La batosta arriva per posta, sotto forma delle 60mila lettere inviate in questi giorni dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti persone fisiche che nell’anno 2012 hanno percepito e non dichiarato, o dichiarato parzialmente, redditi di fabbricati derivanti da contratti di locazione di immobili, compresi quelli per i quali è stato scelto il regime della cedolare secca.
Le nuove lettere contengono tutte le informazioni utili per permettere ai contribuenti di rimediare agli errori commessi per l’inesatta indicazione del reddito dei fabbricati nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2012.
Inoltre, per semplificare il calcolo delle sanzioni e degli interessi dovuti in presenza di cedolare secca, l’Agenzia ha aggiornato il “calcolatore” on line (denominato “Calcolatore sanzioni ed interessi infedele dichiarazione ravvedimento operoso anno d’imposta 2012”) presente sul proprio sito, che conteggerà al posto dei contribuenti le sanzioni ridotte del ravvedimento operoso per i redditi 2012, sia in caso di imposta sostitutiva della cedolare secca, sia in caso di imposte ordinarie per reddito da fabbricati. Infine, è possibile consultare il nuovo vademecum dell’Agenzia che spiega cosa fare quando si riceve la lettera delle Entrate e come rimediare agli errori commessi.
IN DETTAGLIO
Con questa tranche di comunicazioni l’Agenzia fornisce ai cittadini informazioni sul reddito di fabbricati derivante da canoni di locazione che, dai dati in possesso delle Entrate, risulterebbe non dichiarato, in tutto o in parte, nel modello Unico Pf o nel modello 730, presentati nel 2013 per i redditi 2012. Se il contribuente ammette l’errore, può correggerlo utilizzando il ravvedimento operoso, presentando una dichiarazione integrativa e versando le maggiori imposte dovute, i relativi interessi e le sanzioni correlate alla infedele dichiarazione in misura ridotta. Per effettuare il pagamento, occorrerà indicare nel modello F24 il codice atto riportato in alto a sinistra sulla lettera.
L’ASSISTENZA
Chi riceverà la lettera del Fisco potrà mettersi in contatto con l’Amministrazione finanziaria per chiarire subito la propria posizione, evitando che l’anomalia si traduca in futuro in un avviso di accertamento vero e proprio. Questo sia se dal confronto emergerà che il contribuente non ha commesso errori, sia nel caso in cui il cittadino voglia regolarizzare in maniera agevolata la propria posizione con le sanzioni ridotte previste dal nuovo ravvedimento operoso.
Nel caso in cui il contribuente ritenga che i dati originariamente riportati nella dichiarazione dei redditi siano corretti, sono invece a disposizione i numeri 848.800.444 (da telefono fisso) e 06/96668907 (da cellulare) dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17. In entrambi i casi occorre selezionare l’opzione servizi con operatore – comunicazione accertamento.
In alternativa, è possibile contattare uno degli Uffici Territoriali delle Direzioni Provinciali dell’Agenzia o utilizzare Civis, il canale di assistenza dedicato agli utenti dei servizi telematici.
IL RAVVEDIMENTO
Le lettere consentono ai contribuenti interessati di regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commesse con le modalità previste dall’istituto del ravvedimento operoso, fruendo così della sanzione ridotta per infedele dichiarazione. Grazie al calcolatore disponibile sul sito dell’Agenzia, inoltre, i contribuenti potranno calcolare facilmente le sanzioni ridotte del ravvedimento sia per l’imposta sostitutiva della cedolare secca, sia -nel caso di tassazione ordinaria del reddito di fabbricati – per l’Irpef e le addizionali (nonché, se dovuto, per il contributo di solidarietà).
LE SANZIONI
Le Entrate ricordano che se il reddito di locazione è stato assoggettato ad Irpef, la sanzione ridotta è pari al 15% della maggiore imposta determinata (ossia un sesto della sanzione minima – 90%).
Invece, se è stato scelto il regime della “cedolare secca”, previsto per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, la sanzione sarà più elevata, ovvero pari al:
* 30% della maggiore imposta determinata (ossia 1/6 della sanzione minima – 180%), se i canoni sono stati dichiarati solo parzialmente;
* 40% della maggiore imposta determinata (ossia 1/6 della sanzione minima – 240%), nel caso in cui non siano stati dichiarati.
Lite in atto tra coniugi:
in manette spacciatore
La polizia ha arrestato un 36enne di Napoli, già noto alle forze dell’ordine, trovato in possesso, nel suo appartamento, di circa 28 involucri di hashish, nascosti sotto i mobili della cucina. Gli agenti erano intervenuti a seguito di una segnalazione per lite domestica in corso, ma si erano insospettiti quando avevano notato che la tv del salotto stava trasmettendo immagini dell’esterno della casa. L’uomo, infatti, aveva installato un sistema di videosorveglianza per controllare proprio l’arrivo della polizia. Da lì è scattata la perquisizione e il ritrovamento della droga.
Moto piomba in cortile:
centauro in ospedale
Sono ancora in corso di accertamento le cause dell’incidente che ha coinvolto un centauro di 20 anni in provincia di Udine. Il giovane, che stava percorrendo la statale che collega due paesini della zona, ha perso improvvisamente il controllo della moto, cadendo rovinosamente a terra e riportando numerose ferite. La motocicletta, invece, è finita dritta nel cortile di una casa, per fortuna senza colpire nessuno. Il 20enne è stato trasportato al vicino ospedale e, nonostante le ferite, non versa in pericolo di vita.
I topi d’appartamento
rubano pure salvadanaio
È stato un colpo studiato nei minimi dettagli quello messo a segno da un gruppo di topi d’appartamento, attivi nella provincia di Trento. A essere presa di mira, questa volta, la casa di un imprenditore, poco distante dal centro abitato. I ladri sono entrati in azione nel pomeriggio, forzando una finestra al piano terreno. Una volta dentro, hanno rivoltato la casa racimolando 1500 euro in contanti, collane, gioielli e i pochi euro contenuti nel salvadanaio del figlio del proprietario. I malviventi si sono dati alla fuga pochi istanti prima del rientro della moglie.
Lascia le chiavi in auto:
gli svaligiano casa
Che sia stata una distrazione o una normale abitudine, quelle chiavi lasciate in macchina sono costate davvero care a un pensionato residente a Genova. Per la precisione, 20mila euro in oro e preziosi. A tanto ammonta il bottino che i ladri sono riusciti a trafugare dalla sua abitazione, dopo avergli rubato il mazzo di chiavi lasciato nel vano porta oggetti dell’auto. Rientrato a casa e fatta l’amara scoperta, l’uomo non ha potuto fare altro che sporgere denuncia ai carabinieri.
Ladri acrobati svaligiano
alloggio in pieno giorno
Hanno scalato la parete di un condominio di La Spezia, arrampicandosi lungo le tubature, fino a raggiungere le finestre degli alloggi. Questa la rocambolesca azione messa a segno da alcuni ladri acrobati che si sono introdotti nell’abitazione di una coppia di coniugi, in pieno giorno, scassinando la finestra e portandosi via vari oggetti preziosi, tra i quali una fede nuziale. Al rientro, i due proprietari, usciti il tempo necessario per fare un po’ di spesa, hanno trovato la porta sbarrata dall’interno e la casa a soqquadro.
Finti ispettori dell’energia
rapinano anziana in casa
Una donna di 82 anni, che vive da sola in una casa della provincia dell’Aquila, è stata aggredita e derubata da una coppia di malviventi che hanno fatto perdere le proprie tracce. I due si sono presentati alla porta dell’anziana, spacciandosi per ispettori di una compagnia energetica. Una volta che la donna ha aperto, le si sono avventati contro, immobilizzandola e chiudendola a chiave in un’altra stanza. Poi, hanno rivoltato l’appartamento riuscendo a recuperare un centinaio di euro appena, prima di dileguarsi.
[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente Centro studi Confedilizia]
In tema di revisione del classamento catastale di immobili urbani, la motivazione dell’atto relativo non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’Agenzia delle Entrate, bensì deve specificare, a pena di nullità, ai sensi della legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, a quale presupposto la modifica debba essere associata: se al non aggiornamento del classamento o, invece, alla palese incongruità rispetto a fabbricati similari e, in questa seconda ipotesi, l’atto impositivo dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa, conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza del riclassamento.
Così la Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza. n. 3557 del 6.6.2016), affermando principi ormai consolidati nella giurisprudenza della Cassazione ma applicandoli – e questo è l’elemento importante – in fase di appello nel contenzioso riguardante l’estesa attività di riclassamento operata a Roma, caratterizzata in molti casi da modifiche perlomeno “discutibili”.
[A cura di: Martino Verrengia – FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
La cessione del diritto reale di godimento, sub specie diritto di abitazione ex articolo 1022 del codice civile, era stata – nel caso in commento – decisa da una madre in favore della figlia, quale controprestazione rispetto ai doveri di cura e assistenza richiesti dalla prima alla seconda, nell’ambito di un contratto sinallagmatico e innominato del tipo do ut facias.
La Ctp di Fiorenze, con la sentenza n. 1192 depositata il 9 settembre 2016, si è pronunciata nel senso della decadenza dal beneficio “prima casa” nell’ipotesi di cessione del diritto di abitazione sull’immobile oggetto di acquisto beneficiato, accogliendo l’interpretazione più rispettosa del tenore letterale della normativa di riferimento. In tale ipotesi, ad avviso dei giudici fiorentini, si verifica la perdita del beneficio fiscale, a nulla rilevando la causa in concreto dell’attribuzione. Ma analizziamo come si è svolta la vertenza.
I fatti di causa
La pronuncia prende avvio dal ricorso di una contribuente avverso l’avviso di liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, finalizzato al recupero delle agevolazioni “prima casa”, fruite nell’ambito dell’acquisto di un immobile, sul quale veniva poi costituito un diritto di abitazione in favore della figlia della ricorrente.
Le posizioni delle parti
La contribuente eccepiva di non aver ceduto né trasferito alcun immobile, ma di aver semplicemente posto in essere un atto a carattere derivativo-costitutivo di un diritto reale di godimento, ossia del diritto di abitazione, che, secondo l’articolo 1022 cc, consente al titolare di “abitare una determinata casa, limitatamente ai bisogni suoi e della propria famiglia”.
L’ufficio delle Entrate si costituiva, in via preliminare, eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività e, nel merito, contestando la fondatezza della prospettazione attorea.
Le motivazioni della sentenza
A parere della Commissione, il ricorso della contribuente – ancorché inammissibile – non sarebbe neanche meritevole di accoglimento nel merito. La Ctp premette, infatti, che “in tema di agevolazioni cd. prima casa, il comma 4 della nota 2 bis dell’art. 1 della Tariffa – Parte Prima del T.U. Registro dispone che si ha decadenza dall’agevolazione «nell’ipotesi di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici di cui al presente articolo prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto»”.
Ebbene, “l’indicazione «trasferimento degli immobili» non deve essere interpretata come necessaria cessione dell’intero diritto di proprietà, potendosi infatti verificare anche una cessione parziale di detto più ampio diritto, conseguendone una compressione dello stresso, ad esempio attraverso la costituzione di diritti reali quali l’usufrutto, l’uso o l’abitazione. Tale interpretazione appare del tutto logica se si considera che l’agevolazione prima casa spetta non solo in caso di acquisto del pieno diritto di proprietà dell’immobile, ma anche nell’ipotesi di acquisto di uno dei diritti reali sopra menzionati (tanto che la titolare del costituito diritto di abitazione, ha beneficiato dell’agevolazione prima casa sull’acquisto di tale diritto).
Il comma 1 della predetta nota dispone, infatti, che in presenza di specifiche condizioni, l’aliquota agevolata si applica agli «atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà dell’usufrutto dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse» ….”.
“Secondo l’interpretazione data dalla contribuente”, proseguono i giudici provinciali, “in caso di acquisto agevolato del diritto d’uso con successiva cessione dello stesso, non dovrebbe seguire la decadenza dal trattamento agevolato in quanto non si avrebbe alcun trasferimento degli immobili. La diversa interpretazione, fatta propria dall’ufficio, è anche logica conseguenza del fatto che al momento della richiesta dell’agevolazione il contribuente parte acquirente, per poter ottenere l’agevolazione, deve dichiarare di non essere titolare non solo del diritto di proprietà ma anche di usufrutto, uso abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso o dal coniuge con le agevolazioni di cui alla predetta nota II bis”.
L’avallo “indiretto” della Cassazione
Del resto, osserva la Commissione, una conferma della correttezza dell’operato dell’Amministrazione si rinviene – seppur indirettamente e a contrario – in un arresto di legittimità (cfr. Cassazione, 22244/2012), nel quale la Corte suprema ha escluso la decadenza dal beneficio prima casa nell’ipotesi di rinuncia a un diritto reale di godimento (nella specie, si trattava della rinuncia al diritto di usufrutto su immobile), proprio perché la rinuncia abdicativa è un atto puramente dismissivo del diritto, che estingue il diritto reale limitato producendo, al contempo, la riespansione del diritto del proprietario, in tutte le pertinenti facoltà.
Brevi osservazioni
La pronuncia in commento accede a un’interpretazione rigorosa – ma che pare corretta – dell’agevolazione “prima casa”, stabilendo la decadenza dal beneficio in caso di cessione, non solo della piena proprietà, ma anche dei diritti reali “minori” (uso, usufrutto, abitazione) nei cinque anni dall’acquisto.
Anche la prassi degli uffici finanziari (cfr. circolare 38/2005, confermata sul punto dalla circolare 2/2014), del resto, è chiara e conforme a quanto prospettato dall’ufficio fiorentino nel caso in questione. E non potrebbe essere altrimenti: si tenga sempre presente, infatti, che le disposizioni che prevedono benefici fiscali, come le agevolazioni “prima casa”, proprio per la loro natura, sono necessariamente norme di stretta interpretazione. Pertanto, un’operazione ermeneutica estensiva delle stesse porterebbe sicuri squilibri al sistema, difficilmente rimediabili, oltre a costituire un vulnus al principio di uguaglianza e al suo precipitato, in termini di ragionevolezza, sancito dall’articolo 3 della Carta costituzionale.
Sigarette nel cestino
fanno scoppiare un incendio
Tanto spavento e una lieve intossicazione. Per fortuna sono soltanto queste le conseguenze dell’incendio divampato nella cucina di una casa in provincia di Padova. Le fiamme sono state generate da alcune sigarette non perfettamente spente e buttate, distrattamente, nel cestino dei rifiuti. Ad accorgersi del fumo e dell’odore acre sono state le due donne che si trovavano in casa in quel momento. In loro aiuto, per spegnere l’incendio, sono arrivati anche alcuni vicini di casa.
Ecovandali in condominio
pizzicati dalle telecamere
Da due anni continuavano a gettare rifiuti in una sorta di discarica abusiva. Si tratta di ben sette persone, allergiche alla raccolta differenziata, tutte facenti parte del medesimo condominio di Treviso. A immortalarli con le mani nel sacco (è proprio il caso di dire) sono state le telecamere a circuito chiuso installate dalla società che si occupa della nettezza urbana. Agli ecovandali, che in due anni avevano creato una vera e propria montagna di rifiuti, sono state comminate multe per 150 euro ciascuno. In totale, però, il conto per le pulizie straordinarie ammonta a quasi 7 mila euro. Sotto accusa è finito anche l’amministratore di condominio, reo di aver permesso l’illecito.
Contatori in fiamme:
due persone intossicate
C’è un cortocircuito al vano contatori all’origine della colonna di fumo denso che ha letteralmente invaso i pianerottoli di un condominio in provincia di Massa Carrara. L’allarme è scattato subito dopo cena, quando i residenti della palazzina si trovavano ancora seduti a tavola. Una volta dato l’allarme, quasi tutti sono riusciti a lasciare le proprie case e mettersi in sicurezza, eccetto due persone che sono rimaste intrappolate e per le quali è stato necessario l’intervento dei mezzi dei vigili del fuoco. Trasportati in ospedale per intossicazione, sono stati dimessi dopo qualche ora.
Stalker lancia molotov
contro vicina di casa
Un uomo di 36 anni, residente in provincia di Roma, è stato arrestato dai carabinieri dopo aver minacciato di morte la vicina di casa, arrivando a gettarle contro una tanica contenente liquido infiammabile, “innescata” con uno stoppino. Quando i militari dell’Arma sono arrivati sul posto, hanno trovato la vittima in giardino, mentre tentava di spegnere le fiamme, aiutata da alcuni vicini. Illesa per miracolo la figlia di 3 anni, che in quel momento stava giocando in cortile. L’aggressore è stato rintracciato e arrestato a pochi isolati di distanza, a bordo della sua auto.
Vandali in alloggio:
rubano solo champagne
Un colpo quanto meno anomalo quello messo a segno in provincia di Frosinone da alcuni malviventi, che, approfittando dell’assenza del proprietario, si sono introdotti nel suo appartamento e l’hanno letteralmente devastato. Quando la vittima è rientrata a casa si è trovata di fronte una montagna di vestiti e suppellettili sparsi dappertutto, mobili danneggiati e armadi svuotati. Nonostante la presenza di oggetti di valore, sono però spariti soltanto 4 calici di vetro e una magnum di champagne. Gli inquirenti sono orientati a pensare si tratti di un’azione intimidatoria.
Per garantire una corretta applicazione della disciplina del Prestito Ipotecario Vitalizio, il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato una serie di domande e risposte, condivise con l’Associazione Bancaria Italiana e le associazioni di consumatori e utenti.
Il prestito ipotecario vitalizio è un particolare tipo di finanziamento riservato a chi ha più di 60 anni, garantito da ipoteca su un immobile residenziale la cui durata, in generale, coincide con la vita del sottoscrittore. Questo strumento di finanziamento, diffuso all’estero da parecchi anni, rappresenta una valida alternativa alla vendita della nuda proprietà poiché consente a chi lo sottoscrive di continuare ad abitare nell’immobile senza perderne la proprietà. Viene infatti lasciata agli eredi la facoltà di decidere come rimborsare il prestito e di conseguenza cosa fare dell’immobile dato in garanzia. Il finanziamento può essere erogato solo dopo valutazione da parte della banca e in funzione della propria politica di credito.
D. È possibile erogare il PIV nella forma di finanziamento “a tranche”?
R. La Legge e il successivo Decreto attuativo stabiliscono che il prestito ipotecario vitalizio ha per oggetto la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine, senza porre limitazioni alla forma tecnica di tali finanziamenti. Pertanto, è possibile erogare il PIV anche nella forma tecnica del finanziamento con erogazioni progressive (“a tranche”). Nell’informativa resa al mutuatario sul finanziamento dovrà essere fatto esplicito riferimento alle caratteristiche della forma tecnica utilizzata. Con riferimento alla modalità di effettuare la Simulazione del Piano di Ammortamento di cui all’art. 2, comma 1, del DM 22 dicembre 2015, n. 226, per quanto riguarda le erogazioni progressive, si deve illustrare lo sviluppo del finanziamento come previsto al momento della stipula per la forma tecnica prescelta, indicando tutte le erogazioni previste nel contratto e la relativa progressione di capitale e interessi. La durata minima del prospetto quindi non potrà essere inferiore al valore massimo tra la durata indicata al sopracitato articolo e la durata delle erogazioni contrattualmente previste.
In caso di erogazione “a tranche” dove gli ammontari e i tempi di richiesta di ciascuna tranche sono lasciati alla discrezionalità del mutuatario, si deve ipotizzare che il mutuatario abbia ottenuto sin dalla stipulazione del contratto, l’intera somma messa a disposizione dal finanziatore.
D. Fino a quale momento decorrono gli interessi corrispettivi? Quando possono applicarsi gli interessi di mora?
R. Come in ogni altro prestito, gli interessi corrispettivi si producono per tutta la durata del finanziamento comprensivo del periodo concesso dal finanziatore per il rimborso del prestito.
Gli interessi di mora si possono applicare qualora si verifichi un inadempimento (es. mancato pagamento di una rata nel caso di rimborso graduale della quota interessi e spese di cui all’articolo 11 quaterdecies, comma 12 bis, del DL 30 settembre 2005 n. 203, convertito con modificazioni dalla Legge 2 dicembre 2005, n. 248, ovvero a seguito del periodo concesso dal finanziatore per il rimborso del prestito successivo alla scadenza del finanziamento, di cui al comma 12.
D. Il finanziatore ha necessità di farsi conferire il mandato a vendere dagli eredi ai sensi del comma 12 quater dell’art.11 quaterdecies del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla Legge 2 dicembre 2005, n. 248, così come modificato dalla legge 2 aprile 2015, n. 44? Se sì, occorre un mandato con o senza rappresentanza?
R. Il comma 12 quater recita: “(…) Qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro 12 mesi dal verificarsi degli eventi di cui al citato comma 12, il finanziatore vende l’immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore, utilizzando le somme ricavate dalla vendita del finanziamento stesso (…). Dal tenore letterario emerge che la banca ex lege può vendere l’immobile trascorsi 12 mesi dal verificarsi dell’evento di scadenza del finanziamento. Pertanto non occorre nessun tipo di mandato da parte degli eredi. Diversamente, si ritiene che, anche in fase di stipula del contratto di finanziamento, il finanziatore, sulla base del dettato legislativo, possa richiedere ai proprietari dell’immobile il menzionato mandato a vendere.
D. Possono sottoscrivere il prestito ipotecario vitalizio i titolari della nuda proprietà del bene oggetto della garanzia?
R. I titolari della nuda proprietà possono sottoscrivere il prestito ipotecario vitalizio, gravando da ipoteca la nuda proprietà dell’immobile, qualora la banca offra il prodotto prevedendo tale possibilità.
D. Chi può richiedere il Prestito Ipotecario Vitalizio?
R. I requisiti per richiedere il Prestito Ipotecario Vitalizio sono disciplinati dalla Legge 2 aprile 2015, n. 44 e dal successivo Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 22 dicembre 2015, n. 226; pertanto possono richiedere il Prestito Ipotecario Vitalizio tutte le persone fisiche che abbiano compiuto 60 anni di età ed abbiano un immobile destinato a civile abitazione. Se tali persone fisiche sono coniugate o conviventi more uxorio da almeno 5 anni nel suddetto immobile, il relativo contratto di finanziamento deve essere sottoscritto da entrambi, anche se l’immobile è di uno solo, a condizione, però, che anche l’altro partner abbia compiuto 60 anni di età. Resta inteso che la sussistenza dei requisiti previsti dalla Legge e dal Decreto citato non costituiscono un diritto all’erogazione del PIV. Come in qualsiasi altro prestito, infatti, il creditore valuterà autonomamente se erogare il finanziamento.
D. In merito alla definizione di “immobile” di cui all’art.1 del Decreto, posto a garanzia del PIV, si chiede se devono essere considerati i soli immobili nei quali il mutuatario abbia stabilito la residenza.
R. L’articolo 1, lettera c), del Decreto, stabilisce che l’immobile da ipotecare debba essere “residenziale”, lasciando intendere che oggetto dell’iscrizione ipotecaria possano essere solo gli immobili aventi destinazione urbanistica di civile abitazione. Non viene tuttavia specificato se l’immobile oggetto di garanzia debba essere soltanto quello nel quale il mutuatario ha stabilito la residenza e dimori abitualmente.
In analogia a quanto previsto dalla Circolare del Ministero dei Lavori pubblici n. 1820 del 23/07/1960, e da quanto previsto dal Regolamento UE 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali delle banche (art. 4, comma 1, numero 75), si deve intendere che l’immobile possa essere utilizzato come abitazione civile (senza necessariamente prevedere che la stessa rappresenti l’immobile nel quale il mutuatario dimori abitualmente ed ha pertanto stabilito la residenza). Al riguardo devono tuttavia essere rispettati i requisiti/comportamenti previsti all’art. 3, comma 1, del Decreto al fine di evitare che si verifichino fatti tali da comportare il rimborso anticipato del finanziamento.
D. Quando devono essere consegnati al mutuatario i prospetti esemplificativi denominati “Simulazione del piano di ammortamento”?
R. I prospetti esemplificativi denominati “Simulazione del piano di ammortamento”devono essere presentati al più tardi al momento della presentazione della documentazione di cui all’art. 2, comma 4 del Decreto. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, del Decreto stesso, devono essere altresì presenti nel contratto ovvero allegati allo stesso.
D. Come devono essere valorizzate o inserite le informazioni inerenti al finanziamento, segnatamente connesse agli oneri notarili e ai costi della polizza assicurativa, nel prospetto informativo – da consegnare gratuitamente al richiedente il prestito almeno 15 giorni prima dall’eventuale stipula del contratto – ai sensi dell’art. 2, comma 4, lettera b), del Decreto?
R. Va anzitutto rammentato che si tratta di informazioni indicate come minimali nella disposizione in parola, per cui il finanziatore può inserire nel prospetto informativo ogni altra informazione utile al riguardo.
In base a detta previsione, il prospetto informativo è volto a rendere facilmente comprensibile al richiedente il PIV non solo l’importo finanziato, cioè la somma nominale che costituisce il capitale oggetto del finanziamento, ma anche la somma che sarà effettivamente erogata a tale soggetto, dedotti tutti i costi legati al finanziamento e che costituirà l’importo concretamente disponibile dal richiedente medesimo.
Occorre peraltro tenere presente che alcuni degli oneri indicati nella predetta disposizione potrebbero non essere noti al finanziatore: è il caso del costo della polizza assicurativa, qualora essa sia stipulata direttamente e senza il concorso del finanziatore, nonché degli oneri notarili, nel caso in cui, come spesso avviene, essi sono regolati in una fase diversa rispetto a quella che prende a riferimento la disposizione in parola (e cioè entro 15 giorni anteriori alla stipula del finanziamento stesso).
La finalità perseguita dalla disposizione in commento è quella di rendere noto alla parte finanziata l’importo che quest’ultima effettivamente percepirà (ad esempio, mediante accredito in conto corrente) dedotti quindi solo quegli oneri che, nell’accordo tra le parti, si è convenuto siano trattenuti dal finanziatore in occasione dell’erogazione del finanziamento.
Pertanto andranno indicati solo quei costi/oneri che verranno finanziati dalla banca/intermediario finanziario mutuante.
D. Quali previsioni del Decreto si applicano alle Unioni Civili di cui alla Legge n. 76 del 2016?
R. Ai fini della disciplina del Prestito Ipotecario Vitalizio, alle Unioni civili si applicano tutte le previsioni del Decreto applicabili ai coniugi.
D. Nella definizione di coniugi di cui all’art. 2, comma 7 del Decreto, possono rientrare anche i coniugi legalmente separati?
R. Si. Infatti, in caso di separazione, il rapporto di coniugio non è ancora cessato. Ne consegue che il soggetto finanziato – anche se legalmente separato – risulta ancora coniugato fino all’intervenuto divorzio. Si rammenta inoltre che ai fini dell’obbligo di cointestazione del finanziamento rileva sia il rapporto di coniugio che il fatto che nell’immobile risiedano entrambi i coniugi.
D. Quale deve essere la polizza assicurativa obbligatoria sull’immobile prevista all’art. 2, comma 5 del Decreto?
R. L’art. 2, comma 5, del Decreto prevede l’obbligatorietà di una polizza assicurativa sull’immobile. Si conferma che, al fine di tutelare il bene immobile oggetto di garanzia, la polizza in oggetto sia quella relativa allo scoppio e all’incendio, in linea con quanto previsto ai fini di vigilanza prudenziale per i mutui ipotecari.
[A cura di: Marcello Maiorino – Fisco Oggi, Agenzia delle Entrate]
La risoluzione 87/E del 4 ottobre 2016 fornisce chiarimenti sull’applicabilità delle agevolazioni previste dall’articolo 32 del Dpr 601/1973 (imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale) nel caso di trasferimento di aree da destinare a edilizia economica e popolare, laddove le superfici edificabili non siano state acquistate dal Comune previa apposita procedura di espropriazione, ma con un atto di compravendita. La fattispecie consta di due atti tramite i quali, in primo luogo, i terreni vengono ceduti in favore di un Comune a fronte del pagamento di un corrispettivo e, successivamente, al soggetto attuatore, a cui sarà affidata la realizzazione del complesso abitativo.
L’articolo 32 del Dpr 601/1973, di cui si invoca l’applicazione, prevede l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale, tra l’altro, per gli atti di trasferimento delle aree di cui al titolo III della legge 865/1971, nel cui ambito rientrano i piani delle aree da destinare a edilizia economica e popolare (piani Peep). Si tratta di terreni acquistati dai Comuni per l’attuazione di detti piani, che possono essere concessi in diritto di superficie per l’edificazione di case di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali, ovvero possono essere ceduti in proprietà a determinati soggetti in base alle previsioni di cui all’articolo 35 della legge 865/1971.
Gli atti di trasferimento delle aree saranno posti in essere tramite la stipula di una convenzione edilizia finalizzata alla realizzazione, da parte del Comune, del Piano per l’edilizia economica e popolare. La risoluzione chiarisce che non risulta preclusiva, ai fini della fruibilità del regime di favore, la circostanza che il Comune non proceda all’esproprio delle aree comprese nel Peep, come previsto dall’articolo 35, comma 2, legge 865/1971, ma acquisti dagli attuali proprietari, tramite una compravendita, le aree che saranno trasferite a favore del soggetto attuatore.
Difatti, un recente intervento interpretativo (articolo 1, comma 58, 208/2015), ha chiarito che “…l’articolo 32, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si interpreta nel senso che l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali si applicano agli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste al Titolo III della legge 22 ottobre 1971, n. 865, indipendentemente dal titolo di acquisizione della proprietà da parte degli enti locali”.
Nella fattispecie trattata, pertanto, sia il trasferimento delle aree a favore del Comune sia la cessione delle medesime a favore del soggetto attuatore, previsti dalla convenzione da stipulare con l’amministrazione locale, sono finalizzati alla realizzazione di immobili di edilizia economica e popolare. Pertanto, possono beneficiare del regime agevolativo previsto dall’articolo 32 del Dpr 601/1973, con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipocatastali.
Girando per le strade delle nostre città è sempre più facile imbattersi in cartelli “affittasi” o “vendesi” su saracinesche abbassate. A denunciare la moria di negozi (e le conseguenti ripercussioni anche sul segmento immobiliare commerciale) è Confabitare, secondo cui “Si sta assistendo ad una desertificazione figlia della crisi, che colpisce in particolare i piccoli esercizi, con un crollo del mercato delle locazioni e ben 600.000 locali rimasti sfitti nel 2015 in tutt’Italia. E il primo semestre 2016 conferma l’andamento negativo”.
L’associazione ha analizzato l’incremento percentuale delle chiusure con riferimento al periodo tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2016, rispetto allo stesso periodo dell’anno 2015. E i dati che ne sono emersi sono allarmanti: +23,5% a Bologna, +23,2% a Milano; percentuali superiori al 22% a Torino, Genova, Napoli.
Che fare per invertire la tendenza. La ricetta di Confabitare è semplice: estendere la cedolare secca agli affitti commerciali. “La nostra proposta – spiega il presidente nazionale Alberto Zanni – è quella di applicare anche ai locali commerciali l’aliquota fissa del 21% (o del 10% nei Comuni ad alta tensione abitativa), consentendo quindi ai proprietari di pagare un’imposta minore di quella ordinaria in cambio di un canone calmierato, inferiore rispetto a quello di mercato. Certo, lo Stato avrebbe un mancato introito, ma a trarne vantaggio sarebbe tutto il tessuto sociale. Avere negozi aperti significa posti di lavoro, più servizi e consumi, meno degrado. Con la nostra proposta della cedolare secca, che presenteremo a Governo e Parlamento in previsione della Legge di Stabilità 2017, vogliamo porre un freno alla moria dei negozi e alla desertificazione dei nostri centri urbani”.
[A cura di: Ance Salerno]
L’ordine di demolizione di un muro realizzato in uno spazio comune del condominio è illegittimo se nel contenzioso non sono stati coinvolti tutti i proprietari. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 21359/2015.
Nel caso preso in esame, un condomino aveva citato in giudizio il vicino accusandolo di aver realizzato un muro nel sottoscala comune. Secondo il condomino, con la creazione del muro il vicino si era appropriato di una parte del sottoscala. Sulla base di questi motivi, il Tribunale aveva disposto la demolizione del muro. La sentenza è stata però considerata nulla perché non aveva considerato alcuni aspetti.
La Cassazione ha fatto notare che il condomino che aveva realizzato il muro era comproprietario, insieme alla moglie, dell’appartamento e della parte del sottoscala comune ad esso collegata. Quando aveva acquistato casa aveva infatti dichiarato di essere in regime di comunione legale con la moglie, che era quindi diventata comproprietaria dell’appartamento.
I giudici hanno spiegato che con l’acquisto i coniugi erano diventati proprietari non solo dell’appartamento, ma anche di una porzione delle parti comuni del condominio. Ciò significa che erano comproprietari di una parte del sottoscala e che nel contenzioso dovevano essere interpellati tutti e due perché la responsabilità della realizzazione del muro andava addebitata ad entrambi. Al contrario, ha sottolineato la Cassazione, era stato citato in giudizio solo uno dei comproprietari. L’altro non aveva ricevuto nessuna notifica e poteva quindi essere all’oscuro dell’accaduto.
La Cassazione ha quindi concluso affermando che bisogna sempre annullare le sentenze emesse quando dagli atti emerge che non sono stati citati tutti i comproprietari del bene su cui è stato realizzato il manufatto per il quale è stata chiesta la demolizione.
La presenza di questo vizio di forma ha reso necessaria la ripetizione delle procedure, con la notifica dell’atto di citazione a tutti i comproprietari e responsabili dell’abuso.
[A cura di: Confappi – Fna]
In caso di cattiva esecuzione di lavori condominiali, l’impresa appaltatrice e il direttore dei lavori rispondono in solido dei danni arrecati ai condòmini. A stabilirlo è la sentenza della Corte di Cassazione Civile n.18521 del 21 settembre 2016, che si esprime in merito alla responsabilità da cattiva esecuzione dei lavori e respinge il ricorso di un professionista, chiarendo che il direttore dei lavori risponde, in solido con progettista e appaltatore, anche nel caso i vizi derivino da carenze progettuali, e che è sufficiente che le azioni abbiano concorso a produrre l’evento, anche se frutto di differenti illeciti, o della violazione di norme differenti.
Il caso da cui discende la sentenza è quello di un condominio che aveva citato in giudizio sia l’impresa cui aveva commissionato opere di manutenzione del tetto e della facciata condominiale, sia il direttore dei lavori, al fine di ottenere il risarcimento danni derivanti dalla cattiva esecuzione delle opere. In secondo grado, la Corte territoriale (confermando nella sostanza quanto già deciso in primo grado) aveva rilevato la responsabilità dei convenuti in misura del 70% a carico dell’impresa e del 30% a carico del direttore dei lavori.
Contro tale pronuncia, tuttavia, il direttore dei lavori aveva proposto ricorso per cassazione. «In tema di contratto di appalto – recitano i giudici – il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 cod. civ., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale».