I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate erano attesi, e richiesti a gran voce da numerose associazioni, afferenti sia alla gestione condominiale, sia alle aziende impiantistiche. Ora, le specifiche sono arrivate, con il provvedimento al numero 43434, ed emesso lo scorso 22 marzo.
Il documento, tra le altre cose, puntualizza che i contribuenti ricadenti nella no tax area, cioè i possessori di redditi esclusi dall’imposizione Irpef per espressa previsione o perché l’imposta lorda è assorbita dalle detrazioni per tipologia di reddito posseduto e che pertanto, risultando “incapienti”, non potrebbero fruire del bonus del 65% per le spese relative a interventi di riqualificazione energetica su parti comuni condominiali, possono cedere, sotto forma di credito, ai fornitori che hanno effettuato i lavori, la detrazione loro spettante.
A stabilirlo, l’articolo 1, comma 74, della legge 208/2015 (Stabilità 2016), secondo cui, “per le spese sostenute dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali”, i contribuenti che si trovano nella condizione di incapienza possono “optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi, con modalità da definire con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate”.
Le modalità
Il provvedimento 22 marzo 2016, detta appunto le modalità attuative della norma, cui devono attenersi i contribuenti interessati (articolo 11, comma 2, e articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 5, letteraa), del Tuir), il condominio (tramite l’amministratore o il condomino incaricato) e i fornitori che ricevono il credito a titolo di pagamento della quota di spesa a carico del singolo condomino.
La situazione di incapienza deve sussistere nel periodo d’imposta 2015 e la cessione può avvenire solo nei confronti dei fornitori di beni e servizi che hanno realizzato gli interventi di riqualificazione energetica per il condominio. Il credito cedibile, pari al 65% dei costi a carico del singolo condomino in base alla tabella millesimale di ripartizione, riguarda le spese sostenute nel 2016, anche se riferite a interventi iniziati in anni precedenti. È necessario che il condominio effettui, entro il 31 dicembre 2016, il pagamento delle spese corrispondenti alla parte non ceduta sotto forma di credito mediante l’apposito bonifico bancario o postale.
Per effettuare la cessione del credito, la volontà dei condòmini interessati deve risultare dalla delibera assembleare che approva i lavori oppure, in alternativa, da una specifica comunicazione inviata successivamente al condominio. Quest’ultimo dovrà annunciare tale volontà ai fornitori che, a loro volta, dovranno rispondere al condominio, in forma scritta, di accettare la cessione del credito, a titolo di parziale pagamento del corrispettivo.
Entro il 31 marzo 2017, a pena di inefficacia della cessione del credito, il condominio dovrà comunicare in via telematica, all’Agenzia delle Entrate, una serie di dati, per consentire il controllo della cessione stessa e della fruizione del credito. Ne dovrà essere data notizia anche ai fornitori cessionari del credito.
A partire dal 10 aprile 2017, i fornitori potranno utilizzare il credito – da ripartire in dieci quote annuali di pari importo – in compensazione, tramite modello F24, esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, con possibilità di riportare nei periodi d’imposta successivi l’eventuale quota non fruita nel periodo di spettanza.
Il provvedimento, infine, disciplina i controlli da parte dell’amministrazione finanziaria:
* se viene accertato che la detrazione non spetta (anche parzialmente), il relativo importo, maggiorato di interessi e sanzione, verrà recuperato nei confronti del condomino;
* se viene accertata l’indebita fruizione (anche parziale) del credito, il relativo importo, maggiorato di interessi e sanzione, verrà recuperato nei confronti del fornitore.
Come accedere alle detrazioni fiscali per i lavori di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di un condominio minimo? Lo spiega la circolare numero 3/E emanata lo scorso 2 marzo dall’Agenzia delle Entrate per fornire informazioni e rispondere ai più frequenti quesiti e dubbi in materia fiscale.
D. La risoluzione n. 74/E del 2015 ha chiarito che per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di condomini minimi, la fruizione della detrazione è subordinata, tra l’altro, alla richieste del codice fiscale del condominio. Si chiede se tali chiarimenti possano valere anche per le rate di detrazione relative ad anni precedenti e per le spese sostenute nel 2015, qualora non sia stato ancora richiesto il codice fiscale del condominio.
R. Per gli interventi realizzati sulle parti comuni di edifici residenziali, la fruizione dell’agevolazione è stata subordinata, fin dall’entrata in vigore della legge n. 449 del 1997 (che ha introdotto la detrazione in esame), alla circostanza che il condominio sia intestatario delle fatture ed esegua, nella persona dell’amministratore o di uno dei condòmini, tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa, compreso quello propedeutico della richiesta del codice fiscale.
Con circolare 21 maggio 2014, n. 11/E (paragrafo 4.3), è stato ricordato che in presenza di un “condominio minimo”, edificio composto da un numero non superiore a otto condòmini (prima delle modifiche apportate dalla legge n. 220 del 2012 all’articolo 1129 c.c. il riferimento era a quattro condòmini), risulteranno comunque applicabili le norme civilistiche sul condominio, ad eccezione degli articoli 1129 e 1138 c.c., che disciplinano, rispettivamente, la nomina dell’amministratore (nonché l’obbligo da parte di quest’ultimo di apertura di un apposito conto corrente intestato al condominio) e il regolamento di condominio (necessario in caso di più di dieci condòmini).
Con risoluzione n. 74/E del 27 agosto 2015 sono stati indicati gli adempimenti da adottare nel caso di interventi sulle parti comuni di un condominio minimo, effettuati nel 2014 senza aver richiesto il codice fiscale del condominio. La risoluzione ha ribadito la necessità di chiedere il codice fiscale del condominio ma è stato nel contempo evidenziato che il condominio, sui pagamenti effettuati per avvalersi della agevolazioni fiscali in esame, non deve effettuare le ritenute ordinariamente previste dal DPR 600 del 1973. Su tali pagamenti, infatti, si applica la sola ritenuta prevista dal decreto legge n. 78 del 2010, effettuata da banche e Poste italiane Spa all’atto dell’accredito del pagamento.
Ulteriori valutazioni collegate alla esigenza di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, portano a riconsiderare le istruzioni fornite con la precedente prassi. In particolare, nel presupposto che il pagamento sia stato effettuato mediante l’apposito bonifico bancario/postale e che, quindi, non vi sia stato pregiudizio al rispetto da parte delle banche e di Poste Italiane Spa dell’obbligo di operare la ritenuta disposta dall’art. 25 del D.L. n. 78 del 2010 all’atto dell’accredito del pagamento, si può ritenere che non sia necessario acquisire il codice fiscale del condominio nelle ipotesi in cui i condòmini, non avendo l’obbligo di nominare un amministratore, non vi abbiano provveduto.
In assenza del codice fiscale del condominio, i contribuenti, per beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi e per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di un condominio minimo, per la quota di spettanza, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute utilizzando il codice fiscale del condòmino che ha effettuato il relativo bonifico.
Naturalmente il contribuente è tenuto, in sede di controllo, a dimostrare che gli interventi sono stati effettuati su parti comuni dell’edificio, e, se si avvale dell’assistenza fiscale, è tenuto ad esibire ai CAF o agli intermediari abilitati, oltre alla documentazione ordinariamente richiesta per comprovare il diritto alla agevolazione, una autocertificazione che attesti la natura dei lavori effettuati e indichi i dati catastali delle unità immobiliari facenti parte del condominio. Devono ritenersi superate, pertanto, le indicazioni fornite con la circolare n. 11/E del 2014 e con la risoluzione n.74/E del 2015, salvi restando i comportamenti già posti in essere in attuazione di tali documenti di prassi.
Tra le note esplicative contenute nella circolare 3/E dell’Agenzia delle Entrate in materia di deduzioni e detrazioni degli oneri inerenti a vario titolo casa e condominio, un focus ampio e specifico è dedicato all’acquisto di un appartamento destinato alla locazione. Di seguito riportiamo un quesito e i chiarimenti delle Entrate.
D. La deduzione del 20 per cento prevista dall’articolo 21 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 per gli acquisti (o la costruzione) di immobili abitativi destinati alla locazione, “effettuati dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017”, è soggetta ad un limite massimo complessivo di spesa pari a 300.000 euro. Si chiede se tale importo costituisca il limite di spesa riferibile all’acquisto di una singola abitazione o rappresenti il massimo di spesa deducibile anche nel caso in cui siano acquistate più abitazioni.
R. Per verificare come deve essere inteso il limite di spesa di 300.000 euro indicato dalla norma, vale a dire se deve essere riferito alla unità abitativa oggetto di agevolazione o al soggetto che si avvale del beneficio fiscale, è utile tener conto, oltre che dell’articolo 21 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, anche delle norme di attuazione dettate dal decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti e del Ministro dell’Economia, 8 settembre 2015. Assume rilievo, in particolare, l’art. 2, comma 4, del decreto attuativo il quale prevede, per gli immobili acquistati in comproprietà, che la deduzione spetta “ai soggetti titolari del diritto di proprietà…in relazione alla quota di proprietà”. Il successivo art. 5, comma 1, del medesimo decreto dispone, inoltre, che la deduzione è riconosciuta “una sola volta per ogni singolo immobile”.
Calcolando la deduzione pro-quota ed una sola volta per ogni singolo immobile, si avrà quindi, a titolo esemplificativo, che nel caso in cui tre soggetti acquistino in comproprietà e in parti uguali un immobile, il cui prezzo è pari a 900.000 mila euro, ciascun di essi potrà calcolare la deduzione su un ammontare massimo di 100.000 euro, pari a un terzo del limite massimo di spesa deducibile di 300.000 euro, spettante per l’immobile medesimo.
È necessario, inoltre, tener conto anche di quanto disposto dall’art. 21, comma 3, del d.l. n. 133 del 2014, in base al quale “fermo restando il limite massimo complessivo di 300.000 euro, la deduzione spetta anche per l’acquisto o realizzazione di ulteriori unità immobiliari da destinare alla locazione”. La norma primaria, introduttiva dell’agevolazione, indica chiaramente che l’importo di 300.000 euro costituisce il limite complessivo di spesa spettante al singolo soggetto, anche nel caso in cui questi acquisti più unità abitative da destinare alle finalità previste dalla norma. Assumendo, quindi, il limite di 300.000 euro come importo massimo sul quale il singolo soggetto può calcolare la deduzione si avrà che questi, se acquista più abitazioni nel periodo di vigenza dell’agevolazione (dal 1 gennaio 2014 al 31 dicembre 2017), ha comunque diritto alla deduzione del 20 per cento su un importo massimo complessivo di spesa di 300.000 euro.
Riprendendo l’esempio precedente, il soggetto che nel 2016 acquista una abitazione in comproprietà per la quale può fruire della deduzione su un importo massimo di spesa di 100.000 euro e, nel medesimo anno, acquista una seconda abitazione del costo di 150.000 euro, questi avrà diritto, per il periodo d’imposta 2016, alla deduzione pari al 20 per cento di 250.000 euro. Se nell’anno successivo, il medesimo soggetto, acquista una terza abitazione al prezzo di 200.000, avrà diritto ad un deduzione del 20 da calcolare su 50.000 euro, vale a dire sull’ammontare residuo del limite complessivo di spesa deducibile di 300.00 euro.
Si deve, pertanto, concludere che, in base alla combinazione delle norme richiamate, il limite di 300.00 euro costituisce l’ammontare massimo di spesa complessiva su cui calcolare la deduzione, per l’intero periodo di vigenza dell’agevolazione, sia con riferimento alla abitazione che al contribuente.
Che cosa prevede la nuova normativa fiscale in materia di casa in leasing? A spiegarlo, nel dettaglio, è la Guida dal titolo “Il Leasing immobiliare abitativo”, nata dalla collaborazione tra Assilea (Associazione italiana leasing), Consiglio nazionale del notariato con l’adesione di 11 tra le principali associazioni dei consumatori (Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori ACP, Federconsumatori, Lega consumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione nazionale consumatori) e realizzata con il contributo del Dipartimento delle Finanze (Ministero dell’Economia e delle Finanze).
PREMESSE
La disciplina del leasing immobiliare abitativo, istituita dalla legge di Stabilità 2016, prevede incentivi fiscali sull’acquisto o la costruzione di immobili da adibire ad abitazione principale. La finalità della misura è di agevolare, specie per i più giovani, l’acquisto dell’abitazione di residenza attraverso l’utilizzo dello strumento della locazione finanziaria quale innovativo canale di finanziamento rispetto all’ordinario strumento del mutuo ipotecario.
La Guida chiarisce le caratteristiche fondamentali del leasing immobiliare abitativo e i dubbi più frequenti, le tutele per il cittadino e i regimi fiscali applicabili. La guida sarà distribuita gratuitamente da Assilea, dal Consiglio nazionale del notariato e dalle Associazioni dei Consumatori, ed è inoltre scaricabile dai rispettivi siti web.
LEASING PRIMA CASA
Ecco, in sintesi, che cosa prevede la formula del leasing prima casa.
I soggetti
Il leasing immobiliare abitativo è fruibile dai soggetti con reddito complessivo non superiore a 55.000 euro, purché privi di abitazione principale. Per l’individuazione della soglia del reddito si può fare riferimento al reddito dichiarato nel quadro RN1 dell’ultima dichiarazione dei redditi presentata.
I vantaggi fiscali
I titolari dei contratti stipulati dal 1 gennaio 2016 e fino al 31.12.2020, potranno portare in detrazione dalla dichiarazione dei redditi i costi del leasing “prima casa” in misura più vantaggiosa rispetto alle agevolazioni concesse per mutui ipotecari. In particolare, per i giovani sotto i 35 anni all’atto della stipula del contratto e con reddito complessivo non superiore a 55.000 euro gli incentivi fiscali sono:
* la detraibilità pari al 19% dei canoni di leasing (fino ad un importo massimo di 8mila euro annui);
* la detraibilità pari al 19% del prezzo del riscatto (fino ad un importo massimo di 20mila euro).
Per i soggetti con età uguale o superiore a 35 anni e con reddito complessivo non superiore a 55.000 euro gli incentivi fiscali sono:
* la detraibilità pari al 19% dei canoni di leasing (fino ad un importo massimo di 4 mila euro annui);
* la detraibilità pari al 19% del prezzo del riscatto (fino ad un importo massimo di 10 mila euro). Sia per gli under 35 che per gli over 35, l’imposta di registro sull’acquisto dell’abitazione “prima casa” è ridotta all’1,5% e questo rende più conveniente per i privati il ricorso al leasing rispetto al mutuo ipotecario.
Nel caso di leasing l’imposta di registro è calcolata sul prezzo di acquisto, perché non è applicabile il meccanismo del prezzo-valore.
Il contratto
Con la stipula del contratto di locazione finanziaria, la società di leasing (banca o intermediario finanziario autorizzato da Banca d’Italia all’esercizio dell’attività di leasing) assume l’obbligo ad acquistare o anche a far costruire l’immobile, su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che lo riceve in uso per un tempo determinato a fronte di un corrispettivo periodico (canone). Alla scadenza del contratto, l’utilizzatore ha la facoltà di riscattare la proprietà del bene, pagando il prezzo stabilito dal contratto.
Gli immobili
Le agevolazioni fiscali prescindono dalle caratteristiche oggettive dell’immobile: le detrazioni spettano a qualsiasi abitazione anche se appartenente alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (queste ultime escluse invece dalle agevolazioni “prima casa” per l’imposta di registro). Può trattarsi di un fabbricato ad uso abitativo già completato e dichiarato agibile, un fabbricato a uso abitativo da costruire su uno specifico terreno, un fabbricato a uso abitativo in corso di costruzione e da completare o anche un fabbricato abitativo da ristrutturare.
Il leasing co-intestato
Nel caso di un leasing “prima casa” co-intestato a soggetti in possesso dei requisiti (ciascuno con un reddito complessivo non superiore a 55.000 euro e un’età inferiore a 35 anni), le agevolazioni Irpef (detrazioni) spettano a ciascun soggetto in misura proporzionalmente corrispondente alla percentuale di intestazione del contratto.
Iva al 4% anziché al 10%
Qualora la società di leasing acquisti l’abitazione dal costruttore (soggetto passivo Iva), si applica l’aliquota Iva ridotta del 4%. L’Iva, così come le imposte d’atto e le spese notarili e peritali sull’immobile, può essere finanziate dalla società di leasing.
TUTELE DEL CONSUMATORE
Per la sospensione dei pagamenti
Il leasing prima casa prevede una norma unica nel suo genere che tutela il cliente, il quale può richiedere la sospensione del contratto in caso di perdita del lavoro sia del rapporto subordinato, sia dei rapporti di lavoro di agenzia, di rappresentanza commerciale e altri rapporti di collaborazione (art. 409, numero 3 c.p.c.), anche se non a carattere subordinato.
La sospensione del contratto non è però prevista nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa. La sospensione, in ogni caso, non determina l’applicazione di alcuna commissione o spese d’istruttoria e avviene senza richieste di garanzie aggiuntive.
Nella risoluzione del contratto
In caso in cui il cliente si renda inadempiente nel pagamento dei canoni dovuti, alla società di leasing è consentito, per il rilascio dell’immobile, di agire con il procedimento per convalida di sfratto (art. 1, co. 81, legge 28 dicembre 2015 n. 208), ossia con lo stesso procedimento previsto dalla legge per le locazioni ordinarie per il caso di morosità dell’inquilino. Il giudice competente è sempre il tribunale del luogo in cui si trova il bene oggetto dello sfratto.
La Legge di Stabilità 2016 prevede che nella successiva attività di vendita e ricollocazione del bene la società di leasing deve attenersi a criteri di trasparenza e pubblicità nei confronti dell’utilizzatore inadempiente (art. 1, comma 78, legge 28 dicembre 2105 n. 208):
* deve adottare procedure che garantiscano il miglior risultato possibile nell’interesse anche dell’utilizzatore inadempiente;
* una volta venduto e/o ricollocato il bene, la società di leasing dovrà restituire all’utilizzatore inadempiente quanto ricavato dalla vendita e/o ricollocazione, al netto delle seguenti somme che ha il diritto di trattenere:
a) la somma dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione;
b) i canoni successivi alla risoluzione attualizzati;
c) spese condominiali eventualmente sostenute, assicurazioni, costi tecnico/legali, ecc.;
d) il prezzo pattuito per l’esercizio del riscatto finale.
In caso di fallimento del concedente
In caso di fallimento ovvero liquidazione coatta amministrativa-risoluzione della banca o della società di leasing, il contratto di leasing prosegue regolarmente e si applica la disciplina prevista dalla legge fallimentare.
I VANTAGGI DEL LEASING PRIMA CASA
Ecco quali vantaggi prevede la formula:
* non ci sono costi di iscrizione e cancellazione di ipoteca;
* l’imposta di registro sull’atto di acquisto è ridotta;
* il canone leasing è detraibile;
* il prezzo di riscatto è detraibile nell’anno.
Il maggior appeal del contratto di leasing finanziario per gli under 35 rispetto a un mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale è dato dal fatto che nel primo caso la detrazione è del 19% fino a un importo massimo dei canoni (quota capitale e quota interessi) di 8 mila euro l’anno, mentre, nel caso del mutuo, la detrazione del 19% è per un importo massimo di euro 4 mila e riguarda la sola quota degli interessi passivi. Inoltre, a parte il maggior valore finanziato rispetto al mutuo, nel leasing non si paga l’imposta sostitutiva (0,25%) che si versa sul mutuo. Il leasing è anche più vantaggioso rispetto al rent to buy, il contratto in cui si fondono un contratto di locazione e un preliminare di vendita di un immobile, rispetto al quale prevede tempi in cui esercitare il riscatto ben più lunghi e vantaggi fiscali. I vantaggi fiscali del Leasing prima casa sono cumulabili con altre agevolazioni (50% dell’IVA dovuta sull’acquisto di abitazioni di nuova costruzione ad alto standard energetico, interventi di riqualificazione energetica degli edifici).
[A cura di: Dora De Marco, FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]
Il contribuente perde i benefici prima casa nell’ipotesi di mancato trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto, in assenza della prova di un evento oggettivo e imprevedibile idoneo a configurare la vis maior, dovendo tener fede al presupposto originariamente invocato. È quanto si desume dall’ordinanza 2777 dell’11 febbraio 2016 della Corte di cassazione.
La vicenda processuale
La vertenza giudiziaria nasce dall’impugnazione di un avviso di liquidazione, con cui l’Agenzia delle Entrate recupera le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale a seguito della decadenza dalle agevolazioni spettanti in relazione all’acquisto della prima casa, non avendo il contribuente trasferito, nel termine di diciotto mesi, la propria residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile.
La Ctr, nel confermare il verdetto di primo grado, annulla detto avviso di liquidazione, ritenendo, in primo luogo, che il tardivo trasferimento della residenza nel termine dei diciotto mesi dall’acquisto possa trovare la sua giustificazione in una causa di forza maggiore (nella specie, presunti lavori di ristrutturazione dell’immobile). Altresì, a detta dei giudici di merito, al contribuente spetterebbe l’agevolazione prima casa avendo fornito la prova documentale di avere il centro dei propri interessi economici nello stesso comune ove si trova l’abitazione (oggetto dell’acquisto agevolato), soddisfacendo la condizione alternativa (normativamente richiesta) dell’ubicazione dell’immobile “nel luogo in cui l’acquirente svolge la propria attività”.
Ricorre in Cassazione l’Agenzia delle Entrate lamentando, in una duplice prospettiva, la violazione dell’articolo 1 e della relativa nota 2-bis della tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/1986 (Tur).
La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema ha accolto il ricorso del Fisco, confermando da un lato la prassi dell’Amministrazione finanziaria e l’orientamento di legittimità maggioritario, per cui soltanto una causa di forza di maggiore oggettiva, inevitabile e imprevedibile, della cui prova è onerato il contribuente, potrebbe dispensarlo dall’obbligo del trasferimento della residenza nel Comune dell’immobile acquistato. Altresì, ad avviso dei giudici, deve “escludersi che l’agevolazione, originariamente invocata in ragione dell’esistenza di uno specifico presupposto, possa poi essere recuperata in ragione di un differente presupposto una volta che si sia accertato inesistente quello su cui si confidava”.
Osservazioni
Nel confermare, dunque, l’orientamento di legittimità maggioritario, che attribuisce rilevanza alla vis maior (a titolo esemplificativo, si veda Cassazione, sentenza 7067/2014) idonea a esentare il contribuente dall’obbligo legale del trasferimento della residenza nel termine di diciotto mesi dall’acquisto, per non incorrere nella decadenza dell’agevolazione provvisoriamente accordata al momento della registrazione del rogito, la Corte suprema si sofferma sulle caratteristiche di detta vis maior e sul tema dell’oggetto dell’onus probandi di cui è gravato il contribuente, che perora la conservazione del beneficio.
Spetta, infatti, al contribuente allegare la sussistenza del fatto impeditivo e comprovarne la esistenza e consistenza dei caratteri di non imputabilità, imprevedibilità e inevitabilità dello stesso. Circostanza non verificatesi nel caso di specie, dove il contribuente si è limitato ad asserire ritardi nei lavori di ristrutturazione a lui non imputabili e verificatisi dopo l’acquisto dell’immobile, non fornendo alcuna prova in tal senso.
Resta, dunque, orientamento minoritario quanto di recente affermato dalla Corte suprema con la sentenza 2616/2016 sull’irrilevanza della causa di forza maggiore, quale evento idoneo a esentare l’acquirente “prima casa” dall’obbligo del trasferimento della residenza nel termine dei diciotto mesi dall’atto di vendita.
La Cassazione, altresì, in altra prospettiva, ha chiarito che, qualora il contribuente nell’atto di acquisto richieda l’agevolazione prima casa, subordinandola alla condizione del trasferimento della propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile entro il termine di diciotto mesi, detta condizione non è “surrogabile a posteriori” a mezzo della dimostrazione della sussistenza di altri requisiti alternativi ai quali è pure subordinato il beneficio in parola, come per esempio lo svolgimento della propria attività in detto comune.
Invero, considerato quanto argomentato in sentenza, se il contribuente avesse goduto del requisito alternativo (luogo di svolgimento della propria attività), al momento della stipulazione dell’atto non avrebbe avuto alcuna ragione a dichiarare l’intenzione del trasferimento della propria residenza. Né tantomeno nell’ordinamento giuridico è possibile rinvenire alcuna ipotesi di istanza per la concessione di un beneficio, nella quale possa rimanere elusa la precisa identificazione dei presupposti.
Da ultimo, una volta che l’acquirente abbia subordinato l’agevolazione prima casa alla condizione risolutiva del trasferimento della residenza, per i giudici di legittimità, vi è l’esigenza di non valicare il termine di decadenza normativamente previsto per l’avveramento di detta condizione. Pertanto – si legge in sentenza – “qualunque sia l’ipotizzabile relazione destinata ad instaurarsi tra le molteplici condizioni alternative di legge, ciò che certamente è da escludersi … è che l’emersione della fungibilità reciproca tra dette condizioni possa avvenire al momento della verifica giudiziale dell’esistenza del presupposto originariamente invocato, perché ciò sarebbe palesemente preclusivo della facoltà dell’Amministrazione procedente di sottoporne a verifica la consistenza effettiva”.
Cede lastra dal camino:
muore bimba di 4 anni
È morta mentre stava giocando in casa con il fratellino, schiacciata da una lastra di marmo che si è staccata dal caminetto. Si è spezzata in questa tragica maniera la vita di una bambina di 4 anni, che viveva con la famiglia nella provincia di Modena. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, che hanno comunque aperto un fascicolo per fare luce sulla vicenda, la piccola si sarebbe aggrappata alle mensole del caminetto che hanno ceduto e le sono finite addosso, schiacciandola all’altezza del collo. Inutile l’intervento del 118.
Esplode bombola gas,
devastato mezzo paese
Un potente boato, la terra che trema e la corrente che va via. Potrebbe sembrare la descrizione di un terremoto o dello scoppio di un ordigno bellico. A esplodere, invece, è stata semplicemente una bombola a gas in una casa della provincia di Biella. Fortunatamente non ci sono stati feriti, ma poteva andare molto peggio. Il padrone di casa, un uomo di 31 anni, è stato estratto vivo dai vigili del fuoco dopo oltre un’ora di lavoro, mentre i vicini, tra cui una bambina piccola, sono stati portati in salvo dai carabinieri, intervenuti poco dopo la deflagrazione, avvenuta intorno all’ora di cena.
Legano anziana a sedia
per svaligiare la casa
Sono entrati in azione alle 3 di notte i protagonisti del tentato furto ai danni di un’anziana residente in un piccolo paese della provincia di Barletta-Andria-Trani. I malviventi, in tutto tre, hanno fatto irruzione nell’abitazione della vittima entrando da un terrazzino, servendosi di una scala per arrampicarsi sul tetto della casa adiacente. Trovandosi di fronte la donna, hanno deciso di immobilizzarla legandola ad una sedia, per agire indisturbati. Alla fine del raid, i ladri sono riusciti a dileguarsi, sottraendo circa 4mila euro in contanti e numerosi oggetti d’oro.
Lascia il gas acceso
e la casa prende fuoco
Una donna di 60enne, con problemi psichici e di alcolismo, è stata tratta in salvo dall’incendio della sua abitazione in provincia di Padova. Sono stati i carabinieri della stazione locale ad allertare i vigili del fuoco che, una volta sul posto, hanno domato le fiamme e salvato la signora, in seguito trattenuta in ospedale per gli accertamenti del caso. Secondo una prima ricostruzione, a provocare il rogo sarebbe stata una pentola lasciata qualche minuto di troppo sul piano cottura, sotto i fornelli accesi. L’appartamento è stato dichiarato inagibile ed evacuato per precauzione.
Imbratta casa del prof
per vendicarsi del voto
Un giovane di 18 anni è stato fermato dai carabinieri della provincia di Siracusa per aver a perseguitato un professore, colpevole di avergli dato un voto troppo basso e averlo rimproverato in classe. Gli inquirenti sono risaliti allo studente grazie alle riprese delle videocamere di sorveglianza poste vicino all’abitazione. Sembra che il 18enne, nelle ore serali e notturne, abbia sporcato i muri e il portoncino d’ingresso della casa del docente con rifiuti organici, uova e salsa di pomodoro (quest’ultima sul parabrezza della sua auto), suonando anche il campanello per poi fuggire.