Rientrano nella nozione di “ristrutturazione e di riparazione di abitazioni private”, sulla base della direttiva Iva, i servizi di riparazione e di ristrutturazione di ascensori di immobili a uso abitativo. È quanto affermano gli eurogiudici in relazione a una controversia che oppone una società all’amministrazione tributaria portoghese (Causa corte Ue C-218/2021).
Nella fattispecie all’esame della Corte Ue in commento, la domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’allegato IV, punto 2, della direttiva 2006/112/Ce sull’Iva, ed è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone l’amministrazione tributaria portoghese a una società in relazione all’aliquota Iva applicabile ai servizi di riparazione e di manutenzione di ascensori effettuati da tale società.
L’impresa è attiva nella fabbricazione di ascensori, di montacarichi e di pedane mobili, e fornisce anche servizi di riparazione e manutenzione di ascensori.
La società ha applicato un’aliquota Iva ridotta ai servizi di riammodernamento e di riparazione di ascensori da effettuati, fatturando al contempo i materiali incorporati nell’ambito di tali prestazioni all’aliquota normale.
In seguito a una verifica fiscale, l’amministrazione finanziaria ha accertato che la società aveva erroneamente applicato l’imposta ridotta a tali servizi.
La questione è quindi approdata dinanzi alla competente autorità giurisdizionale che ha sottoposto al vaglio pregiudiziale della Corte Ue alcune questioni con cui si chiede se l’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva debba essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di “ristrutturazione e riparazione di abitazioni private”, ai sensi di tale disposizione, i servizi di riparazione e ristrutturazione di ascensori di immobili a uso abitativo.
Le valutazioni della Corte Ue
L’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva, in combinato disposto con l’articolo 106 di tale direttiva autorizzava gli Stati membri ad applicare un’aliquota Iva ridotta ai servizi connessi alla “riparazione e ristrutturazione di abitazioni private, esclusi i materiali che costituiscono una parte significativa del valore del servizio reso”.
I termini di cui all’allegato IV, punto 2, della direttiva devono essere interpretati in modo uniforme e indipendentemente dalle qualificazioni utilizzate negli Stati membri, tenendo conto al contempo del contesto in cui essi sono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte.
Ciò premesso, dalla formulazione di tale allegato IV, punto 2, si evince, da un lato, che rientrano in tale disposizione due attività distinte, vale a dire la ristrutturazione e la riparazione e, dall’altro, che tali attività devono riferirsi alle abitazioni private.
Per quanto riguarda i termini “ristrutturazione” e “riparazione”, essi si riferiscono, rispettivamente, alla rimessa a nuovo di un oggetto e al ripristino di un oggetto danneggiato.
Tali servizi sono caratterizzati, in particolare, dal loro carattere occasionale, cosicché semplici servizi di manutenzione, forniti in modo regolare e continuativo, non possono essere considerati rientrare nell’allegato IV, punto 2, della direttiva.
Con riferimento all’espressione “abitazioni private”, il termine “abitazione” designa generalmente un bene immobile o anche mobile o una sua parte, destinato a essere abitato e che serve, quindi, come residenza per una o più persone. Inoltre, l’aggettivo “privato” consente la distinzione dagli alloggi non privati, come gli alloggi aziendali o gli alberghi.
Pertanto, i servizi di ristrutturazione e riparazione di cui all’allegato IV, punto 2, della direttiva IVA devono riguardare beni utilizzati a fini abitativi privati, mentre i servizi relativi ai beni utilizzati per altri fini, come a fini commerciali, non rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
In tale contesto, lo Stato portoghese sostiene, in sostanza, che l’espressione “abitazione privata”, in quanto meno ampia di espressioni quali “edificio” o “immobile ad uso abitativo”, rinvia in maniera individualizzata a ciascuna delle frazioni autonome di un bene immobile effettivamente destinata all’abitazione, sulle quali il proprietario o il locatario ha il controllo completo, e che è opportuno distinguere dalle aree di accesso comune di un tale bene immobile. Pertanto, i servizi di ristrutturazione e riparazione relativi alle strutture condivise, compresi gli ascensori, non rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva.
A tal proposito, tuttavia, la Corte osserva che, nel caso di un immobile a uso abitativo composto da più appartamenti, le strutture condivise sono, di regola, importanti, se non indispensabili, per l’uso dei singoli appartamenti.
Ciò premesso, la Corte ritiene che, nel caso di tali immobili a uso abitativo, le strutture condivise rientrino nella nozione di “abitazioni private” ai sensi dell’allegato IV, punto 2, della direttiva IVA, cosicché i servizi di ristrutturazione e riparazione relativi a tali strutture rientrano in tale disposizione. A tale titolo, gli ascensori, essendo parte integrante degli edifici che ne dispongono, sono compresi in tali strutture.
Pertanto, dalla formulazione dell’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva, la Corte Ue ricava che i servizi di riparazione e ristrutturazione degli ascensori di immobili a uso abitativo, esclusi i servizi di manutenzione di tali ascensori, rientrano in tale disposizione.
In relazione al contesto in cui si inserisce l’allegato IV, punto 2, della direttiva, tale disposizione, in quanto consente di applicare un’aliquota Iva ridotta, costituisce una deroga al principio dell’applicazione dell’aliquota normale e deve quindi essere interpretata restrittivamente.
La Corte Ue osserva inoltre che il legislatore unionale ha previsto una riduzione dell’Iva mirata sui servizi ad alta intensità di lavoro, come nel caso dei servizi di riparazione e ristrutturazione di ascensori.
Ciò premesso, ha affermato che gli Stati membri hanno la possibilità di applicare l’aliquota Iva ridotta in modo selettivo, con riserva, da un lato, di isolare, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, solo elementi concreti e specifici della categoria di prestazioni di cui si tratta e, dall’altro, di rispettare il principio di neutralità fiscale.
Nel caso di specie, benché spetti al giudice nazionale interpretare il diritto interno e, pertanto, esaminare se il legislatore portoghese abbia recepito in modo selettivo l’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva, prevedendo l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’aliquota scontata i servizi relativi agli ascensori negli immobili ad uso abitativo, nulla nel testo della disposizione nazionale che attua tale punto 2, ossia il punto 2.24 dell’elenco I allegato al codice IVA, sembra indicare che il legislatore l’abbia fatto, dato che la posizione dell’amministrazione finanziaria si basa, invece, sull’interpretazione restrittiva raccomandata da istruzioni interne.
Invero, poiché le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente, nonché con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie, uno Stato membro non può invocare semplici prassi amministrative, per natura modificabili a proprio piacimento dall’amministrazione e prive di adeguata pubblicità, per dimostrare l’attuazione selettiva di una disposizione della direttiva Iva che autorizza l’applicazione di un’aliquota ridotta per una categoria di servizi.
Le conclusioni della Corte Ue
Tutto ciò premesso, la Corte Ue perviene alla conclusione che l’allegato IV, punto 2, della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di “ristrutturazione e [di] riparazione di abitazioni private”, ai sensi di tale disposizione, i servizi di riparazione e di ristrutturazione di ascensori di immobili a uso abitativo, a esclusione dei servizi di manutenzione di ascensori di tale tipo.
Data sentenza – 5 maggio 2022 – Numero sentenza Causa C 218/2021
Nome delle parti Autoridade Tributária e Aduaneira contro DSR – Montagem e Manutenção de Ascensores e Escadas Rolantes SA
Debutterà durante la prossima edizione di Artigiano in Fiera, la kermesse sulle arti e i mestieri in programma dal 3 all’11 dicembre 2022 a Fieramilano (Rho), ‘Vivere la Casa’, salone tematico che punterà sulle soluzioni migliori per il nuovo concetto di casa, emerso in tutta la sua evidenza negli ultimi due anni.
Secondo l’ultimo Life at Home Report, la più grande ricerca internazionale in fatto di abitare svolta in 37 Paesi del mondo, si legge in una nota degli organizzatori, non c’è dubbio che il focolare domestico sia tornato ad essere il centro delle nostre vite. Le abitazioni hanno riconquistato una piena centralità. In particolare, l’attività di lavoro ha assunto una nuova rilevanza nella vita in casa, portandoci a riconsiderare gli spazi anche in un’ottica di “homeworking” in stanze prima non concepite per questo scopo. Ne scaturiscono ormai tre modelli in grado di traghettare il pubblico verso l’interpretazione della casa quale luogo dove esprimersi al meglio, soddisfare i bisogni anche emozionali e dare spazio ad interessi e passioni. Il primo è il Multipurpose home, secondo cui la casa del futuro dovrà prevedere spazi multifunzionali e fluidi per rispondere alle esigenze dei loro abitanti e ad una nuova routine quotidiana. Il secondo modello è l’Healthy home, che mette al centro il rapporto tra l’esterno e l’interno, dando priorità all’impatto benefico della luce e della natura sul nostro equilibrio psicofisico. Infine, la Local home, vista come luogo di connessione con gli altri, con un accesso più semplice ed immediato alla rete di servizi.
Il focus di Vivere la Casa sarà dunque incentrato sulla casa quale spazio della famiglia, ma anche del lavoro, secondo le esigenze di adattamento degli spazi abitativi. “Oggi la casa è il luogo del vivere che va ben oltre l’idea di involucro fisico – spiega il presidente di Ge.Fi. Gestione Fiere Spa, Antonio Intiglietta -. La casa non è più solo un semplice contenitore ma è ormai un contesto multifunzionale in cui svolgere tutte le attività quotidiane”.
FONTE: Agenzia Ansa
L’esenzione dall’imposta municipale sugli immobili (Imi) e la riduzione della tassa sui rifiuti sono i principali contenuti dell’ultima ordinanza firmata dal presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, in relazione alla crisi ucraina.
Coloro che mettono a disposizione dei rifugiati dall’Ucraina il proprio appartamento gratuitamente nel periodo dal primo marzo al 31 dicembre 2022 e che possono dimostrare di pagare anche i costi supplementari, hanno diritto a un’esenzione massima di cinque mesi dell’imposta municipale sugli immobili (Imi) dovuta per il 2022.
Secondo l’ordinanza, il prestito dell’appartamento deve essere attestato mediante autodichiarazione presso il comune competente entro il 31 gennaio 2023. Un altro requisito è che i rifugiati ucraini abbiano presentato una dichiarazione di presenza presso la questura competente o abbiano ricevuto un permesso di soggiorno per protezione temporanea.
Per gli appartamenti messi a disposizione, le tasse sui rifiuti per il periodo di riferimento sono ridotte anche della quota quantitativa delle tasse. Durante questo periodo dovrà essere versata solo la tariffa per la quantità minima stabilita dal rispettivo comune. L’ordinanza dà facoltà ai comuni di esentare i rifugiati minorenni provenienti dall’Ucraina dalle tasse degli asili nido e dal pagamento dei pasti scolastici. Anche in questo caso la misura è limitata a cinque mesi e inizialmente fino alla fine del 2022.
Il bonus affitti giovani spetta dal 2022 a determinate condizioni: i chiarimenti delle Entrate con la Circolare n 9 del 1 aprile 2022
Con la Circolare n. 9 del 1 aprile l’Agenzia delle Entrate fornisce, tra gli altri, alcuni chiarimenti in merito al bonus affitto giovani e le novità contenute nella legge di bilancio 2022.
In particolare, l’articolo 1, comma 155, della legge di bilancio 2022 sostituisce il comma 1-ter dell’articolo 16 del TUIR, riconosce dall’anno d’imposta 2022, ai giovani (intendendosi per tali i soggetti di età compresa tra i venti e i trentuno anni non compiuti) con un reddito complessivo non superiore a 15.493,71 euro che stipulano un contratto di locazione avente ad oggetto una unità immobiliare o sua porzione da destinare a propria residenza, una detrazione dall’imposta lorda di 991,60 euro per i primi quattro anni di durata contrattuale. Se superiore, la detrazione è pari al 20 per cento dell’ammontare del canone di locazione entro il limite massimo di 2.000 euro di detrazione.
Viene specificato che rispetto alla disciplina precedente, la modifica normativa: eleva il requisito anagrafico per usufruire della detrazione dai 30 ai 31 anni non compiuti; estende la detrazione al caso in cui il contratto abbia ad oggetto una porzione dell’unità immobiliare (ad esempio una stanza); innalza il periodo di spettanza del beneficio dai primi tre ai primi quattro anni del contratto, purché il conduttore si trovi nelle condizioni anagrafiche e reddituali richieste dalla norma. Attenzione al fatto che il rispetto dei requisiti deve essere verificato in ogni singolo periodo d’imposta per il quale si chiede di fruire dell’agevolazione (cfr. circolare 4 aprile 2008, n. 34/E, risposta 9.1). Pertanto, se il contribuente soddisfa i suddetti requisiti nel primo periodo d’imposta, occorre verificare che gli stessi siano presenti anche in ognuno dei tre periodi d’imposta successivi, per fruire della detrazione in ciascuno di essi.
– stabilisce che l’immobile per cui spetta l’agevolazione deve essere adibito a residenza del locatario (la versione precedente prevedeva che l’immobile fosse adibito ad “abitazione principale” dello stesso);
– prevede una detrazione più elevata pari al valore maggiore tra l’importo forfetario di 991,60 euro (previsto anche dalla precedente versione della disposizione) e il 20 per cento dell’ammontare del canone, comunque nel limite di 2.000 euro.
Resta fermo che, per fruire del beneficio, è necessario stipulare un contratto di locazione ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e che l’immobile adibito a residenza del locatario sia diverso dall’abitazione principale dei genitori o di coloro cui sono affidati dagli organi competenti. È confermato il vigente limite di reddito, per cui la detrazione spetta se il reddito complessivo non è superiore a 15.493,71 euro.
La detrazione è suddivisa in base ai cointestatari del contratto di locazione dell’abitazione. Nel caso in cui il contratto di locazione sia stipulato da più conduttori e solo uno abbia i requisiti di età previsti dalla norma, solo quest’ultimo può fruire della detrazione in esame per la sua quota.
Fonte: FiscoOggi
Nel caso in cui il fornitore di gas naturale ravvisi la mancanza di uno o più pagamenti può richiedere direttamente al distributore il distacco della fornitura. Tale procedura non è immediata e neppure vincolante. Il consumatore deve in ogni caso essere avvisato tramite raccomandata con ricevuta di ricezione al fine di poter adempiere alla mancanza. Decorsi 40 giorni dalla comunicazione di “messa in mora”, il fornitore può procedere all’effettiva comunicazione al distributore. In concreto, esaurito il termine definito dalla costituzione in mora entrano in vigore ulteriori 3 giorni in favore del consumatore per effettuare il pagamento.
L’eventuale stop all’erogazione di gas a causa di mancato pagamento è regolamentata dall’allegato A alla deliberazione numero 99/11 del 21 Luglio 2011 di ARERA. Tale norma stabilisce criteri, tempistiche e sanzioni di procedure del caso, come la costituzione in mora oltre a strumenti di tutela per azioni illegittime ai danni del consumatore.
Le normative del caso sono piuttosto chiare sia sui doveri, sia sui diritti del consumatore. Soprattutto quando si tratta di mancati pagamenti riferiti a utenze domestiche come il gas. Nello specifico, è inalienabile l’obbligo, da parte del fornitore, di comunicare il mancato pagamento e la costituzione in mora prima di richiedere il distacco al distributore di zona. Nel caso in cui l’azienda che fornisce il servizio venga meno a tale notifica, il cliente ha diritto a un indennizzo che varia a seconda della circostanza. Se si riscontra la mancata comunicazione di costituzione in mora, nonostante l’effettivo distacco, si ha diritto sulla fattura successiva ad un indennizzo pari a 30 euro. Se invece una volta avvenuta la comunicazione l’azienda non dovesse rispettare le tempistiche a disposizione per il pagamento procedendo comunque al distacco, la somma spettante sarà di 20 euro.
La sospensione della fornitura di gas successiva alla costituzione in mora non implica automaticamente la cessazione del contratto, che resta attivo per ulteriori 30 giorni. In questo lasso di tempo il cliente avrà la possibilità di pagare la somma in questione e procedere alla richiesta di ricevere nuovamente il gas presso il proprio domicilio. Decorsa questa scadenza il contratto diventa nullo, imponendo al consumatore la stipula di un nuovo contratto con un altro fornitore.
Nel testo definitivo del Decreto con misure urgenti di attuazione del Piano nazionale ripresa e resilienza-PNRR, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale N. 100 del 30.4.2022, come D.L. N. 36/2022, in vigore dal 1 maggio 2022, vengono confermate alcune norme già presenti nella bozza , di competenza del ministero del Lavoro guidato da Andrea Orlando. Si tratta in particolare:
– del piano di contrasto al fenomeno infortunistico e di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, affidato all’INAIL;
– di un nuovo Portale dedicato al lavoro sommerso in cui opererà una banca dati unificata di tutti gli interventi ispettivi effettuati e della situazione generale in materia di irregolarità sul lavoro.
Nel decreto PNRR 2 trovano infatti posto programmi innovativi per la sicurezza sul lavoro e per la lotta al lavoro sommerso.
Piano sicurezza sul lavoro e anti infortuni nel PNRR
Si prevede che l’INAIL promuova appositi protocolli di intesa con aziende e grandi gruppi industriali impegnati negli interventi previsti dal PNRR per l’attivazione di:
– lavoratori nei settori in fase di espansione occupazionale, fermi restando gli obblighi formativi spettanti al datore di lavoro;
– progetti di ricerca per soluzioni tecnologiche innovative (robotica, esoscheletri, sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro, materiali innovativi per l’abbigliamento, dispositivi di visione immersiva e realtà aumentata) per il miglioramento degli standard di salute e sicurezza sul lavoro;
– sviluppo di strumenti e modelli organizzativi avanzati per la gestione dei rischi in tema di sicurezza negli ambienti di lavoro in particolare nel caso di compresenza di lavorazioni multiple;
– iniziative congiunte di comunicazione e promozione della cultura della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro tra INAIL e aziende o grandi gruppi industriali.
PNRR e Portale banca dati lavoro sommerso
Si prevede l’attuazione di un Portale unico del contrasto al lavoro sommerso che accentrerà in un’unica banca dati i risultati delle attività di vigilanza esercitate dai diversi organi ispettivi per una migliore programmazione dell’attività nonché del monitoraggio del fenomeno del lavoro sommerso, su tutto il territorio nazionale.
Il Portale potenzierà le banche dati già esistenti, in particolare la BDAI (Banca dati aziende ispezionate, condivisa oggi da INL INPS E INAIL) :
– aprendola alle informazioni della attività di Carabinieri e Guardia di Finanza,
– raccogliendo tutti i verbali ispettivi e tutti i provvedimenti conseguente compresi gli atti relativi ad eventuali contenziosi e alle loro conclusioni, cosi da avere sempre in tempo reale tutti i dati sull’intera realtà produttiva italiana e in particolare sui datori di lavoro recidivi.
In materia è stato insediato, nelle settimane scorse, il Tavolo tecnico per l’approvazione del Piano nazionale di lotta al lavoro sommerso che rientra tra gli interventi previsti dal PNRR.
Il Tavolo tecnico deve elaborare entro il 15 ottobre 2022 il Piano nazionale, che definirà in particolare:
– strategia d’indirizzo dell’attività ispettiva;
– forme e modalità concrete di denuncia da parte dei lavoratori forme di dialogo e la collaborazione con le parti sociali.
Il piano dovrà essere adottato entro la fine del 2022 tramite un apposito Decreto Ministeriale.
FONTE: Fisco e Tasse
Nello stabilire lo stipendio da corrispondere a colf e badanti, il datore di lavoro privato deve attenersi a quanto stabilito dal contratto nazionale di categoria. Il contratto collettivo nazionale fissa infatti i cosiddetti minimi retributivi dello stipendio di colf e badanti.
Per quanto riguarda il settore del lavoro domestico, di cui fanno appunto parte colf e badanti, il 2022 ha portato a un incremento dello stipendio grazie all’accordo sui minimi retributivi sottoscritto dalle sigle sindacali e dal ministero del Lavoro.
Con l’aggiornamento dell’articolo 45 del CCNL lavoro domestico, è stato raggiunto un accordo per un incremento dello stipendio minimo di colf e badanti, tenendo conto delle variazioni rilevate dall’Istat per l’indice dei prezzi pari al 3,6%.
L’aggiornamento riguarda tutti gli assistenti familiari – quindi non solo colf e badanti ma anche, ad esempio, baby sitter.
Per quanto riguarda i lavoratori conviventi a servizio intero, che dispongono anche del vitto e dell’alloggio, i minimi retributivi mensili lordi variano da 664,09 a 845,22 euro, a seconda del livello. Per i lavoratori conviventi ma a servizio ridotto, la retribuzione varia invece tra 603,73 e 700,31 euro. Per quanto riguarda i lavoratori domestici non conviventi, invece, i minimi retributivi sono fissati a livello orario: in base al livello, si va da 4,83 a 8,57 euro lordi.
Nel caso, invece, di personale non infermieristico che viene assunto per prestazioni – discontinue – assistenziali di attesa notturna, sono previsti due livelli di differente inquadramento. Per l’assistenza di persone autosufficienti, il valore mensile è di 1.041,42 euro. Per le persone non autosufficienti, lo stipendio mensile del personale non formato è di 1.150,28 euro; per il personale formato sale a 1.458,03 euro.
L’articolo 33 del Contratto collettivo nazionale di lavoro domestico stabilisce le regole per la consegna della busta paga e per le date di pagamento dello stipendio previsto. Nel dettaglio, la busta paga deve contenere alcune informazioni basilari, quali: retribuzione minima contrattuale; eventuali scatti di anzianità; eventuale superminimo; lavoro straordinario e festività; compenso sostitutivo di vitto e alloggio.
La busta paga deve essere redatta in duplice copia e deve essere firmata dal lavoratore. Solitamente il giorno di paga viene deciso in accordo tra datore di lavoro e lavoratore, nel periodo compreso tra il 1° e il 10° giorno del mese successivo a quello a cui fanno riferimento le competenze.
Tra gli obblighi del datore di lavoro c’è anche quello di consegnare la Certificazione unica entro il mese di marzo dell’anno successivo.
Colf e badanti hanno diritto alla tredicesima, pagata come per gli altri lavoratori prima delle festività natalizie. Nel caso dei lavoratori impiegati con orario full time, per il calcolo dell’importo della tredicesima bisogna moltiplicare la retribuzione mensile per il numero di mesi di lavoro svolti durante l’anno, e poi dividere il risultato per i 12 mesi dell’anno.
Diverso il caso dei lavoratori assunti a ore. Per questi si deve moltiplicare la paga oraria per il numero di ore di lavoro svolte durante la settimana, e poi moltiplicare tutto per 52, ossia il numero di settimane lavorative in un anno. Il risultato andrà suddiviso ancora per 12.
Nello stipendio di colf e badanti, invece, non è compresa la quattordicesima mensilità.
L’articolo 1, comma 910, della legge 205/2017 ha stabilito che ogni datore di lavoro deve pagare gli stipendi utilizzando metodi tracciabili. No ai contanti, dunque, ma con alcune eccezioni: non rientra tra le categorie per i quali lo stipendio va pagato con mezzi tracciabili, infatti, il lavoro domestico.
La retribuzione di colf e badanti, dunque, può essere corrisposta anche in contanti, nel rispetto però dei limiti fissati dalla normativa. Ad esempio, ancora quest’anno si possono pagare in contanti stipendi fino a 2.000 euro; dal 1° gennaio del prossimo anno si scende a 1.000 euro.
Ai costi indicati per lo stipendio di colf e badanti, il datore di lavoro deve aggiungere i riferiti alla contribuzione previdenziale e assistenziale, calcolata in misura convenzionale tenendo conto dell’orario d’impiego. La retribuzione convenzionale viene aggiornata ogni anno dall’INPS.
Il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato la legge di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia. Il provvedimento, proposto dalla Lega, “renderà più facile il recupero a fine abitativo dei sottotetti, a vantaggio del migliore utilizzo dei volumi esistenti; ridurrà da 120 a 90 giorni il tempo per dare risposte, trascorsi i quali varrà il silenzio assenso; incentiverà l’efficienza energetica degli edifici, escludendo dal conteggio delle cubature gli spessori necessari per realizzare coibentazioni”. Il testo consente inoltre il recupero dei piani terra degli edifici a pilotis per ricavarne locali abitabili, e permette lo spostamento di cubature edificabili da un’area all’altra di un Comune senza varianti al piano regolatore.
La nuova legge, sostengono gli esponenti della maggioranza, punta a “dare risposte concrete a tutti i piemontesi che vogliono migliorare la loro condizione abitativa con un risparmio di suolo”.
Le opposizioni hanno votato contro il provvedimento, sottolineando che “non tutte le misure contenute nella legge sono coerenti con l’obiettivo dichiarato della limitazione del nuovo consumo di suolo”. A loro avviso nel documento “Ci sono scelte contestabili come permettere modifiche al ribasso delle altezze, che vuole dire favorire le speculazioni dequalificando il costruito a danno di chi non può permettersi abitazioni di qualità”. E ancora, sottolineano, “gli enti locali vengono quasi scippati delle loro competenze in materia”.
Alla base delle divergenze, “una diversa idea di come dovrebbe essere il territorio e come salvaguardarlo”. Per le minoranze la nuova legge “manda in soffitta il buon senso, permettendo bagni di un metro quadrato alti due metri e quaranta, e farà arrabbiare tutti i cittadini che hanno pagato migliaia di euro per rendere abitabili i propri immobili”. Per il centrodestra invece “oggi si dà una risposta all’economia piemontese, con un volano che favorirà lo sviluppo del Piemonte a partire dall’urbanistica, settore cruciale per il territorio, che arriva da fase di lunga sofferenza”. Per il primo firmatario del provvedimento, Valter Marin, è stata approvata “una legge corposa e innovativa che farà scuola: abbassando le altezze si può ridurre il volume da riscaldare, concretizzando un risparmio energetico”.
FONTE: Agenzia Ansa
Ha preso il via a maggio il “Fondo impresa femminile”, creato per sostenere le imprese femminili di qualsiasi dimensione, già costituite o di nuova costituzione, con sede in tutte le regioni italiane. Anche le persone fisiche possono presentare domanda di finanziamento, con l’impegno di costituire una nuova impresa dopo l’eventuale ammissione alle agevolazioni.
Le domande per richiedere contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati potranno essere presentate per l’avvio di nuove imprese femminili o costituite da meno di 12 mesi; oppure per lo sviluppo di imprese femminili costituite da oltre 12 mesi.
Il Fondo dispone di 160 milioni di euro di risorse del PNRR, che si aggiungono ai 40 milioni di euro già stanziati nella legge di bilancio 2021.
Gli sportelli online per la presentazione delle domande sono gestiti da Invitalia per conto del Ministero dello sviluppo economico.
La misura si rivolge in particolare a quattro tipologie di imprese femminili: cooperative o società di persone con almeno il 60 per cento di donne socie; società di capitale con quote e componenti degli organi di amministrazione per almeno i due terzi di donne; imprese individuali con titolare donna; lavoratrici autonome con partita IVA.
Per le nuove imprese di amministratrici condominiali, Il Fondo mette a disposizione un contributo a fondo perduto che varia in funzione della dimensione del progetto: per progetti fino a 100 mila euro, l’agevolazione copre fino all’80 per cento delle spese (o fino al 90 per cento per donne disoccupate) entro un tetto massimo di 50 mila euro; per progetti fino a 250 mila euro, l’agevolazione copre il 50 per cento delle spese, fino a un massimo di 125 mila euro.
Per gli studi di amministratrici condominiali avviati da più di 12 mesi si possono invece presentare progetti d’investimento fino a 400 mila euro per sviluppare nuove attività o per ampliare attività esistenti.
Il Fondo prevede un mix di contributo a fondo perduto e finanziamento a tasso zero, con una copertura fino all’80 per cento delle spese ammissibili, per un massimo di 320 mila euro, da rimborsare in otto anni.
FONTE:
https://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/fondo-a-sostegno-impresa-femminile