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Responsabile dei lavori: chi è, compiti e nomina

All’interno di un cantiere, la figura di principale responsabilità è il committente, soggetto per cui l’intera opera progettata viene eseguita. Il committente è il perno attorno al quale ruotano la sicurezza nel cantiere e le relative responsabilità.
Spesso, però, il committente non possiede gli strumenti e le capacità tecnico-professionali necessarie per assumersi tali responsabilità. Risulta, pertanto, necessario l’affidamento di tale ruolo ad una figura specialistica, in grado di interpretare correttamente quanto si deve realizzare e rispettare i vincoli normativi vigenti. Questa figura è il responsabile dei lavori.
Il responsabile dei lavori è il responsabile di tutti i lavori e di tutto quello che accade all’interno di un cantiere, anche in materia di sicurezza.
Il responsabile dei lavori è dunque la figura alla quale il committente può demandare parte dei propri obblighi in materia di sicurezza. Con l’entrata in vigore del decreto correttivo dlgs 106/2009, il responsabile dei lavori viene definito dall’art. 89 del dlgs 81/2008 (comma 1 lett. c): “il soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente decreto; nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento”.
Per questo delicato incarico, il committente può scegliere sia un lavoratore subordinato, sia un lavoratore autonomo con contratto di tipo professionale.
La nomina del responsabile dei lavori non è obbligatoria e viene effettuata dal committente nei seguenti casi:
– nel caso in cui il committente non abbia le capacità professionali per adempiere a tutti gli obblighi previsti dall’art. 90 dlgs 81/2008 e, comunque, preferisca far seguire il cantiere a un soggetto propriamente qualificato;
– nel caso in cui l’opera sia commissionata da più committenti; infatti in caso di sanzione e in assenza di responsabile dei lavori la stessa viene ripetuta per ogni committente.
È fondamentale che l’incarico dato al responsabile dei lavori avvenga sotto forma di delega di funzioni come previsto dall’art. 16 dlgs 81/2008, in modo che il committente sia esente dalle funzioni che gli sono proprie e dalle conseguenti responsabilità.
I compiti del responsabile dei lavori sono definiti dall’art. 90 del dlgs 81/2008.
Nella fase di progettazione, il responsabile dei lavori deve pianificare le varie fasi dei lavori e la loro durata attenendosi alle misure generali di tutela indicate nell’art. 15 del dlgs 81/2008 (come la valutazione dei rischi, programmazione della prevenzione, informazione e formazione dei lavoratori, controllo sanitario, misure di protezione collettiva e uso dei DPI, misure di emergenza per primo soccorso, antincendio ecc.).
Nei cantieri dove sono presenti più imprese esecutrici, il responsabile dei lavori designa il coordinatore per la progettazione (CSP) e il coordinatore per l’esecuzione (CSE).
La nomina di un responsabile dei lavori non libera il committente da ogni responsabilità. Al riguardo ci sono numerose sentenze della corte di cassazione. Una delle più recenti (cassazione sezione IV penale-sentenza n.36869 del 22 settembre 2009) sottolinea l’esonero del committente dalle proprie responsabilità se quest’ultimo ha conferito una delega al responsabile dei lavori avente per oggetto gli adempimenti richiesti per l’osservanza delle norme antinfortunistiche.
In ogni caso, l’esonero per il committente non implica la mancanza totale di responsabilità. Infatti il committente può rispondere per culpa in eligendo per aver nominato un soggetto non competente a svolgere questo ruolo, oppure per culpa in vigilando per non aver vigilato sull’operato del responsabile dei lavori.
L’art. 157 del dlgs 81/2008 prevede diverse tipologie di sanzioni a carico del responsabile dei lavori, che variano a seconda della violazione commessa:
– arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.500 a 6.400 euro per mancata nomina del coordinatore della sicurezza;
– arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1000 a 4.800 euro per mancata verifica tecnico-professionale;
– sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1800 euro per mancata comunicazione alle imprese del nominativo del coordinatore della sicurezza e per la mancata trasmissione del piano di sicurezza e coordinamento.

Bollette, per quanto tempo vanno conservate e perché

Una volta effettuato il pagamento, le bollette e le relative ricevute devono essere conservate, in quanto rappresentano un documento necessario per evitare inconvenienti. Può infatti accadere che l’autorità di riferimento richieda il pagamento di un importo già riscosso e l’utente non sia in grado di attestare la regolarità perché non più in possesso di un documento che certifica l’erogazione effettuata.
Ai sensi dell’art. 2934 del Codice civile, il diritto a richiedere il pagamento si estingue a seguito di prescrizione, quindi dopo che sia trascorso un determinato periodo di tempo. Periodo di tempo variabile, in relazione alla prestazione richiesta e al tipo di pagamento.
In particolare, per i pagamenti da eseguirsi periodicamente, ossia annualmente o in termini più brevi, il periodo di prescrizione previsto dall’art. 2948 del codice civile è sempre stato di cinque anni. E tuttora è di cinque anni il termine di prescrizione delle bollette telefoniche. Sono invece cambiati i termini di prescrizione per le bollette di luce e gas. Negli ultimi anni infatti, in seguito alle direttive dell’Autorità di Regolazione per Energia reti e ambiente (Arera), le leggi di bilancio 2018 e 2019 hanno abbassato il termine di prescrizione a due anni, che vale anche per le bollette dell’acqua se successive al 2020 (rimane il termine di conservazione di cinque anni per quelle anteriori al 2020).
Dopo le recenti modifiche normative, dunque, i tempi di conservazione delle bollette variano in base al tipo di utenza e alla data del documento.
Pertanto, ora i tempi di conservazione delle bollette e delle relative attestazioni di pagamento sono:
Per le bollette dell’energia elettrica:
– 2 anni nel caso in cui la bolletta abbia una data uguale o successiva al 2 marzo del 2018;
– 5 anni se la bolletta ha una date anteriore a quella del 2 marzo 2018;
– 10 anni se nella bolletta è compreso anche il pagamento del canone RAI.
Per le bollette del gas:
– 2 anni se il documento risale a una data uguale o successiva a quella del 2 gennaio 2019;
– 5 anni se la bolletta ha una data posteriore a quella del 2 gennaio 2019.

Manovra 2023: le misure anti rincari per la casa

La Manovra di Bilancio per il 2023 prevede misure che si concentrano prevalentemente nella lotta contro il caro energia, l’inflazione e l’aumento dei prezzi. Dei 35 miliardi complessivi, infatti, ben 21 sono stati impiegati per aiutare famiglie e imprese a far fronte al caro energia.
Ecco il riepilogo delle misure anti rincari adottate dal Governo:
1) – Superbonus 110%. È stata disposta la proroga, fino al 31 dicembre, per depositare la Cilas in Comune per tutti i condomìni che hanno approvato la delibera sui lavori da svolgere entro il 18 novembre 2022. Nel caso in cui la Comunicazione di inizio lavori asseverata venisse presentata entro il nuovo termine stabilito, i condomìni potrebbero godere del Superbonus al 110% per tutto il 2023, senza che venga applicata la riduzione dell’aliquota al 90% prevista dal decreto Aiuti quater.
2) – Bonus mobili. Viene confermato per il 2023 e per il 2024 il bonus utilizzabile per l’acquisto di grandi mobili o elettrodomestici, che viene però ridotto. La detrazione Irpef del 50% per questi acquisti verrà calcolata su un massimo di spesa di 8mila euro (non più 10) per il 2023, che dovrebbero diventare 5mila nel 2024.
3) – Bonus case green. Con il 2023 viene istituito un nuovo bonus per le case più ecologiche. Si tratta della detrazione Irpef del 50% dell’Iva per l’acquisto di immobili residenziali di classe energetica A o B da imprese costruttrici e da Oicr immobiliari, se la spesa viene fatta entro il 31 dicembre 2023. complessivamente la detrazione è ripartita in dieci quote costanti nell’anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d’imposta successivi.
4) – Bonus bollette. Il bonus sociale viene potenziato, ampliando la platea dei beneficiari. Dal 2023 potranno richiederlo tutti i nuclei familiari con Isee fino a 15mila euro (non più 12mila). Sono stati disposti anche l’azzeramento degli oneri di sistema in bolletta e il rifinanziamento del credito d’imposta sulle bollette elettriche e alle utenze gas per le imprese salirà dal 30 al 35%, per le energivore e gasivore dal 40 al 45%. La tassa sugli extra-profitti delle imprese energetiche prevede un contributo del 50% sull’imponibile Ires e sull’incremento medio superiore al 10% sui quattro anni precedenti (2018-2021).
5) – Modifiche ai mutui. Visto l’aumento del tasso dei mutui, il Governo ha concesso la possibilità di rinegoziare a condizioni predefinite i mutui, che possono così passare da tasso variabile a tasso fisso, se sono stati stipulati entro il 2022 , non hanno un importo originario superiore ai 200mila euro e i richiedenti hanno un Isee non superiore a 25mila euro e non hanno mai pagato in ritardo.
6) – Iva ridotta su alcuni prodotti. Passa inoltre dal 22% al 5% l’aliquota Iva per le fatture dei consumi nel primo trimestre del 2023 dei servizi di teleriscaldamento e dal 22% al 10% quella del pellet per tutto il 2023.

https://www.laleggepertutti.it/620787_tutte-le-20-misure-anti-rincari-contenute-nella-manovra

Caro energia, l’impatto su imprese e consumatori

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Canone Rai ancora nella bolletta della luce

I contribuenti erano in attesa di una novità sulle modalità di riscossione a partire dal 1° gennaio 2023. Già l’anno scorso era stata annunciata come “imminente”, per poi essere smentita ufficialmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Per il prossimo anno, dunque, il canone Rai resta in bolletta e si paga allo stesso modo.
Dal 2015 l’obbligo fiscale è legato al possesso di un televisore e all’esistenza di un’utenza per la fornitura di energia elettrica nella propria residenza anagrafica. La richiesta di togliere il canone Rai dalla bolletta della luce era stata avanzata dall’Unione Europea, la quale aveva definito un “onere improprio” l’inserimento della voce all’interno della bolletta. Tale richiesta indusse i Governi Conte e Draghi a programmare l’esclusione della voce di spesa per rispettare le linee guida europee sulla concorrenza del mercato libero dell’energia elettrica.
Infine è arrivata la smentita ufficiale del Dicastero diretto dal ministro Giancarlo Giorgetti, in linea con le richieste avanzate dai sindacati Sl-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl-Fnc, Snater, Libersind-Confsal, Adrai e Usigrai. In una lettera indirizzata al Ministero, le sigle hanno infatti scritto: “Privare la più grande Azienda culturale del Paese della certezza dei finanziamenti, oltre alle evidenti ricadute in termini occupazionali che ne potrebbero derivare, avrebbe degli effetti diretti sullo stesso Ministero da Lei guidato, in quanto Azionista di Rai Spa”.

La definizione di “apparecchio televisivo”
A definire cosa si intenda per “apparecchio televisivo” è il Ministero. E lo fa con la nota 9668 del 20/04/2016 (Canone abbonamento Rai – definizione di apparecchio televisivo): per “apparecchio TV” si intende “un apparecchio in grado di ricevere, decodificare e visualizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente (in quanto costruito con tutti i componenti tecnici necessari) o tramite decoder o sintonizzatore esterno”. Con sintonizzatore, invece, si indica un “dispositivo, interno o esterno, idoneo ad operare nelle bande di frequenze destinate al servizio televisivo secondo almeno uno degli standard previsti nel sistema italiano per poter ricevere il relativo segnale TV”.
È dunque la norma attualmente in vigore a stabilire che il pagamento del canone è legato strettamente alla tecnologia radio, al segnale Digitale Terrestre o al Digitale Satellitare. Di conseguenza, se l’apparecchio utilizzato per usufruire del segnale televisivo non riceve il segnale radio, il canone può non essere versato. Ecco qualche esempio di dispositivi sui quali non si deve pagare il canone: PC, Mac, Smartphone Android, iPhone, Tablet Android, iPad, Proiettori video

Categorie esentate dal pagamento del canone Rai
Al di là di come si paga e si pagherà il canone Rai, esistono quattro categorie di cittadini che possono chiedere l’esenzione dal pagamento del canone. Innanzitutto gli anziani over 75. La presentazione della domanda di esenzione deve essere inoltrata all’Agenzia delle Entrate. Per avere lo sgravio completo occorre aver compiuto il 75° anno di età entro il 31 gennaio 2022 (che è anche la deadline per l’invio della richiesta di rimborso). Per tutti coloro che invece hanno compiuto gli anni nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 31 luglio 2022, l’agevolazione sarà attiva solamente per quanto riguarda il secondo semestre di possesso del televisore. Ad essere esonerati dal pagamento del canone Rai sono inoltre i militari. A questi si aggiungono anche i riparatori di apparecchi TV, che gestiscono attività e diversi televisori senza però legati al loro utilizzo personale o domestico. La quarta categoria esente comprende gli intestatari di utenza elettrica che però non hanno in casa quello che si definisce un “apparecchio televisivo”.

Roma: in un anno assegnate 350 case popolari

“Nell’ultimo anno Roma Capitale ha messo a disposizione delle persone con i requisiti per l’accesso all’Edilizia Residenziale Pubblica 350 case popolari. Un numero importante, nonostante la situazione drammatica che abbiamo quando ci siamo insediati (circa 36 assegnazioni nel secondo semestre 2021)”.
Così, in una nota, l’assessore al Patrimonio e alle Politiche abitative, Tobia Zevi. “Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo lavorato duramente per sbloccare la graduatoria. E così abbiamo fatto, perché siamo partiti con 70 assegnazioni nel primo semestre, mentre nel secondo semestre abbiamo accelerato fino a raggiungere l’obiettivo di circa 10 assegnazioni a settimana, più di una al giorno, circa 84 in tre mesi al netto dei giorni festivi”, prosegue. “A tutto questo – precisa – va aggiunto un ulteriore elemento di vanto per l’Amministrazione: in estate, insieme alla Regione Lazio e alla Prefettura di Roma, abbiamo concluso con grande successo due grandi sgomberi di palazzi occupati, coerentemente con la nostra idea di ‘da casa a casa'”, liberando senza l’uso della forza pubblica lo stabile in via delle Province e l’ex clinica Valle Fiorita: 201 alloggi popolari consegnati a tutti coloro che rispettavano i requisiti per l’Edilizia Residenziale Pubblica”.
“Ma il lavoro – prosegue ancora la nota – non è affatto concluso: in estate, durante la variazione di bilancio, il Sindaco Roberto Gualtieri ha stanziato circa 220 milioni di euro per acquistare nuove case popolari per le persone in graduatoria, che nel frattempo abbiamo sbloccato. E grazie a queste risorse siamo in procinto di acquistare, non appena arriverà l’approvazione dell’Assemblea Capitolina, 199 unità immobiliari dall’INPS, di cui 120 case. Il primo stock che ci apprestiamo ad acquistare di una lunga serie che ne arriveranno. Non dimentichiamoci che Roma è stata la prima città ad applicare la deroga sull’articolo 5 del decreto Lupi, dando l’accesso ai servizi fondamentali come residenza e allacci alle utenze, quindi dignità, a migliaia di persone della nostra città. Lo abbiamo detto e lo confermiamo anche oggi: la casa è al centro della nostra politica”, conclude Zevi.

Fonte: Agenzia Ansa

Niente multa a chi in buona fede compra un immobile con abuso edile

Niente sanzione pecuniaria per chi “acquista un immobile senza aver in alcun modo partecipato, conosciuto o beneficiato di un illecito edilizio” riscontrato nell’immobile.
È la motivazione di una sentenza con cui il Consiglio di Stato ribadisce l’annullamento di una multa di 6.500 euro che il Comune di Genova nel 2010 aveva ingiunto di pagare a una società proprietaria di un locale commerciale.
La società aveva acquistato nel 1996 una unità immobiliare al cui interno era stato realizzato, dal precedente proprietario, un soppalco in muratura di 3,20 metri quadrati. In seguito a sopralluoghi, il Comune di Genova aveva accertato che il soppalco era stato costruito senza autorizzazioni, come l’accorpamento di due locali mediante l’apertura di un varco nel muro che divide i locali stessi.
Il Comune aveva fatto scattare una sanzione pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile conseguente alla realizzazione del soppalco in base ad una relazione di stima dell’Agenzia del Territorio. “Il proprietario incolpevole, ancorché tenuto a prestare la sua collaborazione per la rimozione materiale dell’abuso, non può essere destinatario delle sanzioni pecuniarie previste per colpire i responsabili dell’abuso”, spiega il Consiglio di Stato nella sentenza che ha respinto il ricorso in appello del Comune di Genova stabilendo definitivamente la nullità della sanzione.

Fonte: Agenzia ANSA

Colf, badanti e baby-sitter, per famiglie rincaro del 9,2%

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Una banca dati per case e uffici

Avrà evidenti effetti sul mercato delle compravendite immobiliari, la banca dati per case e uffici varata con un decreto (n. 304 del 4 agosto 2022) emanato dai ministeri della Transizione Ecologia, dell’Economia e dell’Innovazione tecnologica e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2022. Il data base che verrà realizzato, in linea con una delle misure previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sarà gestito dall’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Grazie a questo strumento sarà possibile individuare dove sono necessari interventi di riqualificazione energetica e si potrà disporre di una mappa aggiornata del parco immobiliare nazionale.
I dati per realizzare questa “banca” giungeranno dal catasto nazionale degli attestati di prestazione energetica (Ape), dallo sportello unico certificatori energetici abilitati, dal Gestore dei servizi energetici (Gse), dal Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici, dal progetto Patrimonio della Pubblica Amministrazione., dalla banca dati dell’Agenzia del demanio, dagli archivi catastali gestiti dall’Agenzia delle entrate e dall’Enea. Nel nuovo portale confluiranno inoltre tutte le informazioni sull’edilizia scolastica, e tutti i dati del repertorio nazionale dei dati territoriali, dell’anagrafe della popolazione residente e di quella dei numeri civici e delle strade urbane.
Nel data-base saranno immagazzinati anche:
– i dati relativi alla consistenza degli edifici e delle unità immobiliari (superficie, volume, numero di vani, anno di costruzione, categoria catastale);
– le caratteristiche energetiche per edificio e unità immobiliari (classe APE, consumi annui per vettore energetico, potenza in prelievo, superficie disperdente opaca e trasparente, trasmittanze delle superfici opache e trasparenti, tipologie di impianto di riscaldamento, ACS, condizionamento, produzione di energia elettrica, colonnine di ricariche, nonché relative potenze e rendimenti);
– gli interventi di manutenzione (elemento edilizio, anno di realizzazione dell’intervento, incentivo percepito per l’intervento);
– le informazioni sul tema dei servizi pubblici e privati (allegato I al decreto) e quelle concernenti i certificatori energetici abilitati, di cui al dpr n. 75/2013;
– le valutazioni del potenziale di risparmio (elenco degli interventi, costi di realizzazione, risparmi attesi);
– altre informazioni generali censite dall’Istat (codice comunale, sezione di censimento, popolazione residente, aree montane, zone climatiche, zone di rischio sismico, rischio idrogeologico, consumi idrici).
Nelle premesse, il decreto sottolinea che le informazioni inserite nel data-base saranno necessarie per lo sviluppo di strumenti di consulenza e pianificazione per i cittadini, in modo da guidarli nel processo di miglioramento della propria unità immobiliare, anche al fine di ottimizzare gli investimenti dei proprietari.
Il provvedimento afferma inoltre che gli strumenti previsti nel portale – se opportunamente sviluppati – in aggiunta agli incentivi esistenti, potranno costituire un potente volano per incrementare le riqualificazioni degli edifici collocati sul territorio nazionale, incrementare gli effetti della ripresa economica e raggiungere una completa decarbonizzazione del comparto civile entro il 2050, come indicato dalla normativa comunitaria. Dunque, una sorta di “passaporto dell’edificio”.

Voucher connettività per imprese e professionisti

Con un avviso del 7 dicembre, il MIMIT informa che la Commissione europea, con Decisione del 6 dicembre 2022, ha autorizzato fino al 2023 la proroga della misura “Piano voucher” per le imprese, finalizzata a sostenere la domanda di connettività delle micro, piccole e medie imprese, estesa anche ai professionisti (persone fisiche titolari di partita IVA che esercitano una professione intellettuale, in proprio o in forma associata) , compresi i professionisti ordinisti e non che esercitano la professioni in forma individuale o associata.
Nella comunicazione viene precisato che la proroga era stata richiesta dal Governo italiano, in considerazione degli oltre 430 milioni di euro ancora disponibili e tenuto conto dell’estensione della platea dei beneficiari ai professionisti avvenuta nel maggio scorso.
Sulla base del provvedimento emesso dalla Commissione, i voucher potranno continuare ad essere attivati dagli operatori fino al 31 dicembre 2023 a seguito di richiesta presentata dai beneficiari, per i quali la misura prevede il riconoscimento di un contributo sotto forma di sconto sul prezzo di vendita dei canoni di connessione ad internet in banda ultra larga.
I beneficiari possono optare per diverse tipologie di voucher, il cui costo varia da un minimo di 300 euro ad un massimo di 2.500 euro, che si differenziano sulla base delle prestazioni del servizio, in termini di velocità di connessione (da un minimo di 30 Mbit/s fino ad un massimo di oltre 1 Gbit/s), e della loro durata (da 18 a 24 mesi).
La ripartizione prevista è:
– al finanziamento dei voucher di tipologia A viene destinato il 15% delle risorse stanziate, distribuito per il 14% a favore dei voucher A1 e per l’1% a favore dei voucher A2;
– al finanziamento dei voucher di tipologia B viene destinato il 20% delle risorse stanziate;
– al finanziamento dei voucher di tipologia C viene destinato il 65% delle risorse stanziate.
Il voucher è rivolto a micro, piccole e medie imprese; persone fisiche titolari di partita IVA che esercitano, in proprio o in forma associata, una professione intellettuale (articolo 2229 del Codice civile) o una delle professioni non organizzate (legge 14 gennaio 2013, n. 4).
Viene precisato che gli interventi sono finanziati con risorse statali del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, per un ammontare complessivo di circa 589 milioni di euro.
Esistono diverse tipologie di voucher:
– Voucher A1: Voucher con contributo di connettività pari a 300 euro per un contratto della durata di 18 mesi che garantisca il passaggio ad una connettività con velocità massima in download compresa nell’intervallo 30 Mbit/s – 300 Mbit/s.
– Voucher A2: Voucher con contributo di connettività pari a 300 euro per un contratto della durata di 18 mesi che garantisca il passaggio ad una connettività con velocità massima in download compresa nell’intervallo 300 Mbit/s – 1 Gbit/s. Per connessioni che offrono velocità pari ad 1 Gbit il voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo fino a 500 euro a fronte di costi di allaccio alla rete sostenuti dai beneficiari.
– Voucher B: Voucher con contributo di connettività pari a 500 euro per un contratto della durata di 18 mesi che garantisca il passaggio ad una connettività con velocità massima in download compresa nell’intervallo 300 Mbit/s – 1 Gbit/s. Per connessioni che offrono velocità pari ad 1 Gbit il voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo fino a 500 euro a fronte di costi di allaccio alla rete sostenuti dai beneficiari.
(Per tale tipologia di voucher è prevista una soglia di banda minima garantita pari ad almeno 30 Mbit/s).
– Voucher C: Voucher con contributo di connettività pari a 2.000 euro per un contratto della durata di 24 mesi che garantisca il passaggio ad una connettività con velocità massima in download superiore ad 1 Gbit/s. Il voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo fino a 500 euro a fronte di costi di allaccio alla rete sostenuti dai beneficiari (Per tale tipologia di voucher è prevista una soglia di banda minima garantita pari ad almeno 100 Mbit/s).
La misura prevede il riconoscimento di un contributo, sotto forma di sconto, sul prezzo di vendita dei canoni di connessione ad Internet in banda ultra larga.
L’attuazione dell’intervento è affidata ad Infratel Italia S.p.A., sotto la vigilanza della Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica, di Radiodiffusione e Postali (DGSCERP) del Ministero.

Fonte: fiscoetasse.com