[A cura di: Mauro Simone – pres. Alac Bari]
Amministrare condomini è un lavoro che richiede molte competenze, ma
soprattutto passione e capacità di aggiornare le proprie esperienze e
conoscenze. Il patrimonio edilizio immobiliare è un bene da amministrare con
cura, poiché incide sul benessere e la serenità della comunità. Per gestire
immobili e condomini si rende quindi indispensabile la conoscenza di materie
multidisciplinari: diritto, contabilità, fisco, sicurezza, responsabilità
civile, manutenzione ordinaria e straordinaria, per le ristrutturazioni, per la
certificazione energetica, per il risparmio energetico, etc; insomma
l’amministratore deve essere un esperto in “scienza dell’amministrazione di
beni privati”.
La costante elaborazione di norme non facilita sempre
l’interpretazione di quelle esistenti neppure dopo la riforma, e rende il
lavoro dell’amministratore molto impegnativo. Amministrare oggi è una
professione a tutti gli effetti, e non più un’arte fai-da-te. Dalla maggiore
trasparenza e professionalità a gestire i condomini traggono il beneficio gli
utenti del condominio. Il bene a cui ogni amministratore deve guardare come
cartina di tornasole è l’interesse della collettività. Generare valore dai beni
che vengono amministrati a servizio della collettività è un aspetto essenziale.
Amministrando con passione, competenza, aggiornando le proprie competenze, si
rappresentano gli interessi della collettività.
Da più parti si sta discutendo di apportare degli aggiustamenti alla
disciplina del condominio, come modificata dalla legge 220 del 2012. Che la
novella entrata in vigore il 18 giugno 2013 presenti delle criticità è
indubitabile, ma oggi i due problemi più importanti che, a nostro avviso,
bisognerebbe affrontare e sottoporre all’attenzione del sottosegretario Ferri
sono quelli relativi all’accertamento della frequenza di un corso di
aggiornamento periodico da parte di chiunque svolga la professione di
amministratore e all’entità dell’emolumento riconosciuto dagli amministrati
all’amministratore.
Infatti è importante mettere in chiaro alcune cose. La 220/2012 e il
regolamento 140/2014 del Ministero di Giustizia hanno stabilito delle regole
ben precise, deroghe a parte, per chi svolge questa attività, consacrata a
tutti gli effetti come professione dalla legge n. 4/2013. Chiunque amministri
un condominio o un supercondominio, un condominio orizzontale, una
multiproprietà o un consorzio immobiliare, a prescindere se è iscritto oppure
no a un Ordine professionale o a un Collegio, è soggetto all’obbligo della
formazione iniziale e a quella periodica che deve concludersi con un esame
finale, comprovato da una certificazione, preferibilmente rilasciata da
un’associazione nazionale di categoria.
Ebbene: qual è la situazione oggi, dopo due anni e mezzo dall’entrata
in vigore della riforma e dopo un anno dal Decreto 140 del Ministero di
Giustizia? Sono molti, moltissimi gli amministratori che non hanno le carte in
regola; che soprattutto non hanno seguito un corso di aggiornamento nel 2015 e
quindi gestiscono condomini in assenza dei requisiti richiesti dalla legge. Il
legislatore ha previsto che l’amministratore ogni anno aggiorni le proprie
competenze, però non ha previsto un serio ed organico sistema di controllo.
All’attualità non ci sono controlli né è previsto che ci siano da parte di
alcuno; tutto è lasciato al libero mercato, vale a dire alle scelte e al
controllo eventuale da parte dei condòmini. Ma è noto che i condòmini pur
essendo i principali destinatari dei servizi e delle prestazioni degli
amministratori e avrebbero tutto l’interesse ad interfacciarsi e a farsi
gestire da professionisti in regola con le leggi, non si curano di effettuare
le verifiche e i controlli circa il possesso e la permanenza dei requisiti
professionali dei loro gestori. E quindi la realtà registra molti
amministratori non in regola, che vengono nominati o riconfermati
illegittimamente, ovvero gestiscono piccoli e grandi condomini in spregio alle
disposizioni di legge.
Parte della dottrina ritiene solo annullabile una delibera di nomina o
riconferma dell’amministratore viziata per assenza di uno dei requisiti
previsti dall’art. 71 bis o dal Decreto 140. È il caso di domandarsi se la
mancanza di uno dei predetti requisiti costituisce violazione di interessi
privati o piuttosto è una violazione di norma imperativa di ordine pubblico
punibile con la nullità della delibera di nomina o di riconferma dell’incarico.
Noi saremmo più propensi a considerare nulla la delibera siccome è
fondamentale tutelare gli interessi pubblici.
Le associazioni riteniamo che dovrebbero tracciare un orizzonte comune
affinché il Ministero di Giustizia intervenga a normare questa questione,
magari obbligando l’amministratore a comunicare al Ministero e ai propri
amministrati le proprie credenziali, compresa l’attestazione del superamento
dell’esame annuale del corso di aggiornamento, preferibilmente asseverata da
un’associazione di categoria.
L’altra notazione, solo accennata, riguarda i
compensi dell’amministratore, che sono effettivamente bassi malgrado le
accresciute responsabilità di questi professionisti. Dopo la riforma era attesa
una migliore risposta economica per gli amministratori. Gli amministratori
hanno sperato di tornare “a rivedere le stelle” in questa professione. Ma i
tariffari non sono previsti (neppure quelli minimi), anzi sono vietati
dall’Antitrust. E così “razzolano” tranquillamente amministratori che
gestiscono condomini per un piatto di lenticchie e magari a volte sono anche
degli abusivi. Si pensi per esempio a quegli impiegati della P.A. che svolgono
la professione di amministratore.