattaforma agisce su tutte le tipologie di contratto abitativo offrendo al proprietario il grande vantaggio della certezza di ricevere, sempre (tutti i mesi, lo stesso giorno per tutta la durata del contratto), il pagamento del canone perché l’inquilino finanziario (cioè chi paga effettivamente il canone) è il Gruppo SoloAffitti (che si fa carico dei ritardi di pagamento, insolvenze ed eventuali spese legali).
Con questo sistema innovativo, anche l’inquilino avrà i suoi vantaggi che si riassumono nella certificazione di SoloAffittiPAY.it che elimina lungaggini e frustrazioni a chi cerca casa. Infatti, il potenziale inquilino si interfaccia con la piattaforma che su criteri oggettivi (e non soggettivi) accerta la solvibilità all’inizio del percorso di ricerca, nel rispetto totale della privacy senza dover più condividere i propri dati sensibili con chiunque. L’inquilino riceve un certificato con l’indicazione del budget massimo di spesa mensile compatibile con la sua redditualità.
“In Italia, ci sono 12 milioni di case di cui più della metà risultano essere vuote e disponibili – sottolinea Silvia Spronelli – sollevare il proprietario dalla burocrazia e dal pensiero della morosità è un grande stimolo per far ripartire il mercato”.
Uno dei plus della piattaforma SoloAffittiPAY.it è proprio la possibilità per il proprietario di calcolare con pochi click il canone del proprio immobile e scoprire quale combinazione tra tipologia di contratto, tipologia di canone e formula fiscale è quella per lui più favorevole dal punto di vista economico. Con la facilità di farlo in pochi minuti, dallo smartphone o dal computer, comodamente seduto sul divano di casa.
Inoltre, SoloAffittiPAY.it digitalizza l’affitto anche con il supporto di professionisti fisici per offrire la migliore sinergia tra mondo tecnologico e reale. Il proprietario che decide di affittare il proprio immobile attraverso la piattaforma potrà infatti scegliere se farlo in maniera completamente digitale (dal divano di casa, appunto), oppure se farsi supportare da un professionista in persona nella figura del Rental Property Manager che opera nei punti SoloAffitti presenti in tutta Italia.
Fonte: Comunicato stampa