A cura di: Hans Paul Griesser, ANCCA
Strano Paese il nostro. Viviamo in mezzo a migliaia di norme imprecise, confuse e di difficile comprensione. Ce ne lamentiamo giustamente e auspichiamo che il legislatore sia chiaro e formuli le leggi in modo inequivocabile.
Ma quando, molto raramente, viene varato un testo normativo che non dà adito a dubbi e incertezze… invece di brindare alla chiarezza, c’è sempre qualcuno che cerca pretesti per rendere oscuro ciò che è di evidenza assoluta.
È quello che è successo a proposito delle nuove regole introdotte dal Decreto legislativo 73/2020, con cui l’Italia ha recepito la nuova Direttiva 2018/2002 sull’efficienza energetica.
Il tema è quello della ripartizione dei costi di riscaldamento e dell’attribuzione di una percentuale dei consumi alla cosiddetta quota fissa, che riguarda i prelievi involontari di energia termica.
Il decreto legislativo 73/2020 ha modificato la precedente versione del decreto legislativo 102/2014 e all’art.9 comma 5 lettera d ha scritto testualmente:
“quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.”
Il testo è di una chiarezza esemplare. È stato definitivamente eliminato qualsiasi riferimento all’uso della norma tecnica UNI10200 che era rimasto nella versione del Decreto legislativo 141/2016, e non c’è alcun accenno alla “relazione tecnica asseverata” che avrebbe dovuto dimostrare differenze di fabbisogno termico per metro quadro superiori al 50% per non applicare la UNI 10200.
In pratica quella norma tecnica non si applica più e le assemblee di condominio possono decidere l’entità della quota fissa che non può superare il 50%.
Mentre tanti amministratori erano finalmente contenti di avere regole semplici e precise, spunta un documento firmato da Anta, Aicarr e altri, che sembra scritto prima dell’emanazione del decreto 73/2020.
A pag.5, nell’illustrare il nuovo criterio di ripartizione delle spese viene proposta una interpretazione che ha dell’incredibile.
Essa recita così:
“Si ritiene che la ripartizione della spesa del riscaldamento sulla base del consumo effettivo ai sensi della L. 10/91 art. 26 comma 5 e D. Lgs. 102/2014 art. 9 comma 5 capoverso, debba essere calcolata in base alla norma tecnica UNI 10200 con i limiti indicati dall’articolo 9 comma 5 lettera d) del D. Lgs. 102/2014. In alternativa il professionista incaricato potrà discostarsene ma dovrà in ogni caso attestare che quanto da lui effettuato consenta il calcolo del consumo effettivo quindi senza introduzione di alcun tipo di coefficiente correttivo o percentuali arbitrarie di consumi effettivi sia volontari sia involontari. L’assemblea non potrà deliberare validamente un criterio di ripartizione della spesa che non sia conforme alla determinazione dei consumi effettivi. Tale delibera, in quanto contraria a norme ritenute imperative (Legge 10/1991 e D. Lgs. 102/2014), è affetta da nullità e, pertanto, rilevabile anche da chi ha votato a favore nonché in ogni tempo ed in ogni stato e grado del processo anche d’ufficio dal Giudice. Resta alla discrezionalità dell’assemblea la scelta della tabella millesimale a mezzo della quale ripartire le spese ulteriori diverse dagli effettivi prelievi volontari di energia termica.”
Come si sia potuto scrivere un testo così distante dalla lettera e dallo spirito del Decreto legislativo 73/2020 è davvero inspiegabile.
L’Associazione Nazionale Contabilizzazione Calore e Acqua (ANCCA) da sempre si è posta il fine di assicurare che la contabilizzazione del calore e dell’acqua calda sanitaria basata sui singoli consumi possa essere fatta nel modo più equo, ma nello stesso tempo trasparente, di facile attuazione, eliminando il più possibile gli obblighi burocratici e conseguentemente riducendo i costi allo stretto necessario. Siamo stati tempestati da numerose richieste di chiarimenti da parte di amministratori e utenti finali, che hanno letto il testo del sopracitato documento, e sono rimasti sconcertati. Per questo abbiamo chiesto un parere pro veritate ad uno dei massimi esperti in materia, l’avv. Francesco Glaviano.
Nel suo parere l’avv. Glaviano ricorda che nelle Raccomandazioni 2019/1660 la Commissione europea stabilisce che “l’obbligo di fatturazione basata sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore, stabilito all’articolo 10 bis della direttiva 2012/27, non implica la necessità di basarsi esclusivamente sulla lettura dei dispositivi. Nel caso dei condomini e degli edifici multifunzionali vi sono obiettivamente valide ragioni per non ripartire i costi soltanto in base o in proporzione alle letture, almeno per quanto riguarda il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti.”
Intervenendo su questa materia, la l’Avvocato Generale dell’UE, il 30 aprile 2019, ha confermato che se si ripartissero le spese di riscaldamento unicamente sul consumo individuale, coloro che occupano appartamenti al centro dell’immobile sarebbero indotti a spegnere i loro radiatori nel corso della stagione di riscaldamento potendo beneficiare del calore proveniente dai loro vicini che, per conseguenza, dovrebbero spendere di più. Peraltro, questo metodo di ripartizione sarebbe iniquo verso coloro che chi abitano in appartamenti per loro natura più freddi (ultimo piano o primo piano sopra parcheggio. E, infine, nota l’Avvocato Generale la maggioranza dell’assemblea, essendo costituita da coloro che beneficiano del calore consumato da altri, non avrebbe alcun interesse ad autorizzare spese per l’efficientamento energetico dell’intero edificio.
L’avv. Glaviano sottolinea che l’Italia, per poter chiudere la procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea per il non corretto recepimento della Direttiva 2012/27, ha dovuto eliminare qualsiasi riferimento alla UNI10200 che spesso addirittura raddoppiava i costi per gli immobili siti al piano terreno e agli ultimi piani.
Rimettere in gioco la UNI 10200 significa voler ignorare questa decisione obbligata che lo Stato italiano ha dovuto adottare ed è una palese violazione del testo chiarissimo del Decreto legislativo 73/2020.
Alcuni interpreti cercano comunque di dare nuova vita alla UNI 10200 sostenendo ad esempio che il periodo dell’art. 9, comma 5, lettera d) del D.lgs. 102/2014 secondo cui “Le disposizioni di cui alla presente lettera sono facoltative nei condomini o gli edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore della presente disposizione si sia già provveduto all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma e si sia già provveduto alla relativa suddivisione delle spese” dovrebbe intendersi riferito alle leggi allora vigenti, che consentirebbero di ripartire sulla base dei “consumi effettivi” cioè alla UNI 10200, e che vi sarebbe addirittura una responsabilità del professionista che abbia indotto i condomini-clienti ad adottare una delibera non conforme alla legge.
“Questa interpretazione- scrive l’avv. Glaviano- non è corretta perché l’espressione “Le disposizioni di cui alla presente lettera sono facoltative …” significa che ciascun criterio adottato prima del 26 luglio 2016 poteva essere conservato, la legge è chiara e non necessita di interpretazione (art. 12 delle Disposizioni preliminari al Codice civile: In claris non fit interpretatio). Si evidenzia che la norma civile può essere retroattiva, perché il principio di irretroattività di cui all’art. 11 Preleggi cod. civ. è derogabile da parte del legislatore ordinario (cfr. ad es. Cass. 18.12. 1979 n.6572; Cass. 22.02.1983 n.1323). E poi, se ci fossero ancora dubbi in proposito, ci si chiede che senso avrebbe avuto rendere facoltativa l’applicazione della UNI 10200 solo per i soggetti che l’avevano già applicata, mentre la norma era evidentemente destinata a chi già da anni aveva installato i dispositivi e ripartiva i costi con una quota fissa, ad esempio del 30%, basata su millesimi di riscaldamento o potenze installate”.
La conclusione è dunque inequivocabile:
“È del tutto legittima la delibera autonoma condominiale che ai sensi dell’art.9 comma5, lettera d) del D.lgs. 102/2014 come modificato dal D.lgs. 73/2020 preveda una quota fissa per i costi di riscaldamento o di raffrescamento fino a un massimo del 50%.” Essa non solo non è nulla, ma è pienamente conforme alla normativa nazionale ed europea.
Speriamo che con questo parere si possa mettere la parola fine ad una disputa sterile e fuorviante che non ha alcun fondamento nella certezza di norme chiare e precise.
Hans Paul Griesser
Il testo completo del parere pro veritate dell’Avv. Francesco Glaviano è disponibile sul sito ANCCA: https://www.ancca.org/dlgs73-2020-parere-avv-glaviano/