Per gli agenti immobiliari si aprono ufficialmente le porte dell’amministrazione condominiale. Nella seduta di martedì 16 aprile il Senato ha approvato, in via definitiva, la legge europea 2018 (ddl n. 822-B) con 137 voti favorevoli, cinque contrari e 85 astensioni.
La “Legge europea 2018” è rubricata “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”; e infatti nel testo finale, che si compone di 22 articoli, vengono affrontate sei procedure di infrazione, quattro casi EU-Pilot e due casi di aiuti di Stato, proprio al fine di ridurre il numero delle procedure per violazione del diritto europeo a carico del nostro Paese, che sono ulteriormente aumentate con le ultime decisioni adottate dalla Commissione europea il 7 marzo scorso, arrivando ad assommare a 74, di cui 64 per violazione del diritto dell’Unione e 10 per mancato recepimento di direttive.
Tra queste, la procedura di infrazione n. 2018/2175, afferente all’articolo 5, comma 3, della legge 3 febbraio 1989.
Nella sua ancora attuale versione, il comma contestato dall’Europa recita come segue:
L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile:
a) con qualunque impiego pubblico o privato, fatta eccezione per l’impiego presso imprese o società aventi per oggetto l’esercizio dell’attività di mediazione;
b) con l’iscrizione in altri albi, ordini, ruoli o registri e simili;
c) con l’esercizio in proprio del commercio relativo alla specie di mediazione che si intende esercitare.
Ebbene, il nuovo comma 3, così come istituito dall’articolo 2 (Disposizioni in materia di professione di agente d’affari in mediazione) della Legge Europea approvata il 16 aprile, recita invece come segue:
“L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o privato, o di dipendente di istituto bancario, finanziario o assicurativo ad esclusione delle imprese di mediazione, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi”.
Come sottolineato già nelle scorse settimane dalla scheda di lettura della Camera, nell’ambito della procedura di infrazione 2018/2175, la Commissione europea aveva rilevato che l’art. 5, comma 3, della L. 39/1989 (quello ora sostituito dalla Legge europea), avrebbe limitato fortemente le attività che un agente immobiliare può svolgere, senza che ciò fosse giustificato da un motivo imperativo di interesse generale.
Il dossier della Camera evidenziava, inoltre, che l’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE consente agli Stati membri di limitare l’esercizio di attività multidisciplinari nelle professioni regolamentate, ma solo nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione. E che tali restrizioni, per essere giustificate, devono essere proporzionate, adatte alle rispettive professioni e necessarie per garantire l’imparzialità e l’indipendenza dei singoli professionisti, mentre per la Commissione Europea la legge italiana 39/1989, nella sua precedente formulazione, avrebbe impedito agli agenti immobiliari di esercitare qualunque altra attività diversa dall’intermediazione immobiliare, ostacolando, di fatto, la possibilità di sviluppare modelli commerciali innovativi e flessibili e di offrire servizi adattati alle necessità dei loro clienti.
In sostanza, secondo l’Europa, per proteggere i consumatori (in generale e nella fattispecie) sono sufficienti soluzioni meno restrittive, ad esempio norme generiche sul conflitto di interessi o criteri di incompatibilità specifici per quelle attività per le quali sia possibile dimostrare l’esistenza di un rischio connesso agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti. E con il nuovo articolo 5, comma 3 della legge 39/1989, l’amministrazione condominiale, a meno di successive, ulteriori, puntualizzazioni normative, non rientrerebbe tra le attività incompatibili con la professione di agente immobiliare.
La Consulta Interassociativa Nazionale dell’Intermediazione, composta dalle associazioni rappresentative degli agenti immobiliari Fimaa, Fiaip e Anama, pone in primis l’accento su un altro aspetto: “Plaudiamo all’approvazione della nuova Legge Europea 2018, che si configura come una vera e propria rivoluzione per gli agenti immobiliari. La legge approvata al Senato modifica infatti le incompatibilità per chi svolge la professione di agente immobiliare, escludendo dall’esercizio della stessa i dipendenti di istituti bancari, finanziari, assicurativi, di enti pubblici o privati e le professioni intellettuali in situazioni di conflitto di interesse con l’attività di mediazione”.
“Finalmente commentano all’unisono i Presidenti Santino Taverna (Fimaa), Gian Battista Baccarini (Fiaip), Renato Maffey (Anama) vengono accolte le istanze della Consulta Interassociativa Nazionale dell’Intermediazione in materia di incompatibilità per chi svolge l’attività di agente immobiliare e al tempo stesso si aprono ora nuove opportunità per gli agenti e si assicura a chi svolge l’attività di mediazione la possibilità di erogare nuovi servizi collaterali alla propria attività, a vantaggio dei clienti-consumatori”.
Diverse le reazioni dei rappresentanti dell’amministrazione condominiale. Eccone una breve carrellata.
Come puntualizza il presidente di Anammi, Giuseppe Bica, “In realtà, la vera novità di questo provvedimento è rappresentata dai paletti posti all’esercizio dell’attività di mediazione per i dipendenti di istituti creditizi e simili. Quanto, invece, all’aspetto che tocca più da vicino il nostro specifico comparto, la Legge europea conferma le indicazioni fornite sulla questione dal ministero dello Sviluppo Economico, che già tre anni fa chiariva come non ci fosse incompatibilità assoluta tra l’attività di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio, a patto che fosse prevalente l’attività di intermediazione. Peraltro, anche al nostro interno, la tendenza va in questa direzione. Tra i nostri 13mila iscritti, abbiamo parecchi professionisti dell’immobiliare, che hanno voluto approfondire le tematiche di amministrazione condominiale come supporto al loro lavoro principale. Agli agenti, come agli amministratori a 360 gradi, raccomandiamo di effettuare la formazione periodica, in modo da essere sempre aggiornati”.
Come rimarca il presidente di Alac, Paolo Gatto, “in generale la nostra associazione è ferma nell’opporsi ad ogni iniziativa legislativa in materia di condominio se prima non verrà approvato un provvedimento in materia di equo compenso. La legge europea, tuttavia, interessa gli amministratori condominiali solo incidentalmente, per cui la posizione di ALAC, in questo caso, è francamente neutra”.
Per il presidente di Apac, Stefano Milanesi, “Posto che non sono per le barriere, questo è un caso particolare dove il mestiere fatto dagli amministratori può andare oggettivamente in conflitto di interessi con quello di agente immobiliare e viceversa. Basterebbe questo, per essere contrari alla norma approvata. D’altra parte, è pur vero che sino ad oggi l’ostacolo veniva comunque beatamente aggirato attraverso l’impiego ad esempio di familiari, che assumevano il ruolo di amministratori condominiali quando il principale era un agente; di fatto, quindi, anticipando ciò che si vuole fare ora”.
Decisamente più positivo il parere di Andrea Tolomelli, presidente di AbiConf: “Ritengo che la caduta di limiti generali ed astratti all’esercizio delle professioni rappresenti un indubbia evoluzione per la figura del professionista, che oggi deve essere sempre più un soggetto in possesso di molteplici e differenti qualifiche, grazie alle quali può svolgere diverse attività con il solo limite di incompatibilità soggettive da valutarsi caso per caso sulla base di regolamenti e pareri delle commissioni deontologiche”.
Per Tolomelli, “Si deve superare la professione come idea di casta, per addivenire al più moderno concetto di insieme di qualifiche. Soprattutto nel mondo immobiliare c’è bisogno di professionisti multiservizi, in grado di soddisfare la richiesta degli utenti, in particolar modo nelle tante località a forte vocazione turistica. Peraltro, permarranno inalterati gli obblighi e gli obbiettivi di formazione ed aggiornamento previsti per le diverse attività professionali, escludendosi così qualsiasi deprecabile dubbio di natura protezionistica che dovesse insorgere a qualcuno”.
Bilanciato il punto di vista del presidente nazionale Laic, Lorenzo Cottignoli che, se da un lato non pone alcun veto alla nuova apertura normativa, dall’altro auspica un intervento altrettanto risoluto, da parte del legislatore, sulla professione di amministratore condominiale: “La nostra associazione saluta con assoluto favore ogni norma che disciplini l’esercizio di una professione, e che pertanto la riconosca per la sua funzione economica e sociale, e così la accrediti al cospetto della Cittadinanza quale interlocutore qualificato, affidabile e competente nel proprio settore di riferimento. In particolare, quanto al settore merceologico immobiliare, nel rilevare con piacere come il Parlamento abbia legiferato per adeguare ulteriormente il comparto alle norme europee, nondimeno non si può non rilevare come – in tale panorama – risulti ancora più assordante l’assenza di una specifica normativa professionale che disciplini l’esercizio della professione di amministratore immobiliare, che preveda la costituzione e la formazione di Ordini professionali che ne disciplinino l’aspetto deontologico e formativo e ne conservino i relativi Albi, garantendo, al pubblico dei consumatori ed utenti, ai proprietari immobiliari ed al mercato, la qualità della formazione, la competenza professionale e la correttezza deontologica dei professionisti che vi appartengono e garantendo, altresì, agli stessi professionisti, quegli standard minimi che consentirebbero a chi opera in questo settore, di lavorare con quella serenità della quale, fortunatamente per loro, altri professionisti possono fruire, ma che evidentemente non è concessa, per inspiegate ragioni, alla categoria degli Amministratori condominiali.
Sino ad allora – prosegue Cottignoli – appare improprio ed inadeguato ogni confronto con altre professioni, le quali sono normate da leggi professionali, quali appunto quella degli agenti immobiliari, e che dunque devono considerarsi, inspiegabilmente, destinatarie di un trattamento, da parte del Governo e del Legislatore, più favorevole di quello inspiegabilmente ad oggi riservato agli Amministratori professionisti, i quali non possono certo in alcun modo dirsi soddisfatti delle scarne previsioni contenenti i requisiti di esercizio dell'”incarico” di amministratore di cui all’art. 71 bis disp. att. Cod. civ. e chiedono, anzi pretendono, un ben più ampio rispetto, e un doveroso riconoscimento al più alto livello normativo, della loro figura e della loro professionalità”.