Dal mese di ottobre, il Tg del Condominio, realizzato dalla redazione di Italia Casa, si è arricchito di una nuova rubrica legale, volta a dare una risposta alle piccole e grandi questioni che amministratori e condòmini si trovano ad affrontare quotidianamente nel condominio. Ospite dell’ultima puntata, l’avvocato Nunzio Costa di Napoli. Pubblichiamo di seguito le risposte ai quesiti che gli sono stati posti dagli spettatori. Per inviare un quesito ai nostri esperti, scrivere una mail a: ufficiostampa@italia-casa.com
Affitto in nero: come comportarsi
D. Ho un contratto d’affitto, bloccato da 13 anni, in virtù del fatto che l’importo è composto da una quota “dichiarata” e da un’altra non dichiarata (pari a circa la metà del totale). Quest’anno il padrone di casa ha deciso di aumentare l’affitto. Come devo comportarmi?
R. L’esistenza di un contratto simulato e di uno dissimulato, pratica molto diffusa in passato, consentiva al proprietario dell’immobile di pagare la metà delle tasse o di rimanere al di sotto di un certo range. Il legislatore però, sempre più accorto alle finanze pubbliche, è intervenuto in materia con la Legge n.431 del 1998 che disciplina le locazioni e il rilascio di immobili adibiti ad uso abitativo, dichiarando la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. L’unico vero contratto valido, dunque, è quello che porta il sigillo dell’avvenuta registrazione presso l’Agenzia delle Entrate. Tutti gli altri patti e condizioni sono da ritenersi nulli, come se non esistessero. Il canone da pagare è quello inserito nel contratto registrato (in questo caso, corrispondente alla metà dell’importo). Nell’ipotesi in cui proprietario e inquilino non riuscissero a trovare un accordo sulla cifra da pagare, l’unico importo che vale è quello inserito nel contratto già registrato. Quindi, dipende dai rapporti di forza tra i due soggetti: l’inquilino può minacciare di pagare di meno, ma il proprietario, d’altra parte, ha la facoltà di non rinnovare il contratto in scadenza.
Possibilità di delega in favore del conduttore
D. Sono in affitto e vorrei partecipare all’assemblea di condominio. Come posso fare per conoscere il calendario delle assemblee? Che possibilità ho di intervenire nel dibattito?
R. Nella maggior parte dei casi, nell’ambito dell’affitto, è l’inquilino colui che paga, per contratto, le spese condominiali ordinarie (e talvolta anche quelle straordinarie). Il principio è che se io pago vorrei avere capacità decisionale. Ma non sempre tale precetto viene rispettato, in quanto il diritto di partecipazione e di voto spetta solamente a proprietari, usufruttuari e comproprietari, ovvero coloro che possiedono un titolo proveniente dal diritto reale e non dal diritto relativo. Il contratto di fitto non dà questo titolo, salvo che nelle ipotesi specificatamente previste dal legislatore, ad esempio, per le decisioni relative alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e di condizionamento dell’aria. La partecipazione è altresì prevista nel caso si discuta della modifica di altri servizi comuni. Al di fuori di queste fattispecie, l’inquilino non può intervenire nell’assemblea, anche se, siccome è lui che paga, può chiedere al proprietario di fare le sue veci mediante il semplice meccanismo della delega. In merito alla comunicazione del calendario delle sedute assembleari, il locatario può richiederla direttamente al proprietario dell’immobile.
Spese condominiali se la casa è pignorata
D. Se la casa è stata pignorata e messa all’asta, chi paga le spese condominiali per il periodo?
R. Sempre il proprietario. Anche se la casa è stata pignorata, infatti, egli rimane tale e non perde alcun diritto e dovere. Ma, poiché è molto probabile che non paghi, al condominio non resta che inserirsi nel pignoramento. Il problema si pone dal momento che, come spesso accade, ci sono pignoramenti pregressi e soggetti con diritto di prelazione maggiore rispetto al condominio. Ad esempio, in presenza di un mutuo, la banca, nell’ambito della vendita, verrà onorata per prima dal momento che ha un’ipoteca di primo grado. A seguire i professionisti (spesso uniti in consorzio) e infine il condominio che, purtroppo, rimane di solito tagliato fuori per una cifra esigua nel complesso, ma significativa per i condòmini. Occorre fare un’ulteriore precisazione: se il pignoramento deriva da un fallimento, e cioè da un soggetto fallibile come può essere una società, sopraggiunge la legge sul fallimento. Tale normativa è ben più importante rispetto alla prima poiché, in questo caso, si cerca di soddisfare la par condicio creditorum, ossia il principio secondo il quale tutti i soggetti devono essere soddisfatti, anche soltanto proporzionalmente, partecipando alla vendita e alla quota di realizzo dell’appartamento. La legge fallimentare stabilisce che il proprietario (Spa o Srl che sia) perda qualunque potestà sull’immobile in favore del curatore fallimentare, che ne farà le veci. In questo caso, i soldi che devono essere versati al condominio vanno in prededuzione, secondo il principio per cui sono necessari al mantenimento del perfetto stato dell’immobile. Senza quest’ultima condizione, infatti, non sarebbe possibile realizzare la vendita.
Immissioni moleste e soglie di tollerabilità
D. Il rumore proveniente dal vicino di casa che si esercita con la chitarra elettrica. Come faccio per farlo smettere? O almeno perché ci sia silenzio durante gli orari previsti dal regolamento?
R. Che si tratti di rumori, fumi, esalazioni, liquidi o altro, il legislatore stabilisce che nei rapporti di vicinato le immissioni sono tollerate a patto che non superino il limite della normale tollerabilità. Ed è nella genericità di tale enunciato che nascono i problemi, in quanto viene lasciato all’interprete (al giudice) l’arbitrio di stabilire questa soglia. Anche grazie all’aiuto della tecnologia, la giurisprudenza ha stabilito delle soglie di tolleranze standard che sono insuperabili, pari a 3 decibel oltre il rumore di fondo. Il proprietario che ha un rapporto di vicinato con una certa frizione con il chitarrista dovrebbe verificare, attraverso indagini di tipo empirico, se l’immissione rumorosa superi tale soglia. Se così fosse, non può fare altro che andare dal vicino e segnalarglielo. L’alternativa è quella di rivolgersi al giudice e dare il via al contenzioso vero e proprio.
[A cura di: Benito Sicchiero – Assoedilizia]
Ci voleva l’illustrazione del rapporto “Questioni di Economia e di Finanza. Deindustrializzazione e terziarizzazione nelle regioni del Nord Ovest” presentato al Collegio Ghislieri dalla Banca d’Italia di Milano, assieme all’aggiornamento “L’economia della Lombardia: Andamento congiunturale e mutamenti strutturali”, perché avesse risposta logica la domanda sulle reali cause della pluridecennale perdita di competitività dell’Italia nei confronti dei Paesi europei più avanzati. La risposta è che il nostro tessuto imprenditoriale è composto prevalentemente da industrie troppo piccole, che non sono in grado di competere non potendo, dopo l’Unione Europea, utilizzare l’unico strumento che avevano: la svalutazione. Quindi: costo più alto del lavoro (infatti più grande è l’azienda meno incide il costo del personale), scarsa ricerca e innovazione e pure una cultura d’impresa più arretrata. Se ci aggiungiamo i nostri primati continentali di illegalità e corruzione, la rassegna è completa. Ed è stata accolta con attenzione dagli imprenditori, tra i quali il presidente di Assoedilizia e di Istituto Europa Asia, Achille Colombo Clerici (nella foto con Giuseppe Sopranzetti ed Alfio Noto).
A queste conclusioni si arriva interpretando la ricca messe di dati e grafici a disposizione. Mettendo a paragone i cluster (insieme di imprese, fornitori e istituzioni strettamente interconnesse) di 12 Paesi europei con il cluster Nord Ovest, dal 2000 al 2011 – ultimo dato a disposizione – si è visto salire di poco la media dell’Europa industrializzata ma scendere il Nord Ovest, che rimane la punta produttiva del Paese, di ben 7 punti percentuali. Con ricadute sul Pil, sull’occupazione, sull’economia delle famiglie e quant’altro.
In un panorama non roseo – nella guerra dei sette anni il Paese ha perso il 25% della capacità produttiva e il 10% del pil – la Lombardia se la cava. Si conferma, e si rafforza, la ripresa in termini di produzione, di export, di attività turistica, di occupazione e pure di consumi. È anche merito dell’Esposizione internazionale Expo 2015, partita sotto i peggiori auspici, e diventata ormai il simbolo di quanto può fare lo “scatto di reni” dell’orgoglio lombardo e italiano.
Ma una rondine non fa primavera. Gli italiani – dagli imprenditori alle famiglie – non sono ancora sicuri dell’inversione di rotta, e lo confermano i depositi bancari in aumento: meglio tenere i soldi al sicuro invece di fare investimenti. C’è bisogno di fiducia; è indispensabile perciò che la politica economica dia segnali chiari. Emblematica a questo proposito la vicenda della tassazione sulla casa. Essa rappresenta i tre quarti della ricchezza degli italiani (6.000 miliardi di euro su 8.000). Non considerando le case in cui si abita, ma le cosiddette “seconde case” date in locazione che producono reddito, l’ipertassazione ha azzerato i profitti. Con il risultato che nessuno più investe, l’industria edilizia è in crisi ed ha trascinato con sé l’indotto, dai mobilieri agli idraulici, dai mediatori ai promotori immobiliari. Quindi disoccupazione e crollo dei consumi.
Lo Stato, per racimolare qualche miliardo, ha contribuito in maniera considerevole a ridurre di mille miliardi i risparmi degli italiani.
[A cura
di: dott. Emanuele Mascolo – amministratore Anapi Bari, manumascolo@libero.it]
“L’amministratore di condominio in quanto tale
assume, una posizione di garanzia ope legis che discende dal potere
attribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e
gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria
anche in assenza di deliberazioni della assemblea. Da ciò quindi consegue la
responsabilità per omessa rimozione del pericolo cui si espone l’incolumità di pubblica
di chiunque acceda in quei luoghi, e per l’eventuale evento dannoso che è
derivato causalmente dalla situazione di pericolo proveniente dalla scarsa o
dativa manutenzione dell’immobile”.
Lo ha sancito la Suprema Corte di Cassazione con
la Sentenza numero 46385 del 23 novembre 2015, richiamando l’orientamento
consolidato in giurisprudenza secondo cui vi è “una posizione di garanzia
dell’amministratore di condominio, tenuto, in quanto tale, a vigilare sulle
cose comuni e ad effettuare i necessari lavori di rimozione del pericolo
derivante da minaccia di rovina e più in generale al dovere di effettuare
lavori di manutenzione straordinaria che rivestano carattere di urgenza con
specifico obbligo di riferirne ai condòmini nella prima assemblea ai sensi dell’art.
1135 II comma c.c.” (Cass., 08.1.2003, n. 9027; Cass., 29.1.2008, n. 13934).
Alla luce della Sentenza in commento,
l’amministratore di condominio deve ritenersi penalmente responsabile quando
per negligenza o imperizia, trascuri di far svolgere all’interno di un
condominio le manutenzioni ordinarie che potrebbero causare, se non svolte,
gravi danni a terzi come ad esempio la caduta di calcinacci.
La Suprema Corte chiarisce che “eliminare il
pericolo non vuoi dire, per forza, far eseguire interventi di manutenzione, ma
anche semplicemente predisporre le cautele più idonee (es. attraverso la
predisposizione di transenne) a delimitare la zona pericolosa per far poi
deliberare l’assemblea in merito al da farsi. Oppure, in casi come quello che
ci occupa, far rimuovere le mattonelle che rischiavano di cadere”.
Una considerazione di tipo pratico, a questo
punto, va fatta. In casi di pericolo o che comunque necessitano una
manutenzione è prassi che l’amministratore di condominio renda edotta
l’assemblea condominiale. È anche plausibile che in tempi di crisi economica
come quelli che ci accompagnano, l’amministratore abbia le mani legate da un
fondo cassa insufficiente per far fronte alle spese di manutenzione. In tal
caso l’amministratore è esente da responsabilità penale solo se riesce ad
intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina provvedendo il
divieto di transito nelle zone interessate dal pericolo.
Ladre d’appartamento
arrestate in flagranza
Due donne sono state arrestate dai carabinieri di Trento per essersi introdotte in un appartamento e aver sottratto da una borsa lasciata incustodita su una sedia, il portadocumenti di una dei residenti. In quel momento gli occupanti dell’alloggio stavano pranzando e non si sono resi conto dell’effrazione. All’uscita dell’abitazione però, le due ladre hanno trovato i militari dell’Arma, che avevano assistito alla scena. Secondo quanto dichiarato dalle stesse, entrambe erano solite operare in questo modo e vivevano di piccoli furti “senza fare del male a nessuno”.
Incendio nella notte.
Muore coppia di anziani
Due morti e tre intossicati. È questo il tragico bilancio del rogo divampato in una casa nel palermitano, in piena notte, forse a causa di un corto circuito proveniente dal garage. Le due vittime sono l’anziano proprietario, rinvenuto senza vita al primo piano della palazzina, e la moglie che si trovava al secondo piano. Sono riusciti a salvarsi per miracolo il figlio 38enne, che si è lanciato dalla finestra con in braccio il figlioletto, e la moglie 33enne. Entrambi sono ricoverati in ospedale.
Tragedia in casa
Anziana carbonizzata
Una donna di 62 anni è morta carbonizzata nell’incendio della sua abitazione in provincia di Oristano, dove viveva da sola. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a introdursi nell’appartamento dell’anziana, la hanno trovata riversa a terra di fronte alla finestra, probabilmente nel disperato tentativo di mettersi in salvo dalle fiamme. In seguito ai rilievi è stato aperto un fascicolo dai carabinieri della stazione locale per ricostruire le cause del disastro.
Esplosione sventra casa
Un morto e due feriti
È spirata in ospedale la donna di 80 anni rimasta intrappolata sotto le macerie dopo l’esplosione che aveva letteralmente fatto saltare in aria la sua casa, in un comune della provincia di Milano. Dalle testimonianze raccolte dagli inquirenti, sembra che già da qualche giorno fosse stata segnalata una fuga di gas in seguito a lavori per la posa della fibra ottica. Proprio l’operaio che stava tentando di riparare il guasto è rimasto gravemente ferito. Meno grave il vicino di casa, ferito da una tegola.
Amministratrice evadeva
il teleriscaldamento
È accusata di appropriazione indebita con l’aggravante dell’abuso del ruolo di prestatore d’opera e della continuazione, l’amministratrice di condominio che, tra gennaio 2009 e ottobre 2012, si era “dimenticata” di pagare la bolletta del teleriscaldamento di una palazzina in provincia di Reggio Emilia. In più, la donna avrebbe effettuato numerose operazioni dal conto corrente condominiale, anche mediante assegni e bonifici disposti in suo favore. I condòmini si sono accorti del mancato pagamento grazie a un sollecito del fornitore, recapitato al nuovo amministratore, pochi mesi dopo.
Spacciatore getta
la droga dalla finestra
I carabinieri lo hanno fermato mentre gettava dalla finestra della propria casa ben 13 dosi di cocaina. L’uomo, un 30enne della provincia di Caltanissetta, stava tentando di liberarsi delle sostanze stupefacenti prima dell’arrivo dei militari che, una volta perquisita la palazzina in cui risiedeva, hanno rinvenuto 3 mila euro in contanti provenienti dall’attività illecita e, nascosti abilmente all’interno del vano ascensore, altri 150 grammi di marijuana, 21 grammi di cocaina e altre sostane utilizzate per il confezionamento delle dosi.
[A cura di: Andrea Casarini – segretario nazionale Uppi]
L’Uppi, Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, sempre attenta alle novità, sottolinea il rischio che i Comuni utilizzino la superficie catastale evidenziata nelle visure, in base al recente adeguamento dell’Agenzia delle Entrate ex Agenzia del Territorio, al fine di calcolare la tassa sui rifiuti Tari. Nulla è di più errato: l’attuale normativa determina la superficie valida al calcolo Tari identificandola con la superficie utile calpestabile a filo interno delle murature, quindi escludendo anche le tramezze interne, ma includendo la superficie utile di cantine e garage. L’esenzione spetta alle terrazze e ai balconi se non chiusi.
Non vi è ombra di dubbio che il lavoro svolto dall’Agenzia sia un lavoro notevole per essere riuscita ad inserire milioni di superfici all’interno delle visure catastali, ed indubbiamente pregevole e prezioso: pare tuttavia pacifico ed inevitabile che ciò comporti anche innumerevoli errori o di calcolo delle superfici o delle planimetrie (basti pensare alla fotocopiatrice che ingrandisce o rimpicciolisce di mezzo millimetro la fotocopia di una planimetria e ciò gioco forza altera metri in più o meno che restano calcolati in modo non corretto e normalmente a discapito dei proprietari). Incomberà conseguentemente al proprietario, a proprie spese, la verifica della superficie catastale, al fine di correggere eventuali errori, e, contemporaneamente, far verificare la superficie valida ai fini Tari.
L’Uppi mette, fin da subito, a disposizione i propri tecnici, che operano presso tutte le proprie sedi provinciali e distaccate, per eseguire correttamente i calcoli delle superfici catastali che dovranno essere oggetto di rettifica da parte dei Comuni e della stessa Agenzia. Ciò che sconcerta è che in caso di errore commesso dall’Agenzia e/o dal Comune debbano essere, come al solito, i singoli proprietari interessati alla correzione a dovere eseguire i calcoli a propria cura e spese facendoli poi pervenire ai comuni stessi. Resta comunque la certezza, nonostante quanto sia stato affermato dalla Agenzia e già recepito da alcuni comuni, che, ai fini del calcolo della Tari, la superficie cui deve farsi riferimento (come vuole la legge) è la superficie utile calpestabile a filo interno delle murature, e non la superficie catastale in possesso dell’Agenzia stessa.
[A cura di: Andrea Cartosio – tributarista Int]
L’applicazione della normativa relativa alle agevolazioni fiscali, al fine di un abbattimento di imposta per i soggetti passivi Irpef, può riguardare molteplici interventi. In quest’ottica, il condominio può trovarsi ad affrontare anche spese necessarie all’abbattimento delle barriere architettoniche preesistenti. Pertanto, oltre che agli interventi relativi alle ristrutturazioni edilizie e alle riqualificazioni energetiche, la legge relativa al godimento dei benefici fiscali concede la possibilità di detrarre nella misura del 50% tutte le opere relative all’eliminazione di un manufatto costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti e la fruizione di servizi a persone con disabilità.
Gli interventi di questa tipologia che possono interessare un condominio sono molteplici. Tra i tanti, spiccano quelli che riguardano l’istallazione e/o la sostituzione di ascensori, montacarichi, servoscale o, comunque, tutti quegli interventi volti a favorire a vario titolo la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di handicap grave. Voglio precisare che la suddetta detrazione fiscale non è applicabile, però, all’acquisto di beni mobili (carrozzine, deambulatori). Tuttavia, in questo campo è possibile applicare una detrazione fiscale del 19% a titolo di spese sanitarie. Per gli interventi appena enunciati, inoltre, viene concessa l’applicazione dell’Iva agevolata al 4% invece che quella ordinaria al 22%.
[A cura di: Gabriele Bruyère e Andrea Casarini – presidente e
segretario nazionale Uppi]
L’Agenzia delle Entrate ha inserito nelle visure catastali la
superficie espressa in mq degli appartamenti, degli uffici e degli immobili a
destinazione pubblica. Rimangono esclusi tutti quegli immobili per cui non è
stato possibile effettuare le misure a causa della mancanza delle planimetrie,
oppure le stesse se esistenti, non sono state ben riprodotte in scala. Per
quanto riguarda, invece, gli immobili con categoria C, la metratura espressa in
mq è sempre stata indicata, mancando i riferimenti del numero dei vani.
L’obiettivo dell’Agenzia è quello di rendere più trasparente e più
chiara la lettura della visura catastale e, naturalmente, evidenziare le grosse
disparità inserite nell’attuale Catasto dovute agli accatastamenti più datati
rispetto quelli più recenti. L’Uppi ha sempre sostenuto che la riforma del
Catasto deve essere attuata proprio perché di fatto esistono situazioni con
rendite catastali errate e non proporzionate alle rendite catastali dei
fabbricati accatastati recentemente. Il vero problema, comunque, è quello della
tassazione: con l’attuale e assurdo sistema di tassazione immobiliare,
diventerebbe praticamente impossibile mantenere invariato il gettito, attuando
la riforma del catasto ai valori di mercato.
Grazie ai numerosi Convegni da noi organizzati nel
2015, abbiamo fatto capire che con l’attuale sistema di tassazione immobiliare
la riforma del catasto attuata in questo momento sarebbe stata la fine del
mercato immobiliare. Comunque si deve riconoscere all’Agenzia delle Entrate il
grande e poderoso sforzo effettuato. Ora non resta che cominciare a verificare
i propri immobili anche dal punto di vista della superficie, facendo correggere
ai tecnici dell’Uppi gli eventuali errori di calcolo delle planimetrie. In ogni
caso, i proprietari immobiliari stiano tranquilli: per ora le rendite non
cambiano!
Quante e quali famiglie riguarda il taglio delle imposte sulla prima casa a partire dal 2016? In attesa che la legge di stabilità compia il proprio iter parlamentare, la Cgia di Mestre ha analizzato quella che potremo definire come la base non più imponibile: numero e tipologia, cioè, di quei contribuenti che dall’anno prossimo non dovranno più pagare la tassa. Per farlo, ha elaborato i dati riferiti all’indagine sui bilanci di oltre 8mila famiglie, realizzata ogni 2 anni dalla Banca d’Italia. Ecco che cose ne è emerso.
I NUMERI
In Italia l’82,6 per cento dei proprietari di prima casa sono realtà dove il capofamiglia è un pensionato, un operaio, un impiegato o un disoccupato. L’altro 17,4 per cento, invece, è costituito da famiglie di dirigenti, imprenditori e lavoratori autonomi. Fatto 100 il totale dei proprietari di prima casa presenti in Italia, i pensionati sono pari al 43,7 per cento, gli impiegati al 17,9, gli operai al 17,4 e i disoccupati al 3,6. Le altre famiglie, invece, comprendono il lavoro autonomo e i dirigenti (6,2 per cento ciascuna) e gli imprenditori/liberi professionisti al 5 per cento.
Dato che chi risiede in un immobile di lusso continuerà a pagare l’Imu anche nel 2016, per capire quali tipologie familiari per condizione professionale saranno maggiormente interessate dall’abolizione della Tasi è necessario valutare l’incidenza del titolo di godimento dell’abitazione di residenza sul totale delle famiglie con le stesse caratteristiche. Da questa incidenza risulta che i dirigenti sono la tipologia familiare che presenta la percentuale di proprietari di prima abitazione più elevata di tutti: 85,3 per cento. Seguono quella degli imprenditori/liberi professionisti con il 76,9 per cento e quella dei pensionati con 76 per cento. Dopo questi soggetti si posizionano gli impiegati con il 72,8 per cento, gli autonomi con il 67,9 per cento, i disoccupati con il 49,3 per cento e, infine, gli operai con il 47,5 per cento.
IL COMMENTO
“Prima di dare l’addio definitivo alla Tasi – ricorda il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo – gli italiani saranno chiamati a versare la seconda rata del tributo per l’anno in corso entro il prossimo 16 dicembre. L’importo medio che i proprietari di prima casa pagheranno si aggirerà attorno ai 100 euro. Per le seconde case, invece, il costo ammonterà a circa 450 euro. È importante precisare, tuttavia, che sono sempre più frequenti i casi in cui ad essere proprietarie di una seconda casa non sono famiglie facoltose che trascorrono le vacanze nella villa al mare o nel chalet in montagna, bensì semplici cittadini che hanno ereditato l’abitazione dei genitori. Senza contare coloro che per motivi di lavoro si sono trasferiti in un’altra regione: abitando in una nuova casa in affitto, sono perciò costretti a pagare l’Imu e la Tasi sull’abitazione del paese natio che nel frattempo è diventata seconda casa. Sarebbe opportuno che i sindaci fossero in grado di monitorare queste specificità, alleggerendo il carico fiscale per chi si trova in questa situazione”.
Sul versante opposto, la Cgia ricorda che in Italia il 67,2 per cento delle famiglie è proprietario dell’abitazione in cui risiede a cui si aggiunge un altro 10,7 per cento che gode dell’abitazione a titolo gratuito o attraverso l’usufrutto. Si può pertanto affermare che il 78 per cento circa delle famiglie italiane (ovviamente al netto di quelle che possiedono una casa di lusso) beneficerà dell’abolizione della tassazione sulla prima casa.
Un’ultima annotazione riguarda l’ambito territoriale: le regioni che presentano la percentuale più elevata di famiglie che risiedono in abitazioni di proprietà sono: la Sardegna e il Molise (entrambe con il 77,1 per cento), il Friuli Venezia Giulia (76,8 percento), le Marche (76,1 per cento) e il Veneto (76 per cento). La Liguria (69,1 per cento), la Valle d’Aosta (65,6 per cento) e la Campania (61,9 per cento) sono i territori dove l’incidenza dei proprietari è inferiore.