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CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Derubata di soldi e gioielli 

A processo ex coinquilino

Un giovane di 25 anni, residente nella provincia di Trento è stato accusato di aver derubato la coinquilina di risparmi e gioielli per un valore di oltre 35 mila euro, approfittando dell’assenza in casa della donna, in ospedale per motivi di salute. In passato, la vittima aveva condiviso l’abitazione con il 25enne e gli aveva affidato la gestione di parte dei suoi soldi. Resasi conto della sottrazione, la donna aveva sporto denuncia, per poi ritirarla in un secondo momento. Viste le aggravanti però, l’autorità giudiziaria ha deciso di dare seguito alla denuncia, fissando la data del processo.

Mettono in fuga i ladri

con gruppo su Whatsapp 

È successo vicino Modena, in una delle zone più colpite dai furti in appartamento. Durante una normale domenica pomeriggio, un residente di uno dei condomini che si trovano alle porte della città si è accorto dei movimenti sospetti di un’auto di colore scuro che si aggirava tra i palazzi e lo aveva scritto con whatsapp, sul gruppo del vicinato, creato ad hoc qualche tempo prima. Appena dopo, altri residenti hanno avvistato due malviventi sul balcone di un vicino. Ed è subito un susseguirsi di altri messaggi, di gente che accorre, fotografa e mette in fuga i rapinatori. 

Esplode bombola gpl

Danni ad auto e vetrate

Una potente deflagrazione causata dallo scoppio di una bombola a gpl ha fortemente danneggiato una casa di due piani in provincia di Arezzo. La bombola era sistemata all’interno di un capannone in muratura, esterno dell’abitazione, andato completamente distrutto e le cui macerie sono state scagliate sulle auto parcheggiate nelle vicinanze. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco per mettere in sicurezza l’area e ripulire la strada dai detriti. Per fortuna, nessuno dei residenti è rimasto ferito. 

Crolla tetto: si salvano

perché a casa di parenti

Sono salvi per miracolo i tre residenti di un’abitazione di Pescara, il cui tetto è crollato proprio in prossimità di una delle camere da letto, sembra a causa della vetustà della struttura. Gli abitanti dell’edificio, madre, figlio e compagna del figlio, al momento del cedimento non si trovavano in casa perché ospiti di alcuni parenti. Sul posto sono prontamente intervenuti i vigili del fuoco che, al termine del sopralluogo, hanno dichiarato l’inagibilità dell’intero stabile, composto da altri due appartamenti.

Aggredito dal ladro

che ha trovato in casa 

Si sono perse le tracce del malvivente che, nottetempo, ha tentato di svaligiare un appartamento, in provincia di Trento. Colto di sorpresa dal rientro in casa dei proprietari, il ladro, che aveva cercato di scappare passando dalla finestra del bagno (senza riuscirvi), si è fatto strada spintonando la padrona di casa e sferrando un pugno alla mandibola del figlio, colpevole di averne ostacolato la fuga. Proprio quest’ultimo è dovuto ricorrere alle cure dei sanitari, che lo hanno ricoverato in ospedale per le conseguenze del colpo.

L’AGENZIA DELLE ENTRATE AFFILA LE ARMI CONTRO L’EVASIONE FISCALE IMMOBILIARE

[Dott.ssa Rossella Orlandi – dir. Agenzia Entrate. Sintesi dell’Audizione in Commissione vigilanza sull’anagrafe tributaria]

La casa al centro delle politiche di contrasto all’evasione fiscale. Questo l’oggetto dell’audizione in commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi. Numerose le tematiche affrontate in una relazione che offre molteplici spunti di riflessione, anche nell’ottica delle decisioni governative in materia di fiscalità immobiliare e di revisione del catasto. Tra gli argomenti oggetto dell’audizione:

1. la conoscenza delle informazioni in merito al patrimonio immobiliare quale strumento per il contrasto dell’evasione fiscale; 

2. la collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate e gli Enti locali per il contrasto dell’evasione fiscale in ambito immobiliare, con un focus sul problema degli immobili che non risultano dichiarati al Catasto (cosiddetti “immobili fantasma”); 

3. gli strumenti e i criteri per la determinazione dei metri quadrati degli immobili privi di planimetria catastale, ovvero con planimetrie non riportate in scala (secondo il Consiglio nazionale del Notariato quest’ultimo problema si porrebbe, in particolare, con riferimento ai trasferimenti immobiliari avvenuti agli inizi degli anni ’70, per in quali in un’unica scheda sono indicati più immobili con diverse planimetrie, spesso non in scala); 

4. lo stato di realizzazione dell’Archivio Nazionale degli Stradari e dei numeri Civici; 

5. l’Anagrafe Immobiliare Integrata: stato di attuazione del progetto e i servizi erogabili a cittadini, professionisti e altre Amministrazioni pubbliche.

Di seguito, come preannunciato sullo scorso numero di Italia Casa, un’ampia sintesi dei dati forniti da Rossella Orlandi.

INFORMAZIONI

Il contrasto all’evasione in campo immobiliare attiene sostanzialmente a quattro ambiti:

1) Quello relativo all’accatastamento delle unità immobiliari al fine di renderle conosciute agli archivi catastali determinandone conseguentemente la rendita catastale quale elemento per il calcolo delle basi imponibili per una molteplicità di imposte; 

2) quello relativo alle imposte sui redditi immobiliari, cioè in sostanza sull’accertamento degli effettivi canoni di locazione percepiti o delle plusvalenze realizzate; 

3) quello relativo alle imposte sui trasferimenti in generale (Iva, imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, successioni) nei casi in cui, soprattutto, l’imponibile è costituito dal corrispettivo o dal valore in comune commercio; 

4) quello relativo al pagamento delle imposte patrimoniali ricorrenti (come l’Imu e la Tasi) il cui accertamento è demandato ai Comuni. 

Accatastamento 

In ordine all’accatastamento e all’accertamento della rendita catastale proposta, possiamo distinguere tra un’attività corrente ed una attività periodica e/o straordinaria. L’attività corrente è quella relativa all’accertamento delle rendite proposte per nuovi accatastamenti o per atti di aggiornamento. Al riguardo, gli accertamenti effettuati dall’inizio del 2015 fino al mese di agosto sono stati pari a circa 290.000 unità immobiliari urbane, con un incremento della rendita complessiva di circa 81 milioni di euro. L’attività periodica e/o straordinaria in ordine all’accatastamento e all’accertamento della rendita catastale proposta fa invece riferimento a tre filoni. 

Case fantasma

Il primo è quello sperimentato con successo tra il 2007 ed il 2011 relativamente ai cosiddetti “immobili fantasma”, che ha consentito di attribuire una rendita e di far emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari, per una rendita complessiva di circa 825 milioni di euro; un’attività che si sta nuovamente programmando di svolgere per il prossimo triennio, divenendo così una espressione periodica di controllo, i cui esiti probabilmente possono avere effetti positivi, non solo sul piano del contrasto all’evasione, ma anche più in generale in ordine agli aspetti concernenti le regolarità urbanistiche spettanti ai Comuni.

Riclassamento

Il secondo filone concerne l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 335 e 336 dell’articolo unico della legge finanziaria 2005, ossia la “revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali” e l’“aggiornamento del classamento catastale per intervenute variazioni edilizie”. In merito al processo di revisione dei classamenti delle unità immobiliari urbane ricomprese in specifici ambiti territoriali, attivabile su iniziativa degli Enti locali, sono stati 17 i Comuni che hanno richiesto l’avvio della procedura di riclassamento delle unità immobiliari, site in alcune microzone, sulla base dei criteri previsti dalla norma, tra cui i capoluoghi di Roma, Milano, Bari, Lecce e Ferrara. Complessivamente, questa attività ha generato un incremento complessivo della rendita di circa 184 milioni di euro. 

È evidente il ristretto numero di Comuni che hanno richiesto l’avvio di questo procedimento. Anche in questo caso, sussiste una complessità attuativa dovuta alla incerta collocazione, nell’ambito della normativa che regola il Catasto, di questa specifica revisione parziale dei classamenti. Riguardo, invece, alla procedura di revisione puntuale dei classamenti incoerenti, attivabile su richiesta degli Enti locali, sono stati coinvolti, in misura più o meno intensa, circa 1.300 Comuni, su un totale potenziale di 7.774, pari quindi al 17% dei Comuni totali. La procedura ha dato luogo a circa 94.500 notifiche da parte dei Comuni (si escludono i cosiddetti avvisi bonari) e per il 67% dei casi è stata accertata la necessità di procedere ad un aggiornamento catastale, con conseguente incremento della rendita complessiva, pari a circa 181 milioni di euro. È bene ricordare che la segnalazione del Comune assume la forma della notifica al contribuente di procedere ad un diverso classamento. In caso di inadempimento del contribuente, l’Agenzia procede per surroga ad effettuare un nuovo classamento, ove si riscontri la sussistenza della pretesa del Comune. 

La procedura di revisione puntuale dei classamenti incoerenti ha determinato, tuttavia, risultati non sempre soddisfacenti, sia per la scarsa adesione da parte dei Comuni, sia per la complessità operativa dovuta, da un lato, alle difficoltà incontrate dagli Enti locali nell’utilizzo di archivi non completamente informatizzati e di complessa consultazione e, dall’altro, a criticità correlate agli adempimenti di competenza degli uffici provinciali dell’Agenzia, la cui tempestiva attuazione non è stata sempre possibile per la ridotta disponibilità di personale tecnico da dedicare allo scopo. In ogni caso, come si è detto, sono stati recuperati circa 181 milioni euro di maggiori rendite. 

Immobili rurali

Il terzo filone, infine, concerne gli “immobili rurali”. Al riguardo il Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha innovato la disciplina relativa al censimento in Catasto dei fabbricati rurali, stabilendo che le domande di variazione della categoria catastale, fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione (28 dicembre 2011), producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando, in ogni caso, il classamento originario del bene. Il termine del 28 dicembre 2011 è stato poi da ultimo prorogato al 30 settembre 2012. 

Il Decreto legge n. 201 del 2011 dispone inoltre che “I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, con esclusione di quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del Decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal Decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701”.

Con il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 26 luglio 2012 è previsto che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione”. 

“Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali…, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole) è apposta una specifica annotazione”. Pertanto, ai fini dell’iscrizione in Catasto della specifica annotazione, i contribuenti hanno presentato e presentano agli uffici provinciali – Territorio dell’Agenzia, i seguenti documenti, corredati delle specifiche autocertificazioni: 

* domande di ruralità (termine per la presentazione scaduto il 30 settembre 2012), in relazione alle quali è stata apposta in corrispondenza di ciascuna unità immobiliare la seguente annotazione: “Dichiarata sussistenza dei requisiti di ruralità con domanda prot. n. … del …”; 

* richieste di ruralità, riguardanti i fabbricati per i quali si chiede il riconoscimento dei requisiti di ruralità senza variazione di classamento e rendita, a seguito delle quali è apposta la seguente annotazione: “Dichiarata sussistenza dei requisiti di ruralità ex art.2, comma 6, Dm 26/07/2012, con richiesta prot. n. … del …”; 

* dichiarazioni con procedura Docfa, da presentare in tutti gli altri casi, a seguito delle quali è apposta, in sede di registrazione in atti, l’annotazione: “richiesta ruralità – classamento e rendita proposti (Dm 701/94)”.

In definitiva, queste norme hanno un senso solo come strumenti per eliminare le distorsioni più evidenti dei classamenti catastali, in attesa dell’attuazione di una revisione/riforma più organica del Catasto medesimo. Private di questo orizzonte, rischiano anche di poter produrre nel tempo ulteriori sperequazioni. 

Redditi immobiliari

Con riferimento ai redditi dei fabbricati derivanti da contratti di locazione di unità immobiliari, il sistema dei controlli prevede l’incrocio dei dati contenuti nelle seguenti banche dati: 

* Banca dati del registro; 

* Modelli annuali di dichiarazione delle persone fisiche: Unico-PF e 730. 

La banca dati registro è composta da una serie di informazioni derivanti dalla registrazione dei contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo e commerciale. I destinatari degli avvisi di accertamento sono rappresentati dalle persone fisiche, residenti e non residenti, soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, i quali risultino danti causa in contratti di locazione non finanziaria di fabbricati, ma che non abbiano dichiarato, in tutto o in parte, tali redditi ovvero che non abbiano presentato la dichiarazione dei redditi. È, inoltre, necessario che, tali redditi, per essere considerati accertabili a titolo di redditi di fabbricati, siano posseduti al di fuori dell’esercizio dell’impresa.

A decorrere dall’anno 2011, il canone di locazione relativo a contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, può essere assoggettato, per opzione esercitata dal locatore, ad un’imposta operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo. Tale sistema di tassazione alternativo a quello ordinario, prevede che i redditi assoggettati al regime della cedolare secca non concorrono alla formazione del reddito complessivo. In questo caso, i controlli prevedono, altresì, la verifica dei requisiti normativi richiesti ai fini dell’applicabilità del regime della cedolare secca.

Sempre con riferimento ai redditi accertabili ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia procede periodicamente alla segnalazione ai competenti uffici periferici dei soggetti che, tramite l’incrocio dei dati in possesso dell’Amministrazione, risultano non aver dichiarato: 

* plusvalenze derivanti da cessioni di aree edificabili, assoggettabili a tassazione separata ex art. 67, comma 1, lett. b); 

* plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati da non più di cinque anni, esclusi quelli per i quali risulti versata l’imposta sostitutiva, ovvero quelli acquisiti per successione e nonché quelli adibiti ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra acquisto e cessione dell’immobile medesimo. 

I trasferimenti 

Per quanto riguarda le imposte sui trasferimenti immobiliari, l’attività di controllo è rivolta soprattutto a quelli per i quali la base imponibile è costituita dal corrispettivo, come gli atti soggetti ad Iva, o dal valore in comune commercio, come gli atti soggetti alle imposte di registro, ipotecaria e catastale e, sia pure in misura minore, all’imposta sulle successioni e situazioni di occultazione del corrispettivo, che viene condotta anche mediante l’utilizzo dello strumento delle indagini finanziarie. 

Per quanto riguarda i trasferimenti soggetti all’imposta di registro, come le compravendite tra privati, il controllo è innescato dalla verifica della corrispondenza tra il valore dichiarato dalle parti e quello in comune commercio, secondo quanto previsto dall’art. 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro). Sono, invece, escluse dall’accertamento di valore le cessioni di abitazioni a favore di privati – diverse da quelle soggette a Iva – per le quali si rende applicabile la regola del c.d. “prezzo-valore”, ovverosia la base imponibile viene determinata in base alla rivalutazione della rendita catastale del bene trasferito, indipendentemente dal corrispettivo pattuito ed indicato nell’atto. 

In tutti i casi, il criterio principale per l’individuazione delle situazioni maggiormente a rischio di evasione è costituito dallo scostamento significativo tra il corrispettivo o il valore dichiarato e le quotazioni presenti nella banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (Omi) per immobili che hanno caratteristiche similari e sono ubicati nella medesima zona di quello trasferito. Tale banca dati costituisce, infatti, una rilevante fonte d’informazioni relativamente al mercato immobiliare nazionale, ponendosi come un utile strumento non solo per tutti gli operatori del mercato, ma anche per i ricercatori e gli studiosi del settore immobiliare, per gli istituti di ricerca pubblici e privati, per la pubblica amministrazione e, più in generale, per il singolo cittadino. Tuttavia, in proposito occorre evidenziare che la rettifica dei valori dichiarati dalle parti non viene eseguita esclusivamente sulla base dei valori contenuti nella banca dati dell’Omi, che hanno la valenza di un dato medio, di carattere generale. Infatti, secondo i criteri stabiliti dal citato art. 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, il valore venale del bene va determinato facendo riferimento “ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e alle perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni dalla data dell’atto … che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o donazioni. 

Le modalità di controllo sono diverse a seconda dell’imposta interessata: nel caso dei trasferimenti soggetti ad Iva, l’azione di contrasto all’evasione è diretta ad individuare altri di analoghe caratteristiche e condizioni … nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base dei dati eventualmente forniti dai comuni”. Pertanto, in sede di accertamento, al fine di determinare correttamente l’effettivo valore venale in comune commercio del bene oggetto del trasferimento, le quotazioni risultanti dalla banca dati dell’Omi vengono integrate con altri elementi acquisiti dagli uffici dell’Agenzia, anche mediante il contraddittorio con il contribuente. 

L’Imu e la Tasi 

Con riferimento all’Imu e alla Tasi, passi in avanti sono stati effettuati da tempo in ordine alla messa a disposizione dell’intero archivio catastale ai singoli Comuni mediante il “Sistema di interscambio” e il “Portale per i Comuni”. Il Dipartimento delle Finanze, nell’ultimo volume pubblicato degli “Immobili in Italia”, ha comunque messo in evidenza la sussistenza, per l’Imu e per la Tasi, di significativi differenziali tra il gettito teorico calcolato sulla base delle rendite iscritte in Catasto e delle aliquote fissate dal comune, ed il gettito dell’Imu e della Tasi riscontrato per ogni specifico Comune. Si tratta comunque di una elaborazione statistica in base al quale non tutto il differenziale si spiega con l’evasione, sussistendo molteplici forme agevolative, stabilite dai singoli Comuni, che incidono sul gettito effettivo e che non possono essere incluse nel calcolo del gettito teorico. Ciò non toglie che in diversi casi il differenziale è così ampio che obiettivamente una parte significativa non può essere spiegata se non da fenomeni di evasione. 

L’apporto che su questo versante può scaturire dalla conoscenza in merito al patrimonio immobiliare è sicuramente connesso alla qualità dei dati catastali in ordine alla esatta iscrizione degli intestatari catastali quali effettivi detentori di diritti reali sull’unità immobiliare. Su tale aspetto, ormai dal 2006 è stata introdotta la nota unica di registrazione, trascrizione e voltura, estesa nel tempo ad altre fattispecie e soggetti, con la quale in tempo reale viene sincronizzato l’aggiornamento dei registri di pubblicità immobiliare con quello degli archivi catastali ed in particolare degli intestatari catastali. Permane, tuttavia, un problema di potenziale disallineamento relativo a tutte le unità immobiliari antecedenti a quel periodo e specie per quelle trasferite per via successoria, a cui si è lavorato da tempo, fin dalla costituzione delle Agenzie, anzitutto mediante la lavorazione del cospicuo arretrato esistente al 2001, la cui lavorazione si è conclusa nel 2005 con oltre 14 milioni di atti di vario genere inseriti negli archivi. Per il resto rimane il fatto che la potestà di accertamento dell’imposta è demandata ai Comuni.

RUOLO DEI COMUNI 

L’attività di identificazione e regolarizzazione dei fabbricati non dichiarati al Catasto (cd. “immobili fantasma”), è disciplinata dall’art. 2, comma 36, del Decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262,12 dall’articolo 19 del Decreto legge 31 maggio 2010, n. 7813 e dal Decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225.14

Gli immobili fantasma sono stati individuati attraverso un processo articolato e complesso che ha riguardato tutto il territorio nazionale, con l’esclusione delle province autonome di Trento e Bolzano. Si è partiti dalla sovrapposizione delle ortofoto digitali ad alta definizione (immagini aeree corrette geometricamente ed equivalenti a una mappa, rese disponibili dall’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) alla cartografia catastale informatizzata gestita dall’Agenzia. Sono seguite, poi, ulteriori verifiche negli archivi censuari catastali per individuare le particelle del Catasto Terreni su cui sono stati riconosciuti immobili che non risultano dichiarati al Catasto. La complessa attività di controllo sui fabbricati sconosciuti al Catasto ha fatto emergere, su più di 2,2 milioni di particelle del Catasto Terreni individuate come meritevoli di indagine, oltre 1,2 milioni di unità immobiliari urbane non censite nella base-dati catastale. Di queste unità immobiliari, alla data del 30 novembre 2012, quasi 769mila hanno trovato una rendita catastale definitiva, mentre è stata attribuita una rendita presunta a circa 492mila fabbricati. 

Il Decreto legge n. 78 del 2010 ha previsto, infatti, in attesa dell’accatastamento definitivo, l’attribuzione d’ufficio di una rendita presunta agli immobili mai dichiarati e non ancora regolarizzati, associando agli stessi una rendita catastale provvisoria. Per presumere le rendite catastali e associarle ai fabbricati, l’Agenzia si è basata su precisi parametri, acquisiti anche con sopralluoghi esterni agli edifici non in regola. I risultati conseguiti sono il frutto dell’attività di identificazione condotta dall’Agenzia nel periodo dal 2007 al 2010. L’Agenzia, per riattivare il processo di identificazione e regolarizzazione dei fabbricati non dichiarati al Catasto, ha previsto un nuovo ciclo di indagini periodiche sull’intero territorio nazionale, da sviluppare a partire dal prossimo triennio.

I METRI QUADRI

La revisione del sistema estimativo catastale, prevista dalla legge delega per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, avendo come finalità quella di riscrivere le regole per la determinazione catastale dei redditi (e dei valori) del patrimonio immobiliare nazionale, contiene diversi elementi di novità tra le quali il superamento dell’ormai obsoleto riferimento al “vano” catastale ed il passaggio al metro quadrato per la misura della consistenza delle unità immobiliari appartenenti alle categorie ordinarie, specificando i criteri di calcolo della superficie dell’unità immobiliare. 

L’Agenzia delle Entrate ha pertanto effettuato, anche per quella finalità, il calcolo delle superfici per tutte le unità immobiliari ordinarie provviste di planimetria, correlandolo alle previsioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, posto che nelle analisi propedeutiche svolte ai fini dell’attuazione di quella ipotesi di riforma si è osservato che i parametri previsti da tale Decreto potevano essere ancora ritenuti sostanzialmente sostenibili. È stato realizzato l’impianto del dato relativo alle superfici delle unità immobiliari a destinazione ordinaria e sono state implementate le modalità per la loro gestione e conservazione, in coerenza con le procedure e la prassi catastale, al fine di garantire la contestualità, fra gli aggiornamenti della banca dati censuaria del Catasto edilizio urbano e quelli della banca dati planimetrica. Con l’inserimento in banca dati del dato di superficie, l’Agenzia ha la disponibilità, per le unità immobiliari censite nei gruppi “A”, “B” e “C”, della superficie catastale calcolata secondo le disposizioni richiamate nel Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138 (che si affianca, per le categorie del gruppo “C”, alla superficie che rappresenta la consistenza).

A breve l’Agenzia renderà disponibili i dati di superficie nelle consultazioni della banca dati catastale (visure) delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, iscritte in Catasto e corredate di planimetria. 

Incoerenze catastali

Sono già state realizzate le procedure informatiche che consentono a ciascun soggetto interessato di promuovere le proprie osservazioni, mediante forme di comunicazione strutturata, che saranno rese disponibili dall’Agenzia sul sito istituzionale. Il contribuente – nel caso in cui ritenesse non corretta la superficie calcolata dall’Ufficio sulla base della planimetria in atti (prodotta dalla parte) – potrà, comunque, presentare un istanza all’Agenzia che avvierà un processo di verifica. D’altra parte, nel caso in cui la planimetria in atti risultasse incoerente con lo stato di fatto, il contribuente può presentare una nuova planimetria attraverso un “Docfa” (documento di aggiornamento catastale). Su quest’ultimo aspetto, peraltro, la normativa prevede che gli atti di trasferimento o modificazione di diritti reali su fabbricati “devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale”. 

Il miglioramento della qualità dell’informazione planimetrica e della sua coerenza con lo stato di fatto, pertanto, oltre a rappresentare un interesse del contribuente, contribuisce alla certezza e trasparenza del mercato immobiliare, in quanto rende oggettivamente conoscibile il bene (e le sue misure) che si vuole acquistare o vendere. 

Dati mancanti 

Oltre alla possibilità di operare correzioni sui dati di superficie esistenti, sussiste poi il problema dei dati mancanti. Come è noto, dal momento della costituzione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano, per diversi anni non è stato obbligatorio presentare le planimetrie in Catasto. D’altra parte, in certi casi, le condizioni relative alle modalità di redazione delle planimetrie presentate non consentono il calcolo della superficie in base ai criteri del Decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998. Al 31 agosto 2015, la situazione (ad oggi sicuramente migliorata sia per l’evoluzione naturale derivante dalla presentazione dei nuovi atti di aggiornamento, sia per una azione di recupero tuttora in corso) si presenta nei seguenti termini: 

1) su un totale di circa 61 milioni di unità immobiliari dei gruppi catastali ordinari (“A”, “B” e “C”), 57,4 milioni sono le unità immobiliari con planimetria; 

2) circa 3 milioni di unità immobiliari non risultano possedere la correlata planimetria; 

3) per circa 0,3 milioni di unità con planimetria non è possibile calcolare la superficie. 

In definitiva, sul totale di circa 61 milioni di unità immobiliari censite nei gruppi “A”, “B” e “C”, il 5,4% circa, pari a 3,3 milioni di unità, risultano prive di superficie. Una soluzione al problema potrebbe essere quella di assegnare alle unità immobiliari prive di superficie una superficie “convenzionale”, calcolata cioè moltiplicando la consistenza catastale per un parametro di conversione, determinato per ciascuna categoria ordinaria. Tale superficie “convenzionale” non rappresenta, per definizione, l’esatta misura della superficie dell’unità immobiliare. Il contribuente, laddove dovesse ritenere errato il valore della superficie convenzionale eventualmente attribuita, dovrà necessariamente presentare la planimetria in Catasto secondo le modalità consuete. Si ritiene, pertanto, più favorevole per il contribuente questa ipotesi rispetto a quella di rendere obbligatoria la presentazione di un documento di aggiornamento catastale (Docfa) nel caso di planimetrie mancanti. 

Superfici e Tari

L’inserimento in banca dati del dato di superficie, riguardante le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, oltre a essere correlato alle previsioni di cui al Dpr 23 marzo 1998, n. 138, è connesso alla disciplina relativa al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi Tari, quale componente della Iuc – imposta unica comunale – la nuova imposta comunale istituita con legge di stabilità 2014.

Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 39724 del 29 marzo 2013, è stata dettata la disciplina delle modalità di interscambio tra l’Agenzia delle Entrate e i Comuni dei dati inerenti la superficie delle unità immobiliari a destinazione ordinaria iscritte nel Catasto edilizio urbano. Per tale tassa, infatti, è previsto che ai fini dell’accertamento dei Comuni, il valore della superficie di riferimento, per le sole destinazioni abitative, non ricomprenda le superfici di balconi, terrazzi e aree scoperte pertinenziali e accessorie, comunicanti e non comunicanti. La disponibilità delle informazioni sui dati di superficie, da parte dei proprietari di immobili e degli utenti dei servizi catastali, già forniti ai Comuni, consentirà ai cittadini la verifica della base imponibile utilizzata ai fini della gestione del tributo comunale Tari, nonché la possibilità, per ciascun soggetto interessato, in caso di incoerenza tra la rappresentazione planimetrica e la superficie calcolata, di partecipare al miglioramento della qualità della banca dati inviando le proprie osservazioni, mediante le forme di comunicazione strutturata disponibili.

ANAGRAFE INTEGRATA

In un’ottica generale di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale nel settore immobiliare, l’Agenzia è da tempo impegnata in un processo graduale di implementazione e miglioramento dei livelli di correlazione delle informazioni degli archivi censuari, cartografici, planimetrici e di pubblicità immobiliare. In tale contesto, l’Anagrafe Immobiliare Integrata ha la finalità specifica di razionalizzare ed assicurare una gestione omogenea delle banche dati in ambito immobiliare, fornendo un efficace supporto operativo per la corretta individuazione degli immobili, la relativa base imponibile, nonché i soggetti titolari di diritti reali in quanto soggetti d’imposta. 

Il primo riferimento normativo che riguarda l’Anagrafe Immobiliare Integrata si rinviene nel Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che assegna all’Agenzia delle Entrate “il compito di costituire l’anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale sviluppando, anche ai fini della semplificazione dei rapporti con gli utenti, l’integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale ed alle trascrizioni ed iscrizioni in materia di diritti sugli immobili”. Oltre a ciò, viene stabilito il principio fondamentale di collaborazione con gli Enti locali, al fine di “favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio”. 

Il concetto di integrazione viene successivamente rafforzato nel Decreto legge n. 78 del 2010, prevedendo l’attivazione dell’Anagrafe Immobiliare Integrata che “attesta, ai fini fiscali, lo stato di integrazione delle banche dati disponibili presso l’Agenzia del Territorio per ciascun immobile, individuandone il soggetto titolare di diritti reali”. 

Sono previsti, inoltre, l’accesso gratuito dei Comuni all’Anagrafe Immobiliare Integrata e la piena accessibilità ed interoperabilità applicativa relativamente ai dati catastali, sulla base di un sistema di regole tecnico-giuridiche, anche al fine di contribuire al miglioramento ed aggiornamento della qualità dei dati. Si introduce, quindi, un nuovo documento, denominato “attestazione integrata ipotecario-catastale”, strettamente legato alla nuova infrastruttura informativa, prevedendo la progressiva implementazione di ulteriori informazioni e servizi. In più, l’Anagrafe Immobiliare Integrata è caratterizzata da una forte “vocazione” fiscale, poiché ha l’obiettivo primario di diventare lo strumento fondamentale per la fiscalità immobiliare, erariale e locale, in grado di individuare correttamente, attraverso l’integrazione delle banche dati disponibili, oggetto e soggetto di imposta. 

L’Anagrafe Immobiliare Integrata (Aii), dal punto di vista logico, è il luogo di integrazione delle basi dati dell’Agenzia, storicamente nate e gestite in forma separata. Dal punto di vista fisico, l’Aii è una nuova infrastruttura informativa che utilizza i sistemi preesistenti – i sistemi informativi del Catasto e della Pubblicità Immobiliare – intesi come insieme di strumenti, dati e regole, e ne correla le informazioni mantenendo sostanzialmente inalterate le regole di gestione di ciascun sistema nella fase di prima applicazione. Già in sede di progettazione del nuovo sistema informativo di pubblicità immobiliare, basato su un’architettura centrale e flessibile, è stato possibile creare il primo nucleo dell’Aii, intesa come archivio centralizzato contenente, oltre ai dati afferenti la pubblicità immobiliare, anche i dati del Catasto censuario a livello nazionale, replicati quotidianamente dal sistema informativo catastale basato invece su un’infrastruttura distribuita a livello provinciale.

Tuttavia, al di là degli interventi tecnologici e di alcune integrazioni di processo, ancor oggi i diversi ambiti dell’anagrafe immobiliare – quello del Catasto censuario e cartografico, della pubblicità immobiliare e dell’Osservatorio del mercato immobiliare – procedono in modo sostanzialmente autonomo; tant’è vero che i processi di aggiornamento delle basi informative vengono comunque portati a termine, pur in presenza di incoerenze e disallineamenti, ed i servizi erogati sono rigidamente distinti. In tale contesto di riferimento, passare da una gestione tradizionale degli immobili (identificazione, rappresentazione, descrizione, valorizzazione) e dei diritti reali sugli stessi (soggetti, titolarità, vincoli) a quella dell’Aii significa: 

* gestire il mondo della pubblicità immobiliare anche con l’obiettivo di sovrintendere all’aggiornamento delle intestazioni degli immobili catastalmente individuati, definendo nuovi processi che possano migliorare la qualità dei dati (successioni telematiche, collegamento con registro delle imprese, con il sistema della giustizia); 

* gestire i processi di aggiornamento degli immobili in modo integrato all’interno (tra cartografia e Catasto censuario, tra cartografia e zone Omi) ed all’esterno, arricchendo la banca dati con informazioni più complete. 

Dal 2011 sono state avviate le attività propedeutiche alla realizzazione dell’Aii suddividendola in due componenti informative e tecnologiche: 

1) un sistema informativo, Anagrafe dei titolari (in origine denominata Banca Dati Integrata), contenente le informazioni presenti nei registri di pubblicità immobiliare, in cui vengano anche rappresentate le relazioni fra gli immobili ed i soggetti titolari di diritti reali; 

2) un Sistema integrato del territorio (Sit), evoluzione del sistema informativo catastale verso un modello georeferenziato, specializzato alla gestione delle informazioni oggettive degli immobili, quali la classificazione, la descrizione, il valore fiscale, e la localizzazione sul territorio, nonché i valori medi di mercato necessari alla validazione ed aggiornamento del valore fiscale. 

La componente Anagrafe dei titolari ha l’obiettivo di costituire l’anagrafe dei titolari di diritti reali sugli immobili mediante la ricerca degli atti da cui hanno origine le intestazioni in Catasto ed il loro confronto con i registri di riferimento, in prima istanza con quelli della pubblicità immobiliare e, in futuro, anche con altre banche dati. Infatti, il piano delle attività, integralmente realizzato all’interno dell’Agenzia, necessita della collaborazione e dell’interscambio con soggetti esterni (in particolare con gli Enti locali) che possono fornire gli elementi informativi utili a completare, correggere e aggiornare, sulla base di regole condivise, l’Anagrafe dei iitolari, nonché con gli altri stakeholders, come i Notai, principali alimentatori della banca dati di pubblicità immobiliare. Altrettanto importante è l’apporto che potrà essere fornito dai cittadini mediante istanze e segnalazioni da formularsi con modalità semplificate utilizzando i canali telematici dell’Agenzia (Fisconline, Entratel). 

La componente Sistema integrato territorio ha l’obiettivo di costituire il nuovo catalogo nazionale degli immobili, permettendo la corretta localizzazione sullo spazio geografico di ciascun immobile censito in Catasto, integrandone le informazioni identificative, tecniche, censuarie e reddituali ai fini fiscali, nonché il valore commerciale calcolato sulla base dei dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare. Il Sit è un sistema informativo territoriale che integra informazioni grafiche (elementi geometrici, posizionali e rappresentazioni del territorio) con informazioni alfanumeriche (attributi censuari), caratterizzato dalla georeferenziazione dei dati, organizzati per opportuni layer informativi (ciò permette la sovrapposizione degli stessi livelli informativi e quindi di effettuare operazioni di analisi e di costruzione di mappe tematiche) e dalla gestione di data base relazionali, che consentono di aggiungere all’elemento spaziale una molteplicità di altre informazioni.

L’impianto del Sit è basato sulla realizzazione di un’infrastruttura unica in architettura web, non più frammentata tra cartografia, censuario terreni e urbano, dove tutte le entità, come detto, sono georiferite agli oggetti cartografici e distribuite in un continuo geografico unitario. 

L’elemento “chiave” fra le due componenti informative è l’immobile, che costituisce pertanto l’elemento di base dell’Aii, nell’ambito della quale, come nuovo servizio di accesso alle informazioni, è stata realizzata la “consultazione integrata”, che espone in modo unitario le informazioni desumibili dagli archivi catastali ed ipotecario ed ha valore di “visura”. La consultazione integrata fornisce le informazioni contenute nelle banche dati catastale ed ipotecaria, con il relativo livello di integrazione, lasciando all’utente il compito di decidere se le informazioni ricevute siano sufficienti a determinare lo stato e la situazione di possesso dei beni immobili o se vi sia la necessità di effettuare ulteriori indagini attraverso le visure catastali e le ispezioni ipotecarie tradizionali. Si tratta di un servizio che può soddisfare, in particolare, le istanze delle Amministrazioni locali, perché dà una serie di “indizi” preziosi per chi svolge attività di accertamento, utili ad ottimizzare gli sforzi di indagine. 

All’attualità, la consultazione integrata è disponibile e ampiamente verificata negli Uffici Provinciali – Territorio. Per quanto attiene all’utilizzo del servizio da parte degli utenti esterni, l’Agenzia, dopo una fase sperimentale condotta con 119 Comuni, ha realizzato i nuovi servizi di consultazione integrata da rendersi disponibili sulla piattaforma Sister, che replicano le medesime funzionalità per le interrogazioni puntuali (per immobili e per soggetto) e le interrogazioni massive (liste selettive). L’obiettivo è di avviare una ulteriore sperimentazione coinvolgendo, in prima istanza, un numero limitato di Comuni disponibili a collaborare alla verifica della fruibilità dei servizi realizzati e alla loro efficacia per le funzioni di accertamento proprie degli Enti locali. Ulteriore ambito di collaborazione previsto è quello dell’interscambio di informazioni volte a completare, correggere e aggiornare sulla base di regole condivise.

IMU SUI CAPANNONI: NEL 2015 UNA BATOSTA DA 10 MILIARDI DI EURO

Quest’anno l’applicazione dell’Imu sugli immobili ad uso produttivo costerà 10 miliardi di euro. La stima è stata effettuata dalla Cgia di Metsre, che lancia un appello a Renzi: “Anziché tagliare l’Ires, che avvantaggerà soprattutto le attività finanziarie e assicurative, riduca l’Imu a tutte le attività produttive”.

Dal monitoraggio eseguito dalla Camera degli artigiani sui principali capoluoghi di provincia, emerge che la metà dei Comuni presi in considerazione applica sui capannoni l’aliquota massima, a dimostrazione del fatto che in questi ultimi anni i sindaci hanno deciso, nella stragrande maggioranza dei casi, di contenere la pressione fiscale sulle abitazioni principali, a scapito, tuttavia, di quella sulle attività produttive. 

Chi paga di più

Al netto delle deduzioni fiscali, gli alberghi saranno le attività economiche maggiormente penalizzate dall’applicazione dell’Imu e della Tasi: infatti, quest’anno pagheranno mediamente quasi 12.000 euro. Seguono le grandi attività commerciali, con poco più di 8.000 euro, e i capannoni delle grandi industrie, con quasi 6.500 euro. Se i capannoni di minori dimensioni subiranno nel 2015 un prelievo medio di 4.000 euro, sugli uffici e sugli studi privati graverà una imposta media di poco superiore ai 2.000 euro. Infine, su negozi e laboratori artigianali l’Imu “peserà” rispettivamente 986 e 759 euro. 

Ires vs Imu

“Renzi ha fatto bene ad annunciare l’abolizione, a partire dal 2016, dell’Imu sugli imbullonati – dichiara il coordinatore dell’ufficio studi di Cgia Paolo Zabeo -. Grazie a questa misura, infatti, gli imprenditori risparmieranno circa 250 milioni di euro. Tuttavia, a nostro avviso, sarebbe ancor più necessario diminuire l’Imu a tutte le imprese, anziché abbassare l’Ires. In primo luogo perché la riduzione di quest’ultima imposta avvantaggerebbe soprattutto le grandi imprese, come le attività finanziarie e quelle assicurative. In secondo luogo per il fatto che il taglio dell’Ires interesserebbe pochissime aziende, poco più di 600.000. Questa imposta, infatti, è pagata solo dalla dal 57 per cento delle società di capitali: le altre, in massima parte, non la versano perché presentano costantemente redditi negativi”.

Immobili strumentali

Altrettanto preoccupanti sono stati gli aumenti registrati dalle imposte che gravano sugli immobili strumentali in questi anni. Dal 2011, ultimo anno in cui è stata pagata l’Ici, al 2015, l’incremento del carico fiscale sugli uffici ha sfiorato il 150 per cento. Per i negozi l’aumento è stato del 140 per cento, per i laboratori artigianali il 110 per cento, mentre per gli alberghi e per i capannoni industriali il prelievo è quasi raddoppiato. 

L’Ufficio studi di Cgia spiega che è giunto a questi risultati utilizzando, per ciascuna tipologia di imposta, le aliquote medie risultanti dall’analisi delle delibere dei Comuni capoluogo di provincia pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze. Alla data odierna, sono circa 70 i Comuni capoluogo che hanno pubblicato le delibere Imu e Tasi per l’anno in corso. Per ogni tipologia di immobile sono state utilizzate le rendite catastali medie estrapolate dalla banca dati dell’Agenzia delle Entrate. In generale, tra la settantina di Comuni capoluogo di provincia monitorati dall’Ufficio studi della CGIA, per l’anno in corso il 48 per cento dei Sindaci ha applicato sui capannoni (categorie catastali D1, D7 e D8) l’aliquota Imu massima del 10,6 per mille (Roma, Milano, Venezia, Bari, Bologna, Firenze, Napoli, etc.) . Rispetto al 2014, comunque, il 77 per cento circa non ha modificato il prelievo sui capannoni (tra Tasi e Imu), l’8 per cento l’ha diminuito (Padova, Cosenza, Prato, Sondrio, etc.), mentre un altro 14 per cento l’ha addirittura elevato (Cuneo, Ferrara, Livorno, Monza, etc.). 

“Ci preme sottolineare – conclude Paolo Zabeo – che il capannone non viene ostentato dall’imprenditore come un elemento di ricchezza, bensì come un bene strumentale che serve per produrre valore aggiunto e per creare posti di lavoro, dove la superficie e la cubatura sono funzionali all’attività produttiva esercitata. Accanirsi fiscalmente su questi immobili non ha alcun senso, se non quello di fare cassa, danneggiando però l’economia reale del Paese”.

NO ALLE TASSE SUI CANONI NON PERCEPITI. LA CTR DELLA TOSCANA VA INCONTRO AI LOCATORI

[A cura di: Paolo Ciri – delegato Uppi Spoleto]

È una questione antica. L’inquilino non paga e nel frattempo il proprietario deve pure versare le imposte sui redditi, anche se non ha ricevuto il canone. Poi deve fare lo sfratto, e solo quando la (costosa) procedura di sfratto si conclude, può chiedere in denuncia dei redditi (quindi, magari, molti mesi dopo), il rimborso delle imposte pagate indebitamente. Inoltre se, per qualunque motivo, non si attiva la procedura di sfratto, non si ottiene il rimborso.

Ci sono poi state sentenze, relative ai contratti commerciali, che hanno affermato addirittura come dovute le imposte sui redditi da locazione (commerciale) non percepiti, nel presupposto che si ha un diritto a riscuotere (prima o poi) quei canoni.

Ora la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha aperto una breccia su queste perverse logiche. Con la sentenza 1160/25/15 dello scorso 23 giugno, ha stabilito che, se nel contratto è presente la clausola risolutiva espressa di cui all’articolo 1456 del Codice Civile, il contratto si scioglie automaticamente per effetto dello stesso inadempimento. Quindi da quel momento non sono più dovuti canoni di locazione o affitto, bensì indennità di occupazione abusiva, da valutare. Quindi non sono più dovute le imposte, perché a questo punto la indennità non è un guadagno ma un ristoro, un indennizzo, e come tale non è imponibile (Cassazione 651/2012).

L’inadempimento deve però essere importante (secondo l’articolo 1455 del Codice Civile), deve superare i 20 giorni (art. Legge 392/78) ed il proprietario deve inviare una raccomandata ove dichiara che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa. È un ragionamento giuridicamente raffinato e corretto. Però si tratta di una sentenza di una Commissione Tributaria, che è sì un precedente, ma non dello stesso valore di una sentenza di Cassazione. E non è una legge.

IMMOBILI E CONTRASTO ALL’EVASIONE FISCALE IL “BOLLETTINO” DI GUERRA DELLE ENTRATE

[A cura di: Chiara Ciranda, Nuovo FiscoOggi- Agenzia delle Entrate]

Immobili e contrasto all’evasione fiscale. Questo uno dei principali focus dell’audizione del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria. Sul prossimo numero di Italia casa pubblicheremo il testo integrale dell’audizione. Di seguito, invece, una sintesi a cura di Chiara Ciranda, di Nuovo FiscoOggi, la rivista ufficiale delle Entrate, dalla quale emergono i principali dati e temi affrontati nel corso della relazione, e nello specifico:

* circa 290mila unità immobiliari sottoposte, nei primi otto mesi del 2015, ad accertamento della rendita proposta per nuovi accatastamenti o per atti di aggiornamento; 

* nuovo piano di controlli sulle “case fantasma”, che nel passato hanno consentito di far emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari, per una rendita complessiva di circa 825 milioni di euro; 

* revisione dei classamenti degli immobili ricompresi in specifici ambiti territoriali (comma 335 dell’articolo unico della Finanziaria 2005), che ha già generato complessivamente maggiori rendite per circa 184 milioni, e sulla revisione dei classamenti incoerenti (comma 336), che ha fatto emergere circa 181 milioni di euro di rendita in più.

INFORMAZIONI

Il contrasto all’evasione in campo immobiliare – ha ricordato il direttore Orlandi – riguarda sostanzialmente quattro ambiti: le rendite catastali; le imposte sui redditi immobiliari; le imposte sui trasferimenti (Iva, registro, eccetera); le imposte patrimoniali ricorrenti (Imu e Tasi), il cui accertamento è in capo ai Comuni.

Sulle rendite, attività correnti e attività straordinarie procedono in modo combinato. Gli accertamenti ordinari delle rendite proposte per nuovi accatastamenti o per atti di aggiornamento hanno riguardato – dall’inizio del 2015 fino ad agosto – circa 290mila unità immobiliari urbane, con un incremento della rendita complessiva pari a 81 milioni di euro. L’attività straordinaria fa invece riferimento a tre filoni: il primo è quello sperimentato tra il 2007 e il 2011, con riguardo agli “immobili fantasma”. Un’operazione che ha consentito di far emergere oltre 1,2 milioni di unità immobiliari per una rendita complessiva di circa 825 milioni. Sul punto, l’Agenzia sta programmando per il prossimo triennio una nuova tornata di controlli su tutto il territorio nazionale.

Il secondo filone concerne la revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali e l’aggiornamento del classamento catastale per intervenute variazioni edilizie (commi 335 e 336 dell’articolo unico della Finanziaria 2005). Sono 17 i Comuni che hanno richiesto l’avvio della procedura di riclassamento delle unità immobiliari sulla base dei criteri previsti dal comma 335, tra cui i capoluoghi di Roma, Milano, Bari, Lecce e Ferrara. Un’attività che ha generato un incremento complessivo della rendita per circa 184 milioni di euro. Riguardo, invece, alla procedura di revisione puntuale dei classamenti incoerenti, sono stati coinvolti, in misura più o meno intensa, circa 1.300 comuni su un totale potenziale di 7.774. La procedura ha dato luogo a circa 94.500 notifiche da parte dei Comuni e, per il 67% dei casi, è stata accertata la necessità di procedere a un aggiornamento catastale, con una maggiore rendita complessiva pari a 181 milioni di euro. 

Il terzo filone è quello relativo agli immobili rurali.

L’Agenzia è inoltre impegnata sul fronte dell’accertamento degli effettivi canoni di locazione percepiti e di plusvalenze non dichiarate. Un’attività che viene svolta grazie all’incrocio tra i dati presenti nella banca dati del registro e quelli contenuti nei modelli Unico Pf e 730. 

“Sorvegliate speciali” anche le imposte sui trasferimenti immobiliari: in questo campo, l’attività di controllo è rivolta soprattutto ai casi in cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo, come gli atti soggetti a Iva, o dal valore in comune commercio, come gli atti soggetti alle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

NUMERI CIVICI

Sono oltre 5mila i Comuni che hanno completato le attività di verifica e certificazione dei toponimi e di numeri civici e possono accedere, su richiesta, alle funzioni necessarie per l’aggiornamento a regime dell’archivio. L’Ansc risponde all’esigenza di avere un unico riferimento informatizzato e codificato, costantemente aggiornato dai Comuni, in grado di favorire la standardizzazione del dato relativo all’indirizzo. 

“Le attività in corso – ha spiegato il direttore – consentiranno di elevare ulteriormente la qualità dell’archivio, che sarà utilizzato come base di partenza per la realizzazione dell’Archivio nazionale dei numeri civici e delle strade urbane (Anncsu). Una soluzione, quest’ultima, che consentirà di realizzare un abbattimento dei costi legato alla gestione degli indirizzi, in quanto a regime costituirà punto di riferimento unico, informatizzato, codificato e certificato, per le pubbliche amministrazioni, per i cittadini e per le imprese”.

ANAGRAFE INTEGRATA

Il direttore ha inoltre fatto il punto sullo stato di attuazione dell’Anagrafe immobiliare integrata (Aii), il cui obiettivo primario è la completa integrazione degli archivi censuari, cartografici, planimetrici e di pubblicità immobiliare. Un progetto che consentirà di ottenere una gestione omogenea delle banche dati in ambito immobiliare con ricadute significative sulla corretta individuazione degli immobili, della relativa base imponibile e dei soggetti d’imposta.

Inoltre, ha puntualizzato Rossella Orlandi, “L’Anagrafe immobiliare integrata è caratterizzata da una forte vocazione fiscale poiché ha l’obiettivo primario di diventare lo strumento fondamentale per la fiscalità immobiliare, erariale e locale, in grado di individuare correttamente, attraverso l’integrazione delle banche dati disponibili, oggetto e soggetto di imposta”. 

CONTRATTI DI LOCAZIONE: LA CASSAZIONE DICE STOP ALL’ELUSIONE FISCALE

[A cura di: avv. Ermenegildo Mario Appiano – segretario Alac Torino]

Mediante due recenti sentenze (numero 18213 e 18214), entrambe rese il 17 settembre 2015, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno in buona sostanza tolto una volta per tutte ai locatori ogni interesse a non registrare i contratti di locazione per eludere il fisco. Nella prima di dette sentenza (la numero 18213), le Sezioni Unite hanno infatti chiarito che non è sanabile la nullità dei contratti locazione non registrati, perlomeno quando ciò accade nel contesto di un’operazione di elusione fiscale realizzata mediante la simulazione di un canone inferiore a quello reale.

Si tratta del caso “classico” in cui – al momento della stipulazione del contratto di locazione – il locatore richiede un certo canone (ad esempio 1700 euro mensili), ma desidera dichiararne al fisco uno inferiore (ad esempio 387 euro).

Per riuscire nello scopo, il locatore impone al conduttore di stipulare due contratti, tra loro connessi in modo nascosto:

* il primo è il contratto simulato (“finto”, per intenderci), con cui si stabilisce il canone da dichiarare al fisco, registrando il contratto;

* il secondo è il contratto dissimulato (quello “reale”), con cui si dichiara che il primo contratto non è in realtà quello voluto dalle parti, essendo il canone pattuito superiore a quello indicato al fisco: ovviamente questo contratto non viene registrato.

Tutto funziona, almeno sino a quando non insorge un contenzioso tra locatore e conduttore, solitamente in quanto quest’ultimo smette di pagare il canone maggiore portato dal contratto “dissimulato”. A questo punto, il locatore cerca di sfrattare il conduttore, appellandosi al contratto “dissimulato”: per farlo, il locatore procede a registrare il contratto “dissimulato”, così esponendosi ad un accertamento fiscale.

Questa è la situazione oggetto della sentenza resa dalle Sezioni Unite, che hanno ora vanificato tale tipo di elusione fiscale. In estrema sintesi, dalla sentenza discendono le seguenti conseguenze:

* anche se registrato tardivamente, il contratto “dissimulato” è nullo;

* resta valido il contratto “simulato” a suo tempo registrato (quello cioè con il canone “finto”);

* il fisco non può pretendere dal locatore le imposte commisurate sul canone indicato dal contratto “dissimulato”, perché nullo;

* il conduttore può però riavere dal conduttore tutte le somme nel tempo pagate in eccedenza rispetto al canone portato dal contratto “simulato”: in altre parole, resta dovuto solo il canone “finto”;

* nel ripetere le somme pagate in eccedenza, sul piano probatorio il conduttore potrà altresì giovarsi della presunzione di avvenuto pagamento dei canoni arretrati fino alla data in cui il locatore stesso abbia lamentato l’inadempimento della relativa obbligazione (così esonerandosi lo stesso conduttore dall’onere – ai limiti della materiale impossibilità – di dimostrare il versamento del canone in eccedenza fino a quella data rispetto a quello indicato nel contratto registrato, versamento del quale, comprensibilmente, egli non potrà dar prova, avendo sovente il locatore avuto cura di non lasciare tracce documentali di tale illegittima ricezione).

Nella seconda sentenza (la n.18213), invece, le Sezioni Unite hanno colpito i meccanismi fondati sulla stipulazione in forma verbale dei contratti di locazione. Secondo i giudici, infatti, il contratto verbale di locazione abitativa è viziato da nullità assoluta, salvo il caso in cui si provi che sia stato il locatore ad abusare della propria posizione di forza nell’imporre la mancanza di forma scritta. In tale ultima ipotesi è solo il conduttore il soggetto legittimato a far valere la nullità del contratto.

La mancanza di forma scritta nei contratti di locazione ad uso abitativo ne determina quindi la nullità relativa – invocabile dal solo conduttore – unicamente qualora venga dimostrato che sia stato il locatore ad aver preteso l’instaurazione del rapporto di fatto (e cioè non formalizzato con un contratto scritto), e che quindi la nullità del contratto sia a lui attribuibile, mentre il conduttore deve averla solo subita. Negli altri casi, invece, il contratto è afflitto da nullità assoluta: ciò comporta come conseguenza l’obbligo di restituzione dell’immobile con effetto immediato dalla dichiarazione di nullità del contratto, venendo meno il suo titolo giustificativo ad occupare l’immobile stesso.

In questo caso, dunque, si scoraggia anche il conduttore ad accettare di favorire il ricorso a pratiche elusive, in quanto egli può incorrere nel rischio di perdere la disponibilità dell’alloggio, salva sempre la possibilità di ripetere dal locatore le somme pagate in virtù dell’accordo viziato da nullità (il che comporta sempre un danno sensibile per il locatore).

In entrambe le sentenze in esame le Sezioni Unite hanno poi assunto toni molto fermi rispetto al fenomeno dell’elusione fiscale, così sancendo: “su di un più generale piano etico/costituzionale, e nel rispetto della essenziale ratio della legge del 1998, la soluzione adottata impedisce che, dinanzi ad una Corte suprema di un Paese Europeo, una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente e impunemente la propria qualità di evasore fiscale, volta che l’imposizione e il corretto adempimento degli obblighi tributari, lungi dall’attenere al solo rapporto individuale contribuente-fisco, afferiscono ad interessi ben più generali, in quanto il rispetto di quegli obblighi, da parte di tutti i consociati, si risolve in un miglior funzionamento della stessa macchina statale, nell’interesse superiore dell’intera collettività”.

L’ECOBONUS? È FRUIBILE ANCHE SUI LAVORI NELL’IMMOBILE È DATO IN LOCAZIONE

[Fonte: Ance]

Riconosciuta l’applicabilità della detrazione Irpef/Ires del 65% per la riqualificazione energetica anche in caso di lavori eseguiti sui fabbricati locati dalle società. Lo prevede la sentenza della CTR Lombardia n. 2692 del 15 giugno 2015 che, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, contrasta quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, nella R.M. 340/E/2008, in materia di applicabilità del bonus energetico del 65% nell’ipotesi di interventi eseguiti su fabbricati locati.

In particolare, nel caso di specie esaminato dalla sentenza, l’applicabilità del beneficio era stata negata ad un’impresa immobiliare che aveva effettuato i lavori di risparmio energetico su tre unità immobiliari possedute e destinate alla locazione. Al riguardo, gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate avevano contestato la fruibilità della detrazione nel presupposto che gli immobili oggetto degli interventi non potessero essere qualificati come “strumentali”, anche se accatastati come uffici (A/10), poiché non venivano utilizzati direttamente nell’attività d’impresa.

L’Amministrazione finanziaria denegava la spettanza della detrazione sulla base dell’orientamento espresso con la R.M. 340/E/2008, con il quale è stato chiarito che, per i soggetti titolari di reddito d’impresa, l’agevolazione deve essere riconosciuta unicamente per i lavori effettuati su fabbricati “strumentali”. In sostanza, a parere dell’Agenzia delle Entrate, per le imprese il beneficio deve essere riferito esclusivamente agli utilizzatori dei fabbricati oggetto degli interventi, circostanza che non si verifica nell’ipotesi in cui gli immobili riqualificati sono locati a terzi. Sulla base di tale orientamento, pertanto, sarebbero esclusi dall’agevolazione gli interventi realizzati su tutti gli immobili concessi in locazione a terzi, siano questi a destinazione residenziale o strumentali.

Ora, con la sentenza n. 2692/2015, i giudici tributari respingono, ancora una volta, la posizione dell’Agenzia delle Entrate, affermando che, per le imprese, la citata limitazione alla fruizione del beneficio «non si ritrova né nella legge né nella normativa di attuazione, ed è frutto di un’interpretazione arbitraria dell’Amministrazione, priva di qualsiasi riscontro normativo».

Infatti, come sostenuto dall’Ance fin dall’introduzione dell’agevolazione, né la norma istitutiva  (introdotta dall’art. 1, commi 344-349, legge 244/2007), né le relative disposizioni attuative (contenute nel D.M. 19 febbraio 2007), pongono alcun vincolo, in capo ai soggetti titolari di reddito d’impresa, in ordine alla necessità di utilizzo diretto dell’immobile su cui eseguire gli interventi agevolati. Tenuto conto delle numerose e sempre più frequenti pronunce giurisprudenziali in tal senso, si auspica che l’Agenzia delle Entrate riveda il proprio orientamento, riconoscendo l’applicabilità della detrazione del 65% anche per i lavori eseguiti sui fabbricati delle società destinati alla locazione.

UDINE: UNA “CASA MODERNA” CON I CONSIGLI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Sono innumerevoli gli aspetti fiscali che hanno in qualche modo a che vedere con il comparto condominiale e residenziale. E altrettanto numerosi sono, inevitabilmente, i dubbi che affliggono quotidianamente i contribuenti. In pratica:serve informazione. Come quella che l’Agenzia delle Entrate sta offrendo nell’ambito della 62esima edizione della fiera “Casa Moderna”, in corso di svolgimento a Udine (si concluderà il prossimo 11 ottobre).

In quello che è diventato ormai un appuntamento fisso, i funzionari del-l’Agenzia saranno sempre a disposizione dei visitatori della fiera per fornire assistenza e informazioni su svariati servizi fiscali, ipotecari e catastali, proprio come in un normale sportello. La squadra presente in fiera è composta dal personale degli uffici di Udine, Cervignano del Friuli, Tolmezzo e della Direzione regionale.

Come nelle passate edizioni saranno disponibili anche guide e prodotti editoriali dell’Agenzia, in particolare quelli attinenti al tema della manifestazione, come la serie “Fisco e casa” (dedicata ad acquisti e vendite, locazioni, successioni e donazioni), nonché le guide aggiornate su agevolazioni per il risparmio energetico, ristrutturazioni edilizie, bonus mobili ed elettrodomestici. 

Allo stand dell’Agenzia, sarà inoltre possibile vedere i filmati presenti su Entrate in video, il canale YouTube dell’Agenzia delle Entrate nato per rispon-dere, in maniera corretta e immediata, alle richieste dei contribuenti. 

L’appuntamento con gli esperti dell’Agenzia delle Entrate è allo stand 2/19 del padiglione 4.

CRONACA FLASH DALLA CASA E DAL CONDOMINIO

Sessanta rapine in casa

Sgominata la gang

Sono finite in manette le sei persone, tutte di origine albanese, che negli ultimi mesi avevano messo a ferro e fuoco i paesi della provincia di Torino. Entravano nelle case, incuranti della presenza dei proprietari, compivano la rapina e poi si dileguavano nella notte. I carabinieri di Torino li hanno fermati in seguito al ferimento di uno dei banditi, dovuto alla reazione di un uomo di 79 anni, proprietario di una villetta, che aveva esploso due colpi di pistola per mettere in fuga i malviventi. Il commando, formato da sei uomini, è ritenuto responsabile di almeno una sessantina di colpi, messi a segno in tutto il Piemonte.

Pensionata rapinata 

nel giardino di casa

Una donna di 87 anni, residente a Padova, è stata rapinata mentre ritirava la posta dalla buca delle lettere, nel giardino di casa. Era da poco passato mezzogiorno quando un’auto con a bordo due donne si è avvicinata al cancello d’ingresso dell’abitazione dell’anziana, apparentemente per chiedere indicazioni stradali. Approfittando della gentilezza della signora e senza neanche scendere dalla macchina, le ladre hanno allungato le mani e sono riuscite a sfilarle una collana e un bracciale con un orologio. Al loro arrivo, i carabinieri non hanno potuto fare altro che raccogliere le testimonianze della vittima e di alcuni vicini che avevano visto una macchina allontanarsi a gran velocità.

Due anziani coniugi 

sequestrati dai banditi

Li hanno tenuti in ostaggio per 30 minuti dopo averli malmenati e immobilizzati sul divano. Tanto è durata la rapina messa a segno da due uomini armati ai danni di una coppia di anziani (87 anni lui e 74 anni lei), residenti in una villetta isolata a Trieste. Dopo essere entrati in casa, in pieno pomeriggio, i malviventi hanno strattonato la donna e l’hanno legata al marito che si trovava in salotto. A quel punto hanno potuto agire indisturbati, rivoltando la casa da cima a fondo e portando via i pochi oggetti d’oro per un valore di circa 5 mila euro. Le ricerche da parte dei militari dell’Arma, non hanno portato, per il momento, ad alcun esito. 

Serra nel centro storico

per coltivare marijuana

Un uomo di 41 anni di Ragusa è stato denunciato dalla Squadra Mobile per aver trasformato parte della sua abitazione, in pieno centro storico, in una serra per la coltivazione di piantine di droga. Le forze dell’ordine avevano cominciato a tenere d’occhio il 41enne già da qualche giorno, proprio a causa del sospetto via vai di gente dal suo appartamento e dell’atteggiamento guardingo che adottava mentre si recava a lavoro. Una volta entrati nell’alloggio per la perquisizione, gli agenti di polizia sono stati investiti da un forte odore di marijuana. All’interno di una conca, ricavata da un vano scala, si trovava una vera e propria serra, con lampade, fertilizzanti e latro materiale per la coltivazione della marija.

Estorsione al condominio

e furto di energia

Un uomo di 47 anni, della provincia di Cosenza, è stato arrestato dai carabinieri in flagranza di reato, mentre cerava di recuperare del denaro, frutto di una estorsione ai danni di un intero condominio. Al momento del fermo, il 47enne si stava recando da un condomino per riscuotere i soldi. Quando lo hanno immobilizzato, i militari dell’Arma gli hanno trovato addosso una cartuccia (mostrata per intimorire le vittime) e una piccola plana in ferro all’interno di un sacchetto nero, utilizzata per simulare il possesso di un’arma da fuoco. I carabinieri hanno poi perquisito l’appartamento dell’uomo e hanno  scoperto che rubava anche la corrente elettrica condominiale.

REVOCATO UN TRUST IMMOBILIARE COSTITUITO CON PREGIUDIZIO DEL CREDITORE

La Banca di Piacenza (avv.ti Moja ed Accordino, rispettivamente presidente e vicepresidente di Assotrusts, aderente a Confedilizia) ha ottenuto dal Tribunale (in composizione monocratica: dott. Elisabetta Arrigoni) la revoca di un trust immobiliare di diritto inglese costituito con pregiudizio delle sue ragioni di credito. ne dà notizia Confedilizia, che riporta come nell’argomentata decisione si faccia presente che l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua legittima esperibilità: 

1) l’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore disponente;

2) l’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell’atto traslativo;

3) la ricorrenza, in capo al debitore, ed eventualmente in capo al terzo, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori.

Al proposito, il Tribunale sottolinea allora che il credito dell’istituto era già esistente al momento del compimento dell’atto di disposizione impugnato e che la giurisprudenza riconosce la revocabilità del trust ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 2901 cod. civ. e cioè che “il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni creditorie o che, in ipotesi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento”. 

Il Tribunale evidenzia poi che per gli atti di disposizione a titolo gratuito è sufficiente “la consapevolezza da parte del debitore, e non anche del terzo beneficiario, del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, si sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore”. Presupposti che il Tribunale ha riconosciuto tutti esistenti nella fattispecie al suo esame, anche evidenziando che la costituzione del trust era avvenuta contestualmente all’aggravamento della situazione finanziaria della società debitrice. 

Elemento, anche questo, che, insieme agli altri e di cui s’è già detto, lascia a parere del Tribunale fondatamente presumere che il trust – costituito per atto notarile – “fosse in concreto preordinato a mettere al riparo il patrimonio immobiliare” della debitrice.

Il Tribunale (che si è – che risulti – per la prima volta pronunciato in materia) ha conseguentemente dichiarato inefficace il trust in questione nei confronti della Banca, che potrà ora (art. 2902 cod. civ.) iniziare l’esecuzione immobiliare sui beni costituiti in trust, e così per la somma dovuta e per le intere spese di giudizio (pari, da sole, ad un terzo circa della somma inizialmente dovuta), che la società convenuta è stata dal Tribunale condannata a pagare.