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IMPOSTE SUGLI IMMOBILI: “DOPO IL TAX DAY DEL 16 GIUGNO, SI PENSI A DETASSAZIONE”

La tremenda scadenza fiscale di metà mese è ormai alle spalle, ma i suoi strascichi si fanno ancora sentire, soprattutto nei portafogli dei proprietari immobiliari. Così il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani testa, ha colto l’occasione per fare il punto della situazione e guardare in maniera costruttiva al futuro. Secondo il numero uno della Confederazione della proprietà, “Passato il 16 giugno, la contrapposizione tra chi ha voluto celebrare l’eliminazione della Tasi sulla prima casa e chi, invece, ha preferito rimarcare la giornata delle mille tasse, dovrebbe ora lasciare il posto a un’analisi realistica della situazione del settore immobiliare e delle sue esigenze. E da un esame obiettivo della realtà non può che discendere la consapevolezza della necessità di ulteriori interventi di detassazione per il comparto, soprattutto nei suoi elementi più fragili, come il non residenziale. Auspichiamo, allora, una seria riflessione, ed un confronto, sulle misure più adeguate – di carattere fiscale ma non solo – per affrontare in modo strutturale il dramma dell’incessante moltiplicarsi, in tutta Italia, di locali commerciali vuoti e abbandonati. Far finta di nulla non vuol dire solo danneggiare i proprietari di questi beni, ma anche rendersi complici di un impoverimento crescente e della inesorabile decadenza di migliaia di centri urbani un tempo vitali”.

IL CONDUTTORE PUÒ NON PAGARE IL CANONE SOLO SE L’ALLOGGIO È INUTILIZZABILE

[A cura di: Ance]

Con la sentenza n. 469 del 20 aprile 2016 il Tribunale civile di Potenza ha ritenuto illegittimo il comportamento del conduttore che arbitrariamente aveva sospeso il pagamento di ben undici mensilità di canone a fronte del presunto inadempimento del locatore nel mettere a disposizione anche il locale cantina nonché di consegnare il certificato di agibilità.

Infatti, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene che sia anche imputabile al locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore. Inoltre, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede (Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2008, n. 261; Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14739; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2855; Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8425; Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2001, n. 3341).

La sospensione totale dell’adempimento che può essere fatta valere ai sensi dell’art. 1460 codice civile sarebbe ammessa soltanto quando si verifichi la completa inutilizzabilità dell’immobile. In sostanza, l’obbligo dell’inquilino di pagare il canone viene meno soltanto allorquando venga accertata la sussistenza di un inadempimento colpevole del locatore idoneo a giustificare una pronunzia di risoluzione del contratto (Trib. Salerno, sez. I, 18 febbraio 2008, n. 367).

Nel caso di specie, non risulta l’inutilizzabilità totale o parziale dell’immobile locato il che rende illegittimo il rifiuto di corresponsione del canone. La giurisprudenza ha, d’altro canto, affermato che, qualora l’immobile locato venga a trovarsi, anche se non per colpa del locatore, in condizioni tali che non ne consentono il normale godimento in relazione alla sua destinazione contrattuale (nel caso di specie, le infiltrazioni di umidità derivanti dalle fatiscenti tubature condominiali avevano reso l’immobile almeno in parte inagibile), il conduttore ha diritto ad ottenere una riduzione del canone, proporzionale alla riduzione dell’utilità che il conduttore consegue (Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 2004, n. 3991). 

Il conduttore, qualora il godimento del bene locato risulti ridotto o escluso per fatti sopravvenuti rispetto alle previsioni contrattuali, ha diritto al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dall’inadempimento dell’obbligo di mantenere la cosa locata comprensiva, se si tratta di immobile sito in un condominio, delle parti e dei servizi comuni in condizioni da servire all’uso convenuto, ove quei fatti gli producano pregiudizi ulteriori e diversi rispetto alla diminuzione o perdita del godimento del bene locato. (Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 2003, n. 19181).

I REQUISITI PER LA NOMINA DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro studi Anaci]

La legge di riforma della disciplina del condominio, 11 dicembre 2012 n. 220, ha innovato notevolmente la figura dell’amministratore, stabilendo nuove regole in merito soprattutto alla nomina e al rinnovo dell’incarico. Più rigorosi sono, infatti, i requisiti richiesti per la nomina.

L’articolo 71 bis delle Disposizioni di attuazione del codice civile e disposizioni transitorie prevede cinque requisiti di “onorabilità” (dalla lettera a alla lettera e) e due requisiti di “professionalità” (lettere g e f) che il candidato alla nomina deve possedere per svolgere l’incarico di amministratore condominiale, con la precisazione che i requisiti di “professionalità” (diploma scolastico di secondo grado ed obbligo di formazione iniziale e di formazione periodica) non sono richiesti soltanto nella fattispecie in cui l’amministratore sia nominato tra i condòmini dello stabile.

È inoltre, espressamente prevista la possibilità che l’incarico di amministratore di condominio venga svolto anche da società. In questa ipotesi è specificato che i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi.

La norma sopra citata ha natura di ordine pubblico in quanto si fonda sul fatto che la stessa è posta a tutela di interessi generali della collettività ed in particolare del consumatore. Ciò ancor più alla luce della Legge n. 4/2013 che riguarda anche la professione di amministratore di condominio. Del resto i requisiti richiesti dall’art. 71 bis disp.att.c.c. sono similari a quelli prescritti per l’esercizio di altre professioni, anche ordinistiche.

NOMINA NULLA

Si tratta di una norma di ordine pubblico, in quanto ha carattere imperativo ed inderogabile, indipendentemente dall’espresso richiamo o meno da parte dell’art. 72 disp.att.c.c.. La mancanza sin dall’atto di nomina dei requisiti di cui all’art. 71 bis disp att. c.c., pertanto, comporta la nullità della deliberazione di nomina e quindi dell’incarico, che ai sensi dell’ art 1129 c.c. è un contratto di mandato. Tale nullità può essere eccepita da chiunque vi abbia interesse in qualsiasi tempo. Una prima conseguenza della nullità della nomina è che l’amministratore sprovvisto dei requisiti sopra indicati non può agire nei confronti del condominio con l’azione contrattuale per conseguire il compenso relativo all’attività espletata. Conseguenze rilevanti si hanno anche con riferimento ai contratti conclusi dall’amministratore, quale falsus procurator, essendo gli stessi inefficaci e, quindi, incapaci di produrre alcun valido effetto in capo al condominio. Ne consegue il dover risarcire i danni subiti dai condòmini, nonché il danno causato al terzo contraente in considerazione dell’incolpevole affidamento inerente ai poteri dell’amministratore e, quindi, alla validità del contratto stipulato.

Nel caso vengano meno i requisiti di onorabilità, per esempio per una condanna penale, l’amministratore decade immediatamente dalla carica e ciascun condomino può convocare l’assemblea per la nomina di un nuovo amministratore.

LA FORMAZIONE

Sussistono anche conseguenze che derivano dal mancato assolvimento dell’obbligo di formazione periodica, c.d. aggiornamento annuale, disposto dalla lettera g) dell’art. 71 bis disp. att. c.c. integrato dal D.M. 13 agosto 2014 n. 240. È ovvio, infatti, che il requisito del diploma di scuola media superiore, una volta conseguito, non possa successivamente venir meno. Ebbene, il mancato assolvimento dell’obbligo di formazione periodica può costituire motivo di revoca dell’amministratore da parte dell’assemblea o da parte dell’Autorità Giudiziaria su ricorso di ciascun condomino. Questa deduzione scaturisce dalla circostanza che l’art. 1129 c.c., norma inderogabile ex art. 1138 c.c. sanziona con la revoca, considerandola una “grave irregolarità” la semplice omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati professionali da parte dell’amministratore al momento dell’accettazione della nomina e/o ad ogni rinnovo del proprio incarico e, pertanto, e a maggior ragione se non ne sia in possesso. 

Inoltre, il codice del consumo (D.Lgs. 6 settemre 2005 n. 206) conferisce una particolare protezione al contraente debole, specificatamente con l’art. 2 che definisce “fondamentali” i diritti dei consumatori ad una “adeguata informazione”, nonché alla “correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali”. A tal proposito va ricordato che tali diritti sono considerati, dall’art. 143 come “irrinunciabili” con ciò confermandosi la natura “essenziale” ed inviolabile degli stessi.

Il precitato D.M. n.140/2014 individua sia i requisiti di onorabilità e professionalità necessari per svolgere l’attività formativa dei formatori e del responsabile scientifico dei corsi sia i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi di formazione, al fine di garantire che gli standard per la formazione iniziale e l’aggiornamento dell’amministratore siano omogenei per tutto il territorio nazionale. Anche questa norma conferma la volontà del legislatore di avere un amministratore professionista e competente.

È obbligo dei condòmini verificare il possesso dei requisiti di cui all’art. 71 bis disp. att. c.c. in capo al proprio amministratore con le conseguenze di cui si è sopra dedotto, vale a dire:

a) nullità della nomina in caso di mancanza all’origine dei requisiti, con conseguente inefficacia di tutti i contratti da lui  conclusi, con possibilità di obbligo risarcitorio nei confronti dei condòmini e dei terzi. 

b) decadenza dall’incarico in caso di perdita sopravvenuta dei requisiti di onorabilità;

c) revoca deliberata dall’assemblea, o disposta dall’autorità giudiziaria su ricorso anche di un solo condomino, in caso di mancato assolvimento dell’obbligo di formazione periodica, potendo tale comportamento dell’amministratore integrare una sua “grave irregolarità” gestionale. 

BONUS RISTRUTTURAZIONI, EFFICIENZA, MOBILI: CHE COSA SONO E A CHI SPETTANO

Ed eccoci arrivati all’ultima puntata degli approfondimenti fiscali in materia immobiliare emersi dal seminario “Fare casa”, organizzato dal Mef e dall’Abi. Il focus di oggi è dedicato ai bonus: energia, ristrutturazioni, mobili”.

BONUS ENERGETICO

Che cos’è. Il bonus energetico è un’agevolazione fiscale che consente di detrarre dall’Irpef o dall’Ires una parte degli oneri sostenuti per eseguire interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti.

A chi è rivolto. Ai contribuenti residenti e non residenti, anche se titolari di reddito d’impresa, che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile oggetto di intervento. I titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali da essi utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale. Possono usufruire delle detrazioni anche gli istituti autonomi per le case popolari per interventi realizzati su immobili di loro proprietà, adibiti ad edilizia residenziale pubblica. 

Quali benefici. Le detrazioni spettano se le spese sono state sostenute per: la riduzione del fabbisogno energetico, il riscaldamento, il miglioramento termico dell’edificio, l’installazione di pannelli solari e la sostituzione di degli impianti di climatizzazione invernale. 

Le detrazioni, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo, sono riconosciute nelle seguenti misure: 

* 55% delle spese sostenute fino al 5 giugno 2013; 

* 65% delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2016 

sia per interventi sulle singole unità immobiliari, sia quando l’intervento è effettuato sulle parti comuni degli edifici condominiali, o se riguarda tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio. 

Dal 1° gennaio 2017 l’agevolazione è sostituita con la detrazione fiscale prevista per le spese di ristrutturazioni edilizie. 

Come si ottiene. Per beneficiare dell’agevolazione fiscale occorre acquisire l’asseverazione, l’attestato di certificazione/qualificazione energetica e la scheda informativa rilasciati da tecnici abilitati. È necessario poi trasmettere all’Enea copia dell’attestato di certificazione o di qualificazione energetica e la scheda informativa. Per fruire delle detrazioni è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale soggetto a ritenuta.

BONUS MOBILI 

Che cos’è. Il bonus mobili è un’agevolazione fiscale per le giovani coppie che consente di detrarre dall’Irpef le spese sostenute nel 2016 per l’acquisto di arredi destinati al proprio immobile adibito ad abitazione principale.

A chi è rivolto. A tutte le coppie che nel 2016 risultino coniugate o conviventi more uxorio da almeno tre anni e che siano acquirenti di un’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. È necessario che almeno uno dei due non abbia superato i 35 anni di età o che li compia nell’anno 2016. L’acquisto può essere effettuato da entrambi i componenti della coppia o da uno solo di essi, purché quest’ultimo sia under 35 anni nel 2016. L’immobile deve risultare acquistato nel 2016 o nel 2015. 

Quali benefici. L’agevolazione consiste in una detrazione Irpef del 50%, da ripartire in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 su un ammontare complessivo non superiore a 16.000 euro per l’acquisto di mobili nuovi (esclusi i grandi elettrodomestici) destinati ad arredare l’abitazione principale della giovane coppia. 

Il nuovo bonus mobili giovani coppie non è cumulabile per lo stesso immobile con il bonus mobili e grandi elettrodomestici. 

Gli immobili acquistati nel 2016 possono essere destinati ad abitazione principale entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi per questo periodo d’imposta (termine di presentazione del modello Unico PF 2017). 

Come si ottiene. La detrazione per l’acquisto di mobili si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2016 (modello 730 o modello Unico PF da presentare nel 2017). Per la fruizione della detrazione è necessario che il pagamento sia effettuato mediante bonifico o carta di debito o credito.

BONUS RISTRUTTURAZIONI

Che cos’è. Il bonus ristrutturazioni è un’agevolazione fiscale che consente di detrarre dall’Irpef una parte degli oneri sostenuti per ristrutturare le abitazioni e le parti comuni degli edifici residenziali situati nel territorio dello Stato.

A chi è rivolto. Ai contribuenti assoggettati all’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), residenti o meno nel territorio dello Stato. L’agevolazione spetta non solo ai proprietari degli immobili, ma anche ai titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili oggetto degli interventi e che ne sostengono le relative spese. 

Quali benefici. I contribuenti possono usufruire delle seguenti detrazioni: 

* 50% delle spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016, con un limite massimo di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare; 

* 36%, con il limite massimo di 48.000 euro per unità immobiliare delle somme spese dal 1° gennaio 2017. 

La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo. Il contribuente che esegue lavori di ristrutturazione può beneficiare di un’ulteriore detrazione d’imposta per le spese sostenute, dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2016, per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe energetica non inferiore alla A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica, finalizzati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione.

Come si ottiene. Bisogna indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione. La detrazione per l’acquisto dei mobili si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2016. Per fruire delle detrazioni è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale soggetto a ritenuta.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Coppia di truffatori

deruba vicino di casa

Secondo le indagini dei carabinieri, a derubare l’anziano che vive da solo in un’abitazione della provincia di Avellino sarebbero stati i suoi due vicini di casa. Si tratta di un uomo di 74 anni e della convivente di 64, residenti in un appartamento a pochi passi dalla casa della vittima e che, approfittando della frequentazione quasi quotidiana con il vicino, erano riusciti a impossessarsi del denaro che questi custodiva in casa (circa 600 euro). I due truffatori sono stati individuati dai militari dell’Arma e denunciati in stato di libertà alla Procura della Repubblica. 

Sedicente musicista,

nasconde droga nel sax

Un uomo di 53 anni, residente in provincia di Napoli, è stato arrestato dalla polizia per detenzione di sostanze stupefacenti. In seguito a una perquisizione nel suo appartamento, gli agenti hanno rinvenuto 50 grammi di cocaina nascosti all’interno di un sassofono e altri 400 grammi di hashish già confezionati e pronti per essere commerciati. Il bilancino di precisione utilizzato per preparare le dosi e 730 euro in contanti non hanno lasciato dubbi sull’origine illecita dell’attività del 53enne, subito tradotto nella casa circondariale di Poggioreale.

Incendio in appartamento

Coppia uccisa dal fumo

Tragedia domestica in un paesino della provincia di Belluno, dove una coppia che viveva in un caseggiato del centro abitato è rimasta vittima delle esalazioni da monossido di carbonio sprigionatesi in seguito all’incendio dell’abitazione. A dare l’allarme sono stati i vicini di casa che, poco prima della mezzanotte, avevano notato del fumo denso fuoriuscire dalla porta d’ingresso. Quando i soccorsi sono arrivati sul posto, per i due conviventi (un uomo di 75 anni e la compagna 52enne) e per il loro cane non c’è stato nulla da fare. Ancora da accertare, invece, le cause del rogo.

Spacciatore casalingo

agli arresti domiciliari

Sentenza per lo meno discutibile quella del tribunale di Cremona, che ha condannato a un anno e mezzo di arresti domiciliari uno spacciatore di 20 anni, arrestato durante un’operazione dei carabinieri di un comune della provincia. Il giovane, già noto alle forze dell’ordine, sarà costretto, dunque, a restare in quella stessa casa utilizzata come base per condurre l’attività di spaccio e dove i militari dell’Arma l’avevano trovato in possesso di 4.500 euro in contanti (frutto dell’ultima vendita) e con ancora una dose di cocaina da piazzare. 

Appicca rogo per vendetta

Arrestato vicino di casa

È stato arrestato e verrà processato per direttissima l’uomo di 33 anni della provincia di Latina che aveva tentato di dar fuoco all’abitazione del vicino di casa, colpevole di essersi intromesso tra questi e la sorella per sedare una violenta lite. A spegnere le fiamme è stato un altro condomino della palazzina, che aveva notato il piromane scendere le scale con un accendino e una bottiglia d’alcol in mano, farfugliando frasi sconnesse.

Cade e batte la testa, 

70enne muore in cortile

Un uomo di 70 anni, residente in una palazzina in provincia di Pavia, è deceduto dopo aver sbattuto la testa contro una grata metallica, a protezione di una “bocca di lupo” posta nel cortile condominiale. Dopo l’incidente, il 70enne è stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso cittadino, ma per lui non c’è stato niente da fare. Nonostante non vi sia alcun dubbio sulle cause della morte, comunque accidentale, resta da accertare se l’anziano sia deceduto in seguito al malore che ha provocato la caduta, oppure a causa del trauma riportato alla testa.

LOCAZIONE E ACQUISTO DI CASE: DALLA CEDOLARE AL LEASING AL PRESTITO VITALIZIO

Pubblichiamo oggi il secondo approfondimento relativo alle tematiche fiscali affrontate nell’ambito del seminario del Mef e dell’Abi dal titolo “Fare casa”. Il focus odierno è dedicato ad alcune specifiche formule agevolate di locazione e acquisto immobiliare. 

CEDOLARE SECCA

Che cos’è. La cedolare secca è un regime facoltativo che prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, delle addizionali, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo.

A chi è rivolta. Alle persone fisiche che locano un immobile ad uso abitativo. Sono quindi esclusi coloro che affittano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni. Inoltre, per poter esercitare l’opzione bisogna essere proprietari dell’immobile o titolari di diritti reali di godimento (es. usufrutto). 

Quali benefici. Il beneficio consiste nel pagamento di un’imposta sostitutiva calcolata applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti (a canone libero). È inoltre prevista dal 2013 un’aliquota del 15%, ridotta al 10% nel quadriennio 2014-2017, per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni nei comuni con carenze di disponibilità abitative e in quelli ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe). Chi ne usufruisce non paga le imposte di registro e di bollo e il canone di affitto non si cumula con i propri redditi.

Come si ottiene. L’opzione per il regime della cedolare secca può essere esercitata alla registrazione del contratto o nelle annualità successive. Alla registrazione del contratto l’opzione deve essere effettuata con il modello RLI utilizzato per la registrazione dell’atto stesso. L’opzione nelle annualità successive va esercitata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente sempre utilizzando il modello RLI. Per i contratti per i quali non c’è l’obbligo di registrazione in termine fisso, il locatore può applicare la cedolare secca direttamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale è prodotto il reddito, oppure esercitare l’opzione in sede di registrazione in caso d’uso o di registrazione volontaria.

LEASING IMMOBILIARE 

Che cos’è. Il pacchetto di misure per il leasing immobiliare abitativo prevede agevolazioni fiscali e garanzie civilistiche finalizzate a favorire l’utilizzo dello strumento del leasing per l’acquisto dell’abitazione principale.

A chi è rivolto. Ai giovani under 35 anni e ai soggetti over 35 anni con un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro che stipulano contratti di leasing aventi per oggetto immobili, anche da costruire, da adibire ad abitazione principale entro un anno dalla consegna e che non siano titolari di diritti di proprietà su immobili a destinazione abitativa. 

Quali benefici. Le agevolazioni sono diverse in base all’età del soggetto all’atto della stipula del contratto di locazione finanziaria: 

* per i giovani sotto i 35 anni gli incentivi fiscali sono: la detraibilità pari al 19% dei canoni di leasing (fino ad un importo massimo di 8mila euro annui); la detraibilità pari al 19% del prezzo del riscatto (fino ad un importo massimo di 20mila euro); 

* per i soggetti con età uguale o superiore a 35 anni gli incentivi fiscali sono: la detraibilità pari al 19% dei canoni di leasing (fino ad un importo massimo di 4 mila euro annui); la detraibilità pari al 19% del prezzo del riscatto (fino ad un importo massimo di 10 mila euro). 

Si può inoltre beneficiare dell’imposta di registro sull’acquisto dell’abitazione “prima casa” ridotta all’1,5%. 

Come si ottiene. I titolari dei contratti stipulati dal 1° gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2020, possono portare in detrazione dalla dichiarazione dei redditi i costi del leasing “prima casa”.

PRESTITO IPOTECARIO 

Che cos’è. Il Prestito ipotecario vitalizio è una forma di finanziamento che consente al proprietario di età superiore a 60 anni di convertire parte del valore dell’immobile in un prestito senza prevedere il pagamento delle rate per tutta la vita del mutuatario. ABI e le Associazioni dei Consumatori hanno promosso il rilancio del prodotto.

A chi è rivolto. A coloro che hanno compiuto 60 anni e sono titolari di un immobile ad uso abitativo. 

Quali benefici. Al proprietario di età superiore a 60 anni è offerta la possibilità di convertire parte del valore dell’immobile di proprietà in un prestito, senza prevedere il pagamento delle rate per tutta la vita del mutuatario. Gli interessi e le spese relative sono in generale rimborsati alla data di decesso del mutuatario anche se può essere concordata la possibilità di rimborsare ratealmente gli interessi. Allo scadere del debito, gli eredi (nel caso il proprietario non decida di rimborsare anticipatamente il finanziamento) hanno l’opzione di: 

a) estinguere il debito nei confronti dalla banca e liberare l’immobile dall’ipoteca; 

b) vendere l’immobile ipotecato; 

c) lasciare che la banca mutuataria venda l’immobile secondo criteri di mercato.

È previsto un “periodo di riflessione a favore degli eredi” per la gestione della vendita dell’immobile al verificarsi dell’evento che comporta il rimborso degli importi dovuti per il prestito. L’erede è ulteriormente tutelato in quanto: 

* l’immobile è venduto al valore di mercato, con il diritto dell’erede di ottenere la differenza una volta estinto il debito; 

* la Banca non può richiedere all’erede nulla, anche se non si riesce a rimborsare il prestito attraverso la vendita dell’immobile; 

* sono riconosciute al mutuatario le agevolazioni fiscali previste per i tradizionali mutui ipotecari per l’acquisto dell’abitazione principale. 

Come fare domanda . La domanda deve essere fatta direttamente alla Banca che valuterà autonomamente la possibilità di erogare il Prestito ipotecario vitalizio.

CASA E FISCO, LOCAZIONI E AFFITTI: ECCO IL LIBRO DI JEAN-CLAUDE MOCHET (UPPI)

Locazioni e affitti senza più interrogativi e incertezze, sotto il profilo fiscale, dopo la lettura del libro dal titolo “Casa e fisco: locazioni e affitti”, scritto da Jean-Claude Mochet, presidente della Commissione fiscale nazionale Uppi e edito da Fag Milano. 

In sette capitoli, il volume approfondisce gli aspetti generali e peculiari della disciplina tributaria sulle locazioni. In particolare, l’autore analizza nel dettaglio le numerose novità che hanno interessato, di recente, la materia. Prima di entrare nel vivo dell’argomento “fisco”, il libro esamina le tipologie contrattuali più diffuse e le novità introdotte dalla legge di Stabilità 2016 a proposito di leasing immobiliare abitativo. Dopo questa parte introduttiva, spazio agli aggiornamenti riguardanti, ad esempio, la “cedolare secca”, l’obbligo di registrazione telematica dei contratti di locazione, il modello Rli, le nuove regole dell’Imu per gli immobili non affittati, il riformato ravvedimento operoso in vigore dal 1° gennaio 2016. E, inoltre, naturalmente, una panoramica completa della tassazione e delle agevolazioni previste a proposito di Iva, imposte sui redditi, di registro e di bollo.

Coem ricorda anche il portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, stile, grafica, linguaggio e utili tabelle di sintesi fanno del testo un manuale operativo, in grado di fornire strumenti concreti per la corretta applicazione della complessa disciplina fiscale a professionisti, amministratori di condominio, agenti immobiliari e, in generale, agli operatori del settore, ma rappresenta anche un volume di facile lettura e comprensione utile a privati e imprese. Molti gli esempi di calcolo e più di 200 i casi risolti esaminati. Numerosi i riferimenti ai più recenti documenti di prassi giurisprudenziale e ministeriale. Il libro è disponibile anche in formato Pdf.

IL DISTACCO DAL CENTRALIZZATO: NORMATIVA E GIURISPRUDENZA IN CONDOMINIO

[A cura di: avvocato Gian Vincenzo Tortorici – pres. Centro Studi Anaci]

L’art. 1118, 4° comma c.c., modificato dalla riforma, prevede espressamente che “il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini. In tal caso, il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”. 

Si noti che gli squilibri di funzionamento che impedirebbero al condomino di operare il distacco devono essere “notevoli”, in modo da consentire all’autorità giudiziaria di disciplinare le singole fattispecie precludendo distacchi tecnicamente irrazionali e permettendo invece distacchi che siano osteggiati dagli altri condòmini per ragioni futili o emulative (che potrebbero celarsi dietro trascurabili esigenze “tecniche”); mentre l’aggravio di spesa può essere anche di modesto valore economico. 

La nuova disposizione ha suscitato l’interesse dei primi commentatori anche rispetto alle possibili limitazioni di tale normativa. In particolare, si pone la questione dell’ammissibilità dell’introduzione di un divieto regolamentare al distacco. Infatti, l’art. 1138 c.c., quarto comma, non è stato modificato o integrato dalla riforma e non include l’art. 1118 c.c., 4° comma, nell’elenco delle disposizioni che le norme del regolamento “in nessun caso possono derogare”. Ciò sarebbe indice dell’ammissibilità della deroga all’art. 1118, comma 4°, c.c .

Permane, comunque, la problematica concernente il secondo o il terzo condomino che intenda distaccarsi senza autorizzazione assembleare, che è sempre ammissibile, salvo quanto ut supra dedotto. In questi casi, qualora si accerti la sussistenza delle condizioni limitative allintervento, gli interessati non potranno provvedere al distacco. 

Si deve, peraltro, ricordare che il D.P.R. 2 aprile 2009 n. 59, concernente l’attuazione della direttiva 2002/911CE sul rendimento energetico in edilizia, stabilisce all’art. 4, comma 9°, che “in tutti gli edifici esistenti, con più di quattro unità abitative, e in ogni caso per potenze nominali del generatore di calore dell’impianto centralizzato maggiore o uguale a 100 kW […] è preferibile il mantenimento di impianti centralizzati laddove esistenti”. 

Altra possibile limitazione può derivare dalla circostanza che il Comune dove è ubicato l’immobile abbia stabilito nel proprio regolamento edilizio il divieto di distacco, considerato che la tendenza di molti Comuni è quella di incentivare gli impianti centralizzati di riscaldamento che hanno un impatto ambientale minore in termini di inquinamento. Ma anche le Regioni stesse, che in materia hanno una competenza legislativa concorrente con lo Stato, possono non recepire le disposizioni statali o addirittura disattenderle in toto, come si è già verificato

Da ultimo si deve annotare la procedura da adottarsi da parte di tutti. Il singolo condomino deve preventivamente segnalare la sua volontà, suffragandola con una perizia di parte, all’amministratore il quale, valutatane la fattibilità, può sia non eccepire alcunché, sia convocare un’assembla ad hoc, non essendovi obbligato, neppure con un riferimento testuale inerente ad una relazione ad essa, come avviene per altre fattispecie. Qualora il singolo condomino intervenga direttamente e, quindi, con opere inerenti all’impianto comune di riscaldamento, il condominio deve opporvisi, chiedendo anche la sospensione giudiziale dei lavori, con unazione cautelare ai sensi dellart. 1171 c.c ..

LA GIURISPRUDENZA

Come è noto, l’impianto centralizzato di riscaldamento rientra tra i beni di proprietà comune ex art. 1117 c.c. e ha da sempre posto in dottrina e in giurisprudenza due rilevanti questioni. 

1) La prima concerne la trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti autonomi unifamiliari a gas metano per la produzione di calore e acqua calda e sanitaria in ordine alla quale si applica la legge n. 10 del 9 gennaio 1991 che detta norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia. 

La normativa di riforma della disciplina del condominio, L. 220/2012, ha modificato il II comma dellart. 26 della legge de qua in quanto per la trasformazione dell’impianto centralizzato nelle così dette caldaiette unifamiliari ha elevato la maggioranza numerica ad un terzo dei presenti all’assemblea rappresentante almeno la metà del valore millesimale delledificio, ponendosi in contrasto, parrebbe, con il secondo comma del novellato art. 1120 c.c. che in tema di innovazioni finalizzate al risparmio energetico fissa il quorum deliberativo nella maggioranza dei condòmini presenti in assemblea rappresentante sempre la metà del valore dell’edificio. Sempre che il legislatore nell’art. 1120 c.c. non voglia individuare intendimenti diversi da quelli elencati nell’art. 8 della legge n. 10/1991 citata, il che allo stato attuale appare unincognita

2) L’altra questione inerisce, invece, alla problematica del diritto del condomino al distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato. 

Secondo l’orientamento giurisprudenziale di legittimità prevalente prima della riforma introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, ciascun condomino aveva la facoltà di rinunziare all’utilizzo dei flussi termici derivanti dall’impianto di riscaldamento comune, distaccando le diramazioni da quest’ultimo connesse alla sua unità immobiliare senza necessità di ottenere un’apposita autorizzazione assembleare, purché provasse che dalla sua rinunzia e dal distacco, non derivano né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio” (ex multis Cass., 03/04/2012, n. 5331 e Cass., 30/06/2006, n. 15079). 

Nell’ipotesi in cui il condomino che volesse effettuare il distacco non fosse in grado di dimostrare tali elementi, era allora necessaria l’unanimità dei consensi dellintera compagine condominiale. Conseguentemente, il condomino distaccante, pur continuando a dover corrispondere le spese necessarie per la conservazione dell’impianto di riscaldamento centralizzato (che rimaneva di proprietà comune), sarebbe stato sollevato dal contribuire alle stesse per l’uso dell’impianto medesimo, eccettuata la fatti specie nella quale lassemblea imponesse un modesto rimborso dovuto alla eventuale dispersione di calore causata da tale operazione. 

Tale consolidata posizione della giurisprudenza, osteggiata da vari dissensi dottrinali (cfr. N. Izzo, Nota a Casso 29/09/2011, n. 19893, in Giust. Civ., 2012, p. 361 e ss.), si poneva in conformità ai principi che regolano la materia, ovvero all’art. 1123, comma 2, c.c. civ., che impone la ripartizione delle spese per il riscaldamento in proporzione alla superficie radiante di ciascuna unità immobiliare, così che, in caso di “chiusura dei rubinetti” dei radiatori, ovvero di completo distacco, nulla sarebbe dovuto, e all’art. 1120 c.c. che preclude che della cosa comune si faccia un uso (o un non uso) idoneo ad alterare il rapporto di equilibrio tra i comproprietari. 

Non si rientra nella fattispecie ut supra qualora il condominio non sia in grado di garantire al singolo condomino i gradi minimi di calore previsti dal D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412; in questi casi; infatti, il condominio o effettua la manutenzione straordinaria indispensabile per porvi rimedio, o perfeziona una transazione conciliativa con il condomino, prevedendo eventualmente il distacco del suo impianto da quello centralizzato. 

GARANZIA, SOSPENSIONE, TRASPARENZA: TUTTE LE TUTELE RELATIVE AI MUTUI

Affitti, formule di compravendita, detrazioni fiscali garanzie sui mutui: sono alcune delle tematiche di cui si è parlato nei giorni scorsi nel seminario del Mef e dell’Abi dal titolo “Fare casa”.tali argomenti sono poi confluiti in una serie di interessanti e sintetiche schede illustrative. L’approfondimento che pubblichiamo oggi è dedicato a mutui e prestiti.

GARANZIA MUTUO 

Che cos’è. Il Fondo di garanzia per l’acquisto e la ristrutturazione della prima casa consente di richiedere mutui ipotecari fino a 250.000 euro avvalendosi delle garanzie statali per la metà dell’importo.

A chi è rivolto. A coloro che richiedono un mutuo, non superiore a 250mila euro, per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa non di lusso. Il mutuo deve essere erogato per il solo acquisto, o per l’acquisto e la ristrutturazione e/o accrescimento dell’efficienza energetica di un immobile localizzato in Italia che rispetti le seguenti caratteristiche: 

* deve essere adibito ad abitazione principale; 

* non deve rientrare nelle categorie catastali A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli, palazzi); 

* non deve avere caratteristiche di lusso (vedi decreto del Ministero dei lavori pubblici del 2/8/1969). 

Quali benefici. Il Fondo offre garanzie statali pari al 50% della quota capitale del mutuo richiesto, facilitando così l’accesso al credito. È aperto a tutti, indipendentemente dall’età, ma prevede un tasso applicato al mutuo non superiore al Tasso Effettivo Globale Medio (TEGM) pubblicato trimestralmente dal MEF ai sensi delle legge antiusura per: 

* giovani coppie (dove almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni); 

* giovani di età inferiore ai 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico; 

* nuclei familiari monogenitoriali con figli minori; 

* conduttori di alloggi di proprietà degli IACP, comunque denominati. 

Come fare domanda. La domanda di accesso al Fondo va presentata direttamente alla Banca aderente all’iniziativa cui si richiede il mutuo, utilizzando l’apposita modulistica per la richiesta di accesso al Fondo di garanzia per la prima casa disponibile sul sito di CONSAP Spa, su quello del Dipartimento del Tesoro e delle Banche aderenti. L’elenco delle Banche ad oggi aderenti, in continuo aggiornamento, è disponibile sul sito di CONSAP Spa.

SOSPENSIONE MUTUI

Che cos’è. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e l’ABI mettono a disposizione due strumenti, complementari fra loro, che permettono di sospendere per un tempo determinato il pagamento delle rate del mutuo in caso si verifichino situazioni di temporanea difficoltà economica: 

* il Fondo MEF di solidarietà per i mutui prima casa; 

* l’Accordo per il credito ABI – Associazioni dei consumatori (che offre la possibilità di sospendere le rate non solo dei mutui ipotecari ma anche dei finanziamenti per il credito al consumo)

A chi è rivolto. Ai titolari di un mutuo per l’acquisto della prima casa non di lusso, che si trovino in situazioni di temporanea difficoltà economica. I due strumenti fanno riferimento ad eventi imprevisti di natura diversa, sempre connessi alla salute o al deteriorarsi della situazione lavorativa quali la morte, un grave infortunio, la perdita del posto di lavoro o la sospensione/riduzione dell’orario di lavoro. 

Quali benefici. Il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa del MEF consente di beneficiare della sospensione fino a 18 mesi del pagamento dell’intera rata del mutuo (se non superiore a 250mila euro) per mutuatari con ISEE non superiore a 30.000 euro, in situazioni di temporanea difficoltà economica dovuta al decesso di uno dei titolari, ad un grave infortunio/handicap o alla perdita di lavoro. L’Accordo per il credito tra ABI e Associazioni dei consumatori permette invece la sospensione fino a 12 mesi della sola quota capitale per i mutui ipotecari sull’abitazione principale nei casi di sospensione del lavoro o riduzione temporanea dell’orario lavorativo.

Come fare domanda. Chi ha i requisiti per la sospensione deve rivolgersi direttamente alla Banca con cui ha contratto il mutuo. Per il Fondo di Solidarietà del MEF è previsto un apposito modulo di domanda che va presentato in Banca e che è disponibile sul sito del Dipartimento del Tesoro, di Consap Spa (società incaricata dal MEF della gestione di tutte le richieste di accesso al Fondo), e di ABI. 

Sul sito di ABI si trova il modulo di domanda per l’iniziativa di sospensione concordata tra ABI e Associazioni dei consumatori.

POLIZZE PRESTITI

Che cos’è. Il 30 novembre 2013 è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra ABI, Assofin e 14 associazioni dei consumatori finalizzato a promuovere la diffusione di buone pratiche nell’offerta ai consumatori di polizze assicurative facoltative, ramo vita o miste (sia il ramo vita sia danni) – accessorie ai mutui e agli altri finanziamenti.

A chi è rivolto. A coloro che sottoscrivono una polizza assicurativa per tutelarsi dagli eventi che possono ridurre la capacità di poter rimborsare i mutui o i finanziamenti (perdita del posto di lavoro, morte, infortuni etc.). 

Quali benefici. L’accordo prevede che le banche e/o intermediari finanziari aderenti all’iniziativa offrano al cliente una serie di benefici quali: 

* il riconoscimento al consumatore di un periodo di 60 giorni dalla data di perfezionamento del contratto assicurativo per recedere liberamente dallo stesso; 

* l’invio al consumatore, dopo il perfezionamento del contratto, di una specifica lettera di benvenuto il cui fac-simile è riportato nel protocollo di intesa stesso. 

La documentazione viene redatta prestando particolare attenzione alla chiarezza e semplicità con l’inserimento: 

* nella documentazione precontrattuale e nel contratto di una frase con la quale si ricorda al cliente che la polizza offerta dalla banca/intermediario finanziario non è indispensabile al fine di ottenere il finanziamento; 

* nella documentazione precontrattuale, del costo complessivo del finanziamento con e senza polizza. 

Come fare domanda. Non c’è alcun bisogno di fare la domanda per ottenere questi benefici. L’elenco delle banche e degli Intermediari aderenti è pubblicato sul sito di ABI.

IL TERZO RESPONSABILE E I POTERI DELL’AVVOCATO NOMINATO DAL CONDOMINIO

[A cura di: Fulvio Graziotto – Studio Graziotto, www.studiograziotto.com]

È ammissibile la chiamata del terzo responsabile da parte del condominio se collegata all’oggetto della causa. E se non vi sono limiti specifici, la procura alle liti conferisce al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l’ambito della lite originaria. È quanto sentenziato dalla Cassazione con la pronuncia 4909/2016.

IL CASO

A causa di infiltrazioni d’acqua dovute a negligente custodia del tetto in occasione di lavori di rifacimento commissionati dal condominio, quest’ultimo si rivaleva, per i danni subiti da alcuni condòmini, nei confronti della società appaltatrice, la quale proponeva appello, che veniva respinto.

La società propone ricorso in Cassazione, che lo rigetta.

LA DECISIONE

Nel primo motivo di ricorso, la società lamentava che l’amministratore del condominio «non era abilitato a nominare un difensore per agire e resistere in giudizio già in primo grado, in mancanza di autorizzazione dell’assemblea; che la procura alle liti, rilasciata al procuratore a margine del ricorso per decreto ingiuntivo, non lo legittimava a chiamare in causa un terzo; che tale carenza di potere rappresentativo era eccepibile dalla parte e rilevabile dal giudice in ogni stato e grado del giudizio».

La Sezione remittente ritiene fondata l’obiezione relativa alla procura alle liti rilasciata al difensore a margine del ricorso per decreto ingiuntivo, che non lo legittimava a chiamare in causa un terzo: «poiché la facoltà di chiamare in causa un terzo in garanzia impropria deve essere conferita espressamente al difensore nella procura stessa o nel contesto dell’atto cui essa accede (v., per tutte, Cass. 29 settembre 2009 n. 20825), sicché non può ritenersi compresa nella generica attribuzione di “ogni facoltà” nel mandato a richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo; resta pertanto da verificare se alla censura in esame la sentenza impugnata possa comunque resistere, sul fondamento dell’altra ratio decidendi su cui è basata: la preclusione dell’eccezione relativa al difetto di procura, in quanto formulata tardivamente».

Dopo aver osservato che l’indirizzo della giurisprudenza non è consolidato, con alcune decisioni «si è deciso che “il difensore munito di procura per una determinata controversia non può in base alla stessa effettuare la chiamata in garanzia di un terzo introducendo nel processo una nuova e distinta controversia che ecceda i limiti dell’originario rapporto litigioso, salvo che la parte abbia inteso autorizzarla a rappresentarla anche nel giudizio da promuovere mediante la chiamata in garanzia; al di fuori di questa ipotesi la conseguente nullità non può considerarsi sanata qualora il chiamato si costituisca in giudizio senza dedurre preliminarmente il vizio in questione”; la Sezione II ha rimesso la causa al Primo Presidente, che l’ha assegnata alle Sezioni Unite.

Tra le varie questioni sollevate, nel primo motivo la ricorrente lamentava che «la carenza di “ius postulandi” in capo al difensore si traduce in un difetto di legitimatio ad causam e ad processum, che come è noto costituisce un presupposto indefettibile per la valida costituzione del contraddittorio e per tale ragione il relativo difetto è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo fatti salvi gli effetti del giudicato».

La sezione remittente ritiene il motivo infondato per due ragioni: perché è «agevole osservare» che tale eccezione risulta «intrinsecamente smentita» in ragione del «tenore della procura ad litem rilasciata al legale del condominio (“… ogni facoltà”)» e, oltretutto, perché tardiva («in quanto “sollevata soltanto nella comparsa conclusionale di primo grado”, “con piena accettazione del contraddittorio svoltosi sino a quel momento”»).

Le Sezioni Unite ritengono che la causa debba essere decisa sulla base della prima ragione, e ne illustrano i motivi: «La procura alle liti è l’atto formale con il quale si attribuisce al difensore lo ius postulandi, il ministero di rappresentare la parte nel processo ( cfr. Cass., Sez. Un, 7/3/2005, n. 4814 ).

La procura ad litem ex art. 83 c.p.c. è negozio unilaterale processuale, formale ed autonomo (v. Cass., 23/11/1979, n. 6113 ), che investe della rappresentanza in giudizio il difensore e si distingue dal presupposto rapporto c.d. interno, il quale ha fonte nel contratto di prestazione d’opera professionale stipulato tra quest’ultimo e la parte – o chi per essa – ( v. Cass., 24/2/2010, n. 4489; Cass., 4/4/1997, n. 2910; Cass., 8/6/1996, n. 5336; Cass., 26/1/1981, n. 579; Cass., 6/12/1971, n. 3547), restando insensibile alla sorte del contratto di patrocinio ( v. Cass., 2/9/1997, n. 8388).

La legge non determina il contenuto necessario della procura, limitandosi a distinguere tra procura generale e speciale (art. 83, 2° co., c.p.c. ), e a stabilire che il difensore può compiere e ricevere, nell’interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, mentre non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere ( art. 84 c.p.c. )».

Dopo aver richiamato precedenti decisioni si è al riguardo da queste Sezioni Unite posto quindi in rilievo che, come efficacemente sottolineato anche in dottrina, i poteri processuali risultano al difensore attribuiti direttamente dalla legge, con la procura la parte realizzando semplicemente una scelta ed una designazione, e non anche un’attribuzione di poteri, al cui riguardo la volontà della parte è pertanto irrilevante, potendo assumere invero rilievo esclusivamente al fine della eventuale limitazione dei poteri del procuratore derivanti dalla legge (v. Cass., Sez. Un., 14/9/2010, n. 19510. E già Cass., 13/7/1972, n. 2373); il Consesso afferma che «Alla procura alle liti, in assenza di specifica regolamentazione, si applica la disciplina codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella processualistica» e «ivi ricompreso in particolare il principio generale posto all’art. 1708 c.c. secondo cui il mandato comprende tutti gli atti necessari al compimento dell’incarico conferito (v. Cass., 18/4/2003, n. 6264; Cass., 4/4/1997, n. 2910; Cass., 6/3/1979, n. 1392)».

Precisa che «La procura alle liti conferisce dunque al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l’ambito della lite originaria».

Più specificamente, «In ordine alla chiamata di un terzo in causa, con particolare riferimento al rapporto di garanzia si è nella giurisprudenza di legittimità generalmente ritenuto il difensore del convenuto abilitato dalla procura conferita per resistere alla domanda attrice a chiamare in causa un terzo in garanzia c.d. propria (che si ha quando la causa principale e quella accessoria abbiano lo stesso titolo, ovvero quando ricorra una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande: v. Cass., 16/4/2014, n. 8898; Cass., 29/07/2009, n. 17688; Cass., 24/01/2007, n. 1515 ), onde sollevare il proprio assistito dall’eventuale soccombenza nei confronti dell’attore ( v. Cass., 31/3/2000, n. 3928; Cass., 29/1/1991, n. 877; Cass., 14/4/1984, n. 2415 ), o comunque per esigenze difensive ( v. Cass., 17/5/1986, n. 3274)».

Nel sottolineare che la chiamata in causa del terzo in base ad una normale e generica procura originaria è ammissibile «qualora la presenza del medesimo costituisca un’esigenza della difesa nel processo, si è al riguardo in particolare sottolineato che allorquando il convenuto per risarcimento di danni abbia conferito il mandato alle liti con ogni più ampia facoltà di legge, ed abbia subito indicato quale unico responsabile un terzo, deve ritenersi che la sua reale volontà sia stata quella di conferire al patrono non solo il potere di chiamare in causa il terzo per soddisfare l’esigenza di difesa rispetto alla domanda risarcitoria dell’attore, ma anche il potere di proporre nei confronti del terzo la domanda di risarcimento dei danni, e ciò al fine evidente di conseguire, in un unico processo, la decisione su tutte le pretese (v., con riferimento a caso di scontro di autoveicoli, Cass., 22/7/1991, n. 2421)».

Rimane esclusa la possibilità di azioni fondate su un titolo diverso che estenda l’ambito della controversia: «Si è viceversa escluso che una siffatta procura consenta al difensore di esperire contro il terzo azioni fondate su un titolo autonomo e distinto, implicanti un’estensione dell’ambito della lite ( v. Cass., 16/3/2006, 5817; Cass., 17/5/1986, n. 3274. Cfr. altresì Cass., 26/7/2005, n. 15619; Cass., 7/4/2000, n. 4356; Cass., 7/2/1995, n. 1393; Cass., 24/3/1981, n. 1695; Cass., 12/5/1979, n. 2729; Cass., 26/3/1979, n. 1745; Cass., 13/10/1975, n. 3284)».

Spetta al giudice verificare l’estensione della procura: «La verifica della effettiva estensione della procura rilasciata al difensore si è affermato costituire un obbligo del giudice, a garanzia non tanto delle controparti quanto della stessa parte che l’ha rilasciata, perché la medesima non risulti esposta al rischio del coinvolgimento in un’ulteriore controversia non voluta, in ragione dell’autonoma iniziativa del proprio difensore (v. Cass., 22/11/1996, n. 10307)».

Per le Sezioni Unite, alla procura deve essere data un’interpretazione costituzionalmente orientata: «va osservato come dal principio affermato da queste Sezioni Unite in base al quale i poteri del difensore discendono direttamente dalla legge, la procura valendo solamente a realizzare la scelta e la designazione dell’avvocato e a far emergere la relativa (più o meno ampia) eventuale limitazione in base alla volontà della parte (v. Cass., Sez. Un., 14/9/2010, n. 19510), deve correttamente trarsene, quale ulteriore corollario, che la procura, ove risulti come nella specie conferita in termini ampi e comprensivi, in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale idonea a dare attuazione ai principi di tutela del diritto di azione e di difesa nonché di economia processuale (artt. 24 e 111 Cost.) deve intendersi come idonea ad attribuire al difensore il potere di esperire tutte le azioni necessarie o utili per il conseguimento del risultato a tutela dell’interesse della parte assistita».

OSSERVAZIONI

I poteri del difensore discendono direttamente dalla legge, e la procura vale solo a realizzare la scelta e la designazione dell’avvocato, e a far emergere la eventuale limitazione in base alla volontà della parte: se la procura è conferita in termini ampi (“con ogni facoltà”) deve intendersi idonea a ricomprendere anche la chiamata in causa del terzo basata sull’azione di garanzia c.d. “impropria”.

DISPOSIZIONI RILEVANTI

Codice di procedura civile

LIBRO I, TITOLO III – Delle parti e dei difensori


Art. 82 – Patrocinio

Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede lire un milione.

Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.

Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte d’appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell’apposito albo.

Art. 83 – Procura alle liti

Quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura.

La procura alle liti può essere generale o speciale, e deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della citazione, del ricorso, del controricorso, della comparsa di risposta o d’intervento, del precetto o della domanda d’intervento nell’esecuzione, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato. In tali casi l’autografia della sottoscrizione della parte deve essere certificata dal difensore. La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.

La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa volontà diversa.

Art. 84 – Poteri del difensore

Quando la parte sta in giudizio col ministero del difensore, questi può compiere e ricevere, nell’interesse della parte stessa, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati.

In ogni caso non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere.