L’Istat rivede la stima dell’inflazione sul carrello spesa aprile, che si attesta al +5,7%.
I prezzi alimentari e per la cura della casa e della persona, il cosiddetto carrello della spesa, ad aprile 2022 sono aumentati su base annua del 5,7% a fronte del 5% registrato a marzo. Lo rileva l’Istat rivedendo al ribasso le stime preliminari (+6%).
L’inflazione acquisita per il 2022 è pari a +5,2% per l’indice generale e a +2,0% per la componente di fondo. Su base annua rallentano i prezzi dei beni (da +9,8% a +8,7%), mentre accelerano quelli dei servizi (da +1,8% a +2,1%); si riduce quindi il differenziale inflazionistico negativo tra questi ultimi e i prezzi dei beni (da -8,0 punti percentuali di marzo a -6,6). I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano (da +5,0% a +5,7%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto rallentano (da +6,5% a +5,8%).
Il lieve calo congiunturale dell’indice generale è dovuto ai prezzi degli Energetici regolamentati (-12,5%) e, in misura minore, di quelli non regolamentati (-3,9%), la cui diminuzione è in parte compensata dalla crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,8%), degli Alimentari lavorati (+1,6%), degli Alimentari non lavorati (+0,8%) e dei Beni non durevoli (+0,6%).
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra un aumento su base mensile dello 0,4% e del 6,3% su base annua (da +6,8% nel mese precedente); la stima preliminare era +6,6%. L’aumento congiunturale dell’IPCA, a differenza del lieve calo registrato dal NIC, è spiegato dalla fine dei saldi stagionali prolungatisi in parte anche a marzo e di cui il NIC non tiene conto.
L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,2% su base mensile e un aumento del 5,8% su base annua. “La stima definitiva di aprile – commenta l’Istat – accentua il rallentamento dell’inflazione registrato dai dati preliminari. Tale dinamica è imputabile per lo più all’inclusione del bonus energia (elettricità e gas) nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo, resa possibile dalla disponibilità di stime sulla platea dei beneficiari (estesa dal primo aprile fino a comprendere circa 5 milioni di famiglie, 3 per il bonus elettricità e 2 per il bonus gas, con valenza retroattiva dal primo gennaio 2022). Le tensioni inflazionistiche continuano tuttavia a diffondersi ad altri comparti merceologici, quali i Beni durevoli e non durevoli, i Servizi relativi ai trasporti e gli Alimentari lavorati, con la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” che si porta a +5,7%”.
FONTE: Agenzia Ansa
Anche chi, nella propria vita, ha svolto esclusivamente un’attività di cura della casa e della famiglia ha diritto alla pensione di vecchiaia. In alcuni casi addirittura a partire dai 57 anni di età. È però indispensabile, da parte dell’interessato, il versamento della contribuzione necessaria alla maturazione dei requisiti. Nello specifico, esiste un fondo previdenziale al quale si possono iscrivere coloro che svolgono un lavoro in famiglia non retribuito, connesso con le proprie responsabilità familiari, senza vincoli di subordinazione. Questo fondo riconosce sia la pensione di vecchiaia, sia quella di inabilità, ma soltanto dietro il versamento della contribuzione previdenziale. Dunque, niente versamenti, nessun accredito dei contributi.
È importante, inoltre, sottolineare che i contributi versati al fondo casalinghe non possono essere ricongiunti, totalizzati o cumulati alla contribuzione versata presso altre casse di previdenza obbligatoria, in quanto i versamenti dei casalinghi vengono accreditati su di un conto assicurativo totalmente separato e distinto rispetto all’Assicurazione generale obbligatoria, alle gestioni sostitutive, esonerative o esclusive nonché alle casse dei liberi professionisti.
La possibilità di iscrizione presso il Fondo casalinghe dell’Inps è prevista per le persone che hanno un’età compresa tra i 16 e i 65 anni di età; svolgono in via esclusiva un’attività finalizzata alla cura dell’abitazione e della famiglia, connessa con responsabilità familiari, non subordinata; non svolgono altre attività lavorative, né autonome, né subordinate, né parasubordinate; fanno eccezione i soli casi in cui l’attività sia svolta in regime di part-time e i contributi versati siano di importo basso, tale da non consentire la copertura di tutte le 52 settimane dell’anno, in quanto non si raggiunge il reddito minimale, o più precisamente il reddito minimo per l’accredito dell’intera annualità di contribuzione (pari a 10.724 euro per il 2021); non risultano titolari di pensione diretta, come la pensione anticipata, di vecchiaia o di inabilità.
La domanda di iscrizione al Fondo casalinghe deve essere inoltrata all’Inps per via telematica, tramite il portale web dell’istituto, previa identificazione con le proprie credenziali (Spid, Carta nazionale dei servizi o Carta d’identità elettronica). È possibile iscriversi anche tramite contact center multicanale, chiamando da rete fissa il numero gratuito 803.164 o il numero 06.164.164 da telefono cellulare, oppure tramite un patronato o un intermediario dell’Inps.
Se non ci sono condizioni incompatibili con l’iscrizione al Fondo, la domanda viene accolta automaticamente e l’interessato, dopo aver ricevuto la comunicazione di accoglimento della richiesta, può iniziare a versare i contributi.
L’Inps, una volta accettata l’iscrizione presso il Fondo casalinghe, invia all’interessato, o rende disponibili telematicamente, i bollettini utili all’effettuazione dei versamenti. I versamenti sono liberi: l’iscritto non è dunque vincolato al pagamento di un minimo di contribuzione annua. Tuttavia, se non risultano versamenti contributivi almeno pari a 25,82 euro per ogni mensilità dell’anno, i mesi coperti dalla contribuzione sono progressivamente ridotti. Perché risulti accreditata ai fini della pensione un’annualità intera, infatti, sono necessari almeno 310 euro (309,84 euro per la precisione) di versamenti nell’anno. Se in un anno sono versati più di 310 euro, le eccedenze non possono essere riportate in annualità diverse per coprire buchi contributivi, come avviene presso altri fondi di previdenza, ma servono unicamente ai fini dell’importo della pensione.
Il Fondo casalinghe Inps riconosce le seguenti prestazioni pensionistiche: pensione di inabilità, con almeno 5 anni di contributi, a condizione che sia sopraggiunta l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Attenzione a non confondere la pensione Inps casalinghe con la pensione eventualmente riconosciuta dall’Inail alle casalinghe per infortuni domestici: si tratta di prestazioni derivanti da obblighi assicurativi ed eventi diversi; pensione di vecchiaia, a partire dal 57° anno di età, a condizione che siano stati versati almeno 5 anni (60 mesi) di contributi; la pensione di vecchiaia viene però liquidata solo se l’importo maturato risulta almeno pari all’ammontare dell’assegno sociale maggiorato del 20%, ossia almeno pari a 561,18 euro mensili (importo corrispondente a 1,2 volte l’assegno sociale, ossia, per il 2022, a 467,65 x 1,2); non è richiesta alcuna soglia minima d’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età.
La pensione casalinghe non è reversibile: non è prevista la concessione della pensione ai superstiti.
FONTE: La Legge per Tutti
L’Anagrafe Nazionale Popolazione Residente (ANPR) informa che dal 27 aprile tutti i cittadini possono richiedere online il cambio di residenza o di dimora da un Comune all’altro in Italia o il rimpatrio dall’estero per i cittadini iscritti all’AIRE. Può essere richiesto anche il cambio di abitazione nell’ambito di un qualsiasi Comune. Per il Comune di Roma, in attesa del completamento degli interventi tecnici, sino al 30 giugno 2022 il servizio di cambio di residenza on line è disponibile sul portale dello stesso Comune.
Per il cambio di residenza on line l’accesso dovrà avvenire con la propria identità digitale: carta d’identità elettronica, Spid o carta nazionale dei servizi
La richiesta di cambio potrà riguardare: il trasferimento in una nuova abitazione (nuova residenza); il trasferimento in un’abitazione dove sono presenti persone con cui si hanno vincoli di parentela o affettivi (residenza in famiglia esistente).
Si specifica che il portale offre la possibilità di consultare lo stato di avanzamento della richiesta presentata indicando anche una mail alla quale ricevere gli aggiornamenti.
L’Assemblea ordinaria degli Azionisti di Terna S.p.A. ha approvato il bilancio di esercizio della Società al 31 dicembre 2021, illustrato dall’Amministratore Delegato e Direttore Generale Stefano Donnarumma, sotto la presidenza di Valentina Bosetti.
Sono stati inoltre presentati il bilancio consolidato e la Dichiarazione consolidata di carattere non finanziario, documento, quest’ultimo, predisposto anche ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 2016 n. 254 e ricompreso nella relazione sulla gestione all’interno della Relazione Finanziaria Annuale – Rapporto Integrato 2021.
Durante l’Assemblea è stato anche presentato “Cielo Terra Mare”, (https://cieloterramare.terna.it/it/), il nuovo portale digitale immersivo con il quale Terna racconta i suoi progetti a favore di un futuro sostenibile e decarbonizzato. Questa piattaforma mostra quanto l’attività di Terna sia cruciale e omnicomprensiva e come si sviluppi in un vero e proprio ecosistema tridimensionale che va dal cielo alla terra e al mare. Attraverso un modo di comunicare innovativo, il portale consente un viaggio virtuale in cui storie e progetti sono raccontati tramite il movimento di orbite e pianeti, arricchito da suggestivi elementi grafici 3D e da funzionalità sonore che ne aumentano l’effetto immersivo.:
Fonte: https://energiaoltre.it/terna-a-marzo-consumi-elettrici-ai-livelli-pre-covid/
In ambito condominiale, le discussioni più diffuse e soprattutto accese sono quasi sempre quelle sulla ripartizione delle spese, l’uso e sui consumi dell’ascensore.
Sono obbligato a pagare le spese dovute ai consumi dell’ascensore, anche se non lo utilizzo o ne faccio un uso ridotto? Questa è la domanda che in molti, chi per scelta chi per necessità, si trovano ad affrontare.
In questo articolo cercheremo di spiegare come funziona la ripartizione delle spese condominiali e come, grazie a delle nuove apparecchiature, sia possibile non pagare più per il consumo che gli altri condomini fanno dell’uso dell’ascensore.
Tra i problemi emersi, i più ricorrenti e sentiti sono quelli relativi al consumo/spreco generato da comportamenti poco attenti e la ripartizione delle relative spese.
Il comportamento poco attento di diversi condomini è la conseguenza diretta del fatto che l’utilizzo dei servizi comuni non genera una spesa proporzionale all’uso che essi ne fanno, tale spesa è bensì attribuita in relazione ai valori delle tabelle millesimali.
Tabella millesimale: quando nasce, cos’è, a cosa serve?
Articolo 68 Disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie
(R.D. 30 marzo 1942, n. 318)
[Aggiornato al 01/12/2021]
Le Disposizioni di attuazione del codice civile (all’art. 68) prevedono che essa debba contenere il valore di ciascun piano o porzione di piano e che i valori stessi debbano essere espressi in apposita tabella allegata al regolamento.
La tabella millesimale è, pertanto, costituita da una tabella sintetica, nella quale sono riportati i valori proporzionali relativi alle singole unità immobiliari;
Le tabelle (millesimali, scale/ascensore) sono un allegato del regolamento e ne rappresentano lo strumento attuativo più importante. Da esse dipendono la ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie e maggioranze assembleari.
Nel tempo, con l’evoluzione della tecnica e l’avvento di nuove tecnologie abbiamo assistito all’installazione, nei condomìni, di sottocontatori, per misurare il consumo dell’acqua, e contabilizzatori di calore, per misurare il consumo dell’energia termica. Fino ad oggi, nulla però si è potuto fare per l’ascensore che, pur essendo un impianto condominiale che genera una spesa e un consumo energetico importante, è purtroppo indivisibile, questo per via di come è costruito e di come è collegato alla rete di distribuzione elettrica.
L’avvento di nuove tecnologie: W-SHARE.
Ad ogni problema la sua soluzione, in questo caso, il sistema di monitoraggio del consumo di energia dell’ascensore, costituito da una parte hardware una parte software, W-SHARE.
L’hardware di W-SHARE grazie a moduli di interfaccia e diverse periferiche di acquisizione dati è gestito dal software dedicato che rende possibile il seguente funzionamento:
1. l’utente dotato di chiave elettronica avvicina la propria chiave al lettore posto in prossimità della pulsantiera dell’ascensore.
2. il sistema acquisisce il dato esegue tutti i controlli e autorizza la corsa dell’ascensore.
3. Durante la corsa, il sistema monitora il consumo di energia dell’ascensore.
E così, al termine della corsa, W-SHARE salva nell’archivio i dati dell’utente il relativo consumo.
I dati raccolti nel registro, cioè i consumi reali di ogni singolo utente, saranno la base certa utilizzata per suddividere le spese dei condòmini ognuno in funzione del proprio consumo, come già avviene per l’acqua (dove si utilizza la lettura dei contatori di sottrazione) o il riscaldamento centralizzato (grazie alle misurazioni fatte con i contabilizzatori di calore).
Per sapere se è possibile installare e usufruire di questo servizio nel vostro condominio, approfittando delle agevolazioni, sia che voi siate un condòmino sia che voi siate l’amministratore, e per tutte le informazioni potete visitare il sito:
L’emergenza smog si conferma come problema cronico nel nostro Paese, ancora lontano dai limiti imposti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Lo certifica l’ultimo report di Legambiente “Mal’aria di città 2022”. Il report si basa sui dati raccolti nel 2021 da 238 centraline per il monitoraggio dell’aria di 102 città capoluogo di provincia.
Lo scenario emerso è inquietante: delle 102 città analizzate “nessuna rispetta tutti i valori” suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ossia una media annuale di:
15 μg/mc (microgrammi per metro cubo) per il PM10 (livello di concentrazione del particolato atmosferico); 5 μg/mc per il PM2.5 (polveri sottili); 10 μg/mc per l’N02 (biossido di azoto).
Dati che sono il sintomo di un’economia e di una politica che ancora devono riuscire a fare quel salto verso l’ecosostenibilità, compiendo quella transizione ecologica necessaria per contrastare i danni irreversibili causati all’ambiente e il riscaldamento globale.
Oltre a rappresentare un grave problema ambientale, l’inquinamento atmosferico si configura anche come problema sanitario. Infatti, nonostante negli ultimi dieci anni la qualità dell’aria in Europa abbia registrato un miglioramento, anche in Italia, nelle ultime valutazioni effettuate dall’Agenzia Europea per l’Ambiente è emerso come l’esposizione al particolato fine causi circa 400mila morti premature all’anno in 41 Paesi europei, di cui circa 50mila solo in Italia.
Per la concentrazione di particolato atmosferico nell’aria PM10 (15 μg/mc) solo 5 città rientrano nei valori suggeriti dall’Oms, mentre le città più inquinate si concentrano al Nord e sono: Alessandria (33 µg/mc); Milano (32 µg/mc); Brescia (31 µg/mc); Lodi (31 µg/mc); Mantova (31 µg/mc); Modena (31 µg/mc); Torino (31 µg/mc).
Per la concentrazione delle polveri sottili PM2.5 (5 μg/mc), quella che desta maggiori preoccupazioni dal punto di vista della salute nessuna città rientra nei valori indicati. Le più inquinati in questo caso sono: Cremona (24 µg/mc); Venezia (24 µg/mc); Vicenza (22 µg/mc), Piacenza (21 µg/ mc); Padova (21 µg/ mc); Milano (21 µg/ mc); Asti (20 µg/mc); Alessandria (20 µg/mc); Verona (20 µg/mc); Torino (20 µg/mc); Treviso (20 µg/mc).
Infine, per il biossido di azoto NO2, se almeno 5 città rientrano nei valori indicati dall’Oms, le città più inquinate sono: Milano (37 µg/mc); Torino (37 µg/mc); Palermo (36 µg/ mc); Como (36 µg/ mc); Bergamo (35 µg/mc); Trento (34 µg/ mc); Teramo (34 µg/mc); Monza (33 µg/ mc); Roma (33 µg/mc); Napoli (32 µg/ mc).
Il Superbonus 110 per cento e il Bonus Ristrutturazione consentono di accedere alle agevolazioni anche per l’installazione di pannelli solari. Un’occasione da non perdere, in quanto si tratta di un investimento sicuro, che garantisce consistenti risparmi in bolletta.
Per fruire degli incentivi per il fotovoltaico con il superbonus 110, è fondamentale ricordare che i pannelli solari devono essere collegati ai lavori trainanti, con il fotovoltaico inserito invece tra i lavori trainati, considerati secondari. Occorre infatti migliorare la certificazione energetica APE dell’edificio di almeno due classi energetiche. Con il superbonus 110 si recupera il 110 per cento della spesa in 5 anni.
Chi invece decide di installare dei pannelli solari, e vuole usufruire degli incentivi per il fotovoltaico, può utilizzare il bonus ristrutturazione, che coprirebbe sia la fornitura sia l’installazione dei pannelli solari, per un totale massimo di spesa che non può superare i 96mila euro per singola unità abitativa. Il bonus ristrutturazione è stato prorogato fino al 2024 e dà diritto a una detrazione Irpef del 50 per cento in 10 anni. Nella spesa sostenuta per l’installazione dei pannelli solari, gli incentivi fotovoltaico coprono anche i costi di manodopera, progettazione, perizie e sopralluoghi, oltre a Iva, imposta di bollo e autorizzazioni.
Per non perdere il diritto al bonus fotovoltaico, la fine dei lavori va comunicata entro 90 giorni all’Enea, con l’indicazione di quanto si è speso e delle caratteristiche dell’impianto.
Le politiche energetiche all’interno dell’Ue stanno diventando sempre più interconnesse, soprattutto dopo che il rialzo del prezzo del gas naturale ha mostrato quanto sia indispensabile l’oro azzurro per il funzionamento dell’economia continentale e per la sua sicurezza. Non è un caso quindi che la Frankfurter Allgemeine Zeitung si sia occupata recentemente di vicende energetiche italiane e di come il nostro paese sta ignorando la possibilità di utilizzare i giacimenti di gas made in Italy per alleggerire le bollette.
In un articolo il quotidiano tedesco si è domandato – e ci ha domandato – come mai l’Italia, che in questo momento importa dall’estero circa il 90% di gas di cui ha bisogno, non decida di estrarre quello che possiede in alcuni giacimenti consistenti, preferendo comprarlo da fornitori esteri e facendolo arrivare da molto lontano, con tutti i problemi di impatto ambientale ed economici che tale scelta porta con sé.
La domanda svela uno dei paradossi del rapporto che abbiamo con il gas naturale: se invece di “bruciare” quello d’importazione sfruttassimo quello dei nostri giacimenti, tra cui quelli dell’Adriatico a cui attingono i paesi che si affacciamo sull’altra sponda, il costo a metro cubo per le famiglie e le imprese da quasi un euro, che è quanto stiamo pagando ora, scenderebbe a soli 5 centesimi. Quale governo non prenderebbe subito la decisione di riaprire le autorizzazioni all’estrazione? Non i governi italiani che si sono succeduti negli ultimi 4 anni, finché l’esplosione del “problema bollette” ha portato il ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani, in occasione dell’audizione parlamentare sul tema della crisi energetica, a ipotizzare un intervento strutturale per raddoppiare la produzione nazionale fino a 8 miliardi di metri cubi all’anno. Ma occorre fare presto: l’argomento della necessità di far ripartire lo sfruttamento del metano nazionale è stato lasciato cadere troppe volte.
Non c’è dubbio che l’aumento del costo del gas stia mettendo sotto pressione la spesa energetica nazionale, che è già altissima visto che l’Italia importa la quasi totalità delle risorse, circa 70 miliardi di mc/anno. In Europa il prezzo ha toccato oltre i 100 euro per megawattora: questo nuovo corso sta facendo lievitare le bollette e sta mettendo in crisi anche il trasporto, perché il metano per autotrazione ha registrato incrementi fino al 100 per cento, toccando i 2 euro al metro cubo. Stiamo parlando, secondo i dati forniti da Aci, di circa 1 milione di veicoli circolanti alimentati a metano, le cui immatricolazioni crescono ogni anno. Senza contare i mezzi pubblici alimentati a gas che operano in molte città italiane.
Prima che l’impasse cominci a pesare in modo insostenibile sull’economia italiana servirebbe una mossa lungimirante, che ci permetta di mettere in sicurezza il sistema energetico ricorrendo alla fonte fossile più pulita. Se vogliamo avere successo nella transizione energetica non possiamo appoggiarla tutta sulle fonti rinnovabili perché allo stato attuale dell’arte non sono ancora in grado di garantire la continuità 24 ore su 24 e non abbiamo certezza sui tempi in cui si troverà una soluzione a questo limite. E nel momento in cui venga a mancare l’apporto energetico delle rinnovabili serve un backup, una soluzione che impedisca uno stallo nella distribuzione.
Lo hanno capito tutti i paesi europei, compresa la Germania che ha nel governo il partito dei Verdi. Eppure in un programma che punta decisamente sulle rinnovabili è sancito anche che, ancora per anni, dovrà essere assicurata la produzione di elettricità da centrali a gas di ultima generazione.
In sostanza, dobbiamo avere ben chiaro che non potremo fare a meno del gas ancora per molti anni.
Questo fatto dovrebbe consigliarci di rivedere e riprogrammare la strategia nazionale sul gas, che in sintesi significherebbe riaprire l’autorizzazione alle estrazioni. “Non si tratta di trivellare di più, ma di usare di più i giacimenti che ci sono già, che sono chiusi e che possono essere riaperti in un anno”, ha spiegato Cingolani. Si tratterebbe di superare il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), che tre anni fa ha decretato una moratoria dell’attività di estrazione. L’Eni sarebbe pronta a partire: il 17 gennaio 2018 presentò a Ravenna un piano che prevedeva di aumentare i prelievi di metano in Adriatico da 2,8 miliardi a 4 miliardi di metri cubi all’anno. Il rilancio del distretto centro-settentrionale attiverebbe il piano di investimenti del cane a sei zampe di oltre 2 miliardi, che prevede processi di ricerca e sviluppo, avvio del percorso di decommissioning e di reprocessing 3D su 10.000 chilometri quadrati dell’Adriatico. Eni possiede tecnologie all’avanguardia per l’esplorazione dei pozzi di gas, a cominciare dal Green Data Center, il centro di super calcolo che ha permesso di scoprire il megagiacimento di Zohr in Egitto. Inoltre consoliderebbe e il suo ruolo di attore geopolitico, che è già rilevante, reinserendo l’Italia di fatto tra i player mondiali che stanno giocando il Risiko del ventunesimo secolo, la “guerra fredda del gas”.
Una ripresa dello sfruttamento dei giacimenti italiani avrebbe comunque due effetti strutturali virtuosi: il primo la diminuzione delle importazioni, che oltre a pesare sul bilancio economico dello Stato pesano anche su quello ambientale perché il trasporto, che sia con pipeline o con navi gasiere, produce inquinamento. Il secondo è un risparmio di almeno una parte dei quasi 8 miliardi messi a bilancio tra l’anno scorso e quest’anno a sostegno delle famiglie a integrazione del pagamento delle bollette, oltre all’aumento delle royalties e delle tasse collegate che lo Stato incasserebbe.
Una soluzione, questa dell’integrazione delle bollette, che è chiaramente congiunturale e, proprio per questo, incapace di risolvere il problema. Il ripristino delle autorizzazioni al prelievo di metano nei giacimenti italiani sarebbe invece una scelta strutturale, che inciderebbe in profondità anche sull’occupazione del settore e dell’indotto delle nostre aziende cutting edge a supporto dei player della produzione.
Infine, le difficoltà registrate in questi ultimi tempi sull’approvvigionamento di gas naturale, e tenendo conto del suo ruolo strategico per la transizione energetica e la sicurezza dei paesi europei, suggeriscono una domanda all’Ue: come riuscirà a mettere ordine nei rapporti con i paesi approvvigionatori, con alcuni dei quali – vedi Russia – in questo momento ci sono rapporti tesi? Un’ipotesi non peregrina sarebbe quella di costituire una Comunità del gas europea sullo stile della Comunità europea del carbone e dell’acciaio per condividere gli acquisti, gli stoccaggi, le reti e per aprire a una nuova fase di gestione delle risorse di gas naturale del Mediterraneo con i paesi del Nord Africa, del EST-MED, a cominciare da quelle dell’Adriatico.
In uno scenario di questo tipo l’Italia potrebbe giocare un ruolo importante con Mario Draghi: Vladimir Putin ha invitato ufficialmente il nostro primo ministro a Mosca per confrontarsi sulle questioni strategiche che vedono, per il momento, Unione europea e Russia su posizioni divergenti. Mario Draghi è forse in questo momento l’unico leader europeo autorevole, dopo il ritiro dalle scene di Angela Merkel e, anzi, potrebbe anche essere visto come il suo naturale successore. La persone giusta, insomma, per trovare quella mediazione auspicata da tutti che, partendo dal rifiuto del monopolio di forniture russe, cerchi di costruire nuovi equilibri che incidano sui prezzi attuali e sui derivati finanziari di cui si nutre l’attuale speculazione sul gas.
Se i verranno compiuti tutti i passi necessari, a cominciare dal riavvio della produzione nazionale di gas naturale, l’Italia potrebbe candidarsi a essere non solo uno dei fondatori ma anche uno dei leader della Comunità europea del gas, per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, dove passano le reti meridionali di approvvigionamento, per la presenza di un player come Eni, tra i leader mondiali nella ricerca e nell’innovazione. Il gas naturale italiano potrebbe essere la chiave di una nuova stagione economica, ma è una scelta che va fatta in fretta se vogliamo che sia efficace.
FONTE: L’articolo di Gianni Bessi dall’ultimo numero del quadrimestrale di Start Magazine
Con il caro prezzi che imperversa, senza risparmiare frutta e verdura, lo spazio verde condominiale fa sognare di poter disporre di un piccolo orto. Ma è possibile fare un orto nel giardino condominiale?
Il giardino condominiale è “una parte comune”. Pertanto tutti i proprietari di appartamenti ne possono fare uso per i propri scopi. Entro determinati limiti, però. Dunque, non sempre è possibile fare un orto nel giardino condominiale.
Ai sensi dell’articolo 1117 del Codice civile, il giardino del condominio è un’area comune. Quindi tutti i condomini possono farne uso. Un che uso però deve rispettare due limiti. Innanzitutto quello di non mutare la destinazione del bene: se il giardino nasce come luogo di passeggio o di coltura della vegetazione non ci si può né giocare a palla, né parcheggiare le auto. Secondo, quello di non farne un uso talmente ampio da impedire agli altri condomini di fare altrettanto.
Oltre a questi due limiti, disposti dalla legge, bisogna sempre fare i conti con il regolamento di condominio, che potrebbe disporre alcune limitazioni. Dunque, il regolamento potrebbe vietare di utilizzare il giardino come orto personale.
Nel caso in cui, invece, il regolamento non vietasse l’utilizzo del giardino come orto, un condomino può anche utilizzarne un pezzetto per crearsi il suo orticello personale. A patto, però, che questo orto non deturpi l’estetica del giardino. Il condominio potrebbe quindi, proprio per motivi di estetica, rifiutarsi di consentire a un condomino di utilizzare uno spazio per un orto. A meno che non si tratti di piccole piantine, poco visibili, come ad esempio quelle delle spezie e odori (si pensi al prezzemolo, basilico, salvia, menta, rosmarino, peperoncini, ecc.).
Insomma, la soluzione al problema – come spesso succede in tutte le vertenze condominiali – è che una regola valida in ogni contesto non c’è: bisogna vedere caso per caso se le condizioni consentano di utilizzare un (pur sempre modesto) spazio del giardino condominiale a orto personale.
Di sicuro, per quanto riguarda le spese, queste non possono ricadere sulla compagine condominiale ma saranno unicamente a carico del condomino interessato all’orto.
FONTE: articolo visto su La Legge per Tutti
E’ stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il bando Inail che mette a disposizione mezzo milione di euro per la realizzazione di una campagna nazionale di prevenzione degli infortuni domestici, attraverso il finanziamento di interventi informativi destinati a chi si prende cura abitualmente della casa e dei propri familiari.
Possono presentare domanda di finanziamento, in forma singola o aggregata, organizzazioni sindacali e associazioni delle casalinghe riportate nel decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 15 ottobre 2021.
L’Inail informa che l’assicurazione contro gli infortuni domestici è obbligatoria per tutte le persone di età compresa tra i 18 e i 67 anni che svolgono in modo abituale ed esclusivo, a titolo gratuito e senza vincolo di subordinazione, un’attività rivolta alla cura dei componenti della famiglia e dell’ambiente in cui dimorano.
La campagna di informazione e prevenzione servirà a chiarire come ci si assicura, quali rischi sono coperti e a quali prestazioni hanno diritto gli assicurati in caso di infortunio.
Ai progetti sarà riconosciuto un contributo finanziario di importo predeterminato, in funzione del numero delle persone coinvolte e delle iniziative regionali in cui si articolano. Le domande di finanziamento dovranno essere inoltrate esclusivamente in via telematica attraverso l’apposito servizio disponibile sul portale Inail, dove entro il prossimo 31 maggio saranno pubblicate le date di apertura e chiusura della procedura informatica. La selezione delle proposte progettuali ammissibili sarà effettuata secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande, fino a esaurimento delle risorse disponibili.
FONTE: Agenzia Ansa