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Legge di Bilancio 2022: stop alle rate del mutuo prima casa per tutto il 2022

Non solo i lavoratori dipendenti, ma anche i lavoratori autonomi, dai professionisti agli imprenditori, potranno chiedere la sospensione delle rate del mutuo per la prima casa, anche per tutto l’anno, a patto che il mutuo stipulato non sia di valore superiore a 400.000 mila euro.
La novità è contenuta nella Legge di Bilancio 2022 /articolo 1, comma 62), che proroga fino al 31 dicembre l’operatività del Fondo Gasparrini e l’estensione dei requisiti d’accesso.
La nuova proroga consente ai lavoratori autonomi, ai professionisti e agli imprenditori di presentare domanda fino al 31 dicembre 2022, a patto però di autocertificare di aver subito un calo di fatturato superiore al 33% in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 e precedente alla domanda, a causa della chiusura o della restrizione della propria attività a causa dell’emergenza Covid-19.
Non cambiano quindi le regole generali previste dall’articolo 54 comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha previsto in via emergenziale l’apertura del Fondo Gasparrini anche ai titolari di partita IVA.
La possibilità di sospensione si applica quindi anche ai mutui coperti dal Fondo di garanzia per la prima casa, e potrà essere richiesta anche dalle cooperative edilizie a proprietà indivisa per i mutui ipotecari dalle stesse erogati.
Non sarà necessario presentare il modello ISEE, e la sospensione dal pagamento delle rate potrà essere concessa anche per i mutui precedentemente ammessi al Fondo Gasparrini, il cui pagamento sia ripreso regolarmente per almeno tre mesi.
La possibilità di richiedere la sospensione dal pagamento del mutuo prima casa riguarda in via ordinaria i lavoratori che: hanno cessato il rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione; in caso di cessazione di rapporti di lavoro “atipici” di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa, con attualità dello stato di disoccupazione; in caso di morte o riconoscimento di handicap grave di un titolare del mutuo, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all’80%; in caso di sospensione dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di cassa integrazione.
Fino al 31 dicembre 2022, per l’accesso al Fondo non è richiesta la presentazione del modello ISEE. Si ricorda infatti che in via ordinaria l’accesso alla sospensione del mutuo spetta solo ai contribuenti con ISEE fino a 30.000 euro.
A differenza del tetto massimo ordinario di 250.000 euro, fino al 31 dicembre 2022 sono inoltre ammissibili mutui di importo non superiore a 400.000 euro.
Fino all’8 aprile 2022, la sospensione dal pagamento delle rate potrà essere richiesta anche per i contratti di mutuo in ammortamento da meno di un anno.
Non sarà possibile richiedere la moratoria dai versamenti nelle seguenti ipotesi: nel caso di ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell’atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato; nel caso di fruizione di agevolazioni pubbliche (ad eccezione dei casi d’accesso al fondo per il mutuo prima casa); per i mutui relativamente ai quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi che danno diritto al beneficio della sospensione, a specifiche condizioni.
La domanda per la sospensione del mutuo potrà essere presentata presso la banca che ha concesso il mutuo.

Aste immobiliari, cosa è successo nel 2021 e cosa capiterà

Il settore delle aste immobiliari fatica a uscire dalla crisi innescata dal Covid. Tuttavia gli esperti prevedono che nei prossimi anni saranno in aumento gli immobili che verranno posti all’asta, proprio a causa delle conseguenze sull’economia create dalla pandemia.
In particolare, secondo Astasy, il mancato recupero di capitali da aste giudiziarie nell’anno 2020 è potenzialmente stimabile in 8.600.378.123,25 di euro. Secondo Reviva, il 2021 si è chiuso con 44.714 aste sospese per una perdita complessiva di 6,6 miliardi di euro, con ancora una grande incertezza e ripresa ancora lenta. Inoltre, secondo Banca d’Italia, il prezzo delle case all’asta è sempre più scontato rispetto al mercato, svalutandosi anche del 60 per cento.
Il segmento delle aste immobiliari vede fiorire in Italia una serie di nuove realtà e di business destinati a durare nel tempo. Ad esempio sbarcano nel nostro Paese le aste immobiliari tra privati, simili a delle eBay delle case. Il connubio tra aste e tecnologia si trova nella blockchain: in futuro si sentirà sempre più parlare di tali applicazioni nel mondo dello scambio di immobili all’asta, soprattutto privata.
Le aste immobiliari restano comunque una fonte di investimento interessante se si sa dove cercarle in Italia. Le riqualificazioni dei borghi possono ad esempio essere agevolate dalle aste immobiliari. Un altro pezzo di patrimonio nazionale riqualificabile tramite le aste sono le caserme, nel 2021 interessate da un apposito bando Anas.

Legge di Bilancio 2022: prorogato il bonus ristrutturazione

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo della Legge di Bilancio. Tra i vari incentivi previsti dallo Stato per le opere di adeguamento edilizio del patrimonio immobiliare, è prevista la proroga anche per il bonus ristrutturazione. Il beneficio proseguirà fino al 2024, mantenendo le regole attuali. In sintesi, si tratta di un’agevolazione fiscale per i lavori di ristrutturazione edilizia, con una detrazione fiscale del 50% (ripartita in 10 quote annuali di pari importo, ma sono previste anche le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito) e fino a un limite massimo di spesa di 96.000 euro.
Inoltre, il bonus ristrutturazione prevede che si applichi una detrazione Irpef, entro l’importo massimo di 96.000 euro, anche per chi acquista fabbricati ristrutturati a uso abitativo. A prescindere dal valore degli interventi eseguiti, l’acquirente o l’assegnatario dell’immobile deve comunque calcolare la detrazione su un importo forfetario, pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’abitazione (comprensivo di Iva).
Anche la detrazione prevista dal bonus ristrutturazione va ripartita in 10 rate annuali di pari importo, e spetta nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro 18 mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile.
Possono beneficiare bonus ristrutturazione non solo i proprietari o i titolari di diritti reali sugli immobili per i quali si effettuano i lavori e che ne sostengono le spese, ma anche l’inquilino o il comodatario.
In particolare, hanno diritto alla detrazione: il proprietario o il nudo proprietario; il titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie); l’inquilino o il comodatario; i soci di cooperative divise e indivise; i soci delle società semplici; gli imprenditori individuali, solo per gli immobili che non rientrano fra quelli strumentali o merce.
Hanno diritto alla detrazione, inoltre, purché sostengano le spese e siano intestatari di bonifici e fatture: il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento (il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado) e il componente dell’unione civile; il coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge; il convivente more uxorio, non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi né titolare di un contratto di comodato, per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

Le regole del contratto di locazione “4+4”

Una delle tipologie di contratto d’affitto più diffuse è il contratto di locazione 4+4. Questa formula consente a locatore e conduttore di definire il canone mensile ed eventuali ulteriori accordi senza richiedere l’assistenza di alcuno, notaio o avvocato. È sufficiente procedere con una scrittura privata che, per essere valida, deve essere poi controfirmata dalle parti. A vincolare le due parti sanno la durata minima dell’accordo, stabilita dalla legge, e la procedura di rescissione del contratto.
Entro 30 giorni dalla sua stipula, il contratto deve essere registrato all’Agenzia delle Entrate. Il costo dovrebbe essere equamente ripartito, al 50 per cento, tra locatore e conduttore, ed entrambi sono ritenuti responsabili in caso di mancato pagamento. Effettuata la registrazione, il locatore deve darne notizia al conduttore e amministratore di condominio entro e non oltre i 60 giorni successivi.
La durata massima di un contratto di locazione 4+4 non è fissata dalla legge, che invece stabilisce la durata minima. In particolare, la durata minima è di quattro anni. Quindi il contratto si rinnova automaticamente per altri quattro anni (da qui il nume “4+4”), salvo comunicazione di disdetta da parte del conduttore. Disdetta che deve essere comunicata con almeno 6 mesi di anticipo rispetto al termine della prima scadenza, attraverso una raccomandata A/R o PEC.
Al termine della seconda scadenza di un contratto di locazione 4+4, invece, entrambe le parti sono libere di disdire l’accordo, avvisando con almeno 6 mesi di anticipo la controparte. Se nessuno chiede il recesso, il contratto si rinnova automaticamente.
La disdetta di un contratto di locazione 4+4 è permessa al locatario, durante i primi 8 anni di affitto, a patto che sussistano determinate condizioni. La disdetta per giusta causa può consistere in eventi non prevedibili in anticipo e non menzionati nel contratto controfirmato; eventi o situazioni completamente indipendenti dalle volontà dell’inquilino; fatti oggettivi che rendono impossibile la prosecuzione del contratto d’affitto.

Aumenti luce e gas, stangata per le famiglie

Il 2022 si apre con rincari record per le bollette dell’energia. Dal primo gennaio scattano infatti i nuovi aumenti, che per il primo trimestre saranno del +55% per l’elettricità e +41,8% per il gas.
Una stangata per i consumatori, ma che sarebbe stata ancora più forte senza gli interventi del governo, che ha messo sul piatto altri 3,8 miliardi in Legge di Bilancio.
Ma la situazione resta critica: il caro energia fa tremare molti settori produttivi e centinaia di migliaia di posti di lavoro sono a rischio. Tanto che l’esecutivo si sta già preparando a rafforzare ulteriormente le misure.
Gli aumenti per il primo trimestre 2022 decisi dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) segnano un nuovo record rispetto agli aumenti già forti degli ultimi trimestri (a luglio +9,9% per l’elettricità e +15,3% per il gas; a ottobre +29,8% per la luce e +14,4% per il gas) ma sarebbero stati ancora più forti senza l’intervento del governo: i nuovi straordinari record al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici all’ingrosso e dei permessi di emissione di CO2, spiega l’Arera, avrebbero infatti portato ad un +65% per la luce e +59,2% per il gas. In base a quanto previsto dalla legge di bilancio, l’Autorità ha potuto confermare l’annullamento transitorio degli oneri generali di sistema in bolletta e potenziato il bonus sociale alle famiglie in difficoltà, consentendo di alleggerire l’impatto su 29 milioni di famiglie e 6 milioni di microimprese. Le nuove tariffe si tradurranno in una spesa per la famiglia-tipo nell’anno scorrevole (tra il primo aprile 2021 e il 31 marzo 2022) di oltre 2.300 euro: circa 823 euro per la bolletta elettrica (+68% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell’anno precedente), spiega l’Arera, e circa 1.560 euro per il gas (+64%).
Considerando invece il 2022 si tratta di una stangata record da oltre mille euro in più a famiglia: una maggior spesa di 1.008 euro (441 euro per luce e 567 euro per il gas), secondo l’Unione Consumatori e di 1.119 secondo i calcoli del Codacons. Associazioni dei consumatori che considerano le misure del governo insufficienti e si appellano anche all’Ue perché imponga prezzi fissi. Il dossier è ormai da mesi sul tavolo del governo, che finora ha già investito 8 miliardi per mitigare questi aumenti, ricorda il ministro della transizione energetica Roberto Cingolani. Proprio il caro-energia è stato oggi al centro di una telefonata tra Matteo Salvini e il premier Mario Draghi. E dietro le quinte si lavora già ad altri interventi. “La manovra interviene con un pacchetto di misure fortemente voluto per contrastare il rincaro delle bollette. Si tratta di misure che verranno ulteriormente rafforzate dal Governo – annuncia il titolare dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – che considera prioritario sostenere le nostre realtà industriali e le famiglie in un momento molto delicato”.
Proprio dal mondo dell’industria intanto si alza il grido d’allarme del settore moda. “Vi è una sincera preoccupazione per la tenuta della filiera stessa”, avverte il presidente di Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini, che si appella al governo perché valuti “immediati interventi, in soccorso della seconda manifattura del Paese e per salvaguardare 50.000 imprese e 400.000 addetti, soprattutto cercando di fermare una speculazione che è l’origine primaria di aumenti di questi livelli”. Ma il rischio è ancora più grande, stima la Cgia di Mestre: nei primi 6 mesi del 2022 il caro-energia metterà a rischio, almeno con la sospensione temporanea, 500 mila posti di lavoro in Italia.
Con variazioni annue delle tariffe che in alcuni comparti rischiano di raggiungere il +250%, secondo gli Artigiani, molte aziende del vetro, della carta, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione laterizi, della meccanica pesante, dell’alimentazione, della chimica, etc., potrebbero essere costrette a fermare la produzione, perché non in grado di far fronte all’aumento esponenziale di questi costi fissi.

FONTE: aNSA

Manovra: Confedilizia, ora occhio alla riforma fiscale

La legge di Bilancio “si chiude senza scossoni. Il Parlamento ha migliorato il sistema di incentivi per gli interventi sugli immobili, che il Governo aveva eccessivamente limitato e complicato. Per il resto, si tratta di una manovra di ordinaria amministrazione, priva di particolari elementi innovativi. Ora, però, l’attenzione deve spostarsi su un provvedimento molto più importante: la riforma fiscale, che inciderà sulla tassazione di famiglie e imprese per molti anni”.
Lo afferma il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. Nel merito, l’attenzione della proprietà immobiliare si concentra particolarmente su due aspetti: uno è la revisione del catasto, evitando l’obiettivo “di aumentare il carico fiscale sugli immobili, prime case incluse. L’altro aspetto – prosegue – è la tassazione sugli affitti. Le esigenze sono due: la prima è mantenere la cedolare secca sulle locazioni abitative, che ha di fatto consentito l’esistenza di un’offerta abitativa in Italia; la seconda è l’estensione di questo regime sostitutivo agli immobili non residenziali, anche per tentare di arrestare la crisi del commercio e il dilagare dello sfitto, che ha riflessi pure su decoro e sicurezza delle nostre città. Su tutto ciò – conclude – confidiamo che il Parlamento voglia far sentire la propria voce”.

FONTE: Comunicato Stampa

Dal 3 gennaio via alla riorganizzazione delle frequenze tv nel Nord Italia

Dal 3 gennaio riprende la riorganizzazione delle frequenze tv sul digitale terrestre, che coinvolgerà gran parte delle regioni del nord Italia. I cittadini dovranno quindi risintonizzare i canali tv per continuare a guardare i programmi televisivi.
Lo annuncia una nota del Mise. Secondo la nuova roadmap stabilita dal dicastero di via Molise dal 3 gennaio al 9 marzo saranno interessate la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia (tranne la provincia di Mantova) e le province di Piacenza, Trento e Bolzano.
Dal 9 febbraio al 14 marzo invece, toccherà al Veneto, alla provincia di Mantova, al Friuli Venezia Giulia e all’Emilia Romagna.
La riorganizzazione delle frequenze è già stata avviata in Sardegna il 15 novembre e si completerà il prossimo 4 gennaio con gli altri canali Rai (Rai 1, Rai 2, Rai 3 Tgr Regionale e Rai News). L’8 marzo 2022, invece, le emittenti televisive nazionali provvederanno a dismettere la codifica di trasmissione Mpeg-2 ed attivare in tutto il Paese la codifica Mpeg-4 sullo standard tecnologico Dvbt, che consentirà di vedere i programmi in alta qualità solo per chi ha un televisore che supporta questa tecnologia. Fino al 31 dicembre 2022 le emittenti televisive nazionali potranno continuare comunque a trasmettere simultaneamente con entrambe le codifiche, ma sui numeri del telecomando da 1 fino a 9 ci saranno i canali con la nuova codifica.
Nella manovra è stata inserita anche una nuova agevolazione che prevede la consegna dei decoder a casa degli anziani over 70 con reddito inferiore a 20.000 euro, attraverso una apposita convenzione tra Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane S.p.a.
I cittadini che avranno necessità di cambiare il televisore o di acquistare il decoder potranno continuare a richiedere i bonus messi a disposizione dal Mise, le cui risorse sono state, su volontà del ministro Giancarlo Giorgetti e del sottosegretario Anna Ascani, ulteriormente rifinanziate con 68 milioni di euro nella legge di bilancio 2022.
È stata inoltre già avviata dal Mise, conclude la nota, una collaborazione con le regioni coinvolte dalla riorganizzazione delle frequenze che partirà il 3 gennaio per coordinare iniziative di comunicazione funzionali a raggiungere capillarmente tutti i comuni interessati.

Real estate: mercato del lusso in salita e trattative online

Lionard spa, tra i leader nel settore del luxury real estate con 14 miliardi di euro di portafoglio immobiliare, chiuderà il 2021 con una crescita di fatturato rispetto al 2020 del 120%. Se raffrontata con il 2019, e quindi il periodo pre-Covid, la crescita per Lionard “è superiore addirittura del 160%”.
Lo rende noto la stessa azienda – fondata a Firenze da Dimitri Corti – che parla di “boom dell’immobiliare di lusso”, settore che negli ultimi due anni segnati da “pandemia e recessione economica” non “ha risentito affatto di questo periodo complicato”.
Un nuovo trend, significativo del periodo, è anche quello relativo ai canali di vendita: nel 2021 infatti il 15% delle trattative sono state concluse online.
“Molti dei nostri clienti sono stranieri, e quindi i tanti blocchi dei viaggi causati dal Covid hanno sicuramente influenzato questo dato – afferma Corti -. Ma quello della vendita online è un trend destinato a crescere e reso possibile dai tanti mezzi di cui ci avvaliamo anche per le nostre importanti campagne marketing”.
Nel 2021, così come successo negli anni passati, la Toscana si conferma la meta più amata da chi vuole fare investimenti nel settore immobiliare di lusso, con il 46,7% di fatturato totale. Seguono la Lombardia con il 14,7%, la Liguria con 13,2%, la Campania con il 9,5% e infine il Lazio con il 9,2%.
“L’Italia continua ad attirare investitori e acquirenti dall’estero, confermando il Made in Italy di lusso come settore ritenuto affidabile per gli investimenti – aggiunge Corti -. I super ricchi a caccia di proprietà in Italia sono infatti per 64% stranieri, il restante italiani. Ad investire nel real estate di lusso nel nostro Paese sono soprattutto americani, tedeschi, svizzeri e inglesi”.

FONTE: Comunicato stampa

Alleanza Cooperative: “Superbonus, penalizzate le case popolari”

Con le ultime modifiche alla legge di Bilancio sul Superbonus “vengono premiate le villette e le seconde case, mentre si penalizzano le cooperative di abitanti e gli ex Iacp”.
Lo afferma l’Alleanza delle cooperative- L’associazione sottolinea: “il credito d’imposta al 110% viene esteso anche ai lavori di efficientamento energetico delle villette unifamiliari e addirittura alle seconde case, con la rimozione del tetto Isee dei 25 mila euro e con il solo vincolo di effettuare almeno il 30% dei lavori entro il 30 giugno 2022. Al contrario, gli interventi realizzati dalle Cooperative di abitazione a proprietà indivisa, che gestiscono patrimoni di migliaia di soci che hanno la casa in godimento, potranno accedere al Superbonus soltanto fino al 31 dicembre 2023, a condizione che abbiano effettuato almeno il 60% dei lavori al 30 giugno 2023. Stessa limitazione anche per gli ex Iacp che, come le Cooperative, si vedono limitare il bonus al 31 dicembre 2023. Una vera ingiustizia ove si consideri che tutti gli altri soggetti ammessi al bonus fiscale potranno usufruirne fino al 2025”.
“E’ a dir poco assurdo – afferma il presidente dell’Alleanza Cooperative italiane del settore Abitazione Alessandro Maggioni, a nome di Confcooperative Habitat, Legacoop Abitanti e Agci Abitazione – che ci si dimentichi di soggetti che da oltre un secolo operano nel sociale consentendo di avere una casa a cittadini con redditi popolari, riconoscendo invece a chi non ne ha bisogno – certamente in questi termini così generosi – vantaggi gratuiti che pesano sulla fiscalità generale, perpetuando un processo di iniquità generatore di disuguaglianza. Disuguaglianza che è la vera nemica di una società compiutamente democratica”.

Fonte: Ansa

La stretta sui “furbetti” del Superbonus incomincia a dare i suoi frutti

La stretta sui “furbetti” del Superbonus comincia a dare i suoi frutti: in poco più di un mese i crediti bloccati hanno fatto un balzo in avanti da 1 a 4 miliardi.
I dati forniti dal premier Mario Draghi per spiegare la “riluttanza” del governo ad eliminare i paletti, come quello dell’Isee per le villette, riaprono lo scontro politico sul 110%.
L’intesa sulla manovra raggiunta con grande ritardo sul filo dell’esercizio provvisorio, e rimasta appesa per giorni proprio alla revisione del Superbonus, lascia strascichi di malcontento.
Verso il Superbonus il Premier riserva infatti parole molto dure. “E’ una misura che ha dato molto beneficio, ma ha creato distorsioni, come l’aumento straordinario dei prezzi e l’incentivo a moltissime frodi”, dice, sottolineando che è stato il Parlamento, usando i suoi fondi, a estenderlo di nuovo.
Per sostanziare le sue affermazioni, il Presidente del Consiglio fornisce i dati più aggiornati che vedono “4 miliardi di crediti dati come cedibili” e sono stati bloccati.
L’Agenzia delle Entrate precisa che si tratta di frodi che interessano tutti gli incentivi all’edilizia, non solo il Superbonus. Però secondo alcune fonti al 110% sarebbero imputabili 3,7-3,8 miliardi su 4. Segno, probabilmente, anche di un focus dei controlli sul super incentivo, dopo l’introduzione del decreto anti-frodi. Decreto che potrebbe essere rafforzato con nuove misure, con l’obiettivo di escludere dai benefici, per esempio, le imprese non in regola con le norme sulla sicurezza sul lavoro.
Intanto però il Senato ha allentato la stretta anti-frodi, esentando dall’obbligo di visto di conformità e di asseverazione i piccoli lavori entro i 10mila euro.