[a cura di: avv. Patrizia Trabucco – centro studi nazionale Appc]
La legge di riforma del condominio (n. 220/2012) ha introdotto due nuove norme volte a disciplinare specificatamente e rispettivamente la modifica (art. 1117 ter Codice Civile) e la tutela (art. 1117 quater Codice Civile) delle destinazioni d’uso, con riferimento ovviamente alle parti comuni dell’edificio.
Per comprendere appieno il significato delle due norme suddette è infatti opportuno ricordare che:
1) Come noto il condominio si compone di parti di proprietà esclusiva (e cioè le singole unità immobiliari adibite ad appartamenti, uffici, negozi, cantine, etc.) e di altre parti di proprietà comune a tutti i condòmini, parti quest’ultime elencate nell’anch’esso riformato art. 1117 del Codice Civile (e così – sempre salvo titolo contrario – dalle facciate, al tetto, sino alle aree parcheggio e agli ascensori).
2) Di queste parti comuni il condomino – in quanto comproprietario – può quindi servirsi con dei limiti, e più precisamente in base a quanto previsto dall’art. 1102 Codice Civile, non oggetto della citata legge di riforma poiché relativo alla comunione, ed applicabile anche al condomino in virtù dell’art. 1139 Codice Civile, norma di chiusura del Capo II dedicato appunto al condominio e facente parte del Libro III relativo alla proprietà, articolo che così testualmente dispone: “Rinvio alle norme sulla comunione. Per quanto non è espressamente previsto da questo capo si osservano le norme sulla comunione in generale”.
L’articolo 1102 Codice Civile prevede infatti: “Uso della cosa comune. Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
3) Che, sempre nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, alle cose comuni il condomino potrà altresì apportare modifiche e/o migliorie che andranno a seconda dei casi ad integrare gli estremi di cui al succitato art. 1102 Codice Civile (senza necessità di autorizzazione alcuna da parte dell’assemblea) o rientreranno nella previsione di cui al novellato art. 1120 Codice Civile (solo con delibera assembleare autorizzativa) che al 1° comma dispone: “I condòmini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136 Codice Civile, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”; per poi concludere all’ultimo comma prevedendo che: “Sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.
INTERPRETAZIONI
La distinzione tra ciò che concretamente integra la modifica di cui all’art. 1102 Codice Civile e ciò che sconfina nell’innovazione di cui all’art. 1120 Codice Civile non è però stata mai chiarita dal legislatore, ed è quindi da sempre oggetto di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, che sostanzialmente tendono a ravvisare un’innovazione ogni volta in cui vi è un’alterazione dell’entità materiale del bene, che viene quindi trasformato nella sua consistenza materiale o comunque utilizzato per fini diversi, ed una mera modifica quando si ha solamente un uso più intenso e proficuo del bene comune.
Conseguentemente, mentre l’apposizione di targhe sulla facciata dell’edificio o all’interno dell’androne costituirà un uso della cosa comune rientrante nella previsione di cui all’art. 1102 Codice Civile – a meno che ciò non vada a deturpare il decoro dell’edificio secondo quanto disposto dall’art. 1120, ultimo comma, Codice Civile – l’installazione di aiuole e panchine in un’area precedentemente destinata a parcheggio, alla luce della riforma, darà luogo ad un vero e proprio mutamento di destinazione.
Le pronunce più recenti della Suprema Corte – ancorché aventi origine da contenziosi antecedenti all’entrata in vigore della legge di riforma del condominio (che risalendo al giugno del 2013 non ha ancora dato luogo, non fosse altro che per ragioni meramente temporali, a giurisprudenza sul punto) e dell’introduzione di una specifica disciplina del mutamento di destinazione, che altro non è poi che un’innovazione particolare – evidenziando la peculiarità del condominio come edificio caratterizzato dalla “coesistenza di una comunione forzosa e di proprietà esclusive”, ove quindi “si richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione”, sono giunte a considerare legittima sia l’apertura praticata da un condomino nel muro perimetrale dell’edificio per mettere in comunicazione il proprio appartamento con altro attiguo sempre di sua proprietà ma facente parte di un altro limitrofo caseggiato (Cass. n. 28025/’11) sia la trasformazione di una parte del tetto in terrazza ad uso esclusivo, purché tramite opere adeguate ne venga salvaguardata la destinazione principale avente funzione di copertura delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente (Cass. n. 14107/’12).
Così chiarito il contesto in cui si collocano le norme relative alle destinazioni d’uso introdotte con la citata legge di riforma, e passando all’esame delle stesse, vediamo come con l’art. 1117 ter Codice Civile il legislatore abbia inteso essenzialmente disciplinare in modo dettagliato la procedura da utilizzare per attuare una modifica della destinazione di un bene comune.
L’ASSEMBLEA
Ed infatti al comma 1° il suddetto articolo dispone che: “Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni” escludendo quindi in maniera chiara che per il mutamento occorra l’unanimità – che come sappiamo nella realtà condominiale spesso equivale all’impossibilità di attuare alcunché – ma prevedendo comunque una maggioranza assai difficile da raggiungersi essendo oltremodo elevata.
Particolarmente articolato risulta poi il procedimento previsto per la convocazione dell’assemblea chiamata a deliberare il mutamento in questione che – discostandosi dalla disciplina generale dettata dall’art. 66 delle disposizioni di attuazione al Codice Civile per la convocazione delle assemblee condominiali – per l’ipotesi richiede l’effettuazione dell’invio dell’avviso di convocazione tramite raccomandata o equipollenti mezzi telematici (da escludersi quindi il fax e la consegna a mano), in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data fissata per l’assemblea (a fronte dei cinque normalmente richiesti): non solo, la convocazione dovrà altresì “essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati”.
Dopo aver disciplinato così dettagliatamente le modalità della convocazione, la norma in esame prosegue occupandosi con lo stesso rigore del contenuto dell’avviso, che, addirittura a pena di nullità, dovrà “indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso” e del contenuto della deliberazione, prevedendo l’obbligatoria indicazione della “dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi”, per poi terminare elencando all’ultimo comma – con un’elencazione chiaramente mutuata da quella dell’art. 1120 in tema di innovazioni, di cui come detto, il mutamento di destinazione altro non è che una fattispecie particolare – quelle modifiche che sono da ritenersi comunque vietate in quanto “possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico”.
Preso atto che una modifica così radicale del bene sarà dunque possibile solo qualora ciò corrisponda effettivamente all’interesse di gran parte dei condòmini, vista l’elevata maggioranza comunque richiesta per l’attuazione, e nonostante il peculiare procedimento occorrente per la delibera, la riforma consentirà peraltro di attuare detti mutamenti senza più dover ricorrere alla -praticamente impossibile – decisione all’unanimità.
Fermo restando quanto previsto dall’ultimo comma dell’articolo in punto pregiudizio alla stabilità/sicurezza dell’edificio, presumibilmente la norma verrà utilizzata soprattutto per la realizzazione di parcheggi/posti auto trasformando spazi condominiali precedentemente adibiti ad altre destinazioni quali ad esempio giardini.
Da segnalare, infine, come non rientrino invece nella fattispecie di cui all’articolo in esame quelle trasformazioni di beni comuni che abbiano origine dalla soppressione di servizi cui il bene era originariamente connesso da un vincolo di destinazione pertinenziale: e così, qualora l’assemblea deliberi di sopprimere il servizio di portierato, per concedere in locazione a terzi l’alloggio del portiere non sarà necessaria la maggioranza di cui all’art. 1117 ter, 1° comma Codice Civile, ma sarà sufficiente quella di cui all’art. 1136, 2° comma Codice Civile (maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio), in quanto come detto il vincolo di destinazione del bene deve intendersi come essere venuto meno con la soppressione del servizio in questione.
LA TUTELA
All’art. 1117 quater Codice Civile il legislatore disciplina poi la tutela delle destinazioni d’uso, con particolare attenzione anche in questo caso a quelli che sono gli aspetti procedurali volti alla realizzazione di tale tutela.
Preliminarmente pare utile evidenziare come il legislatore non fornisca una definizione normativa del concetto di destinazione d’uso, concetto che dovrà quindi ritenersi integrato essenzialmente dalla destinazione catastale del bene stesso o in mancanza da quella intrinseca alle caratteristiche del bene medesimo, a nulla rilevando invece l’eventuale utilizzo non conforme effettuato da taluni per mera tolleranza degli altri condòmini.
In primo luogo la norma restringe il proprio ambito operativo a quelle attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso: quanto ivi previsto potrà quindi essere utilizzato nei confronti di attività di una certa portata, tali da rendere difficoltoso il godimento del bene, si deve ritenere anche in termini apprezzabili oggettivamente e temporalmente.
Si pensi ad esempio ad un’auto posizionata nel vialetto di accesso al condominio: non v’è dubbio che la destinazione d’uso del bene non sia quella, ma un conto è la breve sosta effettuata per accompagnare all’ascensore il congiunto che ha difficoltà di deambulazione, un’altro è il parcheggio per tutta la notte. Quando il fenomeno assume un certo apprezzabile rilievo dunque la norma prevede innanzitutto la possibilità di diffidare chi pone in essere detta attività, diffida che potrà essere effettuata sia dall’amministratore sia dai condòmini anche singolarmente nonché di “chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.”
Posto che l’invio di una diffida o l’esperimento di azioni giudiziarie volte alla tutela erano evidentemente possibili anche prima della riforma e – come chiarito dalla giurisprudenza, con legittimazione attiva a tal fine anche in capo al singolo condomino – la vera novità introdotta dalla norma in esame è costituita dalla previsione della possibilità anche per il singolo condomino, di chiedere la convocazione dell’assemblea, e ciò in deroga a quanto previsto in termini generali dall’art. 66 delle disposizioni di attuazione al Codice Civile, in base al quale la richiesta di convocazione deve pervenire “da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio”.
Una volta convocata l’assemblea delibererà “in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136”.
Come già evidenziato con riferimento alla norma relativa alle Modificazioni delle destinazioni d’uso di cui all’art. 1117 ter Codice Civile, anche per quanto attiene la previsione in tema di tutela delle destinazioni d’uso, il tempo decorso dalla sua entrata in vigore (giugno 2013) non consente di fornire indicazioni sulla concreta applicazione delle stesse da parte della giurisprudenza.
Nuovo bonus prima casa anche prima di vendere l’abitazione precedente; sconto Irpef sull’acquisto di alloggi energeticamente efficienti; riduzione delle imposte per chi compra un appartamento in leasing; credito d’imposta per l’installazione di sistemi di video-sorveglianza. Meno sbandierate dell’abolizione della Tasi, sono alcune delle misure più significative contenute nella Legge di Stabilità. Provvedimenti che, associati alle detrazioni sulle ristrutturazioni, all’ecobonus e al bonus mobili (compreso il nuovo beneficio per le giovani coppie) mirano a sostenere sia i contribuenti sia importanti settori economici del Paese: dall’edilizia, all’immobiliare, all’impiantistica. Ecco in cosa consistono, secondo la sintesi dell’Agenzia delle Entrate.
Abitazione principale. La disposizione introdotta dal comma 55 della Stabilità 2016 consente di beneficare dell’agevolazione per l’acquisto dell’abitazione principale (cioè, applicando l’imposta di registro con aliquota del 2% invece che del 9% ovvero, qualora si compri dall’impresa costruttrice, l’Iva al 4% anziché al 10%) anche nel caso in cui, al momento dell’atto, se ne possegga un’altra per la quale si è fruito della stessa agevolazione. L’unica condizione imposta è che la “vecchia” abitazione venga ceduta entro un anno dal nuovo acquisto.
Alloggi efficienti. Il comma 56 istituisce un premio fiscale per le persone fisiche che, entro il 31 dicembre 2016, compreranno dall’impresa costruttrice unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B. Per loro, la possibilità di detrarre dall’Irpef lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, il 50% dell’Iva pagata in relazione all’acquisto. Il beneficio dovrà essere suddiviso in dieci quote costanti, a partire dall’anno in cui la spesa è stata sostenuta.
Casa in leasing. Il beneficio consiste in una detrazione Irpef, nella misura del 19%, dei canoni e relativi oneri accessori fino a un importo massimo di 8mila euro (4mila, se si hanno almeno 35 anni di età) e del costo di acquisto al momento dell’esercizio dell’opzione finale fino a un tetto di 20mila euro (10mila, per i contribuenti dai 35 anni in su). L’agevolazione vale per le operazioni effettuate nel quinquennio 2016-2020 e spetta a condizione che il reddito complessivo non superi 55mila euro alla stipula del contratto di leasing e che l’acquirente non sia proprietario di altri immobili abitativi.
Credito per videosorveglianza. È un credito d’imposta a favore delle persone fisiche che, per prevenire attività criminali, installano sistemi di videosorveglianza o di allarme oppure stipulano contratti con istituti di vigilanza. La norma non quantifica il bonus, ma soltanto lo stanziamento complessivo per il 2016, fissato in 15 milioni di euro. Sarà un successivo decreto del Mef a definire le regole attuative; in particolare, i criteri e le procedure per accedere al beneficio.
Nel 2016 il fisco allenterà la morsa e, grazie soprattutto alla riduzione di imposte sugli immobili, consentirà alla pressione fiscale di scendere dello 0,6 per cento. A ipotizzarlo è la Cgia di Mestre, secondo cui, mentre nel 2015 l’incidenza di imposte, tasse, tributi e contribuiti previdenziali sul Pil si è attestata al 43,7 per cento, per l’anno in corso dovrebbe scendere al 43,1 per cento. Ma per evitare una nuova stangata, entro la fine di quest’anno il Governo Renzi dovrà trovare 15,1 miliardi di euro per “disinnescare” la cosiddetta clausola di salvaguardia introdotta con la legge di Stabilità 2015, altrimenti dal 2017 subiremo un forte incremento dell’Iva.
I CONTRIBUENTI
“Per l’anno in corso – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – il fisco ci concederà una tregua. Tuttavia, il carico fiscale rischia di tornare a crescere nelle regioni in disavanzo sanitario che, per sanare i conti, potrebbero essere tentate ad aumentare la tassazione locale. In attesa della riduzione dell’Ires dal 2017 e nella speranza che il Governo mantenga la promessa di ridurre l’Irpef dal 2018, i contribuenti italiani beneficiano, in particolar modo, dell’abolizione della Tasi sulla prima casa e della cancellazione dell’Imu sugli imbullonati e sui terreni agricoli”.
LE IMPRESE
Tra le misure a sostegno delle imprese introdotte con la legge di Stabilità appena entrata in vigore, spicca il superammortamento al 140 per cento. Grazie a questa misura, le imprese che investiranno in beni strumentali avranno la possibilità di disporre di una riduzione di imposta di 580 milioni. “Questa misura – prosegue Zabeo – va nella direzione auspicata. Tuttavia, rimane un dubbio: come faranno a investire se i prestiti bancari alle imprese sono scesi nell’ultimo anno di oltre 21 miliardi di euro, sebbene la domanda di credito sia aumentata di quasi 3 punti percentuali ?”.
Ma il problema della liquidità alle imprese coinvolge anche un’altra questione rimasta, purtroppo, ancora irrisolta. “Nonostante gli sforzi e le risorse economiche messe a disposizione dagli ultimi 3 Governi che si sono succeduti – sottolinea il segretario della CGIA Renato Mason – al netto dell’importo ceduto in pro soluto, secondo le stime della Banca d’Italia sono 61 i miliardi di debito che la nostra Pubblica amministrazione deve alle imprese fornitrici. Una cifra imponente che fatica a diminuire, poiché la nostra Pa continua a liquidare le fatture con forte ritardo rispetto a quanto previsto dalla Direttiva europea introdotta nel 2013, che ha imposto alle aziende pubbliche il saldo fattura entro 30-60 giorni”.
TASSE E FAMIGLIE
Tra le numerose novità fiscali che nel 2016 riguarderanno le famiglie, in relazione al comparto abitativo, spiccano le seguenti.
Riduzione d’imposte e valore:
* Abolizione Tasi su abitazione principale: – 3.575 milioni di euro
* Via l’Ivie sull’abitazione all’estero: -0,8 milioni di euro
* Via la Tasi agli inquilini: -16 milioni di euro
* Imu al 50% sulle abitazioni in comodato a genitori e figli: – 21,2 milioni di euro
* Sconto Imu e Tasi su locazioni a canone concordato: -81,14 milioni di euro
* Abolizione Imu per studenti universitari in abitazioni di coop edilizie: -0,26 milioni di euro
* Altri Comuni con Imu su terreni agricoli non dovuta: -284,77 milioni di euro
* Detrazione Iva pagata su acquisto di abitazioni: -10 milioni di euro
* Prorogate le detrazioni per ristrutturazione ed ecobonus: -665,2 milioni di euro
* Bonus mobili per giovani coppie: – 30,2 milioni di euro
Aumenti di imposte e valore:
* Aumento imposta registro su trasferimenti di terreni: +34,5 milioni di euro
* Aumento base imponibile Irpef dei terreni: +77,1 milioni di euro
“Confesercenti torna condivisibilmente a denunciare il disastro che
l’eccesso di tassazione sugli immobili non abitativi locati sta determinando
nelle attività commerciali”. A denunciarlo è Confedilizia, che sottolinea
l’altra faccia della medaglia riguardo l’andamento del mercato degli immobili
commerciali. In particolare, stime di Confedilizia dimostrano come il
proprietario di un negozio affittato veda eroso dalle imposte statali e locali
(Irpef, addizionali comunale e regionale Irpef, Imu, Tasi, imposte di registro
e di bollo) anche l’80 per cento del canone di locazione nominalmente
percepito, senza contare le spese. Comprensibile, quindi, che l’offerta di
questa tipologia di immobili sia cresciuta, e con essa anche il numero di
compravendite, complici prezzi divenuti ancor più appetibili in un momento in
cui il mercato pare essersi lievemente ripreso.
Come sottolinea la storica associazione della proprietà, “è bene
ricordare che tutto ciò è la conseguenza di due misure varate sotto il Governo
Monti, ma alle quali i successivi Governi non hanno posto rimedio: da un lato,
l’aumento del 62 per cento delle rendite catastali ai fini Imu (e poi Tasi) e,
dall’altro, la riduzione al 5 per cento della quota di spese deducibili dal
reddito da parte dei proprietari-locatori (rispetto ad un onere stimabile nel
30 per cento). Se non si interverrà urgentemente con un’azione di detassazione
del settore, il commercio non potrà mai risollevarsi e la desertificazione
delle nostre città non si fermerà, continuando a produrre conseguenze
gravissime anche in termini di degrado e di riduzione della sicurezza dei
cittadini”.
ESEMPIO
Per rendere più immediata la comprensione del “fenomeno fiscale”
denunciato, Confedilizia fa, quindi, un esempio concreto afferente al caso di
un negozio realmente esistente.
Ubicazione: Roma, Via
degli Zingari 39 – Foglio 493, Particella 261, Sub 5 e 23. Immobili C1 e C2
(negozio e sottonegozio), con rendite catastali pari a 2.685,58 e 1.142,04
euro.
Canone annuo complessivo:
11.709,24 euro.
Scaglione di reddito: oltre
75mila euro.
Irpef (relativa al solo immobile): 4.783 euro (aliquota 43%).
Addizionale regionale Irpef: 259
euro (aliquota 2,33%).
Addizionale comunale Irpef:
100 euro (aliquota 0,9%).
Imu: 3.678 euro.
Tasi: 222 euro.
Imposte di registro e di bollo: 133 euro.
Totale: 9.175 euro (pari
al 78,35% del canone percepito).
ANALISI
Lo schema rappresentato da Confedilizia illustra il peso
dell’imposizione fiscale a carico dei proprietari che danno in locazione un
immobile non abitativo (negozio, ufficio ecc.). I numeri mostrano con chiarezza
come le imposte, statali e locali (ben sette), raggiungano un livello tale da
erodere (come accade nel caso dell’immobile di Roma di cui si sono stati
forniti tutti gli estremi, verificabili) fino all’80% del canone di locazione.
Percentuale che, peraltro, arriva a sfiorare il 100% se alle tasse si
aggiungono le spese (di manutenzione, assicurative ecc.) alle quali il
proprietario-locatore deve comunque far fronte. Il tutto, ovviamente, senza
nemmeno considerare il rischio morosità, che se è alto nel comparto abitativo,
lo è diventato tanto più in quello non residenziale, complici la crisi
economica che ha attanagliato tanti comparti professionali e commerciali e le
conseguenti difficoltà da parte dei titolari dei contratti ad onorare i canoni
mensili di locazione.
Come rimarca ancora Confedilizia, “tale spropositato livello di
tassazione è dovuto, a livello locale, all’introduzione dell’Imu e della Tasi
e, a livello statale (non essendo applicabile la cedolare secca) a una
imposizione Irpef che di fatto colpisce persino le spese, essendo queste
considerate – come deduzione fiscale – nella irrisoria misura forfetaria del 5%
a partire dal 2013 (rispetto alla quota del 15%, frutto di una precedente
diminuzione dell’originaria misura del 25%).
Con la partita sulla legge di Stabilità ormai positivamente archiviata, è iniziato il walzer delle stime e delle proiezioni sull’incidenza delle misure sulla casa approvate dal Parlamento nell’ambito della Manovra. Tra queste, la riduzione del 25 per cento dell’Imu e della Tasi sugli immobili locati attraverso i contratti “concordati”. Confedilizia ha provato a calcolare a quanto ammonteranno, in concreto, i risparmi nei capoluoghi di regione, sottolineando che sono interessate a questo sgravio tre tipologie di contratti di locazione: i contratti agevolati, della durata di 3 anni più 2 di rinnovo; i contratti per studenti universitari, di durata da 6 mesi a 3 anni; i contratti transitori (di durata da 1 a 18 mesi), se stipulati nei Comuni nei quali il canone deve essere stabilito dalle parti applicando gli Accordi territoriali (aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania; Comuni confinanti con tali aree; altri Comuni capoluogo di provincia).
La norma dispone che l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune, “è ridotta al 75 per cento”. La conseguenza è che la riduzione di un quarto dell’Imu e della Tasi si applicherà nel 2016 all’imposta dovuta sulla base delle aliquote stabilite per il 2015 dai singoli Comuni. Ciò, perché la stessa legge di Stabilità vieta alle amministrazioni locali, per il 2016, di modificare in aumento le aliquote stabilite per il 2015.
Ebbene, dalle stime effettuate da Confedilizia sulla base di un immobile campione, si evince che il risparmio maggiore lo sia avrà a Roma (-567 euro), a Bologna (-503 euro), a Genova (-468 euro) e a Milano (-447 euro). Sul lato opposto della classifica Trento (-192 euro), L’Aquila (-194 euro), Bari (-197 euro) e Catanzaro (-198 euro).
“Si tratta – ha dichiarato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – di una misura importante, che rappresenta quell’inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locati che Confedilizia chiedeva da tempo. La consideriamo, insieme con le altre misure di riduzione delle imposte sulla casa previste dalla legge di Stabilità, un ottimo punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori compiuti sull’immobiliare a partire dalla Manovra Monti”.
Lite per un salvavita
Accoltella il vicino
Un uomo di 48 anni, già noto alle forze dell’ordine, è finito agli arresti domiciliari per aver accoltellato il vicino di casa, di tre anni più giovane, a causa di un salvavita. I due, residenti in un condominio di Foggia, erano in disaccordo sull’installazione dell’apparecchio che, a detta dell’aggressore, avrebbe causato continui cali di corrente. I carabinieri sono giunti sul posto grazie a una segnalazione e hanno trovato la vittima sanguinante. Il 48enne, dopo aver fatto perdere le sue tracce, si è presentato in caserma con il suo avvocato per costituirsi.
Ladro d’appartamento
precipita nel vuoto
Sventurato epilogo quello di un ladro di 20 anni, precipitato nel vuoto mentre tentava di introdursi in un condominio della provincia di Rimini. Il giovane è stato notato da alcuni passanti che, dopo averlo visto steso per terra, in stato di semi-incoscienza, hanno chiamato il 118. Sul posto sono arrivate anche due volanti della Polizia che hanno scortato il malvivente al vicino pronto soccorso. Dalla ricostruzione delle forze dell’ordine, è emerso che il giovane stava tentando di arrampicarsi lungo la parete del palazzo per rubare all’interno di alcuni appartamenti.
Gatto domestico
dà fuoco alla casa
A quanto pare, sarebbe stato il micio di casa a provocare l’incendio di un’abitazione in provincia di Massa e Carrara. Le fiamme, che si sono sviluppate intorno alle 19, sarebbero scaturite da alcune scatole di cartone con le quali il gatto stava giocando e che sarebbero finite accanto alla condotta rovente del camino, situato al piano terra. A contatto con le tubature di ghisa i cartoni avrebbero quindi preso fuoco, riempiendo di fumo la stanza e mettendo in allarme i padroni di casa. Per fortuna i vigili del fuoco sono arrivati sul posto poco dopo, spegnendo l’incendio in pochi minuti.
Vendica lo sfratto
incendiando l’alloggio
Un uomo di 78 anni, residente in provincia di Lecce, ha tentato di dare fuoco all’appartamento dove viveva in affitto e dal quale era stato appena sfrattato. Sono stati alcuni vicini di casa ad accorgersi del fumo e a chiamare i vigili del fuoco che sono intervenuti evitando che le fiamme provocassero danni maggiori alla struttura. Ad avvertire la padrona di casa sono stati, invece, i militari dell’Arma. Una volta giunti sul posto hanno identificato il piromane, denunciandolo a piede libero per danneggiamento e incendio doloso.
Rogo in appartamento
la notte di Natale
Una famiglia di quattro persone (padre, madre e due figli) è stata costretta a fuggire dalla propria casa, in un piccolo comune della provincia dell’Aquila, a seguito dell’incendio scoppiato nel cuore della notte tra Natale e Santo Stefano. Dai rilevamenti dei vigili del fuoco è stato accertato che le fiamme sono state innescate dalla fuliggine presente lungo la canna fumaria del camino. A causa dei danni ingenti, l’abitazione è stata dichiarata inagibile e i proprietari sono stati costretti a cercare una nuova sistemazione.
[A cura di: Andrea Casarini – segr. naz. Uppi]
Lo scandalo della Banca Etruria mi dà lo spunto per aprire una discussione: ma il denaro che cos’è? Un mio associato scomparso un decennio fa mi disse che secondo lui il denaro era carta e che era meglio avere pietre. Ora, nel 2016, preferirebbe sempre le pietre al denaro?
Proviamo a rispondere a questa domanda.
Gli immobili nell’ultimo decennio hanno subìto una tassazione progressiva delirante. Si è passati dall’Isi (Imposta straordinaria sugli immobili – ciò che in Italia è straordinario diventa poi ordinario), per poi passare all’Ici, poi all’Imu-Tasi. Poi, solo nel 2016, e anche grazie alla lotta che l’Uppi ha portato avanti, si è riusciti ad eliminare la tassazione sulla prima casa. La tassazione sulle locazioni ha subito una battuta d’arresto con l’introduzione della cedolare secca a partire dal 2011. Le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni ed il risparmio energetico hanno contribuito senz’altro a smuovere il mercato dell’edilizia (comparto fondamentale dell’economia del nostro Paese), e a scovare il lavoro sommerso e ad aumentare le basi imponibili delle imprese. Queste ultime manovre, indubbiamente sono pienamente condivisibili.
Il denaro risparmiato e confluito nelle banche com’è stato gestito? Le banche, ora, investono fino ad un certo punto nei finanziamenti alle imprese, ma investono a loro volta in titoli, e quando si accorgono che hanno investito in titoli sbagliati cosa succede? Non è che vengono girati ai propri clienti-risparmiatori? No, no, assolutamente no! Dal 1/1/2016 chi ha in una banca più di 100.000 euro rischia l’eccedenza: nel caso in cui la banca fallisca, prima viene azzerato il valore delle azioni detenute, poi tocca agli obbligazionisti ed infine anche ai correntisti per la cifra che eccede i 100.000 euro. Dieci anni fa era impensabile una cosa del genere. Che cosa si sta preparando? Cosa sta succedendo? Qualcuno ha (giustamente) affermato che solamente i soldi spesi non te li possono “fregare”.
Nella lotta tra acquisto di un Btp e investimento nel mattone per la locazione, negli ultimi anni (da quando cioè la tassazione immobiliare è andata alle stelle) poteva vincere il Btp. Ma ora, con l’eliminazione della tassa sulla prima casa, con i tassi attivi così bassi (addirittura si parla di tassi negativi), a mio avviso si potrebbe cominciare a pensare di acquistare un immobile da adibire a propria abitazione (anche con la nuova forma del leasing) oppure anche da destinare alla locazione. Potrebbe in effetti essere il momento giusto.
E se non si dispone della cifra per un acquisto, almeno pensiamo di mantenere in efficienza la nostra casa. Gli interventi di manutenzione straordinaria, di coibentazione per il risparmio energetico, di installazione di impianto fotovoltaico con accumulo, possono essere degli esempi di investimento alternativo ai Btp o, addirittura, alle azioni. In definitiva, la soluzione corretta è comunque avere un giusto equilibrio tra liquidità ed immobilizzazioni.
Pensaci piccolo proprietario, può essere il momento giusto!
[A cura di: Annamaria Zampino – Nuovo Fiscooggi, Agenzia delle Entrate]
Misure a sostegno degli acquisti, delle costruzioni o delle ristrutturazioni di abitazioni da destinare alla locazione sono state previste, da settembre 2014, a favore delle persone fisiche non esercenti attività commerciale. La norma di riferimento è contenuta nell’articolo 21 del Dl 133/2014. La disciplina agevolativa è stata da poco completata con il decreto 8 settembre 2015 del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 3 dicembre 2015, che ne ha sancito l’entrata in vigore.
Il beneficio prevede una deduzione dal reddito ai fini Irpef pari al 20% del prezzo di acquisto dell’immobile risultante dall’atto notarile di compravendita, nel limite massimo complessivo di 300mila euro, comprensivo di Iva. Sono ammessi alla deduzione anche gli interessi passivi sui mutui contratti per l’acquisto della medesima unità immobiliare.
La norma di favore si applica, in primo luogo, agli acquisti effettuati dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017, per unità immobiliari a destinazione residenziale di nuova costruzione invendute. Le “unità immobiliari invendute”, nel caso in esame, sono quelle che, alla data del 12 novembre 2014, erano già interamente o parzialmente costruite oppure quelle per le quali, alla medesima data, era stato rilasciato il titolo abitativo edilizio nonché quelle per le quali era stato dato concreto avvio agli adempimenti preliminari all’edificazione.
LA DEDUZIONE
La deduzione compete anche per le spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia o di restauro e risanamento conservativo, nonché per le spese dipendenti da contratti di appalto, sostenute per costruire un’unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili che il contribuente possedeva prima dell’inizio dei lavori o aree sulle quali esistono diritti edificatori, per le costruzioni da ultimare entro il 31 dicembre 2017 per le quali, al 12 novembre 2014, è stato rilasciato titolo abilitativo edilizio. In questo caso, l’agevolazione spetta sulle spese sostenute tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017, così come attestate dalle fatture dell’impresa esecutrice dei lavori.
Lo sconto è ripartito in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo di imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione e compete ai diversi proprietari, persone fisiche non esercenti attività commerciale, in ragione delle rispettive quote di proprietà. Il diritto alla deduzione non viene meno per eventuali interruzioni del periodo di locazione, a condizione che i motivi non siano da imputare al locatore e purché ciascuna interruzione sia inferiore a un anno.
L’agevolazione spetta anche nel caso in cui viene ceduto il diritto di usufrutto a soggetti che operano, da almeno dieci anni, nel settore degli alloggi sociali.
COME BENEFICIARE
Per beneficiare della deduzione è necessario che:
* l’unità immobiliare sia destinata, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione a carattere continuativo per almeno otto anni;
* l’unità immobiliare sia a destinazione residenziale, e non sia classificata o classificabile di lusso. Sono escluse le categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
* l’unità immobiliare non sia ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del decreto del ministero dei Lavori pubblici 1444/1968;
* l’unità immobiliare consegua prestazioni energetiche certificate in classe “A” o “B”;
* il canone di locazione non sia superiore a quello convenzionato indicato nella convenzione-tipo di cui all’articolo 18 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Dpr 380/2001) ovvero non sia superiore al minore importo tra il canone concordato ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge 431/1998, e il canone speciale stabilito dall’articolo 3, comma 114, della legge 350/2003;
* non sussistano rapporti di parentela entro il primo grado tra locatore e conduttore;
* sia accertata l’esecuzione di opere edilizie conformi a quelle assentite o comunicate.
Il periodo di sei mesi, previsto per la conclusione del contratto di locazione, decorre dalla data di acquisto dell’unità immobiliare o dalla data del rilascio del certificato di agibilità oppure dalla data in cui si è formato il silenzio assenso da parte del Comune. Per gli immobili acquistati prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo, il periodo di sei mesi decorre dal 3 dicembre 2015.
Le deduzioni sono riconosciute una sola volta per ogni singolo immobile e non sono cumulabili con ulteriori eventuali agevolazioni fiscali previste per le medesime spese da altre disposizioni normative. In caso di trasferimento dell’unità immobiliare locata, a seguito di vendita o per successione ereditaria, la deduzione fiscale si sposta, per la parte residua, al nuovo proprietario persona fisica non esercente attività commerciale.
[A cura di: dott. Emanuele Mascolo – amministratore Anapi Bari, manumascolo@libero.it]
Tra le vicende che possono interessare chi vive all’interno di un condominio, di non poco conto sono quelle legate ai diritti, in particolare quelli riguardanti il condomino che vede lesa la sua proprietà da parte del condominio, a sua volta obbligato dalla Pubblica Amministrazione ad eseguire alcune opere di ristrutturazione. Di questa problematica si è occupata di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 25292 del 16 dicembre 2015.
LA VICENDA
A proporre ricorso alla Corte di Cassazione è stato un condominio di Prato, avverso gli eredi di un condomino, il quale in primo grado citava in giudizio proprio il condominio, per domandare la rimozione di “plinti e travature” dal fondo di sua proprietà, installate senza averne chiesto il consenso. In primo grado e in Appello, il condominio fu condannato a risarcire i danni al singolo condomino. Quest’ultima in particolare, condannava il condominio “ per responsabilità da fatto lecito dannoso” secondo il principio del contemperamento di esigenze, in particolare l’esigenza della pubblica incolumità che la Pubblica Amministrazione ha perseguito con l’ordinanza di esecuzione dei lavori del fabbricato.
LA CASSAZIONE
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione, sostenendo che in una situazione come quella di specie, di coesistenza di due diritti (tra condominio ad eseguire alcune opere di ristrutturazione e il condomino che vede lesa la sua proprietà) il condominio deve indennizzare il danno subito dalla proprietà del condomino, posto che “nessuno dei due diritti appare sacrificabile sull’altro.”
Spiega la Suprema Corte, infatti, che ogni volta in cui sussistono due diritti entrambi da tutelare, il cui esercizio rende menomato l’altro diritto contrapposto, il soggetto danneggiato nella sua proprietà esclusiva deve essere risarcito.
Il principio enunciato dalla Corte di Cassazione discende dall’articolo 42 della Costituzione, comma numero 2 e 3 secondo cui “ la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”; nonché dall’articolo 2041 del codice civile che recita: “ Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda”.
I PRECEDENTI
La Corte di cassazione fa notare che, nel bilanciamento di due interessi collidenti come nel caso de quo, in materia condominiale la linea guida è dettata dalla littera legis dell’articolo 1127 del codice civile, che al comma 4 recita: “ chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condòmini un’indennità.”
In tal senso si possono richiamare alcuni recenti precedenti giurisprudenziali. Utile per capire ed approfondire il senso della norma è la giurisprudenza secondo cui “ in materia di condominio negli edifici, la nozione di aspetto architettonico, di cui all’art. 1127, cod. civ., che opera come limite alla facoltà di sopraelevare, non coincide con quella, più restrittiva, di decoro architettonico, di cui all’art. 1120 cod. civ., che opera come limite alle innovazioni, sebbene l’una nozione non possa prescindere dall’altra, dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista (C. Cass. Civ., n. 10048/2013)”.
A 15 anni pizzicata
a svaligiare un alloggio
Una ragazzina di 15 anni, residente in un campo nomadi nella periferia di Torino, è stata arrestata dai carabinieri del capoluogo piemontese con l’accusa di essere l’artefice di un furto in un appartamento del centro città. L’adolescente si trovava ancora nell’alloggio quando è stata intercettata dai militari, allertati dai vicini di casa della vittima del furto. Al momento del fermo, la ragazzina aveva con sé la refurtiva e una tessera di plastica rigida, utilizzata come chiave universale per introdursi negli appartamenti.
Non riesce a scappare
dalla casa in fiamme
Una donna di 62 anni è morta carbonizzata nell’incendio della sua abitazione in provincia di Oristano, dove viveva da sola. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a introdursi nell’appartamento dell’anziana, la hanno trovata riversa a terra di fronte alla finestra, probabilmente nel disperato tentativo di mettersi in salvo dalle fiamme. In seguito ai rilievi è stato aperto un fascicolo dai carabinieri della stazione locale per ricostruire le cause del disastro.
Per ripicca ruba in casa
della ex compagna
Un uomo di 60 anni di Savona è stato denunciato per furto in abitazione ai danni di una donna residente in un comune della provincia. Dal successivo interrogatorio effettuato dai carabinieri, il sessantenne ha confessato di aver agito per ripicca nei confronti della ex compagna, (la vittima del furto), colpevole di averlo lasciato poco tempo prima. Una volta scoperto dai militari, l’uomo ha quindi restituito alla ex il computer e alcune migliaia di euro in contanti che le aveva sottratto.
Babysitter infedele
accusata per furto
È indagata per furto aggravato la babysitter di 42 anni che, secondo la datrice di lavoro, avrebbe sottratto dall’abitazione in cui prestava servizio, diversi gioielli in oro. Monili e preziosi che, per la maggior parte, sono stati rinvenuti in seguito alle perquisizioni effettuate dagli uomini della Squadra mobile leccese, proprio nell’abitazione della donna. La querela nei confronti della dipendente era stata formalizzata la scorsa primavera dalla proprietaria di casa.
Lascia sigaretta accesa
Muore nel rogo di casa
Una donna di 58 anni è morta nell’incendio della sua abitazione provocato, con ogni probabilità, da un mozzicone di sigaretta che la vittima aveva lasciato acceso dopo essersi addormentata. Dai rilievi effettuati dai vigili del fuoco è emerso che la vittima, che viveva da sola in un palazzo storico del centro di Napoli, sarebbe deceduta, non a causa delle fiamme, ma per asfissia dovuta al forte fumo scaturito dall’incendio.
I proprietari pranzano
Loro rubano una borsa
Due donne sono state arrestate dai carabinieri di Trento per essersi introdotte in un appartamento e aver sottratto da una borsa lasciata incustodita su una sedia, il portadocumenti di una dei residenti. In quel momento gli occupanti dell’alloggio stavano pranzando e non si sono resi conto dell’effrazione. All’uscita dell’abitazione però, le due ladre hanno trovato i militari dell’Arma, che avevano assistito alla scena. Secondo quanto dichiarato dalle stesse, entrambe erano solite operare in questo modo e vivevano di piccoli furti “senza fare del male a nessuno”.
Svaligiano due alloggi
Bottino da 70mila euro
Gioielli, oggetti in oro e denaro contante. Questo il bottino che un gruppo di topi di appartamento si è portato a casa, in provincia di Lecce. Valore della refurtiva: oltre 70mila euro. I malviventi sono entrati in azione nel tardo pomeriggio, approfittando dell’assenza dei proprietari di due appartamenti situati nella prima cintura della città. Dopo averli letteralmente ripuliti, i ladri hanno fatto perdere le proprie tracce. Qualche giorno prima era stato svaligiato anche un supermercato della zona.
La casa prende fuoco:
muore carbonizzata
Una donna di 90 anni è morta nella sua casa della provincia di Carbonia-Iglesias a causa di un incendio divampato poco dopo cena, per cause ancora in corso di accertamento. A dare l’allarme è stato il figlio dell’anziana, che si trovava al piano inferiore dell’abitazione, costruita su due livelli. Insieme a un vicino aveva tentato, invano, di salvare la madre, il cui corpo,dopo l’intervento dei soccorritori, è stato rinvenuto su una sedia a sdraio, semicarbonizzato.