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DICHIARAZIONE DEI REDDITI: TUTTE LE AGEVOLAZIONI FISCALI SULLA CASA

[A cura di: Chiara Bianchi – SoloAffitti.it]

Siamo arrivati come ogni anno al periodo in cui raccogliere le idee, ma soprattutto le fatture e le ricevute delle spese effettuate durante i 12 mesi passati, da presentare in sede di dichiarazione dei redditi per poter usufruire delle relative agevolazioni fiscali. Ricordiamo che, per chi deve presentare il 730, la parte da compilare con gli oneri dell’anno precedente è il Quadro E, mentre per chi presenta il Modello Unico è il Quadro RP. Di seguito, un sintetico prospetto dei costi per casa e affitto deducibili o detraibili nella dichiarazione 2017.

* CANONI D’AFFITTO. Gli inquilini possono portare in detrazione le spese sostenute per il pagamento dei canoni di affitto, con importi diversi a seconda del tipo di contratto e della finalità con la quale si affitta l’immobile. I titolari di contratto libero 4+4 che affittano un’abitazione destinata ad essere prima casa possono detrarre una somma pari a 300 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro, o una somma pari a 150 euro per redditi imponibili compresi tra 15.493,71 e 30.987,41 euro. Per chi ha stipulato un contratto di affitto a canone concordato, invece, la detrazione è pari a 495,80 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro, e a 247,90 euro per redditi compresi tra 15.493,71 e 30.987,41 euro.

* GIOVANI E LOCAZIONI. la detrazione per i canoni d’affitto versati da giovani tra i 20 e i 30 anni su contratti ad uso abitativo soggetti alla legge 431/1998 è prevista nella misura massima di 991,60 euro se il reddito non supera i 15.493,71 euro, a patto che la casa sia adibita ad abitazione principale.

* STUDENTI FUORI SEDE. Si possono detrarre al 19% le spese sostenute per i canoni di affitto di alloggi per gli studenti universitari iscritti a un ateneo ubicato in un Comune diverso da quello di residenza, a patto che si trovi a una distanza di almeno 100 km e comunque in una diversa provincia da quella di provenienza. La detrazione spetta, naturalmente, anche se le spese sono state sostenute per i figli a carico; l’importo massimo da detrarre non può comunque essere superiore a 2.633 euro.

* LAVORATORI TRASFERTISTI. I lavoratori dipendenti che si trasferiscono per motivi di lavoro possono portare in detrazione i canoni di affitto nella misura di 991,60 euro per redditi complessivi non superiori a 15.493,71 euro, e 495,80 euro per redditi tra i 15.493,71 euro e i 30.987,41 euro. I requisiti per poter accedere a tale detrazione prevedono però che il trasferimento avvenga in un comune ad almeno 100 km di distanza dal precedente e comunque fuori dalla propria regione, e che la residenza nel nuovo comune sia stata trasferita da non più di 3 anni dalla richiesta di detrazione.

* ALLOGGI SOCIALI. Naturalmente non possono mancare detrazioni per gli inquilini che alloggiano, a titolo di abitazione principale, in immobili destinati all’housing sociale, ovvero quelli concessi a famiglie o individui disagiati. In questo caso la detrazione è pari a 900,00 euro se il reddito complessivo non supera i 15.493,71, euro e 450,00 euro se il reddito complessivo supera i 15.493,71 euro ma non i 30.987,41 euro.

BONUS MOBILI GIOVANI COPPIE. Da quest’anno le giovani coppie, di cui almeno uno dei componenti sia under 35, possono detrarre il 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili destinati all’arredo dell’abitazione principale acquistata nel 2015 o nel 2016. In questo caso, il tetto massimo di spesa è di 16mila euro, ripartiti in dieci rate annuali di pari importo. Per usufruire dell’agevolazione è necessario che siano rispettati i seguenti requisiti: che la coppia sia coniugata nell’anno 2016, oppure che sia una coppia di fatto, convivente da almeno 3 anni al 2016.

* LEASING PRIMA CASA. È possibile portare in detrazione al 19% anche i canoni di leasing pagati nel 2016 per l’acquisto dell’abitazione principale e i relativi oneri accessori. Le detrazioni valgono nel caso in cui il contribuente non abbia un reddito superiore a 55mila euro alla data di stipula del contratto; il limite massimo rispetto all’importo da detrarre è di 8000 euro l’anno se alla data di stipula del contratto di leasing il contribuente aveva meno di 35 anni, mentre in caso contrario il limite scende a 4.000 euro.

* LOCAZIONE E PROPRIETARI. Questa volta l’agevolazione è rivolta ai proprietari. Per chi stipula un contratto di locazione a canone concordato, il reddito da tassare è dato, come in quello a regime libero, dal valore più alto tra la rendita catastale, rivalutata del 5%, e il canone di locazione (aggiornato con le rivalutazioni Istat), ridotto del 15%. Tuttavia, nel caso in cui l’immobile sia situato in uno dei comuni ad alta densità abitativa, la riduzione prevista è di un ulteriore 30%. Dalla dichiarazione dei redditi 2017 (che richiama l’anno d’imposta 2016) non è più necessario indicare nella dichiarazione gli estremi di registrazione del contratto di affitto, a meno che non siano intervenuti dei cambiamenti.

* IMU E TASI. Un’ulteriore agevolazione per i proprietari che concedono in affitto il proprio immobile con un contratto a canone concordato è l’aliquota Imu e Tasi ridotta al 75%.

* IMPOSTA DI REGISTRO. Nel caso in cui l’immobile affittato si trovi in un comune ad alta densità abitativa e sia un immobile a destinazione residenziale, il proprietario ha diritto alla riduzione del 30% sul corrispettivo annuo.

* IMU PER COMODATI. Per la casa concessa in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale è prevista la riduzione al 50% dell’Imu.

* CASE EFFICIENTI. È prevista una detrazione Iva del 50% per la spesa sostenuta nel 2016 per l’acquisto di immobili in Classe A o B a destinazione residenziale. La detrazione viene ripartita in 10 rate annuali di pari importo, ma è limitata all’Iva versata all’impresa costruttrice entro il 31 dicembre 2016.

* DOMOTICA. Tra le novità 2017, è stato introdotto un ecobonus per le spese destinate all’acquisto di impianti domotici e all’installazione di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento, produzione di acqua calda e climatizzazione delle case. La detrazione è pari al 65% e in questo caso non è previsto un massimale di spesa; lo sconto è diviso in dieci rate annuali.

* MUTUO PRIMA CASA. Lo sconto fiscale è pari al 19% e comprende i relativi oneri accessori, per un importo massimo di 4mila euro.

* INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE. È possibile scaricare questo tipo di spesa nella misura del 19% su un importo massimo di 1000 euro.

* ECOBONUS E BONUS RISTRUTTURAZIONI. Gli interventi di ristrutturazione finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici possono essere portati in detrazione nell’ordine del 65% grazie alla proroga del 2016, mentre per le ristrutturazioni edilizie il risparmio è del 50%. Il tetto di spesa è di 96mila euro rimborsabili in 10 rate annuali.

* MOBILI ED ELETTRODOMESTICI. Per queste spese la detrazione Irpef ammonta al 50% con un tetto massimo di 10 mila euro. Ricordiamo che gli elettrodomestici agevolabili sono quelli in classe energetica A+ (A per i forni).

APPROVAZIONE RENDICONTO CONSUNTIVO E RICONOSCIMENTO DEL DEBITO EX AMMINISTRATORE

[A cura di: Maurizio Zichella – membro Acap e vice presidente nazionale ARCO, Associazione Revisori Contabili Condominiali]
La sentenza che si vuole segnalare è del Tribunale di Roma, V. Sez Civile., n. 4438/2017 nella quale vengono richiamati alcuni principi in tema di approvazione del rendiconto di gestione e di anticipi richiesti dall’amministratore uscente.
Il fatto consiste nella citazione effettuata nei confronti del condominio da parte dell’ex amministratore “per ottenere il rimborso di anticipazioni effettuate in costanza di rapporto, svoltosi per tutto l’anno 2009 e fino al 13.10.2010, data in cui è stato nominato il nuovo amministratore”.
L’amministratore uscente richiedeva i compensi tutti fatturati nel corso del 2010 e le anticipazioni maturate, a suo giudizio, dopo l’approvazione del rendiconto consuntivo 2009. L’attore del procedimento dimostrava che il rendiconto consuntivo relativo all’anno 2009 era stato approvato all’unanimità dell’assemblea tenuta il 13.10.2010, e che con tale approvazione il condominio aveva accettato e riconosciuto il debito nei suoi confronti pari a 6.992,92 euro tra anticipazioni e compenso maturato.
Il condominio costituitosi in giudizio, contestava la domanda e ne richiedeva il rigetto, sostenendo che l’assemblea a cui si faceva riferimento esprimeva una riserva sugli importi del rendiconto del 2009, e che non aveva riconosciuto alcun credito per le anticipazioni effettuate dall’ex amministratore, ma al contrario, aveva chiesto al nuovo amministratore , contestualmente nominato, di verificare i giustificativi di spesa e gli importi rappresentati nel documento contabile dell’amministratore uscente.
Dopo l’espletamento della CTU contabile richiesta dal giudice la domanda è stata parzialmente accolta.
In primo luogo, perché nella lettura e nell’interpretazione della delibera assembleare del 13.10.2010, con cui veniva approvato all’unanimità il rendiconto del 2009, il condominio riconosceva ed accettava la chiusura del documento contabile con un disavanzo di cassa registrato ed approvato, nel quale veniva evidenziato il credito dell’ex amministratore per i suoi compensi non riscossi e tale delibera e da intendersi come ricognizione di debito giuridicamente vincolante.
Il giudice richiama la sentenza della Cassazione 10153 del 9.5.2011, nella quale viene fissato il seguente principio di diritto: “in materia di deliberazioni di assemblea condominiale, l’approvazione del rendiconto ha valore di riconoscimento del debito in relazione alle sole poste passive specificatamente indicate. Pertanto, l’approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra uscite ed entrate, non implica che, per via deduttiva, possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall’amministratore utilizzando denaro proprio, atteso che la ricognizione di debito richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificatamente sottoposto all’esame dell’organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso”.
Richiamando tale principio, il giudice ha riconosciuto il debito riferito ai compensi professionali maturati ed indicati nel rendiconto approvato, alla luce anche del fatto che tale delibera non è stata impugnata dal alcun condomino ai sensi dell’art. 1137 co.3, ritenendo irrilevante l’approvazione del rendiconto con riserva di far verificare al nuovo amministratore alcune voci di bilancio, atteso che il nostro ordinamento non contempla, in materia condominiale, l’istituto dell’approvazione di una delibera assembleare con riserva.
Per la parte riguardante le eventuali anticipazioni effettuate e pretese dall’ex amministratore , il giudice rileva che tale richiesta viene fatta in base alla documentazione contabile condominiale, ma non è stata prodotta in giudizio la relativa documentazione giustificativa, non allegata al verbale, ne consegnata al nuovo amministratore, dalla quale è possibile rilevare gli esborsi effettuati, per mancanza di cassa, dall’amministratore con fondi propri.
Pertanto la richiesta non trova accoglimento.
Dall’esame di questa sentenza possiamo concludere che, non è possibile approvare un bilancio con riserva, ma la sua approvazione determina il riconoscimento delle poste attive e passive in esso indicate, e che eventuali contestazioni possono essere fatte valere solo con l’impugnazione della delibera stessa.
Non è inoltre, possibile conferire all’amministratore subentrante l’incarico di verificare una contabilità, comunque approvata, ma che non può essere “revisionata” dal nuovo amministratore a seguito di due principi tipici dell’istituto delle revisione: quello dell’indipendenza e dell’imparzialità del revisore.
Le tante “famose” e ricorrenti anticipazioni dell’amministratore vanno documentate con l’evidenza contabile di utilizzo di fondi propri: non è sufficiente giustificarle e motivarle con una prevalenza delle uscite rispetto alle somme introitate, che non vengono evidenziate in nessun documento contabile ovvero in una voce specifica relativo all’importo che il condominio dovrebbe riconoscere come anticipazione.

ACQUISTA LA CASA CON I SOLDI DI PAPÀ: LA DONAZIONE DEVE ESSERE DIMOSTRATA

[A cura di: Emiliano Marvulli – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]

Se il contribuente deduce che la spesa effettuata per l’acquisto di un immobile è frutto di una liberalità da parte dei propri genitori, la presunzione per la determinazione sintetica del reddito può essere superata solo con la produzione di documentazione idonea a dimostrare anche l’entità e la permanenza nel tempo del possesso del relativo reddito.

Il giudice di merito deve sempre rifarsi a tali prove documentali, non potendosi limitare ad argomentare che le donazioni a favore dei figli non necessitano di una prova documentale perché è altamente probabile che un genitore intervenga con donazioni di fatto per la partecipazione alle spese di gestione della vita familiare dei figli. Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza della Corte di cassazione n. 7256 del 22 marzo 2017.

IL FATTO

La controversia ha ad oggetto il ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate con cui è stato determinato in via sintetica il maggior reddito imponibile del ricorrente inerente l’acquisto di un’autovettura e di un immobile.

Il ricorso è stato accolto parzialmente dalla Commissione tributaria provinciale, la quale ha ridotto del 50% il reddito derivante dall’immobile perché detto bene era nella disponibilità anche della moglie del contribuente, titolare di autonomo reddito.

Avverso la decisione di primo grado il contribuente ha proposto appello, accolto in toto dalla Commissione tributaria regionale, che ha disposto l’annullamento dell’atto impositivo perché gli elementi addotti dal ricorrente, secondo cui l’incremento patrimoniale derivava da una liberalità dei genitori, parevano idonei a vincere la presunzione derivante dall’applicazione del redditometro. Contro la suddetta decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. La Corte suprema ha ritenuto fondate nel merito le doglianze dell’amministrazione finanziaria e ha deciso per la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Ctr in diversa composizione.

LA DECISIONE

Con i principali motivi di ricorso, l’Agenzia delle Entrate ha censurato la sentenza di secondo grado, sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione, perché gli elementi addotti dal contribuente sono stati ritenuti idonei a superare la presunzione correlata alle risultanze dell’accertamento sintetico.

Oggetto della controversia riguarda, pertanto, il corretto inquadramento del cosiddetto accertamento sintetico nei confronti delle persone fisiche, che trova il suo fondamento giuridico nell’articolo 38 del Dpr 600/1973, e delle prove necessarie al superamento della presunzione prevista da tale specifico strumento accertativo.

La norma richiamata prevede una specifica modalità accertativa, comunemente nota come “redditometro”, per cui l’amministrazione finanziaria può determinare sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per “incrementi patrimoniali” (ad esempio, acquisto di un immobile o di un’autovettura). Per espressa previsione normativa, si presume che la spesa sia stata sostenuta con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. È onere del contribuente dimostrare che il reddito sinteticamente determinato dall’Agenzia delle Entrate è costituito, totalmente o parzialmente, da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o che esso possa essere giustificato sulla base di altri fatti e circostanze documentabili.

Nel caso di specie, il controllo da parte dell’ufficio finanziario è scaturito dalle operazioni di acquisto di un immobile e di un’autovettura, effettuate dal contribuente con un esborso non coerente con la propria situazione reddituale e patrimoniale. A parere dei giudici d’appello, il contribuente avrebbe assolto all’onere della prova previsto dall’articolo 38 “sia per la documentazione prodotta che per la circostanza che è altamente probabile che sia intervenuta una donazione di fatto da parte dei genitori”. La Ctr ha altresì affermato “che pare eccessivo pretendere una prova documentale di tali singole donazioni”, perché rientrerebbero in una pratica comune secondo cui i genitori spesso concorrono alle spese di gestione della vita familiare dei figli.

La decisione impugnata dall’Amministrazione finanziaria è in contrasto con il consolidato orientamento della Corte di cassazione espresso in materia di accertamento sintetico in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali. A parere dei giudici di legittimità, infatti, nell’ipotesi in cui si deduca che la spesa oggetto di analisi (acquisto di un immobile e di un’autovettura) sia frutto di liberalità, “la prova della liberalità medesima deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, ai quali la motivazione della sentenza deve fare preciso riferimento” (così Cassazione, 24597/2010).

In tempi recenti, inoltre, la Corte ha precisato che, qualora il contribuente deduca che l’incremento patrimoniale sia frutto di liberalità, è sempre tenuto “a fornire la prova con documentazione idonea a dimostrare l’entità e la permanenza nel tempo del possesso del relativo reddito” (in tal senso cfr. Cassazione, 916/2016).

IN UNA GUIDA DELLE ENTRATE, TUTTO QUELLO CHE C’È DA SAPERE SULL’ACQUISTO DELLA CASA

[A cura di: Paolo Calderone – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
Aspetti fiscali ma non solo. L’acquisto della casa è il tema trattato nell’ultima guida “L’Agenzia informa”, disponibile on line sul sito delle Entrate. Un pratico manuale per chi si accinge a compiere l’importante passo di comperare un’abitazione e vuole evitare problemi, soprattutto con il Fisco. In evidenza, l’estensione dei benefici prima casa a chi è già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, e i vantaggi derivanti dall’applicazione del prezzo valore: il sistema che prevede il calcolo delle imposte in base al valore catastale del fabbricato e non al corrispettivo pagato.
PRIMA DI ACQUISTARE 
Come suggerisce la guida, prima di effettuare l’acquisto è consigliabile informarsi sulla situazione dell’immobile e, soprattutto, accertarsi che si stia comprando dal legittimo proprietario. Agli accertamenti fatti, a tale scopo, dal notaio, si aggiungono i controlli che ogni cittadino può liberamente effettuare, grazie ad alcuni servizi disponibili sul sito dell’Agenzia, in particolare quello della consultazione della banca dati catastale e ipotecaria. Per esempio, effettuando un’ispezione ipotecaria si possono consultare i registri immobiliari e verificare chi risulta essere proprietario dell’immobile che si vuole acquistare, o se su di esso siano state iscritte ipoteche o siano presenti pendenze, anche giudiziarie. La consultazione può farla chiunque (persona fisica o non), ma è gratuita solo se a richiederla è il proprietario dell’immobile o il titolare di altro diritto reale di godimento.
Poi, una volta verificato che sia tutto in regola, può accadere che non sia possibile, per motivi di varia natura, stipulare subito il contratto di compravendita. In tale situazione, acquirente e venditore possono comunque impegnarsi giuridicamente a concludere l’affare in un momento successivo, attraverso un contratto preliminare di acquisto, redatto in forma scritta, noto anche come compromesso. Il preliminare deve essere registrato entro venti giorni dalla sottoscrizione (trenta giorni se stipulato da un notaio) e le imposte pagate con la registrazione saranno poi scalate da quelle dovute sul contratto definitivo di compravendita. Per una maggiore tutela dell’acquirente, raccomanda la guida, è importante chiedere al notaio di trascrivere il compromesso nei registri immobiliari. Solo con la trascrizione, difatti, eventuali vendite dello stesso immobile o la costituzione di altri diritti a favore di terze persone non pregiudicheranno i diritti del compratore.
IMPOSTE E PREZZO VALORE
È con la stipula del contratto di compravendita che avviene materialmente il trasferimento della proprietà dell’immobile. Questo è anche il momento in cui si conoscono quali, ma soprattutto quante, imposte sono dovute per l’acquisto. La guida segnala subito che le imposte da pagare dipendono da vari fattori. Sono diverse, per esempio, se a vendere è un privato o un’impresa, e sono di importo minore se l’acquirente ha i requisiti per usufruire dei benefici prima casa.
In sintesi, per l’acquisto di un’abitazione senza le agevolazioni prima casa, sono dovute:
* l’imposta di registro al 9% e le imposte ipotecaria e catastale (50 euro ciascuna), quando si acquista da un privato o da un’impresa che vende in esenzione Iva;
* l’Iva al 10% (o 22% per gli immobili di categoria catastale A/1, A/8 e A/9) più l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale (200 euro ciascuna), quando a vendere è un’impresa e la vendita è soggetta a Iva.
La base imponibile su cui calcolare l’Iva è sempre costituita dal prezzo della cessione.
Per le vendite assoggettate all’imposta proporzionale di registro, invece, vi è l’opportunità di chiedere al notaio, al momento dell’acquisto, l’applicazione della cosiddetta regola del prezzo valore. Si tratta di un particolare meccanismo di calcolo della base imponibile, che viene determinata sulla base del valore catastale dell’immobile, indipendentemente dalla somma pagata e indicata nell’atto. Il valore catastale dell’immobile si ottiene moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del 5%, per il coefficiente 120. Tuttavia, il sistema del prezzo valore può essere richiesto solo per le cessioni di immobili a uso abitativo (e relative pertinenze) e se l’acquirente è una persona fisica che non agisce nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali. 
Non trascurabili i vantaggi per l’acquirente che ne chiede l’applicazione: riduzione del 30% degli onorari del notaio e limitazione del potere di controllo dell’Agenzia delle Entrate che, salvo i casi di occultamento del prezzo pattuito, non potrà accertare un maggior valore ai fini dell’imposta di registro.
PRIMA CASA E RISPARMIO
Il Fisco italiano, come del resto accade in quasi tutti i principali Paesi europei, pone particolare attenzione alla tassazione della prima casa, prevedendo importanti agevolazioni sia per l’acquisto che per il semplice possesso. 
Quando si compra da un privato o da un’impresa che vende in esenzione Iva, l’imposta di registro scende dal 9 al 2 per cento. Si applica l’aliquota ridotta del 4% (invece del 10%), se il venditore è un’impresa e la vendita è soggetta a Iva.
Ragguardevoli, quindi, le somme che si risparmiano. Attenzione, però: gli sconti sono concessi solo se l’acquirente possiede precisi requisiti e l’immobile presenta caratteristiche ben definite. Anzitutto, l’abitazione che si acquista non deve appartenere alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (non deve trattarsi, in sostanza, di un’abitazione di tipo signorile, di una villa, di un castello o di un palazzo di pregio artistico e storico). Inoltre, deve trovarsi nel territorio del comune in cui l’acquirente risiede o svolge la propria attività. Se residente altrove, per non perdere i benefici dovrà trasferire la residenza, entro diciotto mesi dall’acquisto, nel comune in cui si trova l’immobile.
Anche quando si acquista con le agevolazioni prima casa si potrà richiedere, se la vendita non è soggetta a Iva, l’applicazione del sistema del prezzo valore e usufruire degli stessi vantaggi indicati sopra. Il valore catastale dell’immobile sarà determinato, in questo caso, moltiplicando la rendita catastale rivalutata per il coefficiente 110.
Un’importante novità segnalata nella guida, infine, è quella introdotta dalla legge di stabilità 2016, che prevede la possibilità, per chi possiede già un’abitazione acquistata con i benefici prima casa, di acquisire una nuova casa, sia a titolo oneroso che gratuito (successione o donazione) e richiedere ugualmente le agevolazioni. L’unica condizione da rispettare, per non perdere questa opportunità, è vendere l’abitazione già posseduta entro un anno dal nuovo acquisto.
LE DOMANDE E LE RISPOSTE
A chiudere la pubblicazione, una serie di quesiti, con le relative soluzioni, sui casi in cui l’Agenzia delle Entrate può notificare un avviso di rettifica per accertare un maggior valore dell’immobile acquistato, rispetto a quanto dichiarato nel contratto, e sulla corretta applicazione dei benefici prima casa in situazioni particolari. Tra queste: l’acquisto di due appartamenti contigui, quello di una casa che si trova nello stesso comune in cui si possiede già la nuda proprietà su altra abitazione, l’eventuale perdita delle agevolazioni quando si cede in locazione l’immobile o se non si trasferisce la residenza nel comune in cui si trova l’abitazione, anche se in esso si ha la dimora.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Cade da 3 metri e muore

Trovato nudo in giardino

Un uomo di 38 anni, residente in un comune della città metropolitana di Firenze, è morto precipitando da un muretto alto circa 3 metri. Il suo corpo senza vita è stato rinvenuto dai carabinieri, completamente privo di vestiti, nel giardino di una villetta. Stando a quanto dichiarato da alcuni testimoni, il 38enne era stato visto girovagare, ancora vestito, nei pressi del luogo del ritrovamento, e si sarebbe denudato mentre attraversava alcuni cortili e proprietà private. Secondo le prime ipotesi fornite dagli inquirenti, l’uomo si trovava in stato di alterazione psicologica. Si attendono gli esiti dell’autopsia per stabilirne le cause.

Nei guai 62enne: rubava

corrente al condominio

È stato denunciato in stato di libertà per i reati di furto aggravato e danneggiamento l’uomo di 62 anni, residente in un appartamento dell’hinterland di Palermo, colpevole di aver sottratto energia elettrica al proprio condominio. Grazie alla segnalazione dell’amministratore, le forze dell’ordine hanno scoperto l’allacciamento abusivo ottenuto mediante un cavo elettrico che collegava direttamente l’alloggio del 62enne all’impianto elettrico condominiale, passando attraverso un foro sul soffitto della corsia dei box auto. In questo modo, peraltro, aveva creato un danno al solaio del seminterrato, intaccandone l’impermeabilizzazione.

Immobiliarista “fumato”

denunciato dai carabinieri 

Un giovane di 28 anni, di professione agente immobiliare ma con il vizio dei festini a base di stupefacenti, è stato denunciato con l’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio. A “tradirlo” è stato il forte odore di fumo che, fuoriuscendo dalla sua porta, aveva impregnato l’androne del palazzo. Così i condòmini hanno chiamato il 113, e quando i militari si sono presentati alla sua porta per verificare le segnalazioni dei vicini, gli hanno trovato in casa circa 4 grammi di marijuana e 1 grammo di cocaina. Secondo quanto raccontato dall’incauto 28enne, tale quantità sarebbe servita per una festa con gli amici. Peccato che, in questo caso, il reato sia diventato quello di spaccio.

Pranzano in cucina

La casa prende fuoco

Nessun ferito grave, ma abitazione gravemente danneggiata e molta paura. È il bilancio di un rogo sviluppatosi in un appartamento al quarto piano di un condominio di Livorno. Ancora ignote le cause. L’ipotesi più probabile, al momento, è che si sia trattato di un corto circuito provocato dal cattivo funzionamento di alcune prese elettriche nella stanza di una ragazza di 31 anni, residente nell’alloggio insieme al padre di 69 anni. I due stavano pranzando, quando hanno sentito un forte odore di bruciato. Il tempo di alzarsi da tavola e le fiamme erano già alte. Inutile il primo tentativo di spegnerle. All’uomo e alla figlia non è rimasto che mettersi in salvo e chiamare i vigili del fuoco, i quali, giunti sul posto insieme alle forze dell’ordine, sono riusciti a domare il rogo. Solo una lieve intossicazione, per i due residenti dell’appartamento.

Furto in abitazione: 

arrestato ladro seriale

È stato preso con la refurtiva nel sacco il topo d’appartamento “seriale” che aveva appena ripulito la casa di un anziano di 77 anni, nel cremonese, approfittando della sua assenza. Il ladro era riuscito a scappare a bordo della sua bici, portandosi dietro una lavatrice e tre trapani. Ma il proprietario, rientrato poco dopo, lo aveva visto mentre si allontanava e aveva chiamato i carabinieri. Subito sulle sue tracce, i militari lo hanno bloccato dopo qualche minuto, con la refurtiva ancora in suo possesso. Visti i numerosi precedenti penali dell’uomo, il Pm ha disposto la convalida dell’arresto, in attesa dell’udienza.

Anziano muore ustionato

mentre accende la caldaia

Tragedia domestica in un appartamento del varesotto, dove un uomo di 91 anni è rimasto vittima di un incendio, provocato probabilmente dalla fiamma di ritorno di una caldaia. L’anziano abitava con la moglie disabile che, vedendo uscire del fumo dal locale caldaia, aveva allertato i vigili del fuoco. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto, accompagnati dai sanitari del 118, per il marito non c’era più niente da fare. Ancora in fase di accertamento le cause dell’incidente: si suppone che il 91enne stesse tentando di accelerare l’accensione della caldaia a legna utilizzando un combustibile, per poi finire investito dalle fiamme.

CONDOMINIO: I TERMINI E LE MODALITÀ PER IMPUGNARE LA DELIBERA ASSEMBLEARE

[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]

Le deliberazioni prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condòmini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente, astenuto o assente può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
È quanto prevede il nuovo secondo comma dell’articolo 1137 c.c., come modificato dalla legge di riforma del condominio (L. 220/2012), che riconosce espressamente la possibilità di impugnare le delibere assembleari ai condòmini assenti, dissenzienti o astenuti, mentre in precedenza la legge prevedeva espressamente tale facoltà solo in favore dei condòmini dissenzienti ed era la giurisprudenza ad estenderla anche agli astenuti ed assenti.
È prevista, inoltre, una duplice decorrenza dei termini per impugnare, a seconda che il condòmino abbia partecipato o meno all’assemblea che ha approvato la delibera che si intende impugnare. Infatti, per gli assenti il termine dei trenta giorni decorre dalla ricezione del verbale.
Il nuovo testo dell’articolo 1137 c.c., prevede che l’istanza per ottenere la sospensione, proposta prima dell’inizio della causa di merito, non sospende l’efficacia della delibera né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della stessa, a meno che sulla stessa non si pronunci favorevolmente l’autorità giudiziaria.
Mentre i casi di annullamento sono espressamente disciplinati dal codice, e consistono in violazioni di legge o del regolamento, quelli di nullità (tranne veramente pochi casi quali la nullità della nomina in mancanza di indicazione del compenso) non sono indicati nella normativa sul condominio ed occorre rifarsi ai principi che regolano la nullità del negozio giuridico.

La violazione di legge
Ad esempio, si ha violazione di legge quando non vengono osservate le norme procedimentali prescritte per l’adozione delle delibere assembleari. Si pensi a quanto prescritto dal nuovo articolo 66 disp att. c.c., per il quale: “L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.
L’amministratore ha facoltà di fissare più riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi
”.
La violazione di tali norme procedimentali determina la possibile annullabilità della delibera assembleare.

Chi può impugnare
Vi è subito da dire che, fino ad oggi, si ammetteva l’impugnativa di un singolo condomino anche quando il vizio relativo alla mancata convocazione di un condomino si era verificato nei confronti di altro condomino. A seguito della riforma, invece, che ritiene il deliberato annullabile in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione su istanza dei dissenzienti o degli assenti perché non ritualmente convocati (art. 66 Disp. Att. III comma c.c.) appare che, contrariamente a prima, tale vizio possa essere eccepito solo da coloro nei confronti dei quali lo stesso si è effettivamente verificato.
Né si può ipotizzare che la mancata partecipazione all’assemblea determini un pregiudizio per gli altri, perché la volontà assembleare può ugualmente esprimersi e consentire che il condominio sia gestito in funzione degli interessi collettivi. Non va, infine, sottaciuto che, secondo la disciplina generale dell’annullamento (v. art. 1425 e ss c.c.), la legittimazione a farlo valere spetta esclusivamente alla “parte nel cui interesse è stabilito dalla legge”, come si desume esplicitamente dall’art. 1441 I comma c.c.
Sicché, in mancanza di diverse e specifiche disposizioni contrarie, alle impugnazioni delle delibere assembleari deve applicarsi la disciplina generale, con la conseguenza che la legittimazione a proporle deve ritenersi ristretta ai condòmini lesi dalla illegittimità dedotta (Trib. Taranto 12.01.2016 n. 73).

Onere della prova
Quanto all’onere della prova, incombe sul condomino che chieda l’accertamento dell’invalidità dell’assemblea condominiale, la prova del vizio della delibera posto a fondamento della pretesa. In particolare, nel caso in cui è il condomino che agisce per far valere l’invalidità di una delibera assembleare, incombe sul condominio convenuto l’onere di provare che egli sia stato tempestivamente avvisato della convocazione quale presupposto per la regolare costituzione dell’assemblea (Trib. Trento 04.06.2015 n. 560), mentre resta a suo carico la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà dell’assemblea medesima.
Le deliberazioni nulle sono, invece, impugnabili in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse (quindi anche dal condomino che abbia partecipato con il suo voto favorevole alla formazione della delibera impugnata).

LA PROCEDURA
Per un primo indirizzo, in tema di condominio di edifici, (Cass. 14560 del 30 luglio 2004) la tempestività dell’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea dei condòmini, che a norma dell’articolo 1137 c.c. doveva essere proposta con ricorso nel termine di trenta giorni dalla data della deliberazione stessa, andava riscontrata con riguardo alla data del deposito del ricorso e non a quella della sua notificazione. Sul punto la Suprema Corte aveva, poi, ritenuto che l’impugnativa potesse avvenire anche con citazione purché la notifica al destinatario fosse effettuata nello stesso termine dei trenta giorni (dal verbale se il condomino era presente, ovvero dalla comunicazione allo stesso se assente).

Citazione o ricorso?
Era, quindi, pacifico che, se anche il codice civile prevedesse, testualmente, la forma del ricorso, l’impugnativa della delibera assembleare potesse avvenire indifferentemente con ricorso o con citazione, (Cass. n. 8440 dell’11.04.2006) e che, in questa ultima ipotesi, ai fini del rispetto del termine di cui all’articolo 1137 c.c. (trenta giorni) occorreva tenere conto della sola data di notificazione dell’atto introduttivo del giudizio anziché di quella successiva del deposito in cancelleria (iscrizione a ruolo della causa).
Sul punto, a fare chiarezza, è intervenuta la Corte di Cassazione che, a Sezioni Unite, con sentenza n. 8491 del 2011 ha affermato che ai sensi dell’articolo 163 c.p.c. la domanda di annullamento della delibera condominiale si propone con citazione.
La Suprema Corte, nella stessa motivazione della sentenza, ha chiarito che: il termine «ricorso» indicato nell’articolo 1137 c.c. è ivi impiegato nel senso generico di istanza giudiziale; ciò, a detta della Corte, trova conferma nel fatto che, in genere, l’indicazione della forma del ricorso come veste dell’atto introduttivo in determinate materie è sempre accompagnata dalla fissazione di varie altre regole intese a delineare procedimenti caratterizzati da particolare snellezza e rapidità, (l’indicazione del giudice competente, i suoi poteri di sospensione, ecc.) tutte regole che invece mancano con riguardo all’impugnazione delle delibere condominiali.
Le Sezioni Unite, con la stessa sentenza, ebbero, altresì a precisare che potevano, comunque, ritenersi valide le impugnazioni proposte impropriamente con ricorso, sempreché l’atto risulti depositato in cancelleria entro il termine stabilito dall’articolo 1137 c.c.
A seguito della riforma, il nuovo testo dell’articolo 1137 c.c., come modificato dalla L. 220/2012, (entrata in vigore il 18 giugno 2013) sembra avallare l’interpretazione di tale pronuncia, in quanto ha eliminato qualsiasi riferimento al termine ricorso e ha parlato genericamente di azione volta all’annullamento delle deliberazioni assembleari. Per il Tribunale di Milano (provvedimento 21 ottobre 2013, n. 56369), con l’entrata in vigore della legge 220/2012 (Riforma del condominio), l’impugnazione proposta con ricorso è inammissibile. Proprio sull’eliminazione della parola ricorso ha fondato il Tribunale di Milano per concludere che l’impugnazione proposta con ricorso è inammissibile. Nel caso deciso, il ricorso era stato tempestivamente depositato presso la cancelleria del giudice nei termini previsti dalla legge, ma nulla era stato notificato al condominio entro 30 giorni, così che lo stesso, nella persona del suo amministratore, aveva già maturato un legittimo affidamento circa l’acquisita esecutività della delibera impugnata.
In conclusione, è meglio, da oggi in poi, stare bene attenti ad impugnare una delibera assembleare con l’atto di citazione e non più con il ricorso.

IL DECRETO TERREMOTO È LEGGE: LE AGEVOLAZIONI FISCALI SULLA CASA

[A cura di: Gennaro Napolitano – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]

Nella Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la legge 45/2017 che ha convertito il Dl 8/2017, contenente “Nuovi interventi urgenti a favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017”. Nel corso dell’esame parlamentare, sono state apportate significative modifiche al testo originario del decreto; modifiche che hanno interessato anche le disposizioni in materia di adempimenti e versamenti tributari.

In particolare, l’articolo 11 del decreto in esame contiene le norme di carattere fiscale. Esso si muove su due fronti: in primo luogo, modifica in più punti l’articolo 48 del Dl 189/2016 (quest’ultimo, come noto, è stato il primo intervento normativo adottato per fronteggiare l’emergenza terremoto) e, in secondo luogo, introduce ulteriori agevolazioni fiscali.

Di seguito, una sintesi di alcune misure di carattere tributario previste dalla disposizione in esame: sia di quelle già contenute nella versione originaria del Dl 8/2017, sia di quelle previste ex novo durante l’iter di conversione in legge.

Ritenute e sostituti d’imposta. Confermata la possibilità, per i sostituti d’imposta, di regolarizzare, entro il 31 maggio 2017 (e senza applicazione di sanzioni e interessi), gli adempimenti concernenti le ritenute relative ai soggetti residenti nei comuni colpiti dal terremoto. In particolare, la regolarizzazione agevolata concerne le ritenute non effettuate o non versate nei seguenti periodi:

* dal 24 agosto 2016 (data del primo terremoto) al 19 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del Dl 189/2016);

* dal 26 ottobre 2016 (data del successivo terremoto) al 18 dicembre 2016 (data di entrata in vigore della legge di conversione del Dl 189/2016).

Sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari. Viene confermata la sospensione fino al 30 novembre 2017 degli adempimenti e dei versamenti tributari (con esclusione del rimborso di quanto eventualmente già versato). La ripresa della riscossione dei tributi sospesi e non versati avviene entro il 16 dicembre 2017, senza applicazione di interessi e sanzioni. La disposizione interessa anche le ritenute alla fonte non operate dai sostituti d’imposta su richiesta degli interessati (“busta paga pesante”). 

Canone tv. Anche la ripresa del versamento del canone tv, mediante addebito sulla bolletta elettrica, avviene, senza applicazione di sanzioni e interessi, entro il 16 dicembre 2017. Inoltre, nei casi in cui, a seguito del terremoto, la famiglia anagrafica non detenga più alcun apparecchio televisivo, il canone non è dovuto per l’intero secondo semestre 2016 e per tutto il 2017.

Altri adempimenti tributari. Gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della sospensione stabilita dal Dm 1° settembre 2016, devono essere effettuati entro il mese di dicembre 2017.

Esenzione imposta di bollo e di registro. Nel corso del passaggio parlamentare, è stata inserita la norma secondo cui le persone fisiche residenti (o domiciliate) e le persone giuridiche aventi sede legale nei comuni colpiti dal sisma, oltre a quella dall’imposta di bollo, beneficiano anche dell’esenzione dall’imposta di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentanti alla pubblica amministrazione fino al 31 dicembre 2017 in esecuzione di quanto stabilito dalle ordinanze del Commissario straordinario del governo. Viene altresì specificato che il deposito delle istanze, dei contratti e dei documenti, effettuato presso gli uffici speciali per la ricostruzione, produce gli stessi effetti della registrazione eseguita secondo le disposizioni del Testo unico dell’imposta di registro (Dpr 131/1986). Anche in questo caso, viene stabilito che non si procede al rimborso dell’imposta di registro già versata prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione agevolativa.

Agevolazioni per i redditi di fabbricati. Altra novità è la proroga dal 28 febbraio 2017 al 30 giugno 2017 del termine per l’emanazione delle ordinanze sindacali di sgombero funzionali all’individuazione degli immobili inagibili destinatari dei benefici previsti dall’articolo 48, comma 16, Dl 189/2016. Quest’ultima disposizione prevede una serie di agevolazioni fiscali (esclusione dalla base imponibile Irpef e Ires dei redditi dei fabbricati, esenzione Imu e Tasi fino alla ricostruzione) per i fabbricati ubicati nelle zone colpite dal sisma, se distrutti od oggetto delle predette ordinanze. Conseguentemente, viene posticipato al 30 giugno 2017 il termine entro cui il contribuente può dichiarare, ai medesimi fini, la distruzione o l’inagibilità totale o parziale del fabbricato all’autorità comunale.

Sospensione dei termini per la riscossione. In sede di conversione, è stata confermata la sospensione dal 1° gennaio al 30 novembre 2017 dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli avvisi di accertamento esecutivi e dagli avvisi di addebito esecutivi (relativi al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all’Inps), nonché delle attività esecutive da parte degli agenti della riscossione e dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti creditori (compresi quelli degli enti locali).

Definizione agevolata. Importanti novità arrivano per la rottamazione delle cartelle. Infatti, viene stabilita la proroga dal 31 marzo al 21 aprile 2017 del termine per la presentazione della dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016. Conseguentemente, è posticipato dal 31 maggio al 15 giugno 2017 il termine entro il quale Equitalia comunica, ai debitori che hanno chiesto la rottamazione, l’ammontare complessivo delle somme dovute e quello delle singole rate, nonché il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse. Inoltre, con norma di interpretazione autentica, viene chiarito che, ai fini dell’accesso alla rottamazione, non sono dovute le sanzioni irrogate per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi, anche nel caso in cui il debitore sia lo stesso ente previdenziale.

Le novità riguardano non solo i contribuenti che vivono nelle zone colpite dal terremoto, ma la generalità dei soggetti interessati. Per i primi, comunque, resta ferma la proroga di un anno dei termini e delle scadenze previsti dalla disciplina della definizione agevolata (commi 1, 2, 3, 3-ter e 12, dell’articolo 6, Dl 193/2016).

PONTEGGI E FURTI: RISPONDE L’APPALTATORE, NON IL CONDOMINIO

[A cura di: avv. Paolo Ribero]
Non di rado il ponteggio posizionato in un condominio per l’effettuazione di opere straordinarie finisce con l’agevolare la commissione di furti, facilitando l’introduzione negli appartamenti.
In ogni caso va premesso che la circostanza che l’azione criminosa di terzi sia stata agevolata dalla presenza di ponteggi non determina alcuna automatica responsabilità dell’appaltatore, al quale – per sostenere fondatamente un obbligo al risarcimento del danno verificatosi – occorre imputare una condotta negligente, avendo riguardo alle circostanze di tempo e di luogo.
Sul punto, già nel 1991 si era espressa la Suprema Corte (sentenza 5840/1991) esaminando il caso di un furto preceduto da un precedente furto in altro appartamento, in seguito al quale l’amministratore del condominio aveva espressamente richiesto all’impresa che eseguiva i lavori di rifacimento dello stabile di installare una illuminazione notturna del ponteggio e di rimuovere, al termine della giornata lavorativa, le scale di collegamento tra i diversi piani del ponteggio. Nella fattispecie in oggetto, la Cassazione aveva ravvisato la responsabilità dell’appaltatore, il quale aveva trascurato le più elementari norme di diligenza e di perizia e, omettendo di adottare cautele idonee ad impedire l’uso anomalo delle impalcature, aveva creato un agevole accesso ai ladri, ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno.
Più recentemente (Cassazione Civile sentenza. 2844 del 2005) era stata ravvisata la responsabilità dell’impresa che non aveva adeguatamente illuminato i ponteggi e non aveva rimosso – a fine giornata – le scalette mobili che dal primo piano portavano ai piani superiori.
Tale principio è stato da ultimo ribadito dalla Corte d’Appello di Roma, che con sentenza del 11 ottobre 2011 ha affermato la responsabilità dell’appaltatore per non aver rimosso le scalette di collegamento dei vari piani del ponteggio quando risulta incontroverso che gli autori del reato si sono serviti del ponteggio per accedere all’appartamento derubato. La responsabilità dell’appaltatore – ha sostenuto la Corte di Roma – non viene meno neanche se il ponteggio e stato installato da un subappaltatore, in quanto l’appaltatore resta sempre responsabile della corretta tenuta dello stesso nei confronti del committente e dei terzi.
Con quest’ultima pronuncia è stato affermato anche un altro importante principio. Infatti, il derubato aveva chiesto il risarcimento dei danni patiti non solo all’impresa che effettuava le opere sullo stabile, ma anche al condominio quale responsabile del danno cagionato da cose in custodia.
I Giudici capitolini hanno escluso quest’ultima responsabilità, dichiarando che il ponteggio, pur essendo annesso allo stabile condominiale, non entra in custodia del condominio “in quanto finalizzato esclusivamente allo svolgimento delle lavorazioni e che resta nella sola sfera di custodia dell’appaltatore, rispetto alla quale il condominio non ha nessun diretto potere, sicché non è configurabile una responsabilità ex art. 2051 c.c.. Non sussiste pertanto un’automatica estensione di responsabilità al condominio dei danni derivati agevolati dall’uso anomalo dei ponteggi”.

CEDOLARE, RITENUTE CONDOMINIALI, PRE-COMPILATA: ECCO I CHIARIMENTI DELLE ENTRATE

Una serie di chiarimenti interpretativi relativi a quesiti posti dalla stampa specializzata, molti dei quali inerenti casa e condominio. A fornirli, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/2017, di cui riporteremo nei prossimi giorni ampi estratti. Di seguito, invece, una sintesi delle specifiche rilevanti. 

CEDOLARE SECCA 

* La cedolare secca con l’aliquota ridotta al 10%, prevista per gli affitti a canone concordato, si applica anche ai contratti transitori, cioè di durata da un minimo di un mese a un massimo di diciotto mesi, purché relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa.

* La disposizione contenuta nel Dl 193/2016, secondo cui la mancata comunicazione della proroga del contratto di locazione per il quale si è scelta la cedolare secca non comporta decadenza dall’opzione, è applicabile anche alle comunicazioni che andavano presentate prima del 3 dicembre 2016, data di entrata in vigore del “collegato fiscale”, a condizione che il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con l’applicazione del regime sostitutivo, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione.

* Analogamente, anche la nuova previsione sanzionatoria per la tardiva comunicazione della proroga del contratto (100 euro, ridotti a 50 in caso di ritardo non superiore a 30 giorni) si applica alle comunicazioni omesse alla data del 3 dicembre 2016.

RITENUTE CONDOMINIALI 

* La norma della legge di bilancio 2017 in base alla quale il condominio versa le ritenute effettuate in qualità di sostituto d’imposta nei confronti dell’appaltatore quando l’ammontare delle stesse raggiunge i 500 euro (altrimenti versa entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno) ha effetto dal 1° gennaio 2017, pertanto riguarda anche le ritenute relative a dicembre 2016, da versare entro il successivo 16 gennaio 2017.

* La soglia dei 500 euro va verificata cumulando le ritenute mese dopo mese. Pertanto, se vengono effettuate ritenute a febbraio per 400 euro e altrettante a marzo, il 16 aprile vanno versate ritenute per 800 euro.

* È possibile continuare a versare le ritenute secondo la vecchia modalità (entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui sono state operate o avrebbero dovuto essere operate), anche se di importo inferiore a 500 euro.

BONUS CASA 

* Il pagamento delle spese per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica di edifici esistenti deve avvenire con bonifico “parlante”; in caso di anomalia nella sua compilazione, non si decade dal beneficio se la ditta destinataria dell’accredito attesta con dichiarazione sostitutiva che i corrispettivi sono stati inclusi nella contabilità perché concorrano alla corretta determinazione del reddito d’impresa.

* L’orientamento espresso con la risoluzione 64/2016, che ha riconosciuto la possibilità di fruire del bonus ristrutturazioni per le spese sostenute dal “convivente di fatto” anche se non possessore o non detentore dell’immobile sul quale sono effettuati i lavori (come previsto per i familiari conviventi), è applicabile, considerato il principio della unitarietà del periodo d’imposta, alle spese sostenute a partire dal 1 gennaio 2016.

VERSAMENTI 

* Le nuove scadenze per il pagamento delle imposte “dichiarative” in vigore dal 2017 (30 giugno ovvero 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40%) riguarda anche il saldo e il primo acconto della cedolare secca.

PRECOMPILATA 

* Nella comunicazione telematica per la trasmissione all’Agenzia delle Entrate delle spese attribuite ai condòmini per lavori effettuati sulle parti comuni (recupero edilizio, riqualificazione energetica, acquisto mobili e grandi elettrodomestici), gli amministratori di condominio indicano, per ogni unità immobiliare, la quota di spesa attribuita ai possessori o detentori dell’appartamento (proprietario, nudo proprietario, titolare di un diritto reale di godimento, locatario o comodatario). Qualora la spesa vada attribuita a un soggetto diverso dai precedenti, ad esempio, un familiare convivente del possessore o del detentore dell’immobile, gli amministratori indicano nella comunicazione il codice residuale che individua “altre tipologie di soggetti”.

* Nella medesima comunicazione, gli amministratori sono tenuti a fornire l’informazione relativa all’effettivo pagamento al 31 dicembre della quota di spesa attribuita a ciascun soggetto. A tal fine, deve essere compilato il campo relativo al “flag pagamento”, evidenziando se il pagamento è stato interamente corrisposto al 31 dicembre dell’anno di riferimento ovvero se lo stesso è stato parzialmente o interamente non corrisposto entro tale data. Nel primo caso, la relativa spesa va esposta direttamente nella dichiarazione precompilata. In caso contrario, la spesa va indicata esclusivamente nel foglio informativo e il contribuente, in presenza delle condizioni di detraibilità previste dalla legge, può modificare la dichiarazione aggiungendo tale onere qualora pagato entro la data di presentazione della dichiarazione.

CONDOMINIO: GLI ADEMPIMENTI DELL’AMMINISTRATORE DALL’INIZIO ALLA FINE DEL MANDATO

[A cura di: avv. Andrea Marostica – andrea.marostica@studiomarostica.com]
La Legge 11 dicembre 2012, n. 220, cosiddetta di riforma del condominio, ha notevolmente ampliato gli obblighi e le attribuzioni dell’amministratore di condominio. Gli artt. 1129 e 1130 c.c., rispettivamente rubricati “Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore” e “Attribuzioni dell’amministratore”, contengono, nelle versioni novellate, il dettagliato – a tratti forse eccessivamente – elenco dei compiti del mandatario. Nell’esporli viene qui adottato il criterio – ritenuto utile a fini mnemonici – del momento nel quale l’obbligo deve essere adempiuto: all’inizio dell’incarico, durante l’incarico, alla fine dell’incarico.
INIZIO INCARICO
All’inizio dell’incarico, più precisamente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo, l’amministratore deve comunicare i propri dati anagrafici e professionali. Deve inoltre comunicare dove si trovano i quattro registri obbligatori (registro di anagrafe condominiale, registro dei verbali delle assemblee, registro di nomina e revoca dell’amministratore, registro di contabilità) e i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, può prenderne gratuitamente visione e ottenerne copia, previo rimborso della spesa (art. 1129 co. 2 c.c.).
Ancora, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, l’amministratore deve specificare analiticamente l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. Questa previsione è particolarmente importante, in quanto la mancata specificazione analitica comporta la nullità della nomina (art. 1129 co. 14 c.c.).
L’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza individuale di responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato (art. 1129 co. 3 c.c.); l’art. 1129 co. 4 c.c. pone in capo al mandatario l’obbligo, in caso di deliberazione assembleare di lavori straordinari, di adeguare, contestualmente all’inizio dei lavori, i massimali della propria polizza in misura non inferiore all’importo di spesa deliberato.
Da ultimo, l’amministratore (non è espressamente stabilito il momento, ma è evidente che debba avvenire a seguito della nomina) deve affiggere, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, l’indicazione delle sue generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici (art. 1129 co. 5 c.c.).
DURANTE L’INCARICO
L’amministratore deve anzitutto curare l’osservanza del regolamento di condominio (art. 1130 co. 1 n. 1 c.c.). 
Quanto al rapporto con l’assemblea, questa deve essere convocata almeno una volta all’anno; si tratta dell’assemblea ordinaria, nella quale viene approvato il rendiconto condominiale; più precisamente, deve essere convocata entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio (art. 1130 co. 1 n. 10). L’amministratore, inoltre, deve eseguire le deliberazioni dell’assemblea (art. 1130 co. 1 n. 1 c.c.).
Il professionista deve disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini (art. 1130 co. 1 n. 2 c.c.).
L’amministratore deve riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni (art. 1130 co. 1 n. 3 c.c.). Nel riscuotere le quote ed erogare le spese, il mandatario deve curare di osservare le disposizioni specifiche introdotte dalla riforma in tema di utilizzo e tracciabilità dei flussi: l’art. 1129 co. 7 c.c., infatti, lo obbliga a far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condòmini o dai terzi, nonché quelle erogate a qualsiasi titolo per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. Non è dunque possibile, ad esempio, ricevere denaro da un condomino ed utilizzarlo direttamente per pagare un debito condominiale; così come deve essere assolutamente evitato l’uso di un unico conto corrente per la gestione di più condomini. La legge precisa che ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.
Sotto il profilo della riscossione dei contributi dovuti da ciascun condomino, l’amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, deve agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (art. 1129 co. 9 c.c.). Si richiama in proposito quanto stabilito dall’art. 63 disp. att. c.c.: l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo; è tenuto a comunicare i dati dei condòmini morosi ai creditori del condominio che, non ancora soddisfatti, ne facciano richiesta. A proposito della comunicazione di tali dati, si precisa che la qualità di moroso deve essere valutata con riferimento a quello specifico debito condominiale per il quale il terzo creditore intende agire; sotto questo profilo non può essere fatta confusione, ad esempio, tra spese di natura ordinaria e di natura straordinaria.
L’amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio (art. 1130 co. 1 n. 4 c.c.). Si rinviene qui, oltre che nell’art. 1135, co. 2, c.c. (che prevede la possibilità di ordinare lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere urgente), il contenuto della posizione di garanzia del mandatario, che è investito del potere-dovere di agire per evitare situazioni pericolose e di rischio.
Il professionista deve eseguire gli adempimenti fiscali (art. 1130 co. 1 n. 5 c.c.). A titolo esemplificativo, si ricordano: il versamento delle ritenute d’acconto operate, la Certificazione unica (CU) per l’attestazione dei redditi di lavoro dipendente ed autonomo, la Dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770), il quadro AC del modello Unico, la Comunicazione delle spese di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico su parti comuni condominiali.
L’amministratore deve curare la tenuta dei quattro registri obbligatori: il registro di anagrafe condominiale, il registro dei verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore, il registro di contabilità (art. 1130 co. 1 nn. 6 e 7 c.c.). Soffermandosi in particolare sul registro di contabilità, si tratta di una previsione che deve essere inserita nel più ampio quadro delle disposizioni in tema di rendiconto. L’art. 1130 bis c.c., introdotto ex novo dalla riforma, specifica il contenuto del resoconto contabile annuale (voci di entrata e di uscita, situazione patrimoniale del condominio, fondi disponibili ed eventuali riserve) e la sua composizione (registro di contabilità, riepilogo finanziario, nota sintetica esplicativa; si dà per scontata la presenza del bilancio consuntivo e relativa ripartizione).
Il mandatario deve conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condòmini sia allo stato tecnico-amministrativo dell’edificio e del condominio (art. 1130 co. 1 n. 8 c.c.). Le scritture e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della relativa registrazione (art. 1130 bis c.c.). L’amministratore deve fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso (art. 1130 co. 1 n. 9 c.c.).
CESSAZIONE INCARICO
Alla cessazione dell’incarico (art. 1129, co. 9, c.c.), il professionista è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condòmini. Deve inoltre eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni. La legge specifica che tali attività urgenti non danno diritto ad ulteriori compensi; ciò, evidentemente, nel caso in cui l’amministratore non abbia inserito la relativa voce nella specificazione analitica del compenso da effettuarsi al momento della nomina; in caso contrario, avrà diritto al compenso specificato ed accettato dall’assemblea.