Si introduce in una casa
armato con un fucile
Violenta rapina in alloggio in provincia di Vibo Valentia, dove un uomo ha fatto irruzione nell’abitazione di una donna di 50 anni rompendo il vetro della sua finestra e, minacciandola con un fucile, la ha derubata, portandole via la borsa con circa 100 euro e i documenti personali. Quindi, il rapinatore si è precipitato in strada, dove c’era ad attenderlo in auto un complice, con il quale è riuscito a scappare facendo perdere le proprie tracce.
Aggredisce la madre,
lei chiama la polizia
Sferra alla madre un pugno dopo che questa gli aveva detto che sarebbe andata a dormire sul divano in quanto non riusciva a prendere sonno. È accaduto nel cuore della notte, a Milano. Autore dell’aggressione, un uomo di 38 anni con precedenti per droga. Questa volta, però, la mamma (una pensionata di 70 anni) ha deciso di dire basta. Così, stanca di subire le ripetute angherie del figlio, ha raccontato tutto alla polizia, che ha arrestato il giovane.
Incidente in casa: bimba
ustionata con l’acqua
Ancora un drammatico incidente tra le mura domestiche e ancora una volta la vittima è un bambino. Teatro della disgrazia, un appartamento di Savona, dove una bambina di due anni si è rovesciata accidentalmente dell’acqua bollente addosso, spostando una pentola dai fornelli. Immediato l’intervento dei soccorritori del 118, che dopo aver prestato le prime cure alla piccola, la hanno trasportata d’urgenza all’ospedale di Savona, dal quale la bambina è stata trasferita in elicottero al Gaslini di Genova.
Anziana sparita: trovata
senza vita in soggiorno
Ha chiamato la sua vicina di casa per una decina di giorni, senza ricevere alcuna risposta. Così, preoccupata, si è rivolta alla polizia. Quando le forze dell’ordine, con l’ausilio dei vigili del fuoco, sono entrati nell’appartamento della donna – un’anziana di 80 anni, residente in centro a Bologna – hanno fatto la triste scoperta: la hanno trovata accasciata sul pavimento del suo soggiorno senza vita. Probabilmente era deceduta da alcuni giorni, per cause naturali. Nella casa, infatti, non sono stati trovati segni di effrazione.
Esplosione in un alloggio
ferita donna di 84 anni
In un paesino della Liguria, una donna di 84 anni è rimasta ferita da una esplosione causata da una fuoriuscita di gas dalla cucina del suo alloggio. L’anziana ha riportato ustioni alle gambe. Si sono rilevati danni anche alla casa, ma l’alloggio è risultato abitabile. Dai primi accertamenti su quanto avvenuto, pare che la pensionata avesse lasciato aperto il gas, che avrebbe poi saturato l’ambiente: una stufa elettrica accesa avrebbe quindi causato l’esplosione.
I versamenti sia dell’Imu sia della Tasi si effettuano in due rate, che scadono la prima martedì 16 giugno e la seconda mercoledì 16 dicembre. Il versamento della prima rata (50%) va eseguito sulla base delle aliquote e delle detrazioni valide per il 2014; il versamento della rata a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno va eseguito, a conguaglio, sulla base delle delibere comunali pubblicate sul sito www.finanze.it alla data del 28 ottobre 2015.
A tal fine, il Comune deve effettuare l’invio delle delibere anzidette entro il 21 ottobre. In caso di mancata pubblicazione entro il 28 ottobre, si applicano aliquote e detrazioni valide per il 2014. È comunque consentito il pagamento dell’Imu e della Tasi in unica soluzione entro il 16 giugno (naturalmente, nel caso in cui a tale data sia già disponibile la delibera valida per il 2015).
Quanto si paga
IMU
Base imponibile
Rendita catastale, rivalutata del 5% e moltiplicata per:
* 160 per abitazioni, magazzini, autorimesse;
* 140 per laboratori e locali senza fine di lucro;
* 80 per uffici, banche, assicurazioni;
* 65 per opifici, alberghi;
55 per negozi e botteghe.
La base imponibile è ridotta del 50% per:
– fabbricati di interesse storico o artistico;
– fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
Le aliquote
Aliquota di base del 7,6 per mille, che i Comuni possono:
* aumentare fino al 10,6 per mille;
* diminuire sino al 4,6 per mille.
Per abitazione principale e relative pertinenze (categorie A/1, A/8 e A/9), l’aliquota è del 4 per mille, che i Comuni possono:
* aumentare fino al 6 per mille;
* diminuire fino al 2 per mille
È inoltre prevista una detrazione di 200 euro, che i Comuni possono aumentare fino a concorrenza dell’imposta dovuta.
In caso di immobili locati, c’è la possibilità di ridurre l’aliquota al 4 per mille.
TASI
Base imponibile
Rendita catastale, rivalutata del 5% e moltiplicata per:
* 160 per abitazioni, magazzini, autorimesse;
* 140 per laboratori e locali senza fine di lucro;
* 80 per uffici, banche, assicurazioni;
* 65 per opifici, alberghi;
* 55 per negozi e botteghe.
La base imponibile è ridotta del 50% per:
– fabbricati di interesse storico o artistico;
– fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
Aliquote
Aliquota di base dell’1 per mille, che i Comuni possono ridurre fino all’azzeramento. I Comuni possono differenziare le aliquote per categorie di immobili (es. abitazione principale).
Per il 2015 (con proroga del regime fissato per il 2014), l’aliquota massima non può superare il 2,5 per mille, ma i Comuni possono arrivare sino al 3,3 per mille (+ 0,8 per mille) a condizione che con tale aumento siano finanziate detrazioni per le abitazioni principali. L’occupante (es. inquilino) versa la Tasi nella misura, stabilita dal Comune, compresa fra il 10 e il 30% dell’ammontare complessivo (in assenza di decisione comunale sul punto, la percentuale è fissata al 10%).
LA SOMMA
La somma delle aliquote della TASI e dell’IMU per ciascuna tipologia di immobile non può essere superiore all’aliquota massima consentita dalla legge statale per l’IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille, e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile.
Per il 2015 (con proroga del regime fissato per il 2014), il limite del 10,6 per mille può essere superato dello 0,8 per mille (arrivando così all’11,4 per mille) alle condizioni di cui sopra.
[A cura di: Emiliano Marvulli – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]
Compri i mobili per l’ufficio? Ristrutturi i locali dove svolgi la tua attività lavorativa? Attenzione alle ripercussioni fiscali. Il sostenimento di ingenti costi per lavori di ristrutturazione e per l’arredo dello studio professionale può infatti costituire un indice sostanziale ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività svolta dal professionista e determinare il verificarsi del presupposto impositivo, con il conseguente assoggettamento a Irap.
A questa decisione è giunta la Corte di cassazione, con la sentenza n. 8638 del 29 aprile 2015.
IL FATTO
Il caso sottoposto al giudizio di legittimità riguarda un libero professionista esercente attività di revisore contabile, che ha impugnato il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate con riferimento a un’istanza di rimborso di somme versate a titolo di Irap. Avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale, che respingeva il ricorso, il professionista ha proposto appello in Commissione regionale.
I giudici di secondo grado, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal contribuente, hanno rilevato l’assenza di dipendenti o collaboratori stabili nonché il difetto di inerenza relativamente ai beni iscritti nel libro dei beni ammortizzabili: tali elementi non sono apparsi idonei ad attestare la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, necessario ai fini dell’assoggettamento a Irap.
L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza d’appello, affidando il ricorso in Cassazione a un unico motivo. L’Amministrazione finanziaria ha lamentato l’omessa e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, laddove la Ctr ha tralasciato una critica valutazione sull’incidenza dei costi sostenuti in relazione all’attività professionale svolta, indicati nel quadro RE della dichiarazione dei redditi del contribuente, costituenti indici di attività autonomamente organizzata.
La Corte suprema, ritenendo fondato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha deciso per la cassazione della sentenza d’appello e per il rinvio della causa a una diversa sezione della Commissione tributaria regionale.
LE DECISIONE
La materia del contendere attiene la debenza dell’Irap nei confronti dei soggetti esercenti attività professionale, con precipuo riferimento alla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione. Nel ricorso, l’Amministrazione lamentava che i giudici di secondo grado avevano ritenuto ingiustificatamente irrilevanti le spese sostenute dal professionista per lavori di ristrutturazione e per gli arredi (tra cui, l’acquisto di tappeti e quadri), con riferimento ai locali adibiti ad attività professionale.
Si ricorda che, ai fini dell’applicazione dell’imposta regionale nei confronti dei lavoratori autonomi, è necessario che sussista il requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività. I giudici della suprema Corte, avallando sul punto la posizione dell’Agenzia, hanno ribadito l’orientamento oramai consolidato per cui deve intendersi esistere l’autonoma organizzazione dell’attività professionale, quando coesistono al contempo “l’autonomia e l’indipendenza nell’esercizio dell’attività rispetto ai terzi” e l’“elemento organizzativo esterno, basato sull’esistenza di beni strumentali, ricorso di lavoro altrui ed apporto di capitale anche in via tra loro alternativa”.
Pertanto, l’esistenza di un’autonoma organizzazione “postula che l’attività abituale del professionista si avvalga di una organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca l’attività produttiva”.
Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto, diversamente da quanto affermato nel secondo giudizio di merito, che le ingenti spese sostenute dal revisore contabile per i lavori di ristrutturazione e l’arredo afferenti i locali adibiti all’esercizio dell’attività erano certamente inerenti l’attività medesima, tanto più che il contribuente aveva dedotto fiscalmente le relative quote di ammortamento. In quanto inerenti, tutte queste voci di spesa devono essere considerate ai fini della valutazione della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione in capo al contribuente ed era compito dell’adito organo giurisdizionale valutare se le spese “per tipologia e ammontare” potessero ritenersi indice univoco di autonoma organizzazione in relazione all’attività professionale, con conseguente sussistenza del presupposto impositivo.
Avendo omesso tale tipo di valutazione, la Corte suprema ha deciso per la cassazione con rinvio della sentenza impugnata dall’Amministrazione.
Le detrazioni fiscali della Legge 80/14? Si applicano anche agli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica. Il Sunia (tra gli altri) accoglie con soddisfazione la risposta del Governo, per voce di Giuseppe Castiglione, sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, all’interrogazione del senatore Pd Franco Mirabelli, in merito all’estensione delle detrazioni già previste per li inquilini di alloggi sociali.
Di seguito, la domanda posta da Mirabelli, nel corso della seduta del Senato dello scorso giovedì 14 maggio, e la replica di Castiglione.
L’INTERPELLANZA (Sen. Mirabelli)
Signora Presidente, abbiamo sollecitato diverse volte la risposta a quest’interpellanza, perché credo vi sia bisogno di chiarimenti urgenti in una fase in cui si stanno depositando le dichiarazioni dei redditi. Il decreto-legge n. 47 del 2014, che poi è stato convertito nella legge n. 80 del 2014, si occupava di misure urgenti per l’emergenza abitativa. All’articolo 7 ha previsto, per il triennio 2014-2016, detrazioni fiscali IRPEF per i conduttori di alloggi sociali.
Ora, questa definizione ha la necessità di un chiarimento, come hanno sottolineato più volte in queste settimane sia i sindacati degli inquilini sia i CAF sia gli enti gestori dell’edilizia residenziale pubblica. In particolare, il tema è se i conduttori di alloggi di edilizia residenziale pubblica (e quindi alloggi ex IACP o dei Comuni) rientrino tra i conduttori di alloggi sociali. È importante avere questa risposta, sapendo – e questa è la tesi dell’interrogante – che, anche nel decreto-legge n. 47 del 2014 e poi soprattutto nella legge che ha modificato questo punto, evidentemente le case di edilizia residenziale pubblica, soprattutto quelle a canone sociale, rientrano appieno tra gli alloggi sociali. Tanto è vero che sono anche fabbricati per i quali è possibile, per gli enti gestori non pagare l’IMU, perché vengono riconosciute come abitazioni principali, aventi uno scopo sociale e, quindi, esenti.
È importante, però, conoscere l’opinione del Governo perché, in queste ore e in questi giorni, c’è bisogno di dare indicazioni chiare a tutti gli enti coinvolti in questa vicenda e, soprattutto, ai cittadini. Pertanto, chiedo al Governo di rispondere all’interpellanza.
LA RISPOSTA (Sen. Castiglione)
Signora Presidente, con il documento in esame il senatore interpellante rappresenta che l’articolo 7 del decreto-legge n. 47 del 2014, convertito con modificazioni con la legge n. 80 del 2014, recante “Misure urgenti per l’emergenza abitativa per il mercato delle costruzioni e per l’Expo 2015”, prevede, per il triennio 2014-2016, una detrazione a favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, adibiti ad abitazioni principali. In particolare, l’interpellante sarebbe dell’avviso che nella definizione di alloggio sociale di cui al richiamato decreto ministeriale rientrino gli alloggi riconducibili alla tipologia di intervento e di gestione dell’edilizia residenziale pubblica da parte delle aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica o degli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati, e quindi debba ritenersi applicabile la detrazione introdotta dal decreto-legge n. 47 del 2014 in favore dei conduttori di questi alloggi sociali.
In proposito, approssimandosi il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, l’interpellante fa presente che si stanno verificando situazioni di incertezza da parte di taluni uffici dell’Agenzia delle entrate circa il diritto alla detrazione in rapporto alla definizione stessa di alloggio sociale, che ingenerano confusione e incertezza nei contribuenti e negli stessi operatori fiscali per l’assistenza alla dichiarazione.
Per i motivi indicati, il senatore interpellante chiede di conoscere quali atti il Ministero dell’economia e delle finanze intende adottare per meglio esplicitare e rendere certo il diritto alla detrazione per i contribuenti conduttori di alloggi sociali. Al riguardo, sentita l’Agenzia delle entrate, si fa presente quanto segue.
Intanto, bisogna preliminarmente osservare che l’articolo 7 del decreto legge n. 47 del 2014 dispone che per il triennio 2014-2016 ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali, come definiti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio del 2007, n. 9, adibiti a propria abitazione principale spetta una detrazione complessivamente pari a 900 euro, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71; a 450 euro, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71 ma non euro 30.987,41.
Per la definizione di alloggio sociale la norma rinvia al decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, di attuazione dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, in materia di “interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali”.
L’articolo 1 del citato decreto ministeriale individua l’alloggio sociale come l’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e di nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.
Rientrano nella definizione di cui al comma 2 anche “gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati, con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche – quali esenzioni fiscali, assegnazione di aree od immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico – destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà”.
L’articolo 2 del decreto stabilisce che le Regioni, in concertazione con le Anci regionali, definiscono i requisiti per l’accesso e la permanenza nell’alloggio sociale. Il canone di locazione dell’alloggio sociale di cui all’articolo 1, comma 2, è definito dalle Regioni, in concertazione con le Anci regionali, in relazione alle diverse capacità economiche degli aventi diritto, alla composizione del nucleo familiare e alle caratteristiche dell’alloggio.
Il canone di locazione dell’alloggio sociale di cui all’articolo 1, comma 3, non può superare quello derivante dai valori risultanti dagli accordi locali sottoscritti ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998, ovvero, qualora non aggiornati, il valore determinato ai sensi dell’articolo 3, comma 114, della legge n. 350 del 2003, e può essere articolato in relazione alla diversa capacità economica degli aventi diritto, alla composizione del nucleo familiare e alle caratteristiche dell’alloggio.
L’applicazione della normativa richiamata, che peraltro assegna un ruolo rilevante alle Regioni per la definizione dei requisiti di accesso e permanenza nell’alloggio sociale, comporta necessariamente l’acquisizione dell’avviso del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che ha adottato il citato decreto del 22 aprile 2008. Al riguardo, l’Agenzia segnala, comunque, che l’individuazione degli alloggi sociali ha effetto anche con riguardo ad altre disposizioni del decreto-legge n. 47 del 2014, che prevedono agevolazioni fiscali, nonché con riguardo alle disposizioni in materia di IMU, che prevedono un trattamento di favore per gli alloggi sociali, distinguendoli da quelli assegnati dagli enti di edilizia residenziale pubblica.
In particolare, per quanto riguarda l’Imu, l’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, prevede al comma 2 che “L’imposta municipale propria non si applica, altresì: (…) b) ai fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture del 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008;”. Il comma 10 del medesimo articolo prevede che la detrazione per abitazione principale “si applica agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”.
In altri termini, dalle disposizioni in materia di IMU sembra evidenziarsi che la circostanza per cui un immobile sia assegnato da un IACP o da un ente di edilizia residenziale pubblica non ne comporta automaticamente la non applicazione dell’imposta, in quanto occorre verificare se l’immobile abbia effettivamente le caratteristiche di “alloggio sociale”, di cui al citato decreto del 22 aprile 2008. Tale orientamento è ribadito dal Dipartimento delle finanze, laddove è precisato, che i fabbricati posseduti da ex IACP, che non hanno i requisiti dell’alloggio sociale sono assoggettati ad IMU, e che l’esenzione IMU si applica solo quando gli immobili hanno i requisiti e le caratteristiche indicate dal decreto del 22 aprile 2008. È precisato altresì che “nel modello di Dichiarazione IMU il proprietario dell’alloggio sociale deve anche barrare il campo 15 relativo alla “Esenzione” e riportare, nello spazio dedicato alle “Annotazioni”, la seguente frase: “L’immobile possiede le caratteristiche e i requisiti richiesti dalla lettera b), comma 2, dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011”.
Quindi, costituisce uno specifico onere del proprietario dell’alloggio sociale attestare la sussistenza dei relativi requisiti. Ciò posto si ritiene che, diversamente da quanto sembra desumersi dall’atto di sindacato ispettivo in esame, non tutti gli alloggi riconducibili alla tipologia di intervento e di gestione dell’edilizia residenziale pubblica – da parte delle aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica o degli Istituti autonomi case popolari comunque denominati – integrano i presupposti per essere considerati alloggi sociali e consentono al locatario, quindi, di avvalersi della detrazione prevista all’articolo 7 del decreto legge n. 47 del 2014.
Quanto precede rileva altresì anche per l’ulteriore valutazione circa l’adeguatezza della quantificazione della copertura finanziaria prevista per la detrazione in questione.
Infine, in relazione alla richiesta fatta dall’interpellante al Ministro dell’economia e delle finanze, di adottare atti per meglio esplicitare e rendere certo il diritto alla detrazione per i contribuenti conduttori di alloggio sociale, fatte salve eventuali iniziative del competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si rappresenta l’opportunità di precisare che, laddove la natura di “alloggio sociale”, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, non risulti espressamente dal contratto di locazione, il proprietario dell’alloggio dovrà rilasciare al locatario un’attestazione in cui sia specificato, analogamente a quanto previsto per la dichiarazione IMU, che l’immobile possiede le caratteristiche e i requisiti previsti dal citato decreto del 22 aprile 2008. Tale attestazione dovrà essere esibita dal locatario che intende avvalersi della detrazione agli intermediari che operano l’assistenza fiscale.
[A cura di: avv. Saveria Del Vecchio – Ape Torino]
La convivenza in condominio è di per sé piuttosto complicata e facile fonte di contenzioso, e le immissioni moleste (rumori, odori, vibrazioni ecc.) sono una delle maggiori cause di conflitto tra i condòmini. Infatti, gli odori del ristorante o del forno sotto casa, il volume alto degli apparecchi radiotelevisivi, porte e portoni chiusi con violenza, prove musicali di aspiranti musicisti, animali domestici, possono rendere molto difficile la convivenza in condominio.
Quando i richiami ai vicini affinché facciano maggiore attenzione alla quiete altrui non portano risultati apprezzabili, occorre valutare quali validi rimedi possa adottare il condomino vittima delle immissioni per la tutela del proprio diritto. Innanzitutto bisogna fare riferimento al regolamento di condominio, di natura contrattuale o approvato con il consenso unanime di tutti i condòmini, e verificare se preveda limiti all’utilizzazione delle singole proprietà esclusive.
Qualora il regolamento di condominio non dica nulla al riguardo, il condomino potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria avvalendosi dell’art. 844 del codice civile che vieta le immissioni di fumo o calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni. In casi particolarmente gravi, si potrà avanzare la richiesta che i provvedimenti siano trattati con carattere di urgenza a tutela del diritto alla salute.
La norma sopra citata prevede una sorta di inversione dei diritti, perché pone in risalto il diritto del proprietario di usufruire dell’immobile come meglio crede, quindi, riconoscendogli anche la possibilità di far rumore o produrre odori, fumo ecc. purché non superino la normale tollerabilità.
Sostanzialmente le immissioni entro determinati limiti vanno sopportate, perché scatti la tutela occorre dimostrare che superino la normale tollerabilità. L’art. 844 del codice civile trova applicazione anche negli edifici in condominio nel caso un condomino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condòmini.
Il concetto di normale tollerabilità, però, non è assoluto ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo in base alle caratteristiche della zona, le abitudini degli abitanti della medesima e le attività normalmente svolte in quel determinato contesto. La giurisprudenza ha infine chiarito che deve trattarsi di propagazioni che avvengono con continuità o, almeno, periodicità.
L’autorità giudiziaria nell’applicazione della norma, dovrà contemperare le ragioni della produzione con quelle della proprietà. L’evoluzione giurisprudenziale negli ultimi anni è giunta però a determinare che il contemperamento di interessi tra le esigenze della produzione e le ragioni della proprietà, previsto dalla norma sulle immissioni, deve essere oggetto di in una lettura costituzionalmente orientata, la quale tenga conto della esigenza di privilegiare l’utilizzo dei fondi che sia maggiormente compatibile con il diritto costituzionalmente garantito alla salute. “Si tratta di una interpretazione estensiva della norma, costituzionalmente orientata, in relazione al fattore salute, che è ormai intrinseco nella attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato (cfr.Cass. 3 febbraio 1999 n.915, Cass.4 aprile 2001 n.4963)”.
Esaminando i soggetti legittimati a promuovere la domanda ai sensi dell’art. 844 del codice civile, bisogna distinguere: se la tutela riguarda le parti comuni dell’edificio, in tal caso sarà legittimato l’amministratore, che potrà agire anche per l’osservanza del regolamento contrattuale che imponga restrizioni inerenti le proprietà esclusive, anche a prescindere dalla violazione del criterio della normale tollerabilità in tal caso. Se, invece, la tutela riguarda le parti di proprietà esclusiva dei singoli condòmini, legittimato sarà il proprietario o il titolare di un diritto reale o personale di godimento.
[A cura di: Uppi]
Si è svolto lo scorso venerdì 8 maggio, a Venezia – Mestre, davanti ad un pubblico di oltre 300 persone, il organizzato dall’Uppi sul tema: “Riforma del Catasto e riflessi sulla tassazione immobiliare”.
All’evento sono intervenuti, oltre al presidente nazionale Uppi, avvocato Gabriele Bruyère, al segretario generale dell’associazione, avvocato Fabio Pucci, e all’avvocato Ruggero Sonino, presidente dell’UPPI di Venezia, anche l’onorevole Enrico Zanetti, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze; la dottoressa Gabriella Alemanno, vice direttore dell’Agenzia delle Entrate responsabile del territorio; l’ingegner Marco Selleri, direttore regionale aggiunto del Veneto dell’Agenzia Entrate; l’architetto Giovanni Salmistrari, presidente regionale Ance, l’architetto Anna Bozzacchi, presidente dell’Ordine Architetti di Venezia; il geometra Massimiliano De Martin, presidente dell’Ordine Geometri di Venezia, la dottoressa Giovanna Ciriotto, consigliere dell’Ordine Commercialisti di Venezia; il notaio Carlo Bordieri, presidente del Consiglio Notarile di Venezia; l’ingegner Valerio Lastrucci, segretario Generale Uppi Venezia, il dottor Jean-Claude Moschet, vice presidente della commissione fiscale Uppi. Un parterre, dunque, ricco e prestigioso, i cui componenti hanno tutti – ciascuno dal proprio punto di vista – relazionato la competente platea sulle finalità della riforma, sul suo iter, e sulle varie posizioni sia dei proprietari di casa che dei tecnici così come su quelle dell’Agenzia delle Entrate e del Governo.
Al termine degli interventi, ha avuto quindi luogo un lungo dibattito, che ha esternato le perplessità dei tecnici ed i timori dei proprietari di casa di essere ancora una volta, di fatto, i destinatari di una nuova ingente tassazione. Anche se, in realtà, così non dovrebbe essere, stando almeno alla rimarcata promessa dei politici che vi sarà assolutamente invarianza di gettito.
Quanto al percorso che dovrà affrontare il nuovo catasto, l’iter, come è noto, sarà molto lungo, e l’Uppi intende esserne protagonista, anche con la partecipazione diretta in rappresentanza dei proprietari nelle commissioni censuarie che saranno istituite a breve.
“Quello che ha fatto particolarmente piacere – ha sottolineato l’ingegner Valerio Lastrucci – sono stati gli applausi dei convenuti agli interventi nostri e addirittura durante l’intervento di Mochet, quando ha parlato della semplificazione sempre più complicata: tema che evidentemente ha toccato le corde della sensibilità del centinaio di commercialisti presenti in sala. Questa è la prova che dobbiamo fare interventi in difesa degli interessi del nostro ambito d’azione e non limitarci a fare da cassa armonica a provvedimenti che ormai è chiaro vanno tutti nella direzione di una maggiore tassazione, accompagnata da complicazioni sempre più gravose e nebulose come nel caso degli algoritmi statistici”.
L’Uppi continuerà nella organizzazione di questi convegni informativi e di studio sul catasto (si ricorda che si sono già svolti quelli di Torino – due volte -, Pisa e Roma) nelle varie città italiane, il prossimo dei quali è in programma il 19 giugno a Firenze.
QUADRO A – NUCLEO FAMILIARE
D. In caso di cambio residenza, modifiche del nucleo familiare, si deve presentare una nuova DSU (Dichiarazione sostitutiva unica)?
R. Il cambio di residenza non obbliga alla presentazione di una nuova DSU. Si rende necessaria solo dietro effettiva richiesta da parte dell’ente erogatore il beneficio, e in questo caso va presentata ricordando che per tale modifica il CAF che la presenta non percepisce alcun compenso da parte INPS.
QUADRO B – CASA DI ABITAZIONE
D. Si chiede conferma se, come recitano le istruzioni alla compilazione della DSU, il canone di locazione da indicare è quello previsto dal contratto al momento della presentazione della DSU.
R. Si, così come avvenuto sino ad oggi dovrà essere inserito il valore del canone annuale alla data di presentazione della DSU.
D. È possibile inserire il contratto di locazione nel quadro B anche se ancora intestato al deceduto non inserito nel quadro A della DSU? È obbligatorio procedere alla voltura del contratto?
R. Pur essendo necessario effettuare la voltura, nel caso di successione nel contratto (art. 6 della legge n.392 del 1978), è possibile indicare nel quadro B l’intestatario del contratto deceduto prima della scadenza del contratto che ovviamente non fare parte del nucleo familiare determinato ai fini ISEE.
D. Quadro B, canone di locazione annuo. Si suppone che il contratto di locazione abbia più intestatari, di cui alcuni non presenti tra i componenti nucleo del quadro A:
* Il canone annuo come lo indico?
* Inserisco il canone totale come da contratto o inserisco il canone totale da contratto rapportato al numero degli intestatari presenti nel nucleo (come si fa attualmente?)
R. Se il contratto di locazione dell’immobile scelto come casa di abitazione del nucleo familiare è intestato a più soggetti:
* tutti i cointestati del contratto fanno parte del nucleo, l’importo da indicare sarà il totale del canone riferito all’abitazione;
* non tutti i cointestati del contratto fanno parte del nucleo, l’importo da indicare dovrà essere proporzionato alla quota di cui i componenti del nucleo sono titolari. Non è possibile quindi indicare quote di canone relative ad altri cointestatari del contratto, quando questi sono soggetti estranei al nucleo familiare.
D. Se il contratto di locazione ha una durata inferiore all’anno, viene indicato il canone totale del periodo?
R. Si.
D. Si chiede conferma che l’importo del canone annuale di locazione, previsto dal contratto di locazione registrato e in essere alla data di presentazione della DSU (comprensivo di eventuale adeguamento Istat) si imputa indipendentemente dall’effettivo pagamento dello stesso.
R. Va indicato il canone previsto dal contratto senza la necessità di verificarne il pagamento; mentre l’adeguamento ISTAT si potrà inserire solo se effettivamente pagato al momento della presentazione della DSU.
D. Quadro B, “casa di abitazione”: in caso di contratto di locazione, si devono inserire tutti gli intestatari del contratto di locazione anche se non inclusi tra i componenti del nucleo? O si indicano solo quelli inclusi tra i componenti del nucleo?
R. Si indicano esclusivamente i componenti cointestatari presenti nel quadro A
D. I cittadini che abitano in case popolari con assegnazione di alloggio, in assenza del protocollo del numero di assegnazione dell’alloggio, che versano il canone di locazione così come comunicato dall’Ente competente, potranno indicare nel quadro B di essere in Casa di abitazione “in locazione”?
R. Sì, dovrà essere compilata la sezione relativa agli estremi di registrazione come segue: Data: una qualunque data valida ad es. 01/01/AAAA (dove AAAA è l’anno di sottoscrizione); Serie: EDIPUB o ND (non disponibile) Codice Ufficio: ND (non disponibile) Numero: ND (non disponibile)
D. Nel caso di occupanti censiti che versano il canone di locazione ma privi di assegnazione di alloggio, essi possono indicare l’affitto?
R. No in quanto non assegnatari.
D. È possibile indicare in DSU quadro FC3 il debito residuo al 31/12 del mutuo per l’acquisto di un immobile di categoria C/1?
R. Sì, in quanto le istruzioni riportano di “indicare per ciascun immobile” il capitale residuo al 31.12 contratto per l’acquisto dell’immobile o la costruzione del fabbricato.
MODULO FC.1
Quadro FC3 – patrimonio immobiliare
D. Patrimonio immobiliare e detrazione mutuo residuo: cosi come avviene oggi il mutuo potrà essere detratto anche se intestato a persona diversa dal proprietario?
R. Il debito residuo di capitale preso a mutuo, risultante al 31 dicembre, deve essere portato in detrazione in base alla percentuale di possesso dell’immobile e non in riferimento agli intestatari del mutuo; quindi, ad esempio, se due soggetti acquistano un immobile in comproprietà (50% cadauno), ma solo uno dei due contrae il mutuo per l’acquisto, il relativo capitale residuo al 31 dicembre verrà portato in detrazione da entrambi i proprietari dell’immobile nel limite della loro quota di possesso (50%).
D. Devono essere indicati nel patrimonio immobiliare gli immobili che sono all’asta perché pignorati (ma non ancora venduti)?
R. Anzitutto i beni, pur restando di proprietà (e, di solito, anche nel possesso) del debitore, sono sottratti alla sua libera disponibilità, e questo non comporta la perdita del diritto di proprietà con la conseguenza che gli stessi devono essere dichiarati.
QUADRO FC4 – REDDITI E TRATTAMENTI
da dichiarare ai fine ISEE
D. Quadro FC4, confermate che come previsto dalle istruzioni le prestazioni di seguito elencate non devono essere inserite nel quadro FC4?
* Contributo per l’abbattimento delle barriere architettoniche
* Voucher per servizi all’infanzia
* Assegni di cura
* Bonus gas e elettrico
* Altre forme di compartecipazione al costo di beni o servizi del disabile.
R. Non costituiscono trattamenti e non devono perciò essere indicati le eventuali esenzioni e/o agevolazioni per il pagamento di tributi, le riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi, nonché le erogazioni di buoni servizio e/o voucher che svolgono la funzione di sostituzione di servizi. Analogamente non devono essere indicati i contributi che sono erogati a titolo di rimborso spese, poiché, assimilabili, laddove rendicontati, alla fornitura diretta di bene e/o servizi. A titolo esemplificativo, non vanno indicati i contributi erogati a titolo di rimborso per spese che la persona con disabilità e/o non autosufficienza ha la necessità di sostenere per svolgere le sue attività quotidiane (ad esempio i contributi per l’assistenza indiretta, vita indipendente, gli assegni di cura, i contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche o per l’acquisto di prodotti tecnologicamente avanzati o per il trasporto personale) sempre che il contributo sia erogato a fronte di rendicontazione delle spese sostenute. Non costituisce trattamento assistenziale, previdenziale ed indennitario e non va indicato il rimborso spese per le famiglie affidatarie di persone minorenni.