[A cura di: avv. Rodolfo Cusano]
Nel momento in cui nasce il condominio i soggetti, titolari di una quota di proprietà piena ed esclusiva, divengono nel contempo contitolari di parti e cose comuni ed indivise. Da ciò nasce l’esigenza di una norma regolamentare (regolamento condominiale) tesa non solo a disciplinare l’uso dei beni comuni ma anche a determinare le sanzioni per la sua inosservanza.
Nell’amministrare un condominio ci si può imbattere in una triplice eventualità:
* esiste un regolamento approvato a maggioranza dall’assemblea condominiale (regolamento assembleare);
* manca un regolamento condominiale;
* esiste un regolamento predisposto dal costruttore, che ha carattere convenzionale e che vincola tutti i successivi acquirenti (regolamento contrattuale).
Circa la prima evenienza, il regolamento può e deve essere formato dall’assemblea, quando i condòmini sono superiori a dieci, con l’intervento favorevole della maggioranza statuita all’articolo 1136, comma 2, c.c. In questo caso il regolamento prende il nome di regolamento assembleare o di regolamento approvato a maggioranza. Tale regolamento deve avere un contenuto necessario, consistente in un complesso di norme destinate a regolare l’uso delle cose comuni, la loro amministrazione, la ripartizione delle relative spese, la tutela del decoro nell’edificio.
Nella seconda ipotesi (mancanza di regolamento condominiale) si deve distinguere tra condominio composto da più di dieci condòmini e condominio che non supera detto numero. Infatti, solo se i condòmini sono più di dieci il regolamento è obbligatorio ai sensi dell’articolo 1138 c.c., il quale statuisce, per converso, la mera facoltatività dell’adozione del regolamento condominiale nel caso in cui i condòmini siano inferiori ad undici. In tale ultimo caso la vita condominiale sarà comunque regolata dalle norme del codice civile ed in particolare, dagli articoli dal 1117 al 1139 nonché dalle disposizioni di attuazione del codice civile (articoli dal 61 al 72) e da eventuali leggi speciali.
Si parla, invece, di regolamento contrattuale quando è lo stesso costruttore del caseggiato che impone, già negli atti di vendita, attraverso i quali si forma il condominio, il relativo regolamento. La stessa situazione si verifica quando il regolamento è predisposto dall’unico originario proprietario, prima che le diverse unità immobiliari siano cedute a terzi. Generalmente detto regolamento, anche se non inserito testualmente nel contratto di compravendita, ne fa parte integrante, purché espressamente richiamato ed approvato (Cass. 5769/1978; sulla natura del regolamento contrattuale cfr. Cass. 12291/2011).
Il regolamento contrattuale così predisposto, oppure approvato con il consenso unanime dei condòmini, può contenere limitazioni – di carattere generale ed astratto oppure particolare – in ordine all’uso della cosa comune ed anche attribuire ai titolari di alcune unità immobiliari diritti maggiori rispetto ad altri o prevedere servitù sui beni in comune o vincoli di destinazione alle proprietà singole.
CLAUSOLA IN BIANCO
Cosa accade se invece di predisporlo prima delle vendite il costruttore lo redige in un momento successivo alle vendite e nelle stesse si fa rilasciare solo un mandato alla redazione dagli acquirenti? In tale particolare evenienza la Cassazione, fin dalla sentenza n. 506 del 1975, ebbe a ritenere perfettamente valida la cd. clausola in bianco. La Suprema Corte motivò tale assunto sulla circostanza che il carattere contrattuale della fattispecie non richiedeva la contestuale conoscenza, al momento della stipulazione del contratto di acquisto, anche del regolamento di condominio, potendo detta conoscenza essere anteriore o posteriore quando, comunque, il contratto contenga l’impegno ad osservare il regolamento stesso.
Non sono mancate pronunce di segno opposto (Cass. 16.02.2005 n. 3104 e Cass. 11.04.2014 n. 8606) con le quali si è sostenuto che l’incarico conferito al costruttore di predisporre il regolamento unitamente all’obbligo assunto nel contratto di compravendita di rispettare il regolamento di condominio non può essere assunto come approvazione di un regolamento allo stato inesistente.
Sul punto, premesso che il regolamento di condominio in tal caso fonda su una iniziativa del solo costruttore, poi approvata direttamente o indirettamente dai condòmini, ci sembra più convincente l’interpretazione della dottrina ( cfr. G. Terzago -Giuffrè 2015 pagg. 471 e ss) la quale ha invece ritenuta del tutto legittima la delega al costruttore per la predisposizione del regolamento. Il ragionamento operato per fondare tale tesi ha ritenuto che le disposizioni contenute nel regolamento condominiale non possono mai essere contrarie ai principi previsti dagli artt. 1118, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 del codice civile né a quelli indicati dagli artt. 63, 66, 67, 69 e 155 delle disp. att. c.c. (norme inderogabili); né possono menomare i diritti derivanti ai condòmini dai singoli atti di acquisto delle unità immobiliari o dalle convenzioni, né possono derogare ai principi espressi negli artt. 1117, 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c. a proposito dei beni in comune e del riparto delle spese.
Dette norme, a loro volta, qualora contrarie a tali principi, possono essere ritenute o nulle fin dall’inizio o annullabili. Per tale motivo avremo nullità immediata solo per le clausole che violando principi inderogabili si pongono di fatto come contrarie agli interessi dell’ordinamento. Per le altre, pur a volerle ritenere contrarie alla legge, esse vengono sanzionate con la mera annullabilità. Proprio per tale motivo esse possono essere sanate, perché in difetto di impugnativa l’atto annullabile conserva definitivamente la sua efficacia. In virtù di tale considerazione, unita a quella che ciò non deve necessariamente accadere perché può ben essere che il regolamento del costruttore contenga solo clausole conformi ed integrative/conformi ai principi dell’ordinamento, non vi è motivo per non voler riconoscere validità all’incarico conferito al costruttore di redigere l’emanando regolamento.
Per cui, in conclusione, non solo l’incarico alla redazione comporta anche l’obbligo di approvarlo ma non si può parlare affatto di regolamento inesistente.
Per completezza di disamina occorre però dire che, qualora il proprietario dell’edificio introducesse clausole atipiche, il condomino può sempre rifiutare di accettare quelle che comportano assunzione di obblighi o limiti ai propri diritti. Infatti, egli ha sempre la possibilità di impugnarle davanti al Giudice competente. Senza dimenticare che, nel caso de quo, attesa la natura di imprenditore del costruttore e la natura di consumatore dell’acquirente, si applica anche la normativa prevista dal Codice del Consumo (art. 33 e 37) ed in particolare la direttiva n. 93/13/CEE recepita tramite la novellazione dell’art. 1469 c.c. che sanziona con la non vincolatività l’introduzione di clausole vessatorie che non siano state sottoposte non solo preventivamente all’attenzione della controparte, ma anche in modo che essa potesse rendersi conto, effettivamente, della portata del loro contenuto precettivo. Anche per tale motivo, quand’anche nel regolamento predisposto dal costruttore vi fossero clausole limitative della proprietà, esse sarebbero inutiliter data non essendo state oggetto di specifica attenzione e trattativa tra le parti.
IL DIVIETO DI DESTINAZIONE DEGLI IMMOBILI
Abbiamo già detto come il regolamento contrattuale può essere predisposto dall’unico, originario proprietario, che lo impone ai neo acquirenti all’atto della stipula dei contratti di compravendita.
Al riguardo, l’articolo 1138 c.c. non vieta né espressamente, né tacitamente, la facoltà d’inserire nei regolamenti condominiali, predisposti dall’unico originario proprietario, disposizioni relative a riserve di diritti esclusivi di proprietà su determinate parti dell’immobile. Tali disposizioni, quando sono espressamente accettate dagli acquirenti che approvano il regolamento, assumono carattere di convenzioni, e come tali sono vincolanti sia per gli acquirenti medesimi, sia per i partecipanti al costituendo condominio, risultando opponibili anche ai terzi se trascritte (Cass. n. 1681/1983). La caratteristica saliente di tali convenzioni è che esse possono anche vietare una o più possibili destinazioni degli immobili condominiali.
Tali pesi e limitazioni non possono essere contenuti nei regolamenti approvati dall’ assemblea. Infatti, è indirizzo costante della giurisprudenza (Cass. nn. 899/1972 e 2305/1978), quello di escludere ogni possibilità, per i regolamenti assembleari, di disciplinare il diritto di usare e di godere del proprio appartamento: vengono così proibite, tra le altre, tutte quelle disposizioni in tema di divieto di destinazione od uso diverso da quello di abitazione.
Premesso che i divieti e le limitazioni posti dal regolamento contrattuale alle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, come per esempio i vincoli ad una determinata destinazione o il divieto di mutare quella originaria, devono essere formulati in modo chiaro e contenere sia l’elencazione delle attività vietate sia il riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare (Cass. n. 6299/2015), a tali divieti va data una interpretazione restrittiva, poiché essi vanno a ridurre la libera disponibilità della proprietà privata. L’interpretazione restrittiva comporta che solo le destinazioni espressamente indicate saranno vietate, mentre tutte le altre saranno permesse senza possibilità di interpretazione estensiva o analogica.
Ciò posto, con sentenza n. 14898/2013 la Suprema Corte ha stabilito che il regolamento predisposto dall’originario unico proprietario del complesso di edifici e accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto, qualora trascritto nei registri immobiliari, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l’uso ed il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive.
Sul punto, la Cassazione, con sentenza n. 17493 del 31 luglio 2014, ha anche affermato che non è sufficiente la trascrizione del regolamento contrattuale per dichiararne l’automatica opponibilità ai futuri acquirenti, occorrendo bensì precise modalità di compilazione della nota, con l’indicazione specifica e autonoma dei vincoli e delle restrizioni dei diritti dei singoli sulle parti di proprietà comune ed esclusiva, come nel caso della previsione di servitù reciproche o di altri diritti reali. Infatti, a dire della Corte: “L’art. 2659 c.c. va interpretato in uno all’art. 2655 c.c. Ne consegue che dalla nota di trascrizione deve risultare non solo l’atto di cui si chiede la trascrizione ma anche il mutamento giuridico che l’atto produce. Pertanto, nel caso di regolamento di condominio c.d. contrattuale, non basta indicare il medesimo, ma occorre indicare le clausole di esso incidenti in senso limitativo sui diritti dei condòmini sui beni condominiali o sui beni di proprietà esclusiva.”
Detto onere di specificità della nota di trascrizione è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21024 del 18 ottobre 2016, la quale ha affermato che: “Il regolamento di condominio predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l’uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condòmini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. n. 3749/99; conforme, con riguardo ad un’ipotesi di supercondominio, Cass. n. 14898/13)”. Conseguentemente, la Suprema Corte ha ritenuto che in materia di regolamento condominiale convenzionale, la previsione ivi contenuta di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, debba essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obligationes propter rem.
Detta affermazione viene poi motivata con:
1) l’assenza “dell’agere necesse” nel soddisfacimento di un corrispondente interesse creditorio, che connota invece l’obbligazione anche se avente ad oggetto un non facere;
2) l’incompatibilità dell’istituto con lo schema obbligatorio della reciprocità tra i condòmini di tali limiti. Questa, infatti, ove riferita alle obbligazioni comporta che ciascun soggetto del rapporto assume ad un tempo entrambe le posizioni, debitoria e creditoria, in virtù di una causa di scambio, la quale, a sua volta, ha ad oggetto delle utilità differenti. Mentre, invece, nel caso in esame non vi può essere obbligazione reciproca, perché ciascuno deve all’altro un eguale speculare a quello cui questi è tenuto verso di lui;
3) non vi osta, invece, il fatto che il vantaggio e lo svantaggio che ne derivano, soddisfacendo per lo più un interesse inerente alla sfera personale, riguardino più che i fondi coloro che a qualunque titolo ne godano. Una tale conseguenza non è estranea alle servitù, soprattutto a quelle negative, in cui l’interferenza di interessi personali (si pensi alla servitù inaedificandi o altius non tollendi) non fa venir meno la sequela e, dunque, la realità del peso.
Una volta ricondotti tali limiti di cui al regolamento contrattuale all’istituto della servitù, l’opponibilità ai terzi acquirenti dei limiti alla destinazione delle proprietà esclusive in ambito condominiale va regolata secondo le norme proprie di questa e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso. Per cui, conclude la Suprema Corte, non è sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi dell’articolo 2659 c.c., comma 1, n. 2, e articolo 2665 c.c., occorre indicarne le specifiche clausole limitative (Cass. nn. 17493/14 e 7515/86) affinché esse possano essere opposte ai terzi.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
* Divieto di adibire l’immobile a gabinetto odontotecnico: Cass. 6100/1993; 19229/2014.
* Le clausole limitative delle facoltà dei condomini sulle loro proprietà costituiscono una servitù reciproca: Cass. n. 3749/99; Cass. n. 14898/13.
* L’opponibilità ai terzi delle clausole limitative impongono la loro descrizione nella nota di trascrizione: Cass. nn. 17493/14 e 7515/86.
* Divieto di adibire l’immobile a residence: Cass. 27 marzo 2015, n. 6299.
La casa come set di film porno:
madre 46enne finisce nei guai
È finita in tribunale la donna di 46, residente nel bresciano, che ha pensato bene di usare l’abitazione nella quale viveva con i propri figli per girare un film hard amatoriale. Secondo i giudici del tribunale dei Minori di Brescia, che hanno disposto l’allontanamento dei figli dalla madre, l’utilizzo della casa coniugale per tali scopi rappresenta un pregiudizio gravissimo alla dignità morale dei ragazzi. La donna, che aveva preso parte al video amatoriale, ha tentato di difendersi spiegando ai giudici che dietro questa condotta non vi era altra motivazione se non quella di racimolare i soldi necessari per pagare le bollette e le cartelle di Equitalia in sospeso. Contro il provvedimento del tribunale è stata presentata richiesta di revoca da parte dell’avvocato difensore.
Ladro d’appartamento
si ferisce e viene arrestato
Un giovane ladro, classe 1997, è stato scoperto e arrestato nella propria abitazione, grazie al tempestivo intervento dei carabinieri di un comune nei pressi di Catanzaro. I militari erano sulle sue tracce dalla notte precedente, quando il malvivente si era ferito rompendo la finestra della casa di un imprenditore che abitava a pochi metri di distanza. Il ventenne si era fatto medicare in ospedale, mentendo sull’origine delle ferite, ma quando i carabinieri lo hanno raggiunto a casa sua, lo hanno trovato con un taglio alla mano compatibile con le ferite provocate dai vetri della finestra distrutta, a casa dell’imprenditore. Dalla successiva perquisizione, sono stati rinvenuti un piede di porco, un passamontagna e abiti insanguinati, oltre a un’arma da fuoco e 60 grammi di sostanze stupefacenti.
Canna fumaria ostruita:
anziana rischia di morire
Aumentano, con il freddo, i casi di incidenti domestici legati al riscaldamento dell’appartamento e, nel peggiore dei casi, agli incendi. Come quello avvenuto nella casa di una donna, residente nel centro storico di un piccolo comune in provincia di Fermo, che stava rischiando di morire in seguito al rogo divampato nella sua abitazione. Secondo una prima ricostruzione, l’incendio sarebbe stato causato dall’ostruzione della canna fumaria del camino che l’anziana utilizzava per scaldare gli ambienti. A salvare la vita della donna sembra sia stata una giovane che si trovava a passare dal centro città ed è intervenuta alla vista delle fiamme che avvolgevano l’appartamento.
Sente i ladri in cucina
Viene aggredito in camera
Si è conclusa con tanto spavento e la sottrazione di un cellulare l’aggressione ai danni di un uomo di 77 anni che vive da solo in un appartamento in provincia di Pisa. Erano da poco passate le 20 quando l’anziano, che si trovava in camera da letto, ha sentito dei rumori provenire dalla cucina e, pensando si trattasse della donna delle pulizie, ha acceso la luce e l’ha chiamata. A quel punto i ladri lo hanno raggiunto in camera e lo hanno avvolto con un lenzuolo, mettendogli le mani al collo. Il tempo necessario per disorientare il malcapitato, rubargli il cellulare e fuggire. Secondo le testimonianze raccolte dalla polizia, i ladri tenevano sotto controllo la casa dell’anziano: a dimostrarlo i frequenti passaggi di un auto sospetta, notati da una vicina, e il taglio della recinzione metallica che separa la proprietà dall’argine del fiume.
Due giovani arrestati
con la droga in casa
I carabinieri della stazione di Terni hanno arrestato due giovani di 30 e 28 anni, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Dopo aver rilevato un insolito viavai di tossicodipendenti dall’appartamento dei due, i militari sono entrati in azione e hanno disposto la perquisizione domiciliare. All’interno dell’alloggio sono stati rinvenuti e posti sotto sequestro 67 grammi di cocaina, già suddivisa in dosi, 100 grammi di sostanza da taglio di tipo mannite, un bilancino di precisione e oltre 2mila euro in contanti, con ogni probabilità i proventi dalla vendita della droga.
“Lo scorso anno ho installato un sistema di videosorveglianza presso la mia abitazione. Sono state definite le modalità per usufruire del credito d’imposta previsto dalla legge di Stabilità 2016?”. Questo il quesito sottoposto da un contribuente alla rubrica di posta fiscale curata su FiscoOggi – la rivista ufficiale dell’Agenzia delle Entrate – dall’esperto Gennaro Napolitano. Di seguito la sua risposta.
R. Alle persone fisiche è riconosciuto un credito d’imposta per le spese sostenute nel 2016 per l’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o di sistemi di allarme, nonché per quelle connesse ai contratti stipulati con istituti di vigilanza, dirette alla prevenzione di attività criminali. Tali spese sono ammissibili al credito d’imposta a condizione che siano sostenute in relazione a immobili non utilizzati nell’esercizio dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo (articolo 1, comma 982, legge 208/2015 – legge di stabilità 2016). I criteri e le procedure per beneficiare del credito d’imposta sono stati definiti dal decreto 6 dicembre 2016 del ministero dell’Economia e delle Finanze (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 2016). Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2016 ed è utilizzabile in compensazione (a tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento). In alternativa, i contribuenti non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo possono utilizzare il credito spettante in diminuzione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
L’eventuale ammontare non utilizzato potrà essere fruito nei periodi d’imposta successivi senza alcun limite temporale (articolo 4 del decreto). Il credito d’imposta non è cumulabile con altre agevolazioni di natura fiscale aventi a oggetto le medesime spese (articolo 3, comma 3, del decreto). Per il riconoscimento dell’agevolazione, i soggetti interessati devono inoltrare, in via telematica, un’apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, in cui va indicato l’importo delle spese agevolabili sostenute nel 2016. Il modello dell’istanza (e il relativo termine di presentazione) saranno definiti da un provvedimento delle Entrate, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. La percentuale massima del credito spettante a ciascun soggetto sarà determinata dall’Agenzia, sulla base del rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2016 e l’ammontare del credito d’imposta complessivamente richiesto, e verrà comunicata con altro provvedimento del direttore, entro il 31 marzo 2017. Per le spese sostenute in relazione a un immobile adibito promiscuamente all’esercizio di impresa o di lavoro autonomo e all’uso personale o familiare del contribuente, il credito d’imposta è ridotto del 50% (articolo 2, comma 3, del decreto).
[A cura di: Gian Vincenzo Tortorici – avvocato in Pisa]
Come è noto l’art. 1117 è il primo articolo del codice civile che inerisce al condominio; il legislatore del 1942 non ne definisce la natura, né vi ha provveduto il legislatore del 2012. Da questa carenza sorgono le problematiche concerneti i rapporti sussistenti necessariamente sia tra l’ente condominio e i terzi – in principalità il suo amministratore – sia tra i condòmini stessi.
La presunzione di condominialità dei beni e servizi elencati nel novellato art. 1117 cod. civ. costituisce, in ogni caso, una rilevante specificazione della base di valutazione degli elementi strutturali e tecnologici, nonché dei servizi comuni finalizzata alla loro migliore gestione da parte degli stessi condòmini e dell’amministratore del condominio. L’art. 1117 cod. civ. individua, quindi, tutta una serie di parti, di impianti e di servizi che sono funzionalmente utili per il godimento delle singole unità immobiliari di proprietà esclusiva dell’edificio condominiale, ricomprendendo soprattutto gli impianti tecnologicamente più avanzati.
Il legislatore ha integrato il disposto dell’art. 1117 citato, stabilendo che questo si applica anche ai supercondomìni e ai condomini che si sviluppano in orizzontale, ancorché alle multiproprietà in quanto compatibile. Ai sensi dell’art. 1117-ter cod. civ., è ammissibile la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni, ad esempio, ex alloggio del portiere a biblioteca comune, seppure con determinate procedure e maggioranze finalizzate a evitare ogni abuso da parte di un gruppo di condòmini. Inoltre ha normato la tutela della destinazione d’uso delle parti comuni se pregiudicata dall’attività di un singolo condomino o da una pluralità di questi.
In questo senso, infatti, l’art. 1117 quater cod. civ. ha stabilito che l’amministratore, o anche il singolo condomino, possano invitare l’esecutore di un’attività espletata in un’unità di proprietà esclusiva, o direttamente nella parte comune, a cessare la propria attività, qualora incida negativamente e in modo sostanziale nella destinazione d’uso di una parte comune. Sempre il singolo può chiedere anche la convocazione dell’assemblea che potrà deliberare di far cessare l’attività dell’inadempiente, con la maggioranza dei condòmini presenti in assemblea rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio condominiale; la delibera può prevedere, quindi, una sua messa in mora e, in subordine, rimasta inadempiuta la diffida, un’azione giudiziaria da radicare con un’azione inibitoria, ad esempio, per far cessare le immissioni di fumo da parte di una pizzeria, sita in un locale privo di canna fumaria in quanto in precedenza adibito a negozio di abbigliamento, ovvero con una denuncia in sede penale se la precitata attività sia illecitamente perseguita e attivata, ad esempio, per un’utilizzazione di un box a deposito di materiale altamente infiammabile, ovvero promuovendo un ricorso avanti la giurisdizione amministrativa se la violazione perpetrata inerisca a una disposizione urbanistica, ad esempio, un intervento realizzato in violazione del regolamento sanitario del Comune.
Con il termine “esecutore” il legislatore si riferisce a qualunque soggetto che abbia la disponibilità di un’unità immobiliare sia a titolo di diritto reale, quale ad esempio il proprietario o l’usufruttuario, sia a titolo di un diritto di personale godimento, quale ad esempio il conduttore o il comodatario di un fondo commerciale o di un appartamento. Con il lemma “attività”, però, non si dovrebbe intendere un’attività finalizzata alla realizzazione di opere visibili, poiché queste sono diversamente disciplinate dal novellato art. 1122 cod. civ.
L’espressione “incidono negativamente e in modo sostanziale” è certamente indeterminata; peraltro il legislatore si dovrebbe riferire a un’attività che produca un pregiudizio alla destinazione d’uso delle parti comuni in maniera sensibile, tale da impedirne l’uso da parte degli altri condòmini o renderlo puù gravoso e non soltanto più difficoltoso. Ne consegue che le singole fattispecie concrete che riguarderanno tale articolo dovranno essere risolte di volta in volta dalla magistratura, al cui esame saranno sottoposte.
[A cura di: FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
Il Dm dello scorso 7 dicembre ha dimezzato il tasso legale di interesse portandolo, dall’anno appena iniziato, allo 0,1%; di conseguenza, cambiano le modalità di calcolo dei diritti di usufrutto a vita e delle rendite o pensioni, ai fini delle imposte di registro e sulle successioni e donazioni. A cascata è arrivato, quindi, il decreto Mef 23 dicembre 2016, già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che riporta la consueta tabella dei coefficienti aggiornati, in vigore dal 1° gennaio 2017. Si tratta di un passaggio obbligato previsto dall’articolo 3, comma 164, della legge 662/1996. I nuovi moltiplicatori devono essere applicati agli atti pubblici formati, agli atti giudiziari pubblicati o emanati, alle scritture private autenticate e a quelle non autenticate presentate per la registrazione, alle successioni aperte e alle donazioni fatte a partire dal primo giorno del nuovo anno.
NUDA PROPRIETÀ
Un esempio pratico di utilizzo dei coefficienti è rappresentato dall’acquisto della sola nuda proprietà di una casa, con mantenimento dell’usufrutto a vita da parte del vecchio proprietario. In tal caso, la base imponibile da sottoporre a tassazione per il trasferimento della nuda proprietà è data dalla differenza tra il valore della piena proprietà e quello dell’usufrutto (articolo 48 del Dpr 131/1986). Quest’ultimo dato si ottiene moltiplicando la rendita annua dell’immobile (cioè, il valore della piena proprietà) per il tasso di interesse legale dello 0,1% e per il coefficiente corrispondente all’età dell’usufruttuario. Eccone un’ipotesi pratica:
* valore della piena proprietà dell’immobile: 300.000 euro (A);
* tasso di interesse legale: 0,1% (B);
* età del beneficiario dell’usufrutto: 64 anni;
* coefficiente corrispondente all’età del beneficiario: 500 (C);
* rendita annua = valore piena proprietà (A) x tasso interesse legale (B) = 300.000 x 0,1% = 300 (D);
* valore dell’usufrutto = rendita annua (D) x coefficiente età beneficiario (C) = 300 x 500 = 150.000 (E)
* valore della nuda proprietà = valore piena proprietà (A) – valore usufrutto (E) = 300.000 – 150.000 = 150.000.
Il decreto, inoltre, fissa il multiplo da utilizzare nella determinazione della base imponibile per la costituzione di rendite e pensioni in 1.000 volte l’annualità. Il meccanismo è identico sia ai fini dell’imposta di registro (articolo 46, comma 2, lettere a) e b), del Tur – Dpr 131/1986) che ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni (articolo 17, comma 1, lettere a) e b), del Tus – Dlgs 346/1990).
I COEFFICIENTI
Di seguito, un sintetico prospetto dei nuovi coefficienti in relazione all’età dell’usufruttuario:
da 0 a 20 anni: 950
da 21 a 30 anni: 900
da 31 a 40 anni: 850
da 41 a 45 anni: 800
da 46 a 50 anni: 750
da 51 a 53 anni: 700
da 54 a 56 anni: 650
da 57 a 60 anni: 600
da 61 a 63 anni: 550
da 64 a 66 anni: 500
da 67 a 69 anni: 450
da 70 a 72 anni: 400
da 73 a 75 anni: 350
da 76 a 78 anni: 300
da 79 a 82 anni: 250
da 83 a 86 anni: 200
da 87 a 92 anni: 150
da 93 a 99 anni: 100
da 64 a 66 anni: 500
[A cura di: centro studi Fna -Confappi]
L’art. 1, comma 59, della Legge 208/2015 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge di stabilità 2016, entrata in vigore il 1° gennaio 2016 – ha sostituito l’art. 13 della Legge 431/1998, nei termini seguenti.
L’obbligo di registrazione a carico del locatore. Alla stregua del riformato primo comma, dell’art. 13, «è fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni dandone documentata comunicazione nei successivi 60 giorni al conduttore e all’amministratore del condominio anche ai fini della ottemperanza agli obblighi di tenuta dell’anagrafe condominiale di cui all’art. 1130, n. 6, del codice civile».
Quest’ultima disposizione è dettata in ragione dell’obbligo incombente sull’amministratore condominiale di acquisire, nell’anagrafe condominiale, anche le generalità dei “titolari di diritti personali di godimento”.
Ad evidenza, la modifica legislativa non tiene conto delle disposizioni dettate, ai fini della tassa di registro, dal DPR 131/1986, in tema di obbligo di registrazione dei contratti di locazione, disciplinato dall’art. 10, primo comma, lettera a), per il quale nelle scritture private non autenticate l’obbligo di registrazione è a carico di tutte le “parti contraenti”. Né tiene conto dell’art. 57 del medesimo DPR 131/1986 che continua a sancire la responsabilità solidale delle parti per il pagamento della tassa di registro. A meno che la modifica abbia inteso abrogare implicitamente le richiamate disposizioni del DPR 131/1986.
Il nuovo obbligo a carico del locatore non può ovviamente valere per le locazioni commerciali, disciplinate dalla legge di equo canone.
La nullità delle pattuizioni illegali in materia di durata e di canone. I commi 2 (azione di restituzione dell’indebito alla fine della locazione), 3 (nullità di patti relativi alla durata del contratto) e 4 (nullità dei patti relativi al canone dei contratti liberi e convenzionati), continuano ad applicarsi secondo la disciplina dettata dal previgente art. 13, Legge 431/1998.
La sanatoria temporale dei cosiddetti contratti catastali. Il nuovo comma 5 dell’art. 13, stabilisce che «per i conduttori che per gli effetti della disciplina di cui all’art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogato dall’art. 5, comma 1-ter, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto 23/2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annuo di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di cui al citato art. 3, comma 8, del d.l. 23/2011, l’importo del canone di locazione dovuto, ovvero della indennità di occupazione maturata su base annua è pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato».
Alla stregua della nuova disposizione, il canone annuo (o indennità di occupazione) dovuto dal 7 aprile 2011 sino al 16 luglio 2015 (data di pubblicazione della sentenza n. 169/2015), è confermato nella misura prevista dal D.Lgs. n. 23/2011 (art. 3, commi 8 e 9). Con la conseguenza che, per il periodo in questione, l’inquilino non è tenuto a riconoscere alcuna maggior somma al locatore rispetto a quanto versato nella misura pari a tre volte la rendita catastale dell’immobile, aggiornata secondo gli indici Istat. Attesa la temporaneità della sanatoria, rimane tuttavia fermo che nel prosieguo del contratto, il conduttore dovrà versare il canone nella misura originariamente pattuita, per non incorrere in morosità.
Quanto alla durata residua del contratto sussistono incertezze interpretative: il contratto decorre dalla data in cui è avvenuta la registrazione (da eseguirsi nel termine di 60 giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 23/2011) o dalla data di stipula del contratto? La disposizione non ha infatti chiarito, quanto alla durata del contratto, se i rapporti in corso debbano proseguire secondo le scadenze legali calcolate in base alla loro originaria data di stipula ovvero se – come previsto dal D.Lgs. 23/2011 – debbano proseguire dalla data della registrazione tardivamente eseguita.
Ad evidenza, la disposizione ha inteso sterilizzare – con una sanatoria – gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 5, comma 1-ter del richiamato d.l. 47/2014.
Ed invero, essendo venuto meno il nuovo rapporto locatizio fondato sul d.lgs. 23/2011 – con un canone pari al triplo della rendita catastale – i conduttori sarebbero irrimediabilmente esposti alle sanzioni invalidanti di cui agli artt. 1, comma 346 della Legge 311/2004 e 13, comma 1, della Legge 431/1998.
Sta di fatto che il riformato art. 13, comma 5, ha riscritto le regole dei pregressi rapporti illegittimi, dettando imperativamente la misura del canone dovuto ovvero della indennità ex art. 1591 c.c., maturata dai conduttori che avessero beneficiato della rideterminazione ex lege del corrispettivo conseguente – quale sanzione civile – alla mancata o parziale registrazione del contratto.
Anche la nuova disposizione può peraltro essere nuovamente riportata all’esame della Corte Costituzionale, dal momento che ripropone una soluzione già caducata due volte dal Giudice delle leggi. Oltretutto, la pronuncia della Corte Costituzionale 169/2015 ha puntualmente motivato che «se certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz’altro da escludere che possa legittimamente farlo – come avvenuto nella specie – limitandosi a “salvare”, e cioè a “mantenere in vita”, o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l’art. 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale.
In altri termini: nel mutato contesto di esperienza determinato da una pronuncia caducatoria, un conto sarebbe riproporre, per quanto discutibilmente, con un nuovo provvedimento, anche la stessa volontà normativa censurata dalla Corte; un altro conto è emanare un nuovo atto diretto esclusivamente a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l’efficacia di norme che “non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” (art. 30, terzo comma, della Legge 11 marzo 1953, n. 8 – norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale)».
La restituzione delle somme indebitamente versate. L’art. 13, comma 6, della Legge 431/1998 – rimasto sostanzialmente immutato rispetto all’originario art. 13 – stabilisce che «nei casi di nullità di cui al comma 4, il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresì richiedere, con azione proponibile dinanzi all’autorità giudiziaria, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1, dell’art. 2 ovvero dal comma 3 dell’art. 2. Tale azione è, altresì, consentita nei casi in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1 del presente articolo. Nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il giudice determina il canone dovuto, che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati. L’autorità giudiziaria stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti».
La disposizione dispone tuttavia, in termini innovativi, che l’azione di nullità è altresì dichiarata nel caso in cui il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine di cui al comma 1, del riformato art. 13. Conseguentemente, nel giudizio che accerta la esistenza del contratto di locazione, il Giudice determina il canone dovuto che non può eccedere quello del valore minimo definito ai sensi dell’art. 2 (per i contratti liberi e per i contratti convenzionati), ovvero quello definito ai sensi dell’art. 5, commi 2 o 3 (contratti transitori o contratti con studenti universitari, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati).
Si tenga presente che la nuova previsione normativa non stabilisce se, in virtù del richiamato art. 2, si debba fare riferimento ai contratti liberi o a quelli concordati. L’autorità giudiziaria stabilisce contestualmente anche la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.
Con il riformato comma 6 dell’art. 13, della Legge 431/1998, al conduttore che abbia subito la scelta del locatore di non registrare il contratto, è dunque riconosciuta la facoltà di far convertire giudizialmente la locazione non registrata, con attribuzione al Tribunale del potere di sostituire il contratto e di determinare l’entità del canone. In particolare, alle locazioni in corso e non registrate, si applicano le disposizioni di cui al comma sesto, relativamente a tutte le ipotesi ivi previste, insorte dalla entrata in vigore del riformato art. 13 e, quindi, a far data dal 30 dicembre 1998.
In definitiva, il conduttore ha diritto di ricondurre la locazione a condizioni conformi al comma uno (contratti liberi), ovvero al comma tre (contratti convenzionati), dell’art. 2, della Legge 431/1998, ove il canone e la durata non siano conformi alle previsioni di cui al riformato comma sesto dell’art. 13. In tal caso, il Giudice, accertata l’esistenza del contratto di locazione, determina il canone dovuto entro i limiti di quanto stabilito, negli appositi contratti-tipo dalle organizzazioni di categoria, oltre alle somme eventualmente eccedenti e da restituire. Resta comunque fermo che il conduttore può, entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, proporre l’azione di restituzione delle somme indebitamente versate.
Ambito di applicazione e decorrenza delle nuove disposizioni. Per il riformato comma 7 dell’art. 13, della Legge 431/1998, «le disposizioni di cui al comma 6 devono ritenersi applicabili a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dalla entrata in vigore della presente legge», ovvero a far tempo dal 30 dicembre 1998.
Applicabilità della nuova normativa ai soli contratti soggetti a registrazione. Secondo il riformato art. 13, comma 8, «i riferimenti alla registrazione del contratto di cui alla presente legge non producono effetti se non vi è obbligo di registrazione del contratto stesso».
Scomparsa delle previsioni sulla locazione di fatto. Nella nuova formulazione dell’art. 13 della Legge 431/1998 è scomparso il riferimento alla cosiddetta “locazione di fatto”, di cui al previgente art. 13, quinto comma, per il quale l’azione relativa alla restituzione dell’indebito «è altresì consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto».
[A cura di: avv. Paolo Ribero]
[A cura di: Rosa Colucci – F.O.]
Ancora una novità in materia catastale. È infatti disponibile, dalla home page del sito dell’Agenzia delle Entrate, il download gratuito della “Scrivania del Territorio”: un’idea per agevolare la modalità di compilazione e di controllo degli atti delle banche dati catastali e ipotecaria. L’Agenzia, insieme al partner tecnologico Sogei, ha messo a punto una piattaforma informatica, dalla quale ciascun utente, professionista, notaio o pubblico ufficiale, potrà trasferire il nuovo software sul proprio computer e successivamente lavorare usufruendo delle informazioni estratte dalle banche dati dell’Agenzia.
Gli utenti troveranno la “Scrivania del Territorio” tra i Servizi catastali e ipotecari senza registrazione; infatti, una volta installata la piattaforma, se si sceglie di lavorare off-line non è necessaria alcuna autenticazione, altrimenti si può accedere con le credenziali di Sister. È un unico ambiente di lavoro da cui è possibile, per esempio, controllare l’esistenza degli identificativi catastali degli immobili, dei codici fiscali dei soggetti da iscrivere in catasto e degli indirizzi associati alle unità immobiliari, semplificando così le attività del professionista e stimolandone la compliance. Le funzionalità presenti nella “Scrivania”, inoltre, garantiscono la completezza e la qualità delle informazioni riportate, diventando così un valido supporto all’aggiornamento del Sistema integrato del territorio (Sit), che consentirà, in futuro, una migliore gestione integrata delle informazioni relative al patrimonio immobiliare italiano.
Attualmente, è disponibile il download per l’installazione della “Scrivania del Territorio”; gradualmente, saranno poi rilasciate le nuove versioni dei seguenti software, che permetteranno di dialogare con la Scrivania:
* Docfa, per l’aggiornamento delle unità immobiliari del catasto dei fabbricati;
* Docte, per l’aggiornamento delle qualità colturali delle particelle terreni;
* Pregeo, per la predisposizione degli atti geometrici di aggiornamento della cartografia;
* Voltura e istanza titolarità, per l’aggiornamento delle intestazioni e dei diritti iscritti in catasto;
* Unimod, per la compilazione del modello Unico da inviare per l’aggiornamento del registro e delle titolarità del sistema di pubblicità immobiliare e catastale.
[A cura di: Cristiana Carta – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
La successione naviga sul web. Con il provvedimento del 27 dicembre 2016, è stato infatti approvato, dalle Entrate, il nuovo modello on line (con relative istruzioni e specifiche tecniche), grazie al quale sarà possibile compilare e trasmettere la dichiarazione attraverso un percorso guidato, assolvere gli obblighi tributari, calcolare le imposte ipotecarie, catastali e i tributi speciali da versare in autoliquidazione mediante addebito diretto sul proprio conto corrente o su quello dell’intermediario, nonché richiedere le volture catastali degli immobili, che verranno eseguite automaticamente sulla base di quanto dichiarato, senza dover compiere ulteriori adempimenti.
L’ultimo nato nella modulistica fiscale realizza dunque un importante passo verso la semplificazione degli adempimenti amministrativi, nella logica del dialogo tra contribuente e Fisco. Per utilizzare il nuovo modello, è sufficiente installare sulla propria postazione di lavoro il software – in modalità stand alone – disponibile gratuitamente sul sito dell’Agenzia; poi compilare il file, allegare i documenti previsti per legge, salvare, accedere ai servizi telematici e inviare. Uno dei punti di forza di questo nuovo processo è rappresentato dalla funzione a disposizione degli uffici territoriali dell’Agenzia, che permette di visualizzare le dichiarazioni di successione ricevute per via telematica dai contribuenti: modalità che costituisce garanzia della circolarità della consultazione su tutto il territorio nazionale e consente di richiedere le copie conformi della dichiarazione presso ogni ufficio dell’Agenzia. Un’altra novità rilevante consiste nella possibilità del dichiarante di rendere le dichiarazioni sostitutive di atto notorio mediante la compilazione di specifici quadri del modello (EH ed EI), in luogo dell’allegazione di tutti i relativi documenti. A perfezionare l’evoluzione del servizio offerto, la possibilità di visualizzare la dichiarazione presentata nel cassetto fiscale del dichiarante, dei coeredi e dei chiamati.
DOVE E COME
Il software, che sarà operativo dal 23 gennaio 2017, si scarica gratuitamente dal sito dell’Agenzia. Sarà possibile presentare la dichiarazione di successione in via telematica direttamente attraverso i servizi telematici con le proprie credenziali di accesso o tramite un intermediario abilitato o l’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate competente per la lavorazione. Attenzione, però: l’utilizzo del nuovo modello di dichiarazione e la sua trasmissione in via telematica sono riservati:
* alle dichiarazioni di successione relative a soggetti deceduti a partire dal 3 ottobre 2006;
* alle dichiarazioni sostitutive delle dichiarazioni di successione presentate utilizzando il nuovo modello.
COMPILAZIONE
È possibile compilare la nuova dichiarazione di successione con alcuni semplici passaggi. Il modello è composto di due fascicoli: il primo è da compilare in tutti i casi, in quanto contiene le informazioni essenziali ai fini della predisposizione del modello, mentre il secondo va predisposto solo in presenza di particolari beni mobili e immobili.
All’interno del primo fascicolo, il foglio di apertura è costituito dal frontespizio, che contiene l’informativa sul rispetto della privacy. Segue il quadro relativo ai “dati generali” ove occorre indicare:
* i dati del defunto (codice fiscale, dati anagrafici e data del decesso);
* i dati anagrafici di chi presenta la dichiarazione di successione (erede, curatore, tutore, rappresentante, eccetera).
A seconda della tipologia di beni caduti in successione, il dichiarante dovrà compilare i quadri successivi presenti nel primo o nel secondo fascicolo. In generale, nel primo, oltre ai dati identificativi del defunto e dei beneficiari dell’eredità, devono essere indicati, ove presenti, i dati relativi ai beni immobili (terreni e fabbricati), i documenti comprovanti le passività, i documenti da allegare e le dichiarazioni sostitutive richieste per legge.
Nel secondo fascicolo, invece, andranno indicate ulteriori categorie di beni, non compresi nel primo, quali, ad esempio, i beni immobili iscritti al catasto tavolare, gli aeromobili, le imbarcazioni e le donazioni fatte in vita dal defunto. A questo punto, dopo la prima fase di compilazione del modello, è possibile iniziare a compilare i quadri specifici del software SuccessioniOnLine.
GLI ALLEGATI
Al modello della dichiarazione di successione telematica e domanda di volture catastali devono essere allegati tutti i documenti utili alla dichiarazione, necessariamente in formato conforme, cioè scansionati in file di formato “pdf/a” o “tiff”.
IL PAGAMENTO
Il software calcola le imposte ipotecarie, catastali e i tributi speciali, che si possono versare in autotassazione direttamente on line, tramite addebito in conto corrente. Nel solo caso in cui il dichiarante si avvalga dell’ufficio territoriale competente dell’Agenzia delle Entrate per la presentazione della dichiarazione, è possibile pagare le somme dovute anche con modello F24. Effettuato l’addebito in conto, il sistema rilascerà una ricevuta relativa al pagamento effettuato. L’esito della domanda di volture catastali, richiesta dal contribuente al momento della presentazione del modello, è reso dal sistema con specifica attestazione, a conclusione dell’intero processo di acquisizione.
DA CONSERVARE
La dichiarazione di successione e domanda di volture catastali, insieme agli allegati, deve essere conservata in originale, con la ricevuta di avvenuta registrazione rilasciata dai servizi telematici e, se sono dovute le imposte, deve essere conservata anche la ricevuta di addebito in conto corrente.
DOPPIO BINARIO
La nuova modalità di presentazione della dichiarazione di successione e domanda di volture catastali sarà utilizzabile dal 23 gennaio 2017. Tuttavia, fino al 31 dicembre 2017, in alternativa all’utilizzo del modello SuccessioniOnLine, sarà ancora possibile presentare presso il competente ufficio dell’Agenzia la dichiarazione di successione utilizzando il vecchio modello in formato cartaceo.
Ecobonus, detrazioni per la ristrutturazioni, benefici fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici, così come per gli interventi di efficienza energetica sulle parti comuni condominiali e per i lavori che accrescano la sicurezza antisismica degli edifici.
Nella legge di Bilancio 2017 sono presenti sia conferme sia importanti novità in ambito di fiscalità immobiliare. Confedilizia ha fatto il punto della situazione enumerando e dettagliando le varie voci oggetto di agevolazione. Di seguito, uno schema riassuntivo degli interventi e dei relativi bonus.
RISTRUTTURAZIONI
Agevolazioni:
* per le singole unità immobiliari residenziali, interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia;
* per le parti comuni di edifici residenziali, interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia;
* realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, eliminazione di barriere architettoniche, bonifica dall’amianto, opere per evitare infortuni domestici, interventi per prevenire atti illeciti, cablatura edifici ecc.
Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione:
* dal 26.6.2012 fino al 31.12.2017: 96.000 euro;
* dall’1.1.2018: 48.000 euro.
Misura della detrazione (dall’imposta lorda):
* dal 26.6.2012 fino al 31.12.2017: 50%, in dieci quote annuali;
* dall’1.1.2018: 36%, in dieci quote annuali.
ACQUISTO MOBILI
Agevolazione:
* acquisto di mobili e di “grandi elettrodomestici” (es.: frigoriferi e lavastoviglie) di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), per apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, “finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione”.
Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione:
* dal 6.6.2013 fino al 31.12.2017: 10.000 euro (le spese di cui alla presente misura sono computate, ai fini della fruizione della detrazione d’imposta, indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione che fruiscono delle detrazioni Irpef);
* dall’1.1.2016 fino al 31.12.2016: 16.000 euro delle spese documentate per l’acquisto di mobili ed arredo per l’abitazione principale a favore delle giovani coppie (costituenti un nucleo familiare composto da coniugi o da conviventi more uxorio, da almeno tre anni, in cui uno dei due non abbia superato i 35 anni) “acquirenti di unità immobiliare da adibire ad abitazione principale”. Tale beneficio non è cumulabile con la misura di cui al punto sopra.
Misura della detrazione (dall’imposta lorda):
* dal 6.6.2013 fino al 31.12.2016: 50%, in 10 quote annuali;
* dall’1.1.2016 fino al 31.12.2016: 50% (acquisto mobilio giovani coppie), in 10 quote annuali;
* dall’1.1.2017 fino al 31.12.2017: 50% delle spese di cui al primo punto, in 10 quote annuali, sostenute nell’anno 2017, limitatamente a interventi di recupero del patrimonio edilizio effettuati nell’anno 2016 o iniziati nel 2016 e proseguiti nel 2017.
ECOBONUS
Agevolazioni:
* Interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici;
* dall’1.1.2016 sono detraibili anche le spese sostenute per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento o produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative, volti ad aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti e a garantire un funzionamento efficiente degli impianti.
Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione:
* dal 6.6.2013 fino al 31.12.2021: 100.000 euro per interventi per la riduzione del fabbisogno energetico di edifici esistenti; 60.000 euro per interventi riguardanti pareti, finestre (compresi gli infissi) su edifici esistenti; 60.000 euro per installazione di pannelli solari; 30.000 euro per sostituzione di impianti di climatizzazione invernale;
* dall’1.1.2022: si applicano le regole ed i limiti sugli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie.
Misura della detrazione (dall’imposta lorda):
* dal 6.6.2013 fino al 31.12.2016: 65%, in 10 quote annuali
* dall’1.1.2017 = 36%, in 10 quote annuali
Cessione crediti ai fornitori:
* per le spese sostenute dall’1.1.2016 al 31.12.2017 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, i soggetti che si trovano nella “no tax area” (pensionati, dipendenti e autonomi), in luogo della detrazione dall’imposta lorda, possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi. Le modalità per effettuare tale cessione sono indicate nel provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 22.3.2016.
CONDOMINI
Agevolazioni:
a) interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo;
b) interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva e che conseguono almeno la qualità media di cui al d.m. Ministero dello sviluppo economico 26.6.2015.
Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione:
* dall’1.1.2017 fino al 31.12.2021: 40.000 euro, moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio;
* dall’1.1.2022: si applicano le regole ed i limiti sugli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie.
Misura della detrazione (dall’imposta lorda):
* dall’1.1.2017 fino al 31.12.2021: 70%, per le spese di cui al punto a), in 10 quote annuali;
* dall’1.1.2017 fino al 31.12.2021: 75%, per le spese di cui al punto b), in 10 quote annuali;
* dall’1.1.2022: 36%, in 10 quote annuali.
Asseverazione:
* la sussistenza dei requisiti di cui ai punti a) e b) è asseverata da professionisti abilitati mediante l’attestazione di prestazione energetica degli edifici di cui al d.m. Ministero dello sviluppo economico 26.6.2015.
Cessione crediti ai fornitori:
* per le spese sostenute dall’1.1.2017 al 31.12.2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali di cui ai punti a) e b), i soggetti beneficiari, in luogo della detrazione dall’imposta lorda, possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi ovvero ad altri soggetti privati, con facoltà di successiva cessione del credito (con esclusione di cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari). Le modalità per effettuare tale cessione saranno definite con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
ANTISISMICA
Agevolazioni:
* specifici interventi su edifici (adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive) ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 le cui procedure autorizzatorie sono iniziate, da ultimo, dopo l’1.1.2017;
* dall’1.1.2017 sono detraibili anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili.
Importo massimo della spesa su cui calcolare la detrazione:
* fino al 31.12.2016: 96.000 euro;
* dall’1.1.2017 fino al 31.12.2021: 96.000 euro;
* dall’1.1.2022: 48.000 euro.
Misura della detrazione (dall’imposta lorda)
* fino al 31.12.2016: 65%, in dieci quote annuali;
* dall’1.1.2017 al 31.12.2021: 50%, in cinque quote annuali;
* dall’1.1.2022: 36%, in dieci quote annuali.
Ulteriori interventi:
* l’agevolazione di cui alla presente scheda, dall’1.1.2017 al 31.12.2021 si applica anche agli edifici ubicati nella zona sismica 3 le cui procedure autorizzatorie sono iniziate dopo l’1.1.2017.
Misure potenziate della detrazione:
* elevata al 70%, qualora dagli interventi derivi una riduzione di rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore;
* elevata all’80%, qualora dagli interventi derivi una riduzione di rischio sismico che determini il passaggio a due classi di rischio inferiori;
* elevata al 75%, qualora dagli interventi, realizzati sulle parti comuni condominiali, derivi una riduzione di rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore;
* elevata all’85%, qualora dagli interventi, realizzati sulle parti comuni condominiali, derivi una riduzione di rischio sismico che determini il passaggio a due classi di rischio inferiori.
Linee guida:
* le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità di attestazione da parte di professionisti abilitati dell’efficacia degli intervenenti effettuati saranno stabilite con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Cessione crediti ai fornitori:
* per le spese sostenute dall’1.1.2017 al 31.12.2021 per interventi antisismici realizzati su parti comuni degli edifici condominiali, i soggetti beneficiari, in luogo della detrazione dall’imposta lorda, possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi ovvero ad altri soggetti privati, con facoltà di successiva cessione del credito (con esclusione di cessione ad istituti di credito e ad intermediari finanziari). Le modalità per effettuare tale cessione saranno definite con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Divieto di cumulo:
* le detrazioni di cui alla presente scheda non sono cumulabili con agevolazioni spettanti per le stesse finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.