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Risparmiare sulle spese di riscaldamento con il cappotto termico

In tempi di caro-bollette, risparmiare sulle spese del riscaldamento domestico è un traguardo importante, che in molti si prefiggono. E in epoca di bonus per l’edilizia sono in tanti a guardare con favore il cappotto termico, intervento che consente concretamente di contenere i costi per il riscaldamento della casa.
Il cappotto termico rappresenta infatti uno degli strumenti più efficaci per migliorare le prestazioni energetiche di un edificio. Numerosi sono i suoi pregi in termini di efficientamento. Ottimizza i consumi energetici e migliora il comfort abitativo, garantendo coibentazione termica, isolamento dal caldo e dal freddo e, di fatto, aumentando anche il valore dell’immobile stesso.
Inoltre, il cappotto termico rientra tra gli interventi agevolabili dai bonus casa prorogati dalla legge di Bilancio 2022. Nel dettaglio, possono beneficiarne i condomini, le persone fisiche per abitazioni in condominio e indipendenti, professionisti e imprese, gli istituti autonomi case popolari e le cooperative di abitazione.
Il cappotto termico può essere installato sulla facciata esterna o all’interno della struttura dell’abitazione. La scelta della tipologia dipende dal luogo e dagli effetti che si vogliono ottenere. A seconda dei materiali utilizzati, il costo oscilla tra i 50 e gli 80 euro al mq.
Uno studio dell’Enea ha misurato quanto si risparmia con il cappotto termico. Secondo il report, il risparmio medio annuo si assesta intorno al 20% per i costi in bolletta. Questo vuol dire che una famiglia che annualmente spende 1000/1200 euro per il riscaldamento a gas, può arrivare a risparmiare circa 400 euro l’anno. A questo risparmio, vanno aggiunte le agevolazioni fiscali previste dai bonus casa per l’efficientamento energetico degli edifici.

Piemonte, tre milioni di euro per eliminare le barriere architettoniche

Più di 3 milioni di euro per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli stabili privati.

La giunta regionale, su proposta dell’assessore regionale al Welfare, Chiara Caucino ha deciso di destinare 3.296.057,72 euro di risorse statali per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.

I fondi stanziati

Tali fondi serviranno a soddisfare il fabbisogno relativo agli invalidi totali e parziali relativi alle richieste pervenute fino a marzo 2021, pari a 1.383.479,87 euro e 13.428,68 euro comunicati dai Comuni alla Regione successivamente ai tempi stabiliti relativi al fabbisogno dal 2018 al 2021, per un totale di 1.396.908,55 euro.

La somma restante, pari a euro 1.899.149,17 euro, varrà utilizzata per soddisfare il fabbisogno comunicato dai Comuni entro marzo 2022.

Confermati anche i criteri di riparto e la quota massima di contributo concedibile ai richiedenti, pari a euro 8.147,00: il che significa che con il totale delle risorse messe in campo sarà possibile finanziare circa 600 interventi in tutto il Piemonte.

L’attuazione della delibera è stata quindi affidata al Settore Politiche di Welfare Abitativo della direzione regionale Sanità e Welfare.
I destinatari del contributo sono persone disabili con menomazioni o limitazioni funzionali di carattere motorio e i non vedenti che sostengono direttamente le spese per la rimozione degli ostacoli alla mobilità nella propria abitazione; condomìni ove risiedono disabili per le spese di adeguamento relative alle parti comuni e genitori o tutori che hanno a carico persone con disabilità permanente.
Il contributo è concesso per l’accessibilità all’immobile o alla singola unità immobiliare, per opere da realizzarsi su parti comuni di un edificio o immobili o porzioni degli stessi in esclusiva proprietà o in godimento al disabile.

Fonte: Comunicato Stampa Regione Piemonte

Bonus per la sostituzione degli infissi

Le agevolazioni per rinnovare il patrimonio edilizio riguardano anche gli infissi. Per rinnovare finestre e serramenti si possono infatti utilizzare il superbonus 110%, il bonus ristrutturazione e l’ecobonus.
All’interno del superbonus 110% è possibile procedere anche con la sostituzione degli infissi. Il rimborso della spesa sostenuta, in questo caso, è però possibile solo se in contemporanea sono stati effettuati i cosiddetti lavori trainanti. Questo vuol dire che, prima degli infissi, si è provveduto all’isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro degli edifici. Oppure alla sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti. O, ancora, sono previsti interventi antisismici. In base alle ultime disposizioni, per usufruire del superbonus la scadenza è fissata al 31 dicembre 2025.
È possibile procedere alla sostituzione degli infissi anche nell’ambito del bonus ristrutturazione. In questo caso, però, il massimo rimborso ottenibile è pari al 50% delle spese, con un tetto di 48mila euro, ripartito in 10 quote annuali di pari importo. La scadenza, per beneficiare di questa agevolazione, è fissata al 31 dicembre 2024. Inoltre, nel caso dell’opzione per la detrazione nella dichiarazione dei redditi, la sostituzione degli infissi non deve far parte di interventi più complessi. Mentre se l’opzione scelta è la cessione del credito o lo sconto in fattura, è possibile beneficiare della detrazione fiscale per la sostituzioni degli infissi solo se l’immobile viene ristrutturato.
La spesa per la sostituzione degli infissi può essere agevolata al 50% anche nell’ambito dell’ecobonus, con un tetto di spesa di 60mila euro. Gli interventi, però, devono comportare un miglioramento energetico dell’edificio e i nuovi infissi devono delimitare volumi riscaldati o verso l’esterno o verso vani non riscaldati, con un valore di conduzione termica non superiore al tetto fissato per la fascia climatica in cui si trova l’immobile. Come per il bonus ristrutturazione, anche per l’ecobonus la scadenza è fissata al 31 dicembre 2024.

Scende ancora la fiducia delle famiglie

A febbraio, per il secondo mese consecutivo, scende la fiducia dei consumatori, che arriva a toccare il minimo da maggio 2021. Risale un pochino, invece, dopo il calo di gennaio, la fiducia delle imprese.
Lo rivela l’Istat, che fotografa un andamento altalenante di famiglie e imprenditori, tra pessimismo e ottimismo. Attese e giudizi potrebbero però peggiorare a breve, sulla scia del conflitto in Ucraina e sugli effetti ancora da fronteggiare del caro prezzi, bollette e carburanti in testa.
L’Istat, intanto, rileva che a febbraio l’indice di fiducia delle imprese torna ad aumentare dopo il deciso calo registrato lo scorso gennaio (passando da 105,3 a 108,2). Il recupero si deve ad un miglioramento della fiducia nel comparto dei servizi e in quello delle costruzioni, mentre al contrario diminuisce nel settore manifatturiero e nel commercio al dettaglio.
A calare è invece l’indice di fiducia dei consumatori, passato in un mese da 114,2 a 112,4. A determinare la diminuzione è il peggioramento dei giudizi sia sulla situazione economica generale, sia su quella personale. I dati sulla fiducia di famiglie e imprese sono “destinati a peggiorare nelle prossime settimane, a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina. Una situazione incandescente” che insieme “all’emergenza bollette, all’allarme sui prezzi e alla crisi dell’energia potrebbe avere conseguenze pesanti” sui consumi e sull’economia, afferma il Codacons.
Dello stesso avviso l’Unione nazionale consumatori, secondo cui pesa “l’effetto caro bollette, caro benzina e carovita”, e per questo chiede al Governo di intervenire ancora per tagliare i costi di luce e gas e di ridurre le accise sui carburanti: “Gli italiani vedevano già un futuro buio prima dell’invasione dell’Ucraina, figurarsi cosa succederà a marzo”.
Il clima di fiducia registrato a febbraio “riflette in misura abbastanza puntuale le difficoltà dell’economia italiana”, afferma Confcommercio. L’Associazione evidenzia in particolare i “segnali di sofferenza” che arrivano dal manifatturiero e dal commercio al dettaglio tradizionale, con i negozi ed i piccoli esercizi che faticano a tenere il passo delle vendite online e della grande distribuzione. Difficoltà anche per gli operatori del turismo, tra i più colpiti dalla crisi pandemica.

Con il caro bollette, stangata sulla spesa

Il caro bollette porta a una vera e propria stangata per le famiglie italiane. All’aumento delle utenze domestiche, con il rincaro stratosferico delle bollette di luce e gas, si aggiungono infatti i costi aggiuntivi nel carrello della spesa.
Gli aumenti più consistenti sembrano infatti proprio quelli per i beni alimentari, ma anche per tanti altri prodotti.
Un report realizzato da Assoutenti prova a quantificare questi aumenti sulla base dei dati Istat sull’inflazione di gennaio.
Considerando il livello attuale dei prezzi il report ipotizza una stangata da ben 38,5 miliardi di euro per le famiglie italiane. Il report non si limita a fornire il dato complessivo di tutte le famiglie, ma prova anche a stimare quanto l’aumento dei prezzi incida sulle spese di ogni famiglia. E calcolando i medesimi consumi dell’anno precedente si parla di 1.480 euro in più.

Quali prezzi aumentano: i generi alimentari
L’aumento maggiore si registra sui prodotti alimentari di largo consumo. In particolare il pane, che a gennaio è aumentato del 3,9% rispetto allo scorso anno. Il prezzo della pasta sale del 10%, quello dei frutti di mare dell’8,4% in un anno. Ancora più ingente l’incremento per le verdure: 13% in più e una spesa maggiore per quasi 60 euro a famiglia. Ancora, aumentano i prezzi dell’acqua minerale (3%), dei gelati (4%) e dei succhi di frutta (4,8%).

I costi più alti per la casa
Ad aumentare sono anche i costi per le casa. Non solo i rincari diretti sulle bollette, quindi, ma anche un maggiore costo per l’acquisto dei mobili (4% in più in un anno), degli apparecchi domestici (5,1%), degli impianti di riscaldamento e dei condizionatori (16,2%). Infine, l’aumento riguarda anche piante e fiori, con un maggior costo del 4,5%.

Bollette più leggere con elettrodomestici più performanti

Scegliere elettrodomestici più performanti per risparmiare energia e ridurre i consumi. E di conseguenza il costo delle bollette. Sono ormai le parole d’ordine. Per raggiungere l’obiettivo sarebbe fondamentale sostituire uno o più elettrodomestici. I migliori, sotto il profilo del risparmio energetico, sono quelli di classe non inferiore ad A+.
Ogni elettrodomestico, dalla tv alla lavatrice, ha il suo consumo di energia elettrica e per ciascuno di essi l’adozione di piccoli accorgimenti consente di evitare inutili sprechi. Un gesto semplice e poco invasivo per ridurre il costo medio derivante dagli apparecchi tecnologici presente in bolletta è usarli con accortezza e non lasciarli in stand by.
Per alcuni elettrodomestici, poi, è possibile impostare anche funzionalità e programmi per incidere positivamente sul consumo. Ad esempio, nel caso del frigorifero che resta sempre acceso, si può impostare una temperatura più alta rispetto alla minima, che è più dispendiosa, per avere un duplice beneficio: ridurre i consumi e risparmiare.
Anche la sostituzione delle vecchie lampade a incandescenza con quelle a LED di ultima generazione è una scelta che permette di risparmiare in bolletta. Nonostante il costo più elevato rispetto a quelle tradizionali, le lampadine a LED sono più efficienti e durano circa 15/25 volte di più. Uno stratagemma semplice e non invasivo per tagliare i costi in bolletta.

Riscaldamento a soffitto: i vantaggi

Esistono vari modi per riscaldare la propria casa. Tra questi c’è anche il “riscaldamento a soffitto”.
L’impianto di riscaldamento a soffitto sfrutta pannelli radianti, che sono in grado sia di riscaldare sia di raffreddare la casa, sfruttando lo stesso sistema di tubature. A seconda delle esigenze, la temperatura può essere impostata tra 18 e i 40°C.
Per farsi un’idea del costo di un impianto di riscaldamento a soffitto bisogna tener conto dei prezzi dei pannelli radianti (ad acqua o elettrici), dei costi della caldaia (a condensazione oppure a pompa di calore), e della posa dei pannelli.
Con grande approssimazione, escludendo i costi per la caldaia, la realizzazione di un impianto di riscaldamento a soffitto può costare tra i 120 e 160 euro al mq (solo la fornitura e posa in opera dei pannelli radianti). Questo tipo di intervento può beneficiare delle agevolazioni previste dal superbonus o dell’ecobonus, a seconda dei casi.
Un impianto di riscaldamento a soffitto trasferisce calore aumentando o diminuendo la temperatura media superficiale, portandola il più vicino possibile alla temperatura dell’aria. In questo modo il flusso di calore emesso per irraggiamento risulta molto più elevato di quello per convezione.
Il riscaldamento a soffitto funziona nello stesso modo di tutti i sistemi a pannelli radianti: mediante dei pannelli di vario materiale che contengono all’interno delle serpentine di plastica dove scorre acqua calda per il riscaldamento (o fredda per il raffreddamento).
A differenza di un impianto a radiatori, dove la temperatura dell’acqua oscilla tra 60°C ed 80°C, un impianto a soffitto radiante mantiene la temperatura dell’acqua nei pannelli più bassa, generalmente a 35°C per riscaldare e 18° C per raffrescare. Nel caso di riscaldamento a soffitto elettrico ad infrarossi, ovviamente, non ci sono tubature d’acqua, ma serpentine dove passa corrente elettrica a bassa o bassissima tensione.
Uno dei principali vantaggi del riscaldamento a soffitto è il risparmio energetico. Inoltre, generando poca umidità, grazie al principio di funzionamento a irraggiamento, impedisce la formazione di muffe in casa.
Con un impianto di riscaldamento a soffitto si ottiene sempre una temperatura uniforme, che garantisce comfort abitativo anche in situazioni con soffitti molto alti. I pannelli radianti a soffitto a spessore ridotto, inoltre, rendono questa tipologia di riscaldamento perfetta in caso di ristrutturazioni o in presenza di problemi di altezza minima da rispettare.

Cessione del credito pro-soluto e pro-solvendo

Cessione del credito pro-soluto e pro-solvendo:differenze, caratteristiche e vantaggi delle due tipologie di cessione del credito
Quando un credito viene trasferito da un soggetto a un altro, si parla di cessione del credito. Che può essere di due diversi tipi, pro soluto e pro solvendo. In base alla tipologia della cessione, cambiano le dinamiche e gli obblighi che intercorrono tra le parti.
Pro soluto e pro solvendo sono quindi le due modalità di cessione del credito, che si distinguono perché comportano o meno specifici obblighi in capo al cessionario.
In caso di cessione del credito pro soluto, il cedente si libera da ogni responsabilità in merito all’adempimento da parte del debitore. L’unico suo onere è provare che il credito esiste e può essere ceduto, perché non esistono particolari vizi, né cause di annullamento o nullità. Nella cessione del credito pro soluto è il cessionario a farsi carico del rischio dell’inadempimento.
La situazione cambia radicalmente nella cessione del credito pro solvendo, perché in questo caso il cedente deve garantire che il debitore eseguirà la prestazione dovuta. In caso di inadempimento, il cessionario potrà rivolgersi al cedente, che a sua volta è tenuto a pagare la somma dovuta dal debitore.
In questa seconda ipotesi il rischio dell’inadempimento è a carico del cedente, che non deve garantire solo che il credito esiste, ma anche che verrà ripagato. In caso contrario sarà proprio il cedente a mettere mano al portafogli e pagare.
Nonostante le commissioni nella tipologia pro soluto in genere siano più elevate, è la formula più utilizzata, proprio perché consente al cedente di non essere più parte del rapporto debitorio e di garantire solo l’esistenza del credito.

Incidenti domestici: gli ambienti più pericolosi

Secondo gli studi sul fenomeno degli incidenti domestici, incrociando i dati Istat e Siniaca, il Sistema informativo nazionale sugli incidenti in ambiente di civile abitazione, emerge un quadro piuttosto chiaro: in testa alla lista nera degli ambienti di casa per pericolosità c’è la cucina, dove si verifica il 36% degli incidenti domestici.
Altri luoghi domestici dove avvengono con maggior frequenza gli incidenti sono: camera da letto 14%; soggiorno 12%; scale 8%; bagno 8% (specialmente a causa di superfici bagnate, e quindi scivolose, dei sanitari o mentre si entra o si esce dalla vasca o dalla doccia); pertinenze esterne della casa (giardino, cortile, ecc.) 6%.
Anche la tipologia dei pavimenti e degli arredi comporta un aumento o una diminuzione del rischio. La presenza di tappeti, per esempio, fa aumentare il rischio di scivolare.
La casa dovrebbe essere concepita per lasciare sempre spazi sufficientemente ampi. Il passaggio dovrebbe essere sempre libero, senza ostacoli o mobili ingombranti che intralciano il cammino. Soprattutto alcune stanze, come bagno e cucina, dovrebbero essere progettate tenendo conto dei movimenti necessari per svolgere le principali funzioni proprie di quell’ambiente in sicurezza.
In cucina non dovrebbero esserci ostacoli tra il fornello e il tavolo, per evitare di dover superare barriere mentre si trasporta qualcosa di bollente. Anche in bagno è importante avere spazio tra i sanitari.
La guida del Ministero sconsiglia di progettare la casa con pavimenti irregolari, con dislivelli (soppalchi o gradini) o con fughe larghe. Allo stesso modo è consigliato di evitare le cere sui marmi, che possono rendere i pavimenti eccessivamente scivolosi.
Oltre a rispettare le regole di pedata e alzata, le scale dovrebbero essere sempre fornite di ringhiera e parapetto. Seguendo le regole di sicurezza bisognerebbe applicare una striscia antiscivolo sul bordo di ogni gradino. Se ci sono bambini in casa si dovrebbe provvedere a installare un cancelletto che impedisca l’accesso alle scale.

Dopo la compravendita immobiliare, chi paga le spese condominiali

Chi paga le spese condominiali dopo la compravendita. La normativa di riferimento è molto precisa in proposito. Ma il tema rimane dibattuto. L’art. 63 delle Disposizione per l’attuazione del Codice Civile recita: “Chi subentra nei diritti di un condomino, è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore (di condominio) copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”.
Secondo la legge, dunque, nel caso di compravendita di un appartamento ubicato in uno stabile condominiale, l’acquirente è obbligato, in solido con il venditore, al pagamento delle quote condominiali relative all’anno in corso e a quello precedente la vendita.
Ne deriva che l’amministratore di condominio può agire per il recupero delle predette quote non saldate, nei confronti di entrambi i soggetti: il vecchio e il nuovo condomino.
In caso di trasferimento della proprietà di un immobile condominiale, l’amministratore di condominio ha dei doveri ben precisi. La legge n. 220/2012 (la “Riforma del condominio”), infatti, ha introdotto norme utili per i venditori e di conseguenza per i compratori che vogliono valutare complessivamente la situazione, modificando la disciplina codicistica civile in vigore fino ad allora.
L’art. 1130 c.c., al n. 9, prevede, adesso, che l’amministratore debba “fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso”. Il mancato adempimento a quest’obbligo può condurre alla revoca dell’amministratore stesso per gravi irregolarità di gestione.
Pertanto, l’acquirente ha la possibilità di accordarsi con il venditore affinché quest’ultimo faccia richiesta all’amministratore di rilascio della predetta attestazione. L’amministratore non potrà sottrarsi. Ma come può fare l’acquirente per non pagare le spese condominiali relative ai periodi antecedenti la vendita? Includendo nel contratto preliminare una clausola di manleva con quale le parti concordano che unico obbligato per le spese di condominio maturate prima del perfezionamento del trasferimento della proprietà dell’immobile sia il venditore. O anche condizionando la vendita, sempre per mezzo di clausola contrattuale, al pagamento di tali spese da parte del venditore.