[A cura di: Salvatore Servidio – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delle Entrate] La funzione dell’immobile non può essere presunta, ricavandola dalla categoria catastale di appartenenza, ma deve essere provata di volta in volta, in rapporto all’attività svolta dall’azienda.
Il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda. Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16788 del 9 agosto 2016.
La lite
All’esito sfavorevole in primo grado del ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento, ne seguiva il parziale accoglimento dell’appello, riconoscendole il giudice del riesame la deducibilità dei canoni di leasing di un immobile.
A tal fine, la Commissione regionale ha motivato che, a norma dell’articolo 40, comma 2, Dpr 917/1986, gli immobili relativi a imprese commerciali non suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati (“immobili strumentali per natura”) e che, per individuare tale tipologia, occorreva riferirsi alla categoria catastale loro attribuita.
Nel susseguente ricorso per cassazione, l’ente impositore denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in quanto, per giustificare la deduzione dei relativi costi, la Commissione regionale non poteva ritenere sufficiente la qualificazione dell’immobile detenuto in leasing come bene strumentale per natura, ex articoli 102, comma 7 (già 68, comma 8), e 75 (ora 109) del Tuir, occorrendo invece la verifica del requisito dell’inerenza, ossia che il bene sia effettivamente destinato all’esercizio dell’attività produttiva (correlazione tra costo e ricavi), concorrendo alla determinazione del reddito.
In caso contrario, si ammetterebbe la deduzione – contra legem – anche nel caso di beni utilizzati per fini personali o per fini comunque estranei all’attività dell’impresa.
Motivi della decisione
La Corte di cassazione ritiene il ricorso meritevole di accoglimento.
Partendo dall’incontrovertibile dato di fatto che in sede di processo verbale di constatazione era stato accertato che l’immobile detenuto in leasing non era mai stato utilizzato per l’attività di impresa, ma solo per esigenze personali, nell’accogliere il ricorso erariale la Suprema corte sottolinea che, nel caso in esame, il giudice d’appello si è limitato a ravvisare la strumentalità per natura ricavandola “esclusivamente” dalla categoria catastale (classificati nei gruppi B, C, D ed E, nonché A/10 – uffici, così come da risoluzione ministeriale n. 3/330 del 3 marzo 1989), mentre invece avrebbe dovuto valutare in concreto, in base agli elementi dedotti in giudizio, la funzione strumentale del bene in rapporto all’attività societaria.
Pertanto, è da precisare, in via prioritaria, che la strumentalità del bene non può essere presunta, ma deve essere provata di volta in volta, senza che sia ipotizzabile una categoria di beni “oggettivamente strumentali”, ovvero strumentali “in re ipsa”.
In tema di imposte sui redditi, il riconoscimento del carattere strumentale di un immobile, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, del Dpr 917/1986 (ora articolo 43), presuppone la prova della funzione strumentale del bene non in senso oggettivo, ma in rapporto all’attività dell’azienda, non contemplando tale disposizione una categoria di beni la cui strumentalità è “in re ipsa”, potendosi prescindere (ai fini dell’accertamento della strumentalità) dall’utilizzo diretto del bene da parte dell’azienda soltanto nel caso in cui risulti provata l’insuscettibilità (senza radicali trasformazioni) di una destinazione del bene diversa da quella accertata in relazione all’esercizio di impresa (così Cassazione 12999/2007 e 4306/2015).
Deve, quindi, affermarsi che, nell’ipotesi in esame, occorre parlare non di una strumentalità “oggettiva”, bensì di una strumentante “astratta”, nel senso che deve pur sempre accertarsi il rapporto strumentale tra bene e attività aziendale, potendosi però, in concreto, prescindere dall’utilizzo diretto del bene, purché in presenza del presupposto dell’insuscettibilità di diversa destinazione.
Nel caso di specie, invece, conclude la sezione tributaria, il giudice d’appello si è erroneamente limitato a ravvisare la strumentalità “per natura” ricavandola dalla categoria catastale, tralasciando di valutare in concreto il rapporto funzione strumentale del bene/attività aziendale, costituendo l’inerenza – in ultima analisi – condizione generale per la deduzione delle spese ai sensi dell’articolo 109 del Tuir.
Solo così, in presenza di bene immobile strumentale all’attività svolta, è ammessa la deducibilità fiscale dei canoni di leasing.
Parallelamente, anche ai fini Iva, l’imprenditore che intenda avvalersi della detrazione del tributo (articolo 19 del Dpr 633/1972) deve provare, sulla scorta di elementi oggettivi, che l’operazione in concreto sia inerente all’esercizio effettivo dell’attività di impresa e sia destinata, almeno in prospettiva, a procurargli un lucro (ex plurimis, vedi Cassazione 1421/2008, 7465/2009, 6883 e 16684 del 2016).
Anche secondo la giurisprudenza comunitaria, per stabilire se sia o meno detraibile un’attività di acquisto o ristrutturazione di un bene da adibire all’esercizio dell’impresa, “deve aversi riguardo all’intenzione del soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali” (Corte di giustizia, cause C-97/90 del 1991, C-400/98 del 2000, C-334/10 del 2012).
Ladro d’appartamento
morde padrone di casa
È finito in manette e dovrà rispondere del reato di tentata rapina aggravata l’uomo di 32 anni che aveva tentato di svaligiare una casa in provincia di Olbia. I carabinieri sono risaliti al malvivente grazie alla testimonianza del padrone di casa, che dopo essersi accorto della presenza del ladro, aveva tentato di bloccarlo, senza esito. L’uomo, infatti, era riuscito a divincolarsi dalla presa del proprietario sferrandogli un morso sul braccio e costringendolo a lasciare la presa. Per fortuna, il malcapitato ha avuto la prontezza di allertare immediatamente le forze dell’ordine.
Condominio in fiamme
a causa dei condizionatori
Pomeriggio di panico per gli abitanti di un palazzo situato nel centro di Bologna, che hanno dovuto abbandonare di corsa l’edificio a causa di un incendio, divampato al piano terra. A scatenare il rogo è stato, con ogni probabilità, il surriscaldamento dei condizionatori dell’aria di alcuni uffici, all’interno della palazzina. Sul posto sono subito intervenuti i vigili del fuoco che hanno fatto sgomberare l’immobile e messo in sicurezza l’area. Danneggiati numerosi terrazzi posti ai piani superiori e lambiti dalle fiamme, che hanno raggiunto il quarto piano dello stabile.
Ladro aggredisce donna
per svaligiare la casa
È stato arrestato in flagranza di reato l’uomo di 61 anni, pregiudicato, che dopo essersi introdotto in un appartamento in provincia di Caserta, ha tentato di zittire la moglie del proprietario afferrandola alla gola e minacciandola di morte. Il malvivente, nonostante la presenza della donna e dei due figli di 2 e 6 anni, ha continuato a rovistare l’alloggio in cerca di oggetti di valore, fino all’arrivo dei militari dell’Arma, che nel frattempo erano stati allertati dai vicini di casa.
Incendio in appartamento
Muore donna disabile
Incendio mortale in un comune alle porte di Roma, dove una donna disabile di 58 anni è rimasta vittima delle fiamme che, nel pomeriggio, hanno avvolto il casolare dove viveva assieme al marito 60enne. Il rogo è partito dai campi che circondavano l’abitazione. Inutile il tentativo dell’uomo di domare le fiamme e mettere in salvo la moglie, rimasta intrappolata in casa. Quando i pompieri sono giunti sul posto hanno trovato il cadavere della 58enne completamente carbonizzato, poco distante dalla porta d’ingresso.
Bimbo solo in casa
muore dissanguato
Tragedia domestica al terzo piano di una casa popolare di Bologna, dove un bambino di 8 anni è morto dissanguato dopo aver tirato un calcio alla porta finestra del balcone, per liberare il cuginetto di 3 anni, rimasto chiuso fuori. A rinvenire il corpo senza vita del bambino, ferito dai vetri in frantumi, è stata la madre, rientrata a casa dopo essere andata a fare la spesa assieme alla sorella. Come da prassi, le due donne sono state iscritte nel registro degli indagati, rispettivamente per omicidio colposo e abbandono di minore.
Sfonda la porta e rompe
il naso della proprietaria
Ci sarebbe un movente sentimentale all’origine del comportamento di un uomo di 34 anni che, in piena notte, ha fatto irruzione in un condominio di Pisa, prendendo a calci e pugni le porte d’ingresso degli appartamenti, in cerca di una ragazza. Vittima del gesto inconsulto, una signora che si era alzata per vedere cosa stesse accadendo e si è vista crollare addosso la porta di casa, riportando la frattura al naso. L’uomo ha continuato a dare in escandescenza anche dopo l’arrivo dei carabinieri, che l’hanno arrestato per danneggiamento aggravato, violazione di domicilio, lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Trattore sbanda su casa
I residenti restano illesi
Brusco risveglio per un 24enne e per i suoi parenti, che si trovavano con lui in casa, in provincia di Forlì-Cesena. Pensavano fosse un terremoto, ma la causa del boato che li ha buttati giù dal letto di prima mattina non era una scossa sismica, ma lo schianto di un trattore, letteralmente piombato in una delle camere da letto dell’abitazione, con il forcone anteriore alzato. Nonostante alcuni calcinacci abbiano lambito il letto dove dormiva uno degli occupanti, per fortuna, nessuno è rimasto ferito. La casa è stata dichiarata inagibile dai vigili del fuoco.
Incendia la casa della ex
38enne resta ustionato
Lungo elenco di addebiti per l’uomo di 38 anni, ritenuto responsabile dalla polizia di Stato dell’incendio di un appartamento, al quarto piano di un condominio di Napoli. Il 38enne è stato intercettato all’ospedale dov’era ricoverato per le ustioni riportate. Gli agenti sono risaliti al piromane grazie alla testimonianza della proprietaria dell’immobile, che ha raccontato di aver avuto una relazione con lui. Agli arresti domiciliari, l’uomo aveva fornito al nosocomio le generalità del fratello ed è stato denunciato, tra l’altro, per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico.
[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]
Il condominio, come è noto, è un ente di gestione così definito dalla prevalente giurisprudenza e dottrina in quanto la sua disciplina si trova nel libro Terzo del Codice Civile relativo ai diritti reali, ma presenta analogie con gli enti collettivi, disciplinati viceversa nel libro Quinto e ciò in relazione alla presenza di più comproprietari dei beni comuni che deliberano collettivamente la gestione dei medesimi in una apposita assemblea di condominio.
L’assemblea di condominio deve essere convocata esclusivamente dal suo amministratore, organo esecutivo del condominio stesso, e in via eccezionale può essere convocata dai condòmini in due sole ipotesi:
a) anche da uno solo se manchi l’amministratore, ad esempio se si tratta di uno stabile di nuova costruzione;
b) da due condòmini, rappresentanti almeno un sesto del valore dell’edificio, che abbiano richiesto all’amministratore del condominio la convocazione di una assemblea per deliberare in merito ad un particolare ordine del giorno specificato e l’amministratore sia rimasto
inerte a fronte di tale richiesta.
Le leggi successive alla disciplina codicistica, in particolare emanate dopo il 1989, hanno sempre più professionalizzato l’attività dell’amministratore di condominio, in quanto al medesimo sono state attribuite responsabilità, anche di natura penale, per quanto attiene alla gestione latu sensu intesa dell’immobile e dei servizi condominiali; si pensi alla normativa inerente al corretto funzionamento dell’impianto di riscaldamento centralizzato finalizzato al risparmio energetico o alla disciplina inerente alla sicurezza dei luoghi di lavoro a tutela della salute dei lavoratori subordinati. Ma l’amministratore di condominio, pur dovendo conoscere le nuove leggi, non può dimenticarsi del codice civile che è la legge base su cui si fonda il diritto italiano.
D’altronde la nullità o l’annullabilità delle delibere condominiali delle assemblee di condominio si evince proprio dalle disposizioni del codice civile, anche applicate in via analogica al condominio (combinato disposto degli artt. 2377 e 2379 c.c.), e che riguardano gli enti collettivi; così ad esempio l’assemblea è annullabile se l’amministratore di condominio non convoca un condomino in assemblea (Cass.5/05/2004, n.8493). La problematica delle modalità di convocazione dell’assemblea, che era stata precisata dalla Corte Suprema di Cassazione con sentenza n.8449/2008, si fondava sul presupposto che la convocazione di assemblea poteva essere “verbale”, ma in ogni caso l’amministratore doveva poter dimostrare di aver convocato in assemblea anche il condomino rimasto assente e che avesse eccepito di non essere stato convocato. Rileva in questa fattispecie, in particolare, la natura della convocazione d’assemblea e si deve rilevare che tra gli atti, che devono essere compiuti dall’amministratore di condominio, sussistono gli atti unilaterali tra vivi, vale a dire quelli atti che provengono da una sola parte e che producono effetti giuridici nella sfera patrimoniale dell’altra parte e che sono soggetti alla medesima disciplina dei contratti (art.1324 c.c.).
Gli atti unilaterali producono gli effetti giuridici solo dal momento che vengono a conoscenza della parte alla quale sono stati indirizzati ex art.1334 c.c. (Cass.25/09/2006 n.20784); tali atti si intendono pervenuti a conoscenza del destinatario ex art.1335 c.c. allorché giungono al suo indirizzo e, nel caso lo stesso sia assente, sia stato rilasciato dall’incaricato alla distribuzione l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale(Cass.31/03/2016 n. 6246); al medesimo destinatario compete l’onere eventuale di dimostrare in modo rigoroso di essere stato assolutamente impossibilitato a ritirarlo (Cass.15/04/2006 n. 8649).
Tra i principali atti unilaterali che l’amministratore compie vi sono quelli della denuncia di un sinistro all’assicurazione, il licenziamento disciplinare del dipendente del condominio (Cass.18/09/2007 n. 19343), la disdetta del contratto di locazione dell’ex alloggio di servizio del portiere, il recesso da un contratto di appalto, se previsto in contratto, la costituzione in mora del condomino moroso (Cass.16/02/2007 n. 9046), la denunzia dei vizi all’appaltatore ex art.1667 c.c. e appunto la convocazione di assemblea.
Con riferimento alla convocazione di assemblea, che si rammenta deve pervenire a destinazione almeno cinque giorni prima dell’assemblea convocata in prima convocazione, salvo il maggior periodo previsto da una clausola contrattuale del regolamento, l’amministratore deve essere a conoscenza della normativa sugli atti unilaterali in quanto deve tenere in considerazione la data di arrivo a destinazione della raccomandata o comunque della avvenuta comunicazione inerente alla convocazione dell’assemblea, in qualsiasi forma proposta ai condòmini, e pertanto deve premunirsi per evitare possibili disguidi e ritardi. Ne discende quindi che il condomino rimasto assente dall’assemblea, perché non ha ritirato la raccomandata pervenuta a destinazione nei termini di legge, e tornata quindi al mittente per compiuta giacenza, non può impugnare la delibera assembleare che è perfettamente valida, né può farlo il condomino che abbia rifiutato la ricezione della raccomandata o l’abbia respinta al mittente.
L’amministratore di condominio, una volta accertate le circostanze sopra indicate, può dar corso alle delibere condominiali da ritenersi perfettamente valide, non sussistendo alcun vizio nella formazione della volontà assembleare, senza correre il rischio che il condomino rimasto assente possa impugnare le delibere stesse e chiederne la sospensione giudiziaria, eccependo di non essere stato convocato. Il legislatore, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 ha agevolato il compito dell’amministratore stabilendo che la convocazione dell’assemblea può avvenire, oltre che con il tradizionale mezzo della raccomandata, con consegna a mano e con posta elettronica certificata, purché sia l’amministratore, sia il condomino ne siano in possesso.
[A cura di: Andrea Cartosio – tributarista INT] Finalmente si ha l’ufficialità: è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che determina la proroga dei termini per l’invio telematico del modello 770/2016 e fissa la scadenza al 15 settembre 2016. Il termine originario per la presentazione del dichiarativo era fissato nel giorno di domenica 31 luglio ossia il 1° agosto poiché la scadenza risultava essere in festivo, al quale doveva aggiungersi il termine di sospensione feriale fino al 20 agosto, che essendo nuovamente di giorno festivo slittava alla data di lunedì 22 agosto. La proroga era stata ritenuta necessaria dalle categorie professionali del settore poiché già oberate dai numerosi adempimenti fiscali al quale ottemperare per conto dei contribuenti e dei sostituti d’imposta, tra i quali anche i condomini.
[A cura di: Maria Rosaria Monsellato – Centro studi nazionale Appc]
Con sentenza num. 13334/16 del 28.06.2016 la Suprema Corte ha stabilito che il bonus prima casa spetta ai coniugi, anche nell’ipotesi in cui risiedano in luoghi diversi. Secondo la Cassazione, infatti, il cambio della residenza nei 18 mesi successivi all’acquisto dell’immobile può avvenire anche per uno solo dei coniugi, nel caso in cui nel predetto immobile sia la famiglia ad aver stabilito la sua residenza. Riprendendo, quindi, l’art. 144 c.c., la Corte di Cassazione ha ribadito l’autonomia della famiglia quale soggetto distinto rispetto ai due coniugi, trattandosi di fatto di un’altra entità.
Pertanto, fermo restando il fatto che l’immobile debba essere comprato dai due coniugi, le condizioni per ottenere le agevolazioni prima casa si avranno sia nel caso in cui entrambi risiedano nel comune dove l’abitazione è ubicata, sia nell’ipotesi in cui marito e moglie risiedano in due comuni diversi. In quest’ultima ipotesi è, però, necessario che:
* l’immobile si trovi in uno dei due comuni (quello in cui risiede il marito ovvero la moglie);
* nel Comune “scelto” la famiglia, considerata includendo gli altri componenti, ha sua residenza;
* si tratti di un acquisto compiuto in regime di comunione legale dei beni.
Porre quest’ultima condizione non è causale, poiché, sebbene possa sembrare ridondante, il nuovo immobile rientra nel patrimonio di entrambi.
Ora, il punto è capire se l’interpretazione data dalla Suprema Corte stravolge quanto disciplinato fino ad oggi o pone chiarezza. Sicuramente permette una maggiore estensione dei benefici fiscali e nel contempo fornisce un’interpretazione estensiva della norma che va a vantaggio del contribuente.