Con il termine condominio minimo si intende un edificio con unità immobiliari di proprietà di due soli distinti soggetti. Le cui parti comuni dell’edificio risultano quindi in comunione tra loro. L’elenco delle parti comuni di un edificio condominiale è dato dall’art 1117 del Codice civile. Sono pertanto considerate parti comuni tutte quelle necessarie all’uso comune e funzionali ai servizi in comune.
Le parti comuni si suddividono in tre categorie: a) struttura dell’edificio: come il suolo, le fondamenta, il tetto, le scale; b) locali adibiti ai servizi in comune: come la portineria o – dove presente – la zona lavanderia; c) le opere destinate all’uso comune, come ascensore, pozzo, impianto a gas.
Il condominio minimo si costituisce automaticamente, senza la necessità che ci sia una delibera dell’assemblea.
Nel condominio minimo non è obbligatoria la nomina di un amministratore condominiale. A livello normativo si applicano le stesse norme che regolano il condominio ordinario. Ovvero: ripartizione delle spese, votazioni in assemblea, millesimi e pagamento delle spese.
Non c’è alcun obbligo di l’apertura di un conto corrente condominiale. Non è necessaria la comunicazione della costituzione all’Agenzia delle Entrate. E quindi neppure dell’attribuzione di un codice fiscale. Non è obbligatoria la redazione di un regolamento condominiale. La costituzione di un condominio minimo non ha alcun costo.
Per l’accesso ad eventuali detrazioni è indispensabile che i documenti di spesa riportino i dati di chi ha pagato e l’indicazione della relativa percentuale. La scelta della fruizione diretta della detrazione, o indiretta, tramite la cessione di credito e/o lo sconto in fattura, dipende esclusivamente da ciascun condomino. In un condominio minimo, è possibile sia pagare ognuno la propria quota al fornitore, sia incaricare uno di loro di effettuare il pagamento totale.
Nel caso della sostituzione dell’impianto di riscaldamento condominiale, è prevista una detrazione pari a un massimo di 30mila euro. Il limite di spesa ammesso al Superbonus è pari a 27.273 euro ed è commisurato all’intervento effettuato sull’edificio.
Un nuovo sondaggio di YouGov rivela che gli italiani vogliono comprare e affittare case efficienti dal punto di vista energetico e sono a favore di nuove misure per rendere gli edifici più sostenibili.
Il sondaggio, realizzato per la Fondazione Europea per il Clima (European Climate Foundation), ha intervistato le persone in Italia che intendono affittare o acquistare un immobile nei prossimi 5 anni.
I dati mostrano che gli italiani apprezzano molto le case efficienti dal punto di vista energetico, perché tagliano le bollette e sono migliori per l’ambiente. Inoltre, sia gli affittuari sia i proprietari di case sono d’accordo sulla necessità di una regolamentazione volta a ridurre l’impatto degli edifici sul cambiamento climatico.
In particolare, il 95% degli intervistati ha affermato che per loro è importante comprare o affittare una proprietà che sia efficiente dal punto di vista energetico.
Tuttavia, il parco immobiliare attuale non soddisfa questa domanda. Infatti il 65% degli intervistati afferma che non ci sono molte proprietà efficienti disponibili sul mercato. Gli intervistati che attribuiscono importanza al fatto di avere una casa ad alta efficienza energetica hanno dichiarato che è un vantaggio per l’ambiente (44%) e riduce le bollette energetiche (43%). L’85% degli intervistati sosterrebbe una politica che richiede che tutte le nuove abitazioni siano ad alta efficienza energetica e con sistemi di riscaldamento puliti (cioè non alimentati da combustibili fossili o biomasse non sostenibili). Il 72% dei partecipanti al sondaggio ha detto di essere a favore di una politica che introduca standard minimi di prestazione energetica per gli edifici. Gli intervistati a favore ritengono che tale politica aiuterà a combattere il cambiamento climatico (66%) e protegge da possibili rincari in bolletta (61%). L’88% ha detto che gli Attestati di Prestazione Energetica – un documento che sintetizza la prestazione energetica di un immobile – sono utili. Questo è importante, in quanto il 54% degli intervistati ha detto che trova poca o nessuna informazione sull’efficienza energetica degli edifici da poter esaminare.
Il sondaggio è stato pubblicato solo poche settimane dopo la presentazione della nuova Direttiva Ue sull’efficienza energetica degli edifici. La proposta include l’introduzione di nuovi standard minimi di prestazione energetica a livello dell’UE, che richiederebbero di riqualificare entro il 2033 gli edifici con i maggiori consumi energetici (cioè con classe energetica F e G).
Inoltre, la direttiva propone che a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici debbano essere a emissioni zero, cioè consumare poca energia ed essere alimentati da fonti rinnovabili. Bruxelles propone lo stop a incentivi per le caldaie a gas dal 2027 e l’eliminazione dei combustibili fossili nel riscaldamento entro il 2040. Il Parlamento europeo e i governi nazionali dell’UE inizieranno presto i negoziati sul testo prima che diventi legge.
FONTE: Comunicato Stampa Kyoto Club
La tipologia di contratto di locazione più diffusa è rappresentata dalla formula “4+4” . Viene sottoscritto tra locatore e conduttore e ha una durata stabilita con possibilità di rinnovo. Trattandosi di un contratto d’affitto a canone libero, per legge, non può avere una durata inferiore a 4 anni. Alla prima scadenza, l’accordo tra le parti si rinnova automaticamente per ulteriori 4 anni, per una durata complessiva, quindi, di 8 anni.
Nel dettaglio, il contratto di locazione 4+4 prevede che il rinnovo avvenga tacitamente una volta trascorsi i primi 4 anni, alle stesse condizioni. La disdetta può avvenire per volontà del conduttore, che però deve comunicarlo con un preavviso di almeno 6 mesi. Mentre il proprietario può decidere di non rinnovare dopo i primi 4 anni solo in alcuni casi previsti dalla legge. Anche il proprietario è tenuto al preavviso di almeno 6 mesi.
Il modello del contratto di locazione 4+4 prevede che siano presenti i dati anagrafici di locatore e conduttore, oltre agli estremi catastali dell’immobile e all’Attestato di Prestazione Energetica (APE).
Entro 30 giorni dalla stipula, il contratto di locazione deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate. Il costo grava sul locatore, che può ripartire non più del 50% sul conduttore. In caso di mancato pagamento sono ritenuti responsabili entrambi. Entro e non oltre 60 giorni dalla registrazione il locatore deve comunicare il nuovo contratto all’amministratore di condominio.
Scambi di informazioni e controlli incrociati per rafforzare la lotta all’evasione fiscale e garantire che i servizi comunali agevolati vengano erogati a chi ne ha effettivamente diritto. Sono alcuni dei punti chiave della nuova convenzione sottoscritta da Roma Capitale con l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza. L’intesa, è stata firmata dal sindaco Roberto Gualtieri, dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini e dal Comandante Regionale Lazio della Guardia di Finanza Generale di Divisione Virgilio Pomponi. Il protocollo, di durata triennale, rilancia la collaborazione avviata nel 2008 tra Comune di Roma e Amministrazione finanziaria, adeguandola al contesto attuale e all’evoluzione delle tecnologie informatiche. All’interno dell’attività di scambio di informazioni, Roma Capitale invierà al fisco segnalazioni relative a situazioni che evidenziano comportamenti evasivi e/o elusivi. L’Agenzia delle Entrate potrà poi utilizzare queste segnalazioni per dare vita ad un accertamento fiscale. Gli ambiti che potranno essere oggetto di attenzione sono relativi a commercio e professioni, urbanistica e territorio, proprietà edilizie e patrimonio immobiliare, residenze fittizie all’estero e la disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva dei cittadini residenti, così da consentire di verificare l’effettiva spettanza di benefici e agevolazioni da parte di Roma Capitale. La compartecipazione all’attività di accertamento fiscale avrà un riscontro economico diretto per il Campidoglio. In base a quanto previsto dalla legge n. 248/2005, le maggiori somme accertate e riscosse per effetto delle segnalazioni qualificate saranno infatti destinate a Roma Capitale.
Fonte: Agenzia Ansa
Abitiamo in case delle quali non siamo soddisfatti. Per migliorarle facciamo piccoli aggiustamenti, più che radicali cambiamenti. È quanto emerge dal sondaggio realizzato da YouGov per ManoMano, l’e-commerce europeo del fai da te, giardinaggio e arredo casa.
Negli ultimi due anni, causa la pandemia, il modo di vivere la propria casa è radicalmente cambiato per due italiani su tre. E oggi soltanto un italiano su quattro, ovvero il 26%, dichiara di vivere nella casa dei
Nonostante questo, il 58% degli intervistati non ha apportato cambiamenti sostanziali alla propria abitazione tra marzo 2020 e oggi. La maggior parte delle persone che si sono dedicate a migliorare la propria casa ha scelto di cambiare alcuni pezzi di arredamento (44%) o di spostare i mobili per ottenere una nuova disposizione (43%). L’aggiunta di nuove piante, che permette di creare un ambiente più naturale e pulito, è un’altra delle attività preferite durante i rinnovi (40%). E oltre un terzo di essi (38%) ha dipinto le pareti, dando un nuovo tocco di colore e cambiando l’atmosfera degli ambienti.
Ma come è, oggi, la casa dei sogni? Uno su due (49%), vorrebbe un terrazzo con la zona barbecue, il tavolo per mangiare insieme ai propri cari e delle sdraio per rilassarsi all’aperto. Anche un’ampia cabina armadio con gli opportuni spazi dedicati a vestiti, borse e scarpe è desiderata da quasi una persona su due (46%), soprattutto le donne, che raggiungono una percentuale del 58% rispetto al 32% degli uomini.
Se fino al 2020 si privilegiavano le uscite tra locali, bar e ristoranti, adesso che la casa è diventata uno spazio multifunzione gli italiani sembrano orientati verso un intrattenimento fai da te. Tra le soluzioni dei sogni spiccano una sala cinema con maxischermo e comode poltrone (28%) oppure una sala giochi con tavolo da biliardo/da carte o per fare giochi di società (21%). O ancora la creazione di una stanza segreta, come quelle che siamo abituati a vedere nei film, nascosta dietro una libreria per avere del tempo per sé stessi e le proprie passioni (24%). Sono uomini e giovani (18-35 anni) a prediligere le stanze dedicate e progettate per svago e intrattenimento.
Gli italiani si dimostrano molto attenti alla cura del proprio corpo: per il 40% degli italiani, di cui il 45% sono donne e il 35% uomini, infatti, sarebbe un vero e proprio sogno ad occhi aperti poter dedicarsi a sessioni di relax nella spa con sauna, idromassaggio e bagno turco in casa proprio come al centro benessere.
Il tempo trascorso in casa e l’impossibilità di praticare attività sportiva all’aperto ha spinto i giovani tra i 18 e i 35 anni a desiderare dentro casa una palestra attrezzata con tapis roulant e tutto il necessario per allenarsi (33%) e tornare in forma dopo il lockdown.
Ma nella casa dei sogni non c’è solo divertimento e relax. Infatti oltre una persona su quattro (27%) vorrebbe un ufficio/studio, chiaro segno di come didattica a distanza e smart working abbiano influito sulla riorganizzazione degli spazi abitativi.
Tutti questi desideri sono in parte il frutto dell’impatto della pandemia sul modo di abitare la propria casa. In particolare, l’uso della cucina è aumentato per una persona su tre (33%), soprattutto tra chi ha oltre 55 anni (42%). Così come è aumentato il tempo che si trascorre nelle zone all’aperto della propria casa: balcone, terrazzo o giardino (29%).
Per eliminare le barriere architettoniche è possibile beneficiare di detrazioni. Quali sono gli interventi agevolabili? A fornire le indicazioni è il Fisco. Infatti a Fisco Oggi, la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate, un contribuente ha posto una domanda in merito. La risposta fornita diventa così una preziosa guida per tutti gli utenti interessati al tema.
Il contribuente ha domandato: “Si chiede se per usufruire della detrazione del 50% in dieci anni, prevista dall’articolo 16-bis del Tuir per gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, è necessario che nell’immobile ristrutturato abiti una persona disabile”.
Nel rispondere alla domanda, il Fisco ha innanzitutto ricordato che gli interventi finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche rientrano tra i lavori di recupero del patrimonio edilizio, previsti dall’articolo 16-bis del Tuir.
Per le spese relative agli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche sostenute entro il 31 dicembre 2024, è riconosciuta una detrazione del 50%. Tale detrazione è da ripartire in dieci quote annuali di pari importo e da calcolare su un importo massimo di 96.000 euro. A partire dal 2025 la percentuale di detrazione scenderà al 36% e si calcolerà su un importo massimo di spesa di 48.000 euro.
Il Fisco ha poi ricordato che l’Agenzia delle Entrate ha più volte precisato che la detrazione spetta anche se l’intervento per l’eliminazione delle barriere architettoniche è effettuato in assenza di persone con disabilità nell’unità immobiliare o nell’edificio oggetto dei lavori. Ricordando tuttavia che gli interventi che non presentano le caratteristiche tecniche previste dal decreto ministeriale n. 236/1989 non possono essere qualificati come interventi di abbattimento delle barriere architettoniche e quindi non sono agevolabili come tali.
Fonte: FiscoOggi
AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha pubblicato il documento ufficiale per la realizzazione delle reti in fibra ottica nei condomini. L’Authority chiarisce che scopo primario di tali linee guida, è quello di agevolare il perseguimento di un obiettivo di cablatura stilato a livello nazionale.
Tali linee guida forniscono infatti indicazioni circa il corretto svolgimento di tutte le attività correlate alla realizzazione della rete in fibra ottica nei condomini, comprese le condotte da tenere in fase di richiesta di accesso, i prezzi per l’accesso all’eventuale infrastruttura esistente, la gestione delle attività di attivazione e migrazione, nonché le modalità di risoluzione in caso di controversie.
Uno degli obiettivi del Governo italiano è infatti quello di garantire una connettività FTTH da 1 Gbps a tutti i cittadini entro il 2026 (il cosiddetto Piano Italia a 1 Giga). Le linee guida sono state scritte proprio per velocizzare la realizzazione delle reti in fibra ottica nei condomini, evitando ritardi dovuti a incomprensioni e/o contenziosi di vario genere tra vicini.
Sulla base di quanto stabilito dall’AGCOM, vige l’auspicio di una mutua collaborazione in modo tale da assicurare la massima rapidità ed economicità dei lavori in atto. L’art. 2, nello specifico, parla di:
“facilitare l’interazione tra operatore e condominio, dettando tempi certi per il sopralluogo ed assicurando la massima partecipazione del condominio nella fase della predisposizione del progetto da parte dell’operatore anche attraverso la formulazione di proposte, alternative e ragionevoli, per la posa dei cavi, compreso l’uso delle infrastrutture di posa esistenti, laddove utili a ridurre gli interventi sull’immobile ed evitare inutili duplicazioni”.
Nelle linee guida vengono riportate le principali disposizioni normative, tra cui quella che consente all’operatore di accedere alle parti comuni degli edifici per installare (a proprie spese) tutti gli elementi necessari (come cavi, tubi, supporto), senza andare ad alterare l’estetica. Il ripristino dello stato originario dovrà essere effettuato a spese dell’operatore, il quale sarà chiamato a rimborsare in caso di eventuali danni.
Per evitare una inutile duplicazione, gli operatori potranno utilizzare l’impianto multiservizio già realizzato (obbligatorio negli edifici costruiti a partire da luglio 2015), concordando con il condominio il prezzo di accesso. L’operatore acquisirà così i diritti d’uso pluriennali con gestione e manutenzione.
L’amministratore dovrà consentire il sopralluogo da parte dell’operatore nel giorno concordato almeno con 6 giorni di preavviso. Durante il sopralluogo, sarà inoltre possibile suggerire all’operatore soluzioni alternative per la posa dei cavi. Al termine dovrà essere redatto un verbale che l’operatore invierà successivamente unitamente al progetto e alla documentazione tecnica.
Fonte: Comunicazione AGCOM
Case occupate, lo sfregio degli abusivi ai proprietari, nell’ultima inchiesta portata avanti dal giornalista Mario Giordano alla trasmissione “Fuori dal coro”.
Al centro della vicenda, un ragazzo che, insieme alla compagna, abita abusivamente un appartamento. Il proprietario dell’alloggio è un pensionato di La Spezia. Si tratta dell’ennesimo locatore doppiamente sotto scacco: con casa occupata e affitto non corrisposto da dieci mesi.
Sì, perché come spesso accade, gli accordi che dovrebbero regolarizzare affitti contrattualizzati con tanto di canone mensile, a causa dell’arbitrio e dell’arroganza degli affittuari abusivi, diventano carta straccia. E al danno della casa occupata, il proprietario deve aggiungere anche la beffa del mancato introito.
Nel caso trattato nella trasmissione “Fuori dal coro”, il proprietario ha subito, oltre al danno e alla beffa, anche l’aggressione fisica: la violenza di un pugno sferrato all’improvviso dall’inquilino abusivo, in stato di ubriachezza. Un colpo inferto con violenza, che ha portato la vittima in ospedale, da cui è uscito con una prognosi di 10 giorni e un referto di trauma cranico.
Colpi che, per tutti i proprietari di immobili defraudati da occupanti abusivi, arrivano da tutte le parti: dagli inquilini morosi e illegittimi. E dall’impotenza di uno Stato che, anche a fronte di condanne e decreti di sfratto, difficilmente riesce a liberare i cittadini dalla morsa della prepotenza di questi abusi.
Quello denunciato da Mario Giordano a Fuori dal Coro è soltanto l’ultimo dei tanti casi di proprietari di case “sfrattati” da occupanti abusivi o defraudati da inquilini morosi. Un fenomeno drammatico, sempre più diffuso, contro il quale ad oggi lo Stato non ha ancora mosso un dito.
Quando si tratta di acquistare un prodotto, per il 53% degli europei il fattore decisionale è il prezzo. Mentre solo al 32% interessa la sostenibilità. È quanto rileva un’indagine che Grohe ha commissionato alla società internazionale di ricerca YouGov realizzata in sette nazioni europee, Italia inclusa.
Gli italiani sono in linea con la media europea, con il 47% che si è dichiarato attento al prezzo, mentre per il 36% la priorità è la sostenibilità. È tra gli over 55 si concentra una maggiore sensibilità verso un acquisto eco friendly (40%), mentre nella fascia 18-34 l’attenzione maggiore viene data al prezzo (55%). Allo stesso modo gli abitanti nelle aree urbane sono più attenti al prezzo (52%) rispetto a quelli delle aree rurali (42%). Se i più sensibili al costo sono i russi con ben il 70% delle preferenze, il Paese più virtuoso è la Francia, con il 49% di preferenze per l’aspetto sostenibile. Plastica (54%), rifiuti generici (53%) energia (51%), acqua (37%) ed emissioni di CO2 (40%): sono questi i principali fattori di risparmio di risorse e rifiuti a cui prestano attenzione gli europei quando acquistano un nuovo prodotto.
In Italia, in particolare, l’attenzione maggiore è verso la plastica (58%), l’energia (57%) e i rifiuti generici (55%). Il 46% dimostra attenzione verso la riduzione di emissioni di CO2, mentre il risparmio idrico è il fattore meno rilevante (34%). Diverso l’atteggiamento in Danimarca, dove il 53% del campione si dimostra sensibile al tema delle emissioni. La Francia rimane in prima posizione in termini di risparmio energetico e idrico in relazione ai nuovi acquisti: Il 58% presta attenzione al basso consumo di energia il 47% tiene d’occhio il consumo di acqua. In coda rispetto a quasi tutti i parametri c’è la Russia.
I metodi per riscaldare la seconda casa, molto spesso, non seguono le stesse logiche impiegate per le abitazioni principali. Riscaldare un immobile in città, infatti, impone priorità diverse rispetto a una proprietà in montagna o in campagna durante l’inverno.
Per riscaldare una seconda casa, in campagna o in montagna, la soluzione ideale è puntare su caldaie che richiedono combustibili economici e non funzionino a gas o metano. È il caso delle caldaie a biomassa, alimentate da composti provenienti da coltivazioni agricole, dalla deforestazione e da scarti di origine biologica.
Nello specifico, le biomasse ricavate dalla legna rappresentano una scelta in grado di guardare sia al risparmio sia all’ambiente, perché rappresentano una fonte energetica rinnovabile e hanno bassi costi di acquisto.
Caldaia a legna
La caldaia a legna rappresenta dunque un’ottima opzione per chi deve riscaldare una seconda casa. La temperatura tra le mura domestiche aumenta infatti molto in fretta, con questo tipo di combustibile. Inoltre ha un rendimento può arrivare fino al 90% e le emissioni nell’atmosfera sono ridotte al minimo.
Le caldaie a legna negli ultimi anni hanno fatto molti passi in avanti dal punto di vista tecnologico e hanno lo stesso principio di una qualsiasi caldaia a gas: l’energia termica prodotta dalla combustione della legna viene ceduta all’acqua attraverso uno scambiatore di calore e, quindi, diffusa nell’abitazione.
La tipologia di caldaia a legna a fiamma inversa è tra le più diffuse e preferite per riscaldare la seconda casa, anche perché ha la camera di combustione posta al di sotto del vano di carico della legna. Per questo la biomassa brucia in maniera graduale, così da avere una combustione controllata. Per quanto riguarda l’installazione è necessario avere a disposizione almeno 10 metri quadri da adibire a locale caldaia.
Caldaia a pellet
La scelta di una caldaia a pellet, invece, è particolarmente consigliata per riscaldare l’abitazione principale. Il pellet è formato da piccoli cilindri ottenuti dalla pressatura della segatura e dagli scarti essiccati della lavorazione del legno. Ha proprietà calorifiche tra le più alte sul mercato, oltre a costi molto più economici rispetto ai combustibili fossili. La caldaia a pellet può sostituire integralmente una vecchia caldaia. La sua installazione è molto semplice: è sufficiente collegare i tubi già presenti e montare il silos nelle vicinanze. Anche la caldaia a pellet, come quella a legna, ha bisogno di uno spazio dedicato di almeno 10 metri quadri complessivi.