[A cura di: Maria Giordano – Nuovo Fiscooggi, Agenzia delle Entrate]
Il regime fiscale agevolato di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 388/2000, è applicabile anche agli atti di acquisto di immobili ricompresi in aree soggette a piani di lottizzazione a iniziativa privata, essendo questi ultimi qualificabili come strumenti urbanistici di pianificazione di dettaglio equiparabili ai fini dell’edificabilità ai piani particolareggiati, indipendentemente dalla circostanza che non sia stata ancora stipulata la convenzione di lottizzazione al momento del trasferimento.
In recepimento dell’indirizzo consolidato della Corte di cassazione, devono ritenersi superate le istruzioni fornite con le circolari 9/E e 11/E del 2002. Questi i principali chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 41/E del 23 aprile 2015.
Le indicazioni contenute si sono rese necessarie a seguito delle numerose controversie concernenti la revoca dell’agevolazione per le cessioni di immobili siti in aree soggette a piani di lottizzazione a iniziativa privata, dovuta alla mancata adozione della convenzione di lottizzazione alla data di stipula dell’atto di trasferimento.
NORMATIVA E PRASSI
La disposizione recata dall’articolo 33, comma 3, della legge 388/2000 (formulazione originaria: “i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1 per cento e alle imposte ipotecaria e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro 5 anni dal trasferimento”), subordinava l’applicazione del regime fiscale agevolato alle seguenti condizioni:
* che l’immobile oggetto del trasferimento si trovi in un’area individuata dai “piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati”;
* che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento.
Relativamente al significato di “piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati”, la circolare 9/2002 ha chiarito che sono ricompresi tra i suddetti strumenti urbanistici anche “…i piani urbanistici ad iniziativa privata attuativi del piano regolatore generale (ad esempio, i piani di lottizzazione previsti dall’articolo 28 della legge 1150) purché la relativa convenzione, deliberata dal comune, sia firmata da quest’ultimo e dall’attuatore”.
La circolare ha anche specificato che le cessioni di immobili, ricompresi in aree soggette a piani di lottizzazione a iniziativa privata, possono fruire del regime di favore di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 388/2000, sempre che la convenzione di lottizzazione sia stata stipulata prima della data dell’atto di trasferimento.
L’indirizzo espresso in questo documento di prassi (ribadito poi, con circolare 11/2002) sembra trovare conferma nella norma di interpretazione autentica di cui all’articolo 2, comma 30, della legge 350/2003, secondo cui, nell’ipotesi di piani attuativi di iniziativa privata, il beneficio fiscale, di cui all’articolo 33, comma 3, si applica a seguito della sottoscrizione della convenzione con il soggetto attuatore.
LA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
In merito all’ambito applicativo dell’agevolazione, è intervenuta la Corte di cassazione, la quale con numerose pronunce ha espresso un orientamento opposto a quello dell’Amministrazione finanziaria. Con diverse sentenze emesse tra il 2008 e il 2010 (cfr. Cassazione, 16835/2008, 29648/2008, 28010/2009), la Corte suprema ha affermato che la fruizione del beneficio fiscale è subordinata “non al riscontro formale dell’insistenza dell’immobile in area soggetta a piano particolareggiato, quanto piuttosto al fatto che esso si trovi in un’area in cui, come in quelle soggette a piano particolareggiato, sia possibile edificare”. In altri termini, per l’applicabilità del regime di favore, assume rilievo la circostanza che “l’immobile si trovi in un’area soggetta a uno strumento urbanistico che consenta, ai fini dell’edificabilità, gli stessi risultati del piano particolareggiato … essendo infatti possibile, ad esempio, che il piano regolatore generale esaurisca tutte le prescrizioni e non vi sia necessità di un piano particolareggiato”.
Sulla base di tale principio, la successiva giurisprudenza di legittimità ha esteso l’applicabilità dell’agevolazione anche agli atti di trasferimento di immobili siti in aree soggette a piani di lottizzazione a iniziativa privata, regolarmente approvati e deliberati dall’autorità competente, anche in assenza dell’atto di stipula della convenzione di lottizzazione al momento della cessione dell’area.
Secondo i giudici di legittimità, i piani di lottizzazione a iniziativa privata hanno la finalità di riservare essenzialmente le aree e i tracciati per la viabilità e per le opere d’interesse pubblico del nuovo insediamento non individuate nello strumento generale e, quindi, detti strumenti urbanistici sono equiparabili ai piani urbanistici particolareggiati (cfr. Cassazione, 3289/2012). Ne consegue che, nel caso in cui l’immobile si trovi in aree soggette ai piani di lottizzazione, il beneficio si applica persino qualora non sia stata adottata la convenzione di lottizzazione al momento della stipula dell’atto di trasferimento del suddetto immobile.
In merito alla portata della norma recata dall’articolo 2, comma 30, della legge 350/2003, la Corte suprema chiarisce che detta disposizione “non stabilisce che la sottoscrizione della convenzione deve precedere l’atto di disposizione, ma sancisce che comunque la sottoscrizione della convenzione dà diritto all’agevolazione” (cfr. Cassazione, 14732/2014).
[Fonte: Enea]
Schermature solari e detrazioni fiscali. Questo l’oggetto del vademecum di Enea aggiornato al 16 aprile 2015. una guida che, come puntualizza lo stesso ente, è stata messa a punto sulla base di un suo parere, e come tale ha il valore di una valutazione tecnica, che in ogni caso non potrà costituire giurisprudenza. altra puntualizzazione: la detrazione si applica alle spese sostenute dal 1°gennaio al 31 dicembre 2015.
REQUISITI DELL’IMMOBILE
Alla data della richiesta di detrazione, deve essere “esistente”, ossia accatastato o con richiesta di accatastamento in corso; deve essere in regola con il pagamento di eventuali tributi; in caso di ristrutturazione senza demolizione, se essa presenta ampliamenti, non è consentito far riferimento al comma 344, ma ai singoli commi 345, 346 e 347 solo per la parte non ampliata.
REQUISITI DELL’INTERVENTO
Innanzitutto, le schermature solari devono possedere una marcatura CE, se prevista.
Poi, è agevolabile l’installazione di sistemi di schermatura di cui all’Allegato M (*) al D Lgs 311 del 29/12/2006.
(*) A questo proposito, la Legge del 23 Dicembre 2014 n.190 (c.d. Legge di Stabilità 2015), pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 99 alla G.U. n. 300 del 29/12/2014, proroga nella misura del 65%, fino al 31 dicembre 2015, le detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente ed estende la detrazione anche all’acquisto e posa in opera delle schermature solari di cui all’allegato M al decreto legislativo 29 dicembre 2006, n.311, per spese sostenute dal 1º gennaio 2015 al 31 dicembre 2015, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro.
Il Decreto 26 giugno 2009 “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici” pubblicato nella G.U. n. 158 del 10/07/2009, all’art. 7, comma 2, ha sostituito integralmente con l’Allegato B i contenuti dell’Allegato M al decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311. Nell’Allegato B non sono presenti norme UNI “di prodotto” relative alle schermature solari ma sono presenti due specifiche norme (UNI-EN-13363) per il calcolo della trasmittanza solare e luminosa per dispositivi di protezione solare in combinazione con vetrate.
In considerazione di quanto sopra esposto, si sono analizzate le normative UNI relative al calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici (UNI/TS 11300-1 e UNI EN ISO 13790) per ricavarne le tipologie di schermature solari che potrebbero rientrare nella detrazione fiscale del 65%. Da queste analisi sono emerse le seguenti considerazioni, in merito alle tipologie di schermature solari i cui costi potrebbero essere computati per la detrazione fiscale del 65%:
– devono essere a protezione di una superficie vetrata;
– devono essere applicate in modo solidale con l’involucro edilizio e non liberamente montabili e smontabili dall’utente;
– possono essere applicate, rispetto alla superficie vetrata, all’interno, all’esterno o integrate;
– possono essere in combinazioni con vetrate o autonome (aggettanti);
– devono essere mobili;
– devono essere schermature “tecniche”;
– per le chiusure oscuranti (persiane, veneziane, tapparelle, ecc.), vengono considerati validi tutti gli orientamenti ;
– per le schermature non in combinazione con vetrate, vengono escluse quelle con orientamento Nord.
DOCUMENTAZIONE NECESSARIA
a) documentazione da conservare a cura del cliente:
1) di tipo “amministrativo”:
* fatture relative alle spese sostenute;
* ricevuta del bonifico bancario o postale (modalità di pagamento obbligata nel caso di richiedente persona fisica), che rechi chiaramente come causale il riferimento alla legge finanziaria 2007, numero della fattura e relativa data, oltre ai dati del richiedente la detrazione e del beneficiario del bonifico;
* ricevuta dell’invio effettuato all’ENEA (codice CPID), che costituisce garanzia che la documentazione è stata trasmessa. Nel caso di invio postale, ricevuta della raccomandata postale.
2) di tipo “tecnico”:
* schede tecniche;
* originali inviati all’ENEA firmati (dal tecnico e/o dal cliente);
b) documentazione da trasmettere all’ENEA
esclusivamente attraverso l’apposito sito web relativo all’anno in cui sono terminati i lavori (per il 2015: http://finanziaria2015.enea.it), entro i 90 giorni successivi alla fine dei lavori, come da collaudo delle opere o nel caso di interventi di riqualificazione energetica di basso impatto (ad esempio la sostituzione di infissi), come da dichiarazione di conformità. (La richiesta di detrazione può essere trasmessa ad ENEA anche oltre i 90 giorni. qualora sussistano determinate condizioni:
* Scheda descrittiva dell’intervento (allegato F al “decreto edifici”), che può anche essere redatto dal singolo utente.
N.B. nel campo dell’Allegato F relativo al risparmio energetico stimato (13) è possibile inserire il valore “0”.
c) documentazione da trasmettere all’Agenzia delle Entrate
Con il Dlgs 175/2014, in vigore dal 13 dicembre 2014, è stato soppresso l’obbligo di inviare una comunicazione per via telematica all’Agenzia delle Entrate, per i soli lavori che proseguono oltre il periodo di imposta.
[A cura di: avvocati Roberto Negro e Valentina Massara – centro studi Appc]
L’avvocato Enrico Bet del Foro di Genova (AIAF), ha tenuto una importante relazione sul tema molto attuale della crisi della famiglia e del suo reverberarsi su aspetti di natura immobiliare, condominiale e locatizia.
Ha segnalato il relatore la problematica relativa all’assegnazione della casa familiare, come disciplinata dall’art. 337 sexies cod. civ. che dispone che il godimento della casa familiare sia attribuito tenuto prioritariamente conto dell’esigenze dei figli, e che nell’assegnazione il Giudice debba tener conto della regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori, considerandosi anche l’eventuale titolo di proprietà.
L’articolo in questione dispone che il diritto al godimento della casa familiare venga meno se l’assegnatario non la abiti o cessi di abitarla stabilmente o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento di assegnazione è trascrivibile ed opponibile ai terzi ex art. 2643 c.c..
I provvedimenti di cui sopra non fanno differenza tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio e sono addottati dal Tribunale ordinario.
In parallelo, all’art. 337 sexies cod. civ, si fa riferimento all’art. 6 della Legge 898/70, che dispone che l’abitazione della casa familiare spetti di preferenza al genitore cui sono affidati i figli o al genitore con il quale i figli convivono.
Lo scopo delle norme sarebbe quello di consentire al figlio di mantenere, anche nella crisi del rapporto di coppia, l’habitat domestico in cui ha sempre vissuto; anche nel caso di contratto di locazione vigono norme similari, in quanto già la legge 392/78 disponeva che nei contratti di locazione succede al conduttore l’altro coniuge se il diritto di abitazione nella casa familiare sia attribuito allo stesso dal Giudice, ovvero in caso di accordo tra i coniugi stessi.
Problemi particolari sorgono in caso di comodato, in quanto spesso l’immobile viene concesso in comodato dai genitori al figlio che si sposa, e ciò in quanto il diritto dell’assegnatario dovrebbe possedere la stabilità che aveva l’originario diritto del comodatario: la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 13603/04) ha ritenuto che il comodante sarebbe tenuto a consentire la continuazione del godimento del bene per l’uso previsto dal contratto ed in particolare per l’uso familiare, valutandosi da parte del Giudice se le motivazioni nel momento in cui è stato concesso il bene siano tali da impedire di protrarre oltre l’occupazione.
La concessione per uso familiare implica una scrupolosa verifica dell’intenzione delle parti, delle condizioni personali e sociali, della natura dei loro rapporti e degli interessi perseguiti (Corte Cass.Sentenza n. 20448/14).
In definitiva, la normativa introdotta dall’art. 337 sexies cod. civ. comporta la necessità che le eventuali difficoltà interpretative o discrasie vengano superate con una lettura della norma costituzionalmente orientata.
Il relatore ha anche esaminato il problema del pagamento delle imposte sulla casa, soprattutto per lo “usuario” non proprietario e, peraltro, ai fini dell’applicazione della TASI, visto che il presupposto dell’imposta si realizza con la detenzione dell’immobile a qualsiasi titolo, il tributo dovrebbe incidere anche sull’utilizzatore-occupante dell’immobile stesso.
[A cura di: Corrado Sforza Fogliani – presidente centro studi Confedilizia]
È un gravissimo fenomeno segnalato per prima dalla Confedilizia: quello dei diversi modi che i proprietari stanno escogitando per non dover più pagare tasse in continua crescita su immobili privi di qualsiasi redditività e, in molti casi, di qualsiasi possibilità di utilizzo. Regalare la propria casa è uno di questi modi, e si segnala che si sta verificando in casi sempre più numerosi.
Un’alternativa al regalo è togliere il tetto del bene, con sua conseguente catalogazione fra gli immobili “collabenti”, che nell’ultimo anno sono aumentati di oltre il 12%. Poiché però questo (a seconda dei singoli casi e delle singole disposizioni comunali) può portare al solo abbattimento delle imposte locali al 50% (come un Fisco incivile, e che non si vergogna, prevede), alcuni non si fidano neanche di questo e affrontano le spese per la totale distruzione del bene (con conseguente erezione delle schede catastali a cancellazione dell’esistenza del bene).
Un altro modo per liberarsi delle tasse sulla casa è poi quello di intestare l’immobile ad altri, magari ad extracomunitari. Sullo sfondo, vi è la scelta che si fonda su una norma del codice civile: quella di operare una vera e propria rinuncia alla proprietà dell’immobile. Ciò che fa automaticamente scattare il passaggio del bene stesso nel patrimonio dello Stato. In merito, non vi sono comunque precise istruzioni e disposizioni (la norma era nata come minaccia dello Stato per chi “abbandonava” – e trascurava – una casa, non per una liberazione da un incubo).
La Confedilizia, interpellati vari cattedratici, non è pervenuta ad una scelta univoca (chi dice che si deve pagare niente, come sempre avvenuto, e chi dice che si deve pagare l’imposta di trasferimento alla luce dello “spirito” con cui si applica oggi la norma, rimasta nella lettera inalterata). Non appena – e se – possibile, verranno date informazioni e adeguate istruzioni.
[A cura di: Flavio Maccione – segr. naz. Appc]
Tutti sono consapevoli che la casa, un volano determinante per lo sviluppo e la crescita, necessita di un approfondito restyling fiscale. No a cambi di sigle senza mutarne le consistenze. Non con il cambio di acronimi, ma con ampie e approfondite potature, che riducano il peso fiscale, accresciuto negli ultimi quattro anni del 176%, si può fare ripartire il settore immobiliare. Alleggerire il carico delle tasse sulla casa deve essere l’imperativo categorico, se vogliamo invertire la corsa all’impoverimento, scacciare il timore per il futuro e tornare a consumare.
L’Italia, sul piano internazionale, è il Paese che ha la maggiore pressione fiscale; pressione che è salita con il governo Monti al 2,2 % sul PIL, contro una media OCSE dell’1,27% e, paragonandola alla sola media dell’UE dove la pressione scende all’1,15% sul Pil, è evidente quanto in Italia pesi il fisco.
Accingersi, pertanto, a parlare del “mattone”, comparto che rappresenta il 20% del PIL nazionale, si rischia di essere monotoni e ripetitivi, in uno scenario che continua ad essere deprimente e senza via d’uscita, il governo Renzi, con la local tax demanderà agli Enti locali l’entità dei prelievi, senza intraprendere un percorso che lasci intravedere un barlume di speranza sull’alleggerimento della tassazione, che ha raggiunto una pressione del 43,5%.
Tutti si sono affannati e si affannano, senza riuscire a rimettere in moto il settore dell’immobile, sul quale in tanti hanno concentrato i loro sogni e le loro speranze. Ciò che era stato inseguito e perseguito, a suon di sacrifici, oggi, a meta raggiunta, non produce sollievo, o appagamento, ma innesca preoccupazione e angoscia per i numerosi oneri che vi incombono e per il timore di non riuscire a mantenerlo. Infatti la pressione fiscale quale fiume tumultuoso, nel suo cammino, ha travolto completamente un settore portante dell’economia. Mai, come in questi ultimi anni, un susseguirsi di normative, che si sono frammentate in infiniti rivoli, introdotte a livello centrale e locale, ha reso impossibile il districarsi in una giungla impenetrabile e oscura, che, tra l’altro, ha prodotto infinite sperequazioni.
La tanto auspicata local tax, che spazzerà via IMU prima e seconda casa, Tasi, addizionali Irpef e tasse varie e, che si affaccia ad un orizzonte ancora ricolmo di nembi minacciosi, di difficoltà e di dubbi, dovrebbe rasserenarci, almeno, riunendo in un unico appellativo le tasse locali, che colpiscono, in forma diretta ed indiretta, la casa, portando ad una semplificazione delle imposte comunali, che ci consenta di respirare in un groviglio di infinite regole, che sono cresciute e si sono differenziate in modo esponenziale. Ma ha anche l’effetto di procurarci e fare insorgere serie preoccupazioni, visto che le amministrazioni locali, sempre più fameliche ed a corto di risorse, alle prese con le necessità e le difficoltà pratiche di “fare cassa”, saranno ancora pronte a colpire il “sudato” e sempre più “attenzionato” mattone, con il creare una “tassa superconcentrata”. Così, la casa, quella chimera da inseguire, si è trasformata in incubo dal quale liberarsi. Oggi in molti rinuncerebbero al loro tetto di proprietà, pur di non fare i conti con una tassazione, che, nonostante le rassicurazioni, i proclami, gli annunci, resta in tendenziale crescita, e continua a mordere, ma il mercato immobiliare è in caduta libera.
Non si può continuare ad accettare gravami fiscali dopo che si sono succeduti governi che, quanto a tasse, hanno usato e usano lo stesso spartito musicale. No. Il mattone non deve essere per lo Stato e gli enti locali il bancomat dal quale continuare a prelevare.
[A cura di: Aldo Rossi – segretario nazionale Sunia]
L’ennesimo cambiamento preannunciato dal Governo in materia di tassazione sulla casa in occasione dell’avvio di discussione sul Def, sembrerebbe orientare le decisioni verso una unificazione dei molteplici tributi che riguardano oggi l’abitazione, con la assegnazione ai Comuni di una competenza piena in materia di imposizione patrimoniale immobiliare .
Questo orientamento, ad oggi solo frutto di sommari intendimenti e scarsi contenuti di reale riforma, va associato al percorso avviato per la riforma del catasto e quindi può far prevedere per il prossimo biennio sostanziali modifiche dell’attuale assetto impositivo sulla casa. Certo, i tempi sono molto più lunghi di quanto sino a qualche mese fa si era ipotizzato, quando si pensava di intervenire sul groviglio Imu – Tasi già con la Legge di stabilità 2015 e non se n’è poi fatto niente. Vedremo che misure concrete seguiranno agli annunci e soprattutto che esiti potrà avere il “contenzioso” Stato-Comuni in materia.
Nella sostanza, un progetto di unificazione della imposizione sulla casa e quindi di semplificazione e una diversa accentuazione delle competenze comunali in materia di tassazione sulla casa ci trova da tempo favorevoli, come pure la indifferibile riforma del catasto. Il problema però, secondo noi, sono i reali contenuti e risultati dell’impianto cui si darà vita, che non può prescindere da alcuni obiettivi: una maggiore equità nell’imposizione, una forte erosione dei livelli attuali di evasione fiscale nel settore, un sistematico utilizzo della leva fiscale in tutte le sue componenti, statale e locale, per supportare con un impianto di aliquote, detrazioni e agevolazioni lo sviluppo dell’affitto.
Saranno questi, in definitiva, gli indicatori capaci di misurare la bontà delle misure da introdurre, posto che da troppo tempo la crisi delle politiche abitative ha, tra le concause, quella di una politica fiscale nel settore che ha privilegiato l’alloggio in proprietà a scapito della locazione agevolata e contrattata.
In questo senso, vogliamo porre alcune accentuazioni di assoluta urgenza su questioni aperte e che non potranno essere eluse in sede di prospettata riforma:
* il problema della reintroduzione di una norma specifica che colpisca l’evasione fiscale nella locazione, dopo la dichiarata incostituzionalità della norma introdotta dall’art. 3, commi 8 e 9 del Decreto Legislativo 23/2011 che ha lasciato scoperto il contrasto necessario al fenomeno persistente;
* la necessaria sinergia tra cedolare secca con aliquota ridotta e imposizione comunale unificata (attuale Imu-Tasi) per un reale sostegno e incentivo alla locazione contrattata;
* un intervento fiscalmente mirato ad abbattere il fenomeno degli alloggi sfitti e invenduti, con misure di contrasto e disincentivo e di premialità alla destinazione all’affitto;
* sanare le anomalie tuttora persistenti nel sistema come la quota Tasi a carico dell’inquilino e le contraddittorie misure sulla tassazione degli alloggi Iacp che vanno esentati.
C’e’ poi il tema, non esclusivamente legato alla futura imposta unificata sulla casa, del sistema delle detrazioni per l’inquilino che merita una revisione almeno ispirato alla analogo sistema di detrazione degli interessi sui mutui per l’acquisto della prima casa.
[A cura di: Gabriele Bruyère e Jean-Claude Mochet – Uppi]
L’UPPI, appreso che a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del documento di economia e finanze per il 2015 (DEF) è emerso un tesoretto di 1,6 miliardi di euro, chiede al Governo di cancellare la Tasi per tutti gli immobili già assoggettati ad Imu.
Nel 2014, il gettito della Tasi ha raggiunto complessivamente 4,6 miliardi di euro, di cui 3,3 miliardi di euro derivanti dall’abitazione principale e 1,3 miliardi di euro per tutti i fabbricati diversi dall’abitazione principale, per le aree edificabili e per i fabbricati rurali ossia per tutti gli immobili già assoggettati ad Imu con aliquote molto elevate.
Consapevole che le risorse aggiuntive derivano certamente dall’incremento della pressione fiscale sugli immobili che, nel 2014, ha raggiunto i 42 miliardi di euro per oltre 63 milioni di immobili, l’Uppi ritiene corretto cancellare dalla tassazione della Tasi gli immobili già assoggettati ad Imu, in quanto le tasse locali sugli immobili sono state aumentate negli ultimi tre anni del 160%: dai 9,2 miliardi del 2011 ai 23,9 miliardi del 2014.
L’aumento della pressione fiscale sugli immobili ha fortemente danneggiato il settore dell’edilizia e delle costruzioni, e non ci sarà una vera ripresa in Italia senza una riduzione delle tasse sugli immobili, soprattutto di quelle locali. Con alle porte l’introduzione della Local Tax dal 2016, che andrà a sostituire l’Imu e la Tasi, l’Uppi si chiede se il Governo non abbia davvero intenzione di continuare a mettere mano nelle tasche dei piccoli proprietari immobiliari e se la promessa che le tasse saranno ridotte sia ancora credibile.
In giorni in cui si fa un gran parlare di imposizione fiscale comunale, nell’ottica di prospettiva dell’introduzione della local tax (che dal 2016 dovrebbe accorpare le tasse sulla casa e una serie di balzelli locali) è un vero e proprio grido d’allarme quello che arriva dal Codacons, secondo cui tra il 1994 e il 2014 i tributi locali richiesti ai cittadini sono aumentati del 277%, portando ogni singola famiglia a spendere in 20 anni mediamente 3.205 euro in più a livello di tasse.
Come ricostruisce l’associazione in difesa dei diritti dei consumatori, nel 1994 i contribuenti italiani hanno versato il corrispettivo in lire di 27,776 miliardi di euro a titolo di tasse locali. Nel corso degli anni, però, la pressione fiscale si è inasprita a livelli insopportabili, al punto che nel 2014 le famiglie hanno sborsato per i tributi locali complessivamente 104,7 miliardi di euro (per una media di 4.362 euro a famiglia). In soli 20 anni, quindi, i cittadini hanno pagato quasi 77 miliardi di euro in più solo per tasse e imposte locali.
“È una vergogna – attacca il presidente Codacons Carlo Rienzi -. Gli enti locali, invece di ridurre sprechi e di intervenire sui costi, hanno reagito ai tagli decisi dell’amministrazione centrale semplicemente aumentando la pressione fiscale. Al contempo, però, i servizi resi ai cittadini non solo sono diminuiti, ma sono anche peggiorati. In sostanza, si paga di più per ricevere sempre meno. Per tale motivo lanciamo oggi un grido d’allarme, e chiediamo al Governo di intervenire per evitare che gli enti locali proseguano nella folle corsa al rialzo delle tasse, attuando un federalismo fiscale dissennato che ha portato ad un grave impoverimento delle famiglie”.
Alloggio va in fiamme
Due persone intossicate
A causa di un incendio sviluppatosi in un appartamento all’ultimo piano di uno stabile livornese, due persone sono rimaste intossicate dal fumo. Portati al pronto soccorso di Livorno, i due sono stati poi trasferiti all’ospedale di Pisa per il trattamento in camera iperbarica. L’allarme è scattato nella prima mattinata, intorno alle 6,30. Sul luogo dell’incendio sono accorse due squadre dei vigili del fuoco, che hanno fatto sgomberare lo stabile.
Attrezzi da arrampicata
per svaligiare gli alloggi
A Genova, è stata sgomitata una gang di ladri che, per riuscire a entrare negli appartamenti, usavano attrezzi da arrampicata, con tanto di corde, moschettoni e imbracature. Il materiale per mettere a segno i furti è stato trovato nell’abitazione genovese di uno dei topi d’alloggio (tre albanesi, di età compresa tra 22 e 29 anni), arrestato con i presunti complici dagli agenti della squadra mobile con l’accusa di avere messo a segno una serie di colpi in città nel mese di gennaio. A quanto pare, i tre organizzavano sopralluoghi per individuare i palazzi ideali dai quali calarsi in tutta tranquillità.
Serra marija in camera,
Arrestato dalla polizia
Aveva trasformato la sua camera da letto in una serra per coltivare marijuana. La polizia, svolgendo un controllo nella casa abitata da una famiglia “insospettabile” di Perugia, ha quindi arrestato un ventenne, nella cui stanza le forza dell’ordine hanno scoperto una struttura organizzata per la coltivazione delle piantine, composta da cabina in tela riscaldata con una lampada a raggi ultravioletti, un impianto di aerazione collegato alla finestra, apparecchi per misurare il livello di umidità e il tasso di acidità del terreno.
Moglie minacciata
e aggredita con coltello
L’aveva minacciata per telefono dicendole che l’avrebbe uccisa con un coltello. Poi, un uomo di 45 anni, residente in provincia di Pescara, ha provato a passare dalle parole ai fatti, ma è stato bloccato dalla polizia mentre, prendendo a calci la porta, tentava di entrare in casa della donna, dalla quale è separato. Il 45enne è stato arrestato per detenzione abusiva di arma, minaccia grave e atti persecutori. La donna ha raccontato di avere già sporto querela a febbraio per ingiurie, minacce e percosse nei confronti del marito. Nella propria auto, l’uomo nascondeva un coltello a serramanico.
Ladri senza cuore
Rubano un salvadanaio
Neanche una remora. In provincia di Napoli, due malviventi sono entrati all’interno di un appartamento portando via un televisore, svariati capi di biancheria e persino il salvadanaio dei figlioletti del padrone di casa. I due presunti ladri sono stati però bloccati dai carabinieri, intervenuti sul posto. I militari hanno recuperato la refurtiva, che è stata restituita.
Nel dibattito innescato dall’approvazione della bozza del Def e dalla previsione dell’introduzione della local tax a partire dal 2016, si inseriscono altre due autorevoli voci del comparto immobiliare: quella della Fiaip e quella di Assoedilizia.
COSÌ LA FIAIP
“Avremmo bisogno di una manovra di segno espansivo, che parta dall’immobiliare per rilanciare l’economia. Per il settore immobiliare, come per tutta l’economia, serve quanto prima un’azione decisa sul fronte della riduzione delle tasse”. È la posizione espressa dal presidente nazionale della Federazione immobiliaristi, Paolo Righi: “Nel provvedimento manca purtroppo l’indicazione di un obiettivo chiaro per la ripresa economica. Aumentare il potenziale di crescita del sistema Paese partendo dall’immobiliare, che rappresenta il 20% del Pil, è indispensabile, visto che il trend di crescita tornerà a fatica ai livelli di pre-crisi. Ma al momento non si parla di riduzione della pressione fiscale, anzi si sostiene che su questo fronte è stato già fatto molto e bisognerà quindi attendere la Legge di stabilità del 2016. La stessa semplificazione sulla tassazione immobiliare: un’unica imposta sulla casa e la preannunciata riduzione della pressione fiscale sugli immobili vengono quindi rimandate a tempi migliori”.
Quindi, Fiaip pone l’accento sul fatto che Palazzo Chigi non ha abbassato le tasse negli ultimi anni: “In Italia la tassazione è al 42,6% per l’Ocse, mentre nel 2014 la pressione fiscale è arrivata al 43,5%, come di recente è stato certificato, perfino dall’Istat. E finora abbiamo visto un vergognoso aumento del 178% delle imposte sulla casa, che ha prodotto conseguenze disastrose per gli italiani in termini di impoverimento e di riduzione dei consumi”.
Quindi, tornando allo specifico della local tax, Righi commenta: “La tassazione unica non può ridursi al mero accorpamento di Imu e Tasi. Dopo il pasticcio del 2012 sarebbe auspicabile l’introduzione di un tributo unico che, semplificando il caos fiscale sulle imposte immobiliari, diminuisca sensibilmente la pressione fiscale sulla casa. Ci auguriamo che il governo non stia per confezionare un altro aumento di imposte a carico dei cittadini e delle imprese con una super tassa comunale che si potrebbe configurare come l’ennesima aggressione fiscale sugli immobili. Sarebbe inaccettabile alzare ancora le imposte sulla casa, dopo che negli ultimi anni i governi Monti, Letta e ora Renzi hanno già triplicato gli stessi prelievi. Gli italiani, le famiglie e i cittadini non vogliono più veder la casa trattata come un bancomat per far cassa per lo Stato e gli Enti locali”.
COSÌ ASSOEDILIZIA
“Dato il pregresso, c’è inevitabilmente il sospetto che la revisione allo studio, con la local tax che dovrebbe sostituire l’Imu, la Tasi e possibilmente altri tributi locali per semplificare e razionalizzare il sistema, sia l’occasione per ritoccare in peggio la fiscalità immobiliare”. Ad esprimere scetticismo è il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici.
“Certo, una bella rimescolata di carte può servire a confondere le acque a questi fini. La vera riforma della local tax dovrebbe viceversa portare, più che all’accorpamento dei diversi tributi esistenti, alla revisione del presupposto impositivo. Le imposte locali sono destinate a finanziare i servizi comunali. E quindi debbono esser poste a carico non di chi possiede l’immobile, ma di colui che, occupando lo stesso, fruisce in pratica dei servizi stessi. Questo meccanismo consentirebbe anche una maggior corrispondenza del gettito del tributo all’entità del fabbisogno finanziario dei comuni. Così avviene all’estero, dove, ad esempio in Inghilterra con la Council Tax, si ottengono gettiti fiscali assai congruenti con la spesa pubblica”.