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Anci: semplificare la burocrazia. Per il bonus 110% basta comunicare gli estremi del titolo edilizio

«Crediamo che il bonus del 110% sia una linea strategica per lo sviluppo ambientale del comparto edilizio nonché una leva fondamentale per la ripresa economica, proprio per questo riteniamo indispensabile tagliare alcuni aspetti burocratici che possono ammazzarlo. Esiste un emendamento dell’Anci che semplifica molto questo strumento e che è indispensabile venga approvato se non si vuole far morire le pratiche nelle lungaggini della ricerca di documentazione».

Con queste parole si appellano al governo Mario Occhiuto, delegato Anci per l’Urbanistica e sindaco di Cosenza, Stefano Lorusso, presidente della commissione urbanistica Anci e consigliere del Comune di Torino, e gli assessori all’urbanistica del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, Roma, Luca Montuori, Bari, Giuseppe Galasso, e Rimini, Roberta Frisoni.

«La documentazione attualmente necessaria – continuano gli amministratori locali impegnati nell’Anci – prevede ricerche che, soprattutto negli archivi delle grandi città, richiedono un lasso di tempo che va dai 6 ai 12 mesi per essere reperite: così si mette a rischio l’effettivo accesso agli investimenti. Non solo, questa laboriosa ricerca concentra integralmente il lavoro degli archivi dell’edilizia delle città su queste pratiche, bloccando di fatto tutta l’attività ordinaria che è altrettanto decisiva per la ripresa economica del nostro Paese».

I delegati dell’Anci aggiungono: «L’emendamento proposto da Anci taglia la burocrazia e rappresenta la salvezza dell’eco-bonus: ne consente la reale attuazione e non impatta sul proseguo del resto delle attività edilizie. Non approvare l’emendamento, invece, vorrebbe implicitamente dire che l’obiettivo è ridurre le possibilità di portare a buon fine progetti di efficientamento energetico, perché molti rimarrebbero impigliati nelle maglie della burocrazia»

Per il bonus basta comunicare «gli estremi del titolo edilizio»
La proposta di modifica proposta dall’Anci punta a sblindare alcune prescrizioni del testo unico edilizia. In particolare si propone di sostituire il comma 13-ter dell’articolo 119 del Decreto rilancio n.34 introdotto dal Dl Agosto per introdurre alcune semplificazioni negli adempimenti dei tecnici incaricati dal condominio.

Il testo dell’Anci prevede che «In deroga alle disposizioni di cui all’articolo 49 del Decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 ed ai soli fini di accesso alle agevolazioni fiscali, le asseverazioni dei tecnici abilitati in merito agli immobili che beneficiano degli incentivi disciplinati dal presente articolo sono riferite esclusivamente all’indicazione degli estremi del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione ovvero del titolo richiesto o rilasciato in sanatoria. Per gli immobili iniziati prima del 1 settembre 1967 in luogo della licenza edilizia l’asseverazione attesta che l’opera risulti iniziata entro tale data». «In ogni caso – si legge in un’altra parte del testo – l’eventuale presenza di difformità edilizie non determina la revoca o la decadenza dell’agevolazione fiscale ai sensi dell’articolo 49 del Decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380».

Servitù di passaggio in condominio: non basta un varco in un muro

Non sono sufficienti una strada preesistente o un varco in un muro a determinare la servitù di un cortile condominiale a favore del fondo limitrofo, il quale, per essere considerato dominante, dovrebbe vantare opere poste in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante. È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 31305 del 29 novembre 2019, di cui riportiamo un estratto.

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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 29.11.2019,
n. 31305
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Rilevato che:

  • il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 24 dicembre 2014 da C.F. e C.C. avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna con cui, in totale riforma della sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, era stata respinta la loro domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione della servitù di passaggio pedonale a favore del fondo di loro proprietà ed a carico dell’area di cortile condominiale del Condominio … (mapp. 448 per accedere sulla via Roma);
  • la corte d’appello in accoglimento della gravame proposto dal Condominio, argomentava che il giudice di primo grado era incorso nell’errore di aver ritenuto sussistenti opere visibili e permanenti sensi dell’articolo 1061 cod. civ. mentre, in realtà, alcun tracciato e segno rivelava l’assoggettamento dell’area condominiale al fondo di proprietà degli attori;
  • la cassazione della sentenza d’appello è chiesta con ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1, cod. proc. civ., cui resiste il Condominio con controricorso, pure illustrato da memoria ex art. 380-bis.1. cod. proc. civ..

Considerato che:

  • con il primo motivo i ricorrenti denunciano in relazione all’articolo 360, comma 1, n.3, cod. proc., la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1061 cod. civ. per avere la corte territoriale erroneamente applicato il principio di diritto alla situazione concreta come emersa dall’istruttoria;
  • i ricorrenti deducono, in particolare, che l’elemento fattuale dal quale evincere la specifica destinazione del segno e dell’opera all’esercizio della servitù – come richiesto dall’articolo 1061 co. civ. – consisteva nel varco tra il fondo condominiale e quello servente, per il passaggio tra i due fondi (mappale 449 e 448) e posto sicuramente dal 1960, ed in un viottolo di acciottolato e porfido utilizzato per accedere alla via pubblica;
  • osservano, ancora, i ricorrenti come il passaggio da parte di altre persone non sminuirebbe la portata dell’utilizzo dei titolari del fondo dominante e delle opere destinate al loro passaggio;
  • il motivo appare inammissibile per più ragioni;
  • in primo luogo, perché difetta di specificità dal momento che richiama documenti (il rogito del 1960 ed il decreto del Pretore di Reggio Emilia del 1995) di cui non trascrive il testo né indica ove gli stessi possono essere rinvenuti (cfr. Cass. 14107/2017; id. 26174/2014);
  • in secondo luogo, perché, come previsto dall’art.360-bis cod. proc. civ., la corte d’appello ha deciso applicando l’art. 1061 cod. civ. conformemente alla costante giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 2994/2004;21597/2007; 7004/2017) e il ricorso in esame non prospetta argomenti per modificare l’orientamento consolidato;
  • detto orientamento è stato anche di recente confermato dalla sentenza n. 25355/2017 in cui la Corte ha ribadito che non è sufficiente l’esistenza di una strada ed un percorso idoneo allo scopo, ma è essenziale che essi mostrino di essere stati posti in essere al preciso fine di dare accesso attraverso il fondo preteso servente a quello preteso dominante, ossia è necessario un “quid pluris”, rispetto alla mera esistenza di un percorso o di una strada che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù;
  • nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel rigettare la domanda di usucapione di una servitù di passaggio attraverso un fondo, aveva escluso che la semplice presenza di un’apertura nella recinzione di un fondo fosse univocamente preordinata all’esercizio dell’invocata servitù;
  • si tratta di una precisazione che evidenzia la coerenza dell’argomentazione della corte bolognese, secondo la quale la presenza del varco fra il fondo servente quello dominante non è sufficiente ad integrare la visibilità ed univocità dell’asservimento a favore di quest’ultimo perché, nel caso di specie, detto varco, presente da sempre ed utilizzato indistintamente e con le medesime modalità anche da tutti gli abitanti del paese per raggiungere la via pubblica, non risultava realizzato per la specifica utilità del fondo pretesamente dominante e, pertanto, non rivelava alcuna specifica strumentalità all’esercizio della servitù di passaggio per cui è causa;

(omissis)

  • l’inammissibilità di tutti i mezzi, comporta l’inammissibilità del ricorso;
  • in applicazione del principio di soccombenza, i ricorrenti vanno condannati alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

(omissis)

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in euro 5.200, di cui 200 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Tutti pazzi per acquistare un immobile in Grecia

Tutti pazzi – anche in Italia – per il mercato immobiliare greco. È quanto emerge dall’indagine condotta da Immobiliare.it, secondo cui la crisi economica che negli ultimi anni ha coinvolto il Paese ellenico ha avuto importanti conseguenze anche sul mattone; in particolare, le ottime possibilità di investimento in un mercato in sofferenza hanno attratto acquirenti dall’estero, italiani compresi. Risultato: nonostante i prezzi siano ora in risalita in tutte le principali località, comprare casa in Grecia sembra rimanere un trend in costante aumento nel nostro Paese.

Confrontando i propri numeri con quelli del portale immobiliare greco Spitogatos.gr, Immobiliare.it ha registrato nell’ultimo anno un incremento delle ricerche immobiliari dall’Italia pari al 31,6%.

Chi compra cosa e dove

Pur di accaparrarsi un immobile di prestigio in una delle zone più ambite del Mediterraneo si è disposti ad investire cifre considerevoli, tanto che il budget medio dei potenziali acquirenti italiani ammonta a circa 500mila euro. L’obiettivo degli acquirenti italiani è quello di trovare un’abitazione fronte mare e in buono stato. Dall’analisi, emerge inoltre la presenza di una nicchia di buyers che preferisce comprare terreni in campagna o ruderi per poter edificare ville di lusso con la collaborazione di architetti di fiducia.

Per quanto riguarda le zone della Grecia più gettonate nelle ricerche dall’Italia, al primo posto dei desideri ci sono le isole Cicladi, molto amate per trascorrervi le vacanze. Al secondo posto si trovano le più vicine località della costa ionica, Corfù e Cefalonia in particolare. Al terzo gradino del podio c’è il Peloponneso, con un picco di preferenze concentrate a Messenia, Elafonisos e Methana.

Le quotazioni

Se nella costa ionica i potenziali acquirenti italiani non devono scontrarsi con molta concorrenza, visto che dall’estero in questa zona si registra l’interesse solo degli inglesi, nelle Cicladi l’offerta è nettamente inferiore alla domanda. Nell’arcipelago infatti, oltre a quelle provenienti dall’Italia, confluiscono le ricerche di americani, inglesi, cinesi, tedeschi e francesi. Non è un caso che sia Santorini la meta più cara fra quelle predilette dagli italiani (3.466 euro/mq) e una di quelle in cui nell’ultimo anno si sono registrati gli aumenti di prezzo maggiori, pari al 18,2%.

Il record della crescita dei valori immobiliari, nella top ten delle ricerche dall’Italia, spetta però a Cefalonia, dove in dodici mesi i prezzi sono aumentati di oltre il 26%.

Nelle dieci mete più ambite dai potenziali acquirenti italiani, nel corso dell’ultimo anno, si è registrato un incremento medio dei prezzi al metro quadro superiore al 10%. Il costo richiesto ai nostri connazionali si aggira attorno ai 2.000 euro/mq.

Occhio alle occasioni

Ma la Grecia non è solo meta per “paperoni”: le occasioni di risparmio per chi cerca una casa sul mare ellenico non mancano e, puntando su località meno inflazionate dal turismo, come l’isola del Dodecaneso Karpathos o Messenia, nel Peloponneso, ci si possono assicurare costi medi inferiori ai 1.500 euro/mq.

Di seguito la top10 delle località dove si concentrano le ricerche dagli utenti italiani che guardano agli immobili in vendita in Grecia, il prezzo medio €/mq richiesto e la sua variazione rispetto a un anno fa:

Abusi edilizi in condominio: chi denuncia non può restare ignoto

Il condomino che subisce un sopralluogo nel suo immobile ha diritto di conoscere gli autori degli esposti o delle segnalazioni, anche nel caso in cui gli accertamenti abbiano dato esito negativo. È la decisione assunta dal Tar della Liguria con la sentenza 510/2019, di cui riportiamo un estratto.

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T.A.R. Liguria

Sez. I, sent. n. 510/2019

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Fatto e diritto

In data 10 dicembre 2018, personale del Comune di Genova eseguiva un sopralluogo presso l’unità immobiliare di proprietà del ricorrente sita in via ….

All’esito del sopralluogo, veniva esclusa la sussistenza di irregolarità edilizie con la relazione prot. n. 433333 del 14 dicembre 2018.

Avendo informalmente appreso che l’attività di controllo aveva tratto impulso da un esposto di privati, l’interessato chiedeva l’ostensione di tale atto e degli eventuali allegati con istanza presentata al Comune di Genova in data 15 gennaio 2019.

Il Comune respingeva l’istanza con provvedimento del 31 gennaio successivo, poiché “l’esposto svolge un ruolo meramente sollecitatorio rispetto ad una funzione” che la pubblica amministrazione “deve comunque generalmente esercitare, indipendentemente da segnalazioni private”.

Nella motivazione del diniego, si fa anche riferimento ad un “costante orientamento giurisprudenziale, condiviso dalla Civica Avvocatura, secondo il quale gli esposti in materia di abusivismo edilizio non sarebbero ostensibili” e si rileva che l’acquisizione dell’esposto non sarebbe giustificata neppure dalla pendenza di una causa civile con il condominio, attesa la sufficienza del verbale di sopralluogo ad attestare la regolarità urbanistico-edilizia dell’immobile.

L’interessato ha impugnato il diniego di accesso con ricorso notificato il 1° marzo 2019 e depositato il successivo 7 marzo, sollevando specifiche contestazioni in ordine ai motivi su cui esso fonda.

Resiste il Comune di Genova che, dando lealmente atto dell’esistenza di difformi orientamenti giurisprudenziali in materia, argomenta in favore dell’opzione che esclude l’ostensibilità di un esposto da cui non sarebbe evincibile alcun elemento utile di conoscenza, salvo il nome del denunciante.

Le parti in causa hanno depositato memorie di replica a sostegno delle rispettive tesi.

Il ricorso è stato chiamato all’udienza camerale del 8 maggio 2019 e trattenuto in decisione.

La questione inerente alla sussistenza di un diritto di accesso agli esposti in materia di abusivismo edilizio (e, più in generale, agli atti di impulso che abbiano dato origine a verifiche, ispezioni o altri procedimenti di accertamento di illeciti a carico di privati) ha dato luogo a soluzioni giurisprudenziali non univoche.

Secondo un primo orientamento, il diniego di accesso a tali atti è legittimo in quanto non incide sul diritto di difesa del soggetto che, a fronte dell’intervenuta notifica del verbale conclusivo dell’attività ispettiva, non avrebbe alcun interesse a conoscere il nome dell’autore dell’esposto (cfr., fra le ultime, T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 17 ottobre 2018, n. 772).

Tale conclusione appare condivisibile laddove sussista una particolare esigenza di tutelare la riservatezza dell’autore della segnalazione, come nel caso delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva che, qualora divulgate, potrebbero comportare azioni discriminatorie o indebite pressioni da parte del datore di lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 novembre 2014, n. 5779).

Al di fuori di tali particolari ipotesi, la tutela della riservatezza non può assumere un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato dei soggetti che abbiano assunto iniziative comunque incidenti nella sfera giuridica di terzi: il principio di trasparenza che informa l’ordinamento giuridico ed i rapporti tra consociati e pubblica amministrazione si frappone, infatti, ad una soluzione che impedisca all’interessato di conoscere i contenuti degli esposti e i loro autori, anche nel caso in cui i conseguenti accertamenti abbiano dato esito negativo.

Occorre anche considerare che, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza della pubblica amministrazione, l’esposto costituisce un presupposto dell’attività ispettiva, sicché il suo autore perde il controllo di un atto uscito dalla sua sfera volitiva per entrare nella disponibilità dell’amministrazione.

Per tali ragioni, la presentazione di un esposto non può considerarsi un fatto circoscritto al suo autore e all’Amministrazione competente all’avvio di un eventuale procedimento, ma riguarda direttamente anche i soggetti comunque incisi in qualità di “denunciati” (Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3601).

Merita di essere condiviso, quindi, il prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui il nostro ordinamento, ispirato a principi democratici di trasparenza e responsabilità, non ammette la possibilità di “denunce segrete”: colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati nell’esercizio del potere di vigilanza, a partire dagli atti di iniziativa e di preiniziativa quali, appunto, denunce, segnalazioni o esposti (omissis).

Sulla base delle suesposte argomentazioni, stante la fondatezza nel merito del ricorso, deve disporsi l’annullamento del gravato provvedimento di rigetto dell’istanza di accesso documentale, con contestuale ordine al Comune di Genova di esibire al ricorrente, mediante estrazione di copia, l’esposto che ha dato origine al menzionato sopralluogo presso il suo immobile e la documentazione ad esso eventualmente allegata, entro il termine di giorni venti dalla comunicazione o, se antecedente, dalla notificazione della presente sentenza.

In ragione delle accennate oscillazioni giurisprudenziali, le spese di lite possono essere compensate per la metà, rimanendo regolate per il resto secondo il principio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, previo annullamento dell’impugnato provvedimento di diniego, ordina al Comune di Genova di consentire al ricorrente, nei termini e con le modalità di cui in motivazione, il richiesto accesso documentale.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore del ricorrente, della metà spese di lite, in tal misura liquidate nell’importo di € 1.000 oltre accessori di legge, compensandole per la residua metà.

Non commette diffamazione il condomino che preannuncia una causa

Non commette diffamazione il condomino che dichiara di non essere tenuto a concorrere alle spese per il pagamento dell’onorario all’avvocato e insinua che la delibera è stata presa “in conflitto di interessi”. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 10389/2019, di cui riportiamo un estratto.

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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 10389/2019
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Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Napoli ha assolto V.G. dal reato di diffamazione, in danno di C.D., riconoscendo l’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 598 cod. pen..

2. Avverso detta pronuncia ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, articolando un motivo con il quale denuncia violazione di legge, deducendo che l’art. 598 cod. pen. si applica a scritti e discorsi pronunciati dinanzi alla autorità giudiziaria non a missive che preannunciano l’intenzione di promuovere una causa civile.

Considerato in diritto

  1. La questione giuridica posta con il ricorso è fondata, tuttavia deve essere rilevata di ufficio, ex art. 129 comma 2 cod. proc. pen., l’insussistenza del fatto.
  2. Secondo il capo di imputazione e la sentenza, l’imputata ha inviato al querelante C.D., all’avv. D.A. e a un terzo condomino una lettera raccomandata contenente espressioni del seguente tenore: “per aver promosso una lite …in spregio di una delibera assembleare autorizzavi … non ricevendo alcuna dichiarazione liberatoria dell’avv. D.A. darò corso giudiziale all’accertamento della responsabilità di entrambi i destinatari della presente … stante il palese conflitto di interessi dei destinatari della presente con la tutela dell’intera compagine condominiale”.
    È vero che in tal caso la causa di non punibilità di cui all’art. 598 cod. pen. non può trovare applicazione, in quanto la stessa attiene agli scritti difensivi in senso stretto (da ultimo Sez. 5, n. 39486 del 06/07/2018), tuttavia emerge ictu oculi l’insussistenza del reato di diffamazione.
    La missiva non ha alcun contenuto lesivo della dignità o della onorabilità delle persone offese (profilo del tutto ignorato dal ricorso) poiché manifesta soltanto il convincimento dell’imputata di non essere tenuta a concorrere alle spese condominiali per il pagamento dell’onorario all’avv. D.A. (cfr. pag. 2 sentenza impugnata). Le espressioni utilizzate non esorbitano nei toni e sono funzionali allo scopo perseguito.
  3. Discende l’annullamento della sentenza senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Tubo acque nere: è del condominio o degli alloggi che serve?

Essendo lo scarico ad uso esclusivo dell’appartamento del piano di sopra, e non avendo funzione portante il muro attraverso il quale passa, la Cassazione conferma la sentenza che lo esclude dalle parti comuni. Di seguito l’estratto dell’ultima pronuncia degli Ermellini.

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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 2.4.2019,
n. 9159
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Fatto e diritto

P.R., C.R. e C.G. propongono ricorso per cassazione, illustrato da due memorie, contro F.G. e S.A., che resistono con controricorso, illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna del 12.4.2017, che ha rigettato il loro appello ad ordinanza del Tribunale di Modena, la quale aveva accertato e dichiarato che l’immobile di proprietà F.G. e S.A. sito in … non era gravato da servitù di scarico di acque nere a favore degli immobili delle convenute P.R., C.R. e C.G., condannate alle spese.

La Corte di appello, sul presupposto che oggetto della lite era un tubo di scarico che divide la cucina dal soggiorno nell’appartamento dei F.G.-S.A. e scarica il bagno dell’appartamento superiore, di proprietà di P.R., C.R. e C.G., chiamate in causa con la stessa domanda di negatoria servitutis già accolta nei confronti dei danti causa, affermata la legittimità del rito sommario e l’utilizzabilità della Ctu non contestata, ha statuito che l’essere lo scarico strutturalmente al servizio esclusivo del bagno dell’appartamento del piano di sopra era elemento certo per escludere che fosse parte condominiale ed era dato oggettivo che il muro dentro il quale era lo scarico non fosse portante ed era interno all’unità immobiliare degli appellati.

Le ricorrenti denunziano: 1) violazione dell’art. 1117 c.c. per l’esistenza di uno spazio, ricavato dall’originario costruttore, destinato al passaggio di una pluralità di condotte poste al servizio di distinti appartamento di proprietà di più condòmini; 2) assoluto difetto di motivazione; 3) nullità della sentenza per illogicità e contraddittorietà (omissis).

Con ordinanza interlocutoria del 15.5.2018 della sesta sezione la causa è stata rimessa alla pubblica udienza in mancanza di evidenza decisoria in particolare per quanto attiene alla sollevata questione della natura condominiale o meno dello scarico.

Le generiche e plurime censure sono infondate.

La prima contesta il sostanziale accertamento in fatto compiuto dalla sentenza che ha affermato, come sopra riportato, essere lo scarico strutturalmente al servizio esclusivo del bagno dell’appartamento del piano di sopra, elemento certo per escludere che fosse parte condominiale, essendo dato oggettivo che il muro dentro il quale era lo scarico non fosse portante e fosse interno all’unità immobiliare degli appellati.

Il riferimento ad uno spazio ricavato dall’originario costruttore è cosa diversa rispetto a quanto dice la sentenza ed in contrasto con la negatoria servitutis accolta nei confronti dei danti causa.

(omissis)

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

P.Q.R.

La Corte rigetta il ricorso, condanna le ricorrenti alle spese, liquidate in euro 3200, di cui 200 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie nel 15%, dando atto dell’esistenza dei presupposti ex dpr 115/2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Bonus mobili: sospeso l’invio della documentazione per lavori ante novembre 2018

Efficienza Energetica – Anno 2018. È stato temporaneamente sospeso l’invio delle dichiarazioni ai fini detrazioni fiscali ex art. 16 bis del DPR 917/86 tramite il portale ufficiale dell’ENEA. Come si legge dai canali social dell’Agenzia per l’Energia, “il sito ristrutturazioni2018.enea.it è indisponibile dal 11/02/2019.   Ci scusiamo per il disagio, sarà riattivato nel più breve tempo possibile“. E ancora: “Nello scusarci per il disagio, vi assicuriamo che stiamo lavorando per ripristinare la sezione quanto prima possibile”.

L’avviso, presente da ieri (lunedì 11 febbraio) sul canale web dell’Enea, riguarda, per la precisione, l’invio della documentazione relativa alle detrazioni del 50% (bonus casa) , la cui scadenza era prevista del 19 febbraio 2019

A rassicurare gli utenti, sempre l’Enea scrive: “Per gli interventi la cui fine lavori è antecedente il 21 novembre 2018, la scadenza prevista del 19 febbraio 2019 sarà prorogata tenendo conto dei giorni di interruzione del servizio”.

Mutui per la casa: crescono le richieste e l’importo medio

I mutui per la casa rialzano la testa. Le interrogazioni registrate nel mese di settembre sul Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF, relative alle richieste di nuovi mutui e di surroghe da parte delle famiglie italiane, confermano il trend in ripresa, facendo segnare un +5,8% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

Importo medio

Un altro dato rilevante che emerge dalla rilevazione di settembre è rappresentato dalla crescita dell’importo medio richiesto, che si è attestato a 127.359 euro, con un +3,1% rispetto al corrispondente mese del 2017, confermando la ripresa in atto nell’ultimo trimestre dell’anno, dopo i primi 6 mesi sostanzialmente piatti.

Nel periodo di osservazione, il numero maggiore di richieste si concentra ancora nella fascia di importo compreso tra 100.001 e 150.000 euro, con il 29,6% del totale delle richieste (+0,2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2017). Nel complesso, meno di un quarto delle richieste di mutuo supera i 150.000 euro, coerentemente con l’attuale scenario di mercato in cui i prezzi di compravendita degli immobili residenziali stentano a riprendere vigore.

La durata

Per quanto riguarda la distribuzione per classe di durata dei mutui richiesti, si conferma la preferenza degli italiani per piani di rimborso compresi tra i 16 e i 20 anni, che arrivano al 26,1% del totale delle richieste, in crescita di ben +1,7 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2017. Complessivamente, oltre il 70% delle richieste prevede un piano di rimborso superiore ai 15 anni (in crescita di +2,3 punti percentuali) mentre quelli con durata inferiore ai 5 anni, perlopiù relativi ai mutui di sostituzione, hanno un peso pari allo 0,6% del totale, valore dimezzato rispetto al 2017.

Fasce d’età

In merito all’età del richiedente, infine, la fascia d’età compresa tra i 35 e i 44 anni rimane maggioritaria, con una quota pari al 34,5% del totale, seppur in leggero calo rispetto al 2017 (-0,7 punti percentuali). Le altre classi di età non mostrano variazioni sostanziali ad eccezione di quella compresa tra i 25 e i 34 anni che cresce di +0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, arrivando a pesare il 25,0% sul totale.

Sebbene il numero delle richieste da parte delle fasce di popolazione più giovane stia progressivamente crescendo rispetto al recente passato, complessivamente, solo il 27,4% delle richieste risulta presentato da persone con meno di 35 anni.

Il commento

“Nel mese di settembre aumentano ancora le richieste di nuovi mutui a fronte di un costante ridimensionamento delle surroghe, sempre più evidente nelle rilevazioni dell’ultimo trimestre. La dinamica positiva si riflette anche sulla crescita dell’importo medio richiesto e sull’allungamento dei piani di rimborso – commenta Simone Capecchi, executive Director di CRIF. – In questo scenario, è interessante sottolineare come si stiano diversificando i canali di richiesta, favoriti dalla disponibilità delle nuove tecnologie, che se da un lato facilitano e velocizzano i processi di accesso al credito, dall’altro obbligano gli operatori di settore a introdurre verifiche sempre più tempestive ed efficaci delle informazioni fornite dai consumatori in ottica antifrode”.

Immobiliare: aumento boom per i canoni di locazione

[A cura di: Idealista.it] I prezzi delle case in affitto sono saliti del 3,2% dopo i mesi primaverili, a una media di 8,9 euro mensili al mq, secondo il rapporto sugli affitti del marketplace immobiliare Idealista.

Si tratta del maggiore balzo registrato da cinque anni a questa parte, ovvero da quando il portale ha iniziato le sue rilevazioni nel mercato delle locazioni a livello nazionale. Tuttavia, negli ultimi 12 mesi l’incremento è stato modesto (1,1%) rispecchiando l’andamento “flat” dell’inflazione.

Secondo Vincenzo De Tommaso, dell’ufficio studi di Idealista: “Seguendo il trend della domanda, in forte ascesa negli ultimi mesi, crescono anche i prezzi. Nelle grandi città la tendenza è piuttosto lineare ed è in atto già da un po’, ma adesso si estende alla città di provincia, dove gli affitti sono in crescita o stabili. Milano e a Roma hanno registrato una battuta d’arresto nell’ultimo trimestre, mentre volano Napoli e altre città del centro-sud, dove cresce la tendenza a considerare l’affitto una soluzione abitativa stabile”.

Affitti: l’andamento nelle regioni

Tutte le regioni registrano prezzi superiori a quelli di tre mesi fa, ad eccezione del Friuli Venezia Giulia (-2%). Il maggiore incremento spetta alla Valle d’Aosta, dove il prezzo è cresciuto del 9%. La seguono Calabria e Lombardia, con un aumento del 7,3% e del 6%, rispettivamente. Tutte le altre macroaree sono racchiuse tra il 4,5% della Campania e lo 0,3% di Sardegna e Abruzzo.

Il Lazio rimane la regione più cara per gli affitti, con una richiesta media che ammonta a 11,5 euro/mq, raggiunta da Lombardia che si attesta sullo stesso livello di prezzo, segue la Toscana con i suoi 10,3 euro/mq mensili. Gli affitti più bassi della penisola si trovano in Calabria (5 euro/mq), Molise (5,2 euro/mq) e Sicilia (5,8 euro/mq).

Il trend delle locazioni nelle province italiane

Ben 57 province sulle 84 monitorate hanno visto incrementare il valore delle locazioni dopo la primavera. Lecce (12,2%) è la provincia dove i prezzi sono cresciuti di più. Rilevanti anche i gli incrementi di Venezia (11,8%) e Cosenza (10,6%), tutti a due cifre. All’opposto, i cali maggiori a Brindisi (-7,9%), Trapani (-6,7%) e Ragusa (-6,4%).

Milano (15,5 euro/mq) continua a guidare la graduatoria provinciale dei prezzi, incalzata da Firenze (13,3 euro/mq) e Roma (12,2 euro/mq). Nella parte più bassa del ranking troviamo Reggio Calabria e Avellino con 4,3 euro al metro quadro e a chiudere Caltanissetta con 3,9 euro/mq.

Il mercato degli affitti nei capoluoghi

Il 60% delle città capoluogo analizzate in questo report (81) hanno evidenziato variazioni positive dopo il secondo trimestre. Fra queste spiccano le performance a due cifre percentuali di Catanzaro (10,7%) e Salerno (10%), cui fanno da contraltare i tonfi di Siena (-6,5%), Terni (-6,8%) e Cagliari (-7,3%).

Nelle grandi città si osserva un andamento positivo più lineare, anche perché questi mercati si sono dinamizzati prima. Protagoniste degli ultimi tre mesi le piazze del sud che segnano i maggiori incrementi a Napoli (4,8%), Bari (4,2%), Catania (1,8%) e Palermo (1,5%). Prosegue la costante risalita di Bologna (1,5%) e Firenze (1,4%), mentre Roma (-1,8%) e Milano (-0,5%) segnano una battuta d’arresto.

Il capoluogo meneghino continua a essere il più caro sul fronte delle locazioni con una media di 17,4 euro mensili nonostante la flessione dell’ultimo periodo, davanti a Firenze (15,9 euro/mq) e Roma (13,4 euro/mq). Chiudono la graduatoria Avellino (4,6 euro/mq), Reggio Calabria (4,5 euro/mq) e Caltanissetta, con 3,9 euro/mq.

Mutui: il finanziamento sale al 65% del valore dell’alloggio

Mutui famiglie

Nei giorni scorsi la Banca d’Italia ha diffuso i risultati dell’indagine condotta nel mese di marzo dalle sue filiali regionali, finalizzata a rilevare l’andamento della domanda e dell’offerta di credito e della raccolta bancaria nelle diverse ripartizioni geografiche per il secondo semestre del 2017. Il report contiene interessanti informazioni sulle caratteristiche dei prestiti alle famiglie. Ecco le principali.

  • La domanda di mutui e di credito al consumo si è stabilizzata: le esigenze di finanziamento delle famiglie sono cresciute moderatamente al Nord, rimaste invariate al Centro e diminuite nel Mezzogiorno. Dal lato dell’offerta, dopo gli allentamenti registrati nel triennio precedente, i criteri per la concessione di mutui per l’acquisto di abitazioni sono rimasti stabili nell’ultima rilevazione, mentre si è osservato un lieve irrigidimento nell’offerta di credito al consumo.
  • L’evoluzione di alcune caratteristiche dei mutui per l’acquisto di abitazioni conferma il permanere di criteri di offerta distesi; in particolare, il rapporto tra finanziamento e valore dell’immobile (loan-to-value ratio) è ulteriormente aumentato al 65 per cento, riportandosi su un valore simile a quello registrato nel 2007-08.
  • Nella seconda parte del 2017 è tornata a crescere la domanda di depositi, mentre le scelte di allocazione del risparmio delle famiglie hanno privilegiato gli investimenti in quote di fondi comuni, a scapito dei titoli di Stato e delle obbligazioni bancarie.