[A cura di: Mauro Simone, vice presidente nazionale ALAC – www.alac.it] Anche dopo la riforma del Condominio (L. 220/12), persiste un divario tra normativa e realtà condominiale, che neppure la giurisprudenza riesce a colmare, sia per l’enorme casistica delle questioni che si affacciano nella quotidianità, sia per la molteplicità degli aspetti che a volte uno stesso argomento presenta, tanto da portare spesso gli esperti a controverse interpretazioni degli articoli di legge e lasciando talvolta perplessi gli stessi condominialisti.
Su numerose problematiche è sempre attuale il dibattito tra dottrina e giurisprudenza a causa della lacunosità delle norme e del presentarsi di nuove situazioni che contribuiscono a far insorgere conflitti e liti anche aspre, con assemblee condominiali che a volte si trasformano in veri e propri “condemoni”, anche per il motivo che gli italiani, secondo statistiche comparate delle cause civili nei vari paesi europei, sono un popolo assai litigioso.
La novella legislativa del 2012 ha lasciato irrisolte diverse questioni e dubbi interpretativi. Per esemplificare, abbastanza lacunosa ed incompleta è la disciplina dell’istituto del supercondominio e pure numerose sono le incertezze in materia di suddivisione delle spese.
Inoltre l’istituto della mediazione non ha contribuito a snellire la macchina giudiziaria e altresì un nodo irrisolto è quello relativo alla rendicontazione annuale, ove, rispetto alla contabilità semplice delle voci di entrata ed uscita, invero più adatta alla comprensibilità della quasi totalità dei condòmini privi di una formazione ragionieristica, alcuni caldeggiano e propugnano invece complessi criteri contabili meno comprensibili ai comuni mortali ovvero al “condomino medio”.
Dopo solo otto anni dalla sua promulgazione la normativa del nuovo condominio necessita di una rivisitazione ed alcuni aggiustamenti.
Essenziale è risolvere una volta per tutte il controllo e la verifica della formazione iniziale e di quella periodica dell’amministratore professionista ed anche dell’amministratore cosiddetto interno, e, ancora, è da sperare nell’uniformità interpretativa e chiarezza da parte della giurisprudenza in merito all’amministratore di condominio carente dei requisiti di cui all’art. 71 bis delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.
Ciascun condomino e ciascuna compagine condominiale deve poter conoscere documentalmente ad ogni nomina/rinnovo dell’amministratore il percorso formativo iniziale e lo stato di aggiornamento dell’amministratore, in allegato all’offerta di gestione.
All’assenza dei requisiti dovrebbe scaturire automaticamente la caduta dell’incarico con l’invalidità della deliberazione di nomina e con la conseguente azione per la sua invalidazione oltre che per il risarcimento dei danni da parte del sedicente amministratore.
Oggi invece è la stessa Giurisprudenza a non fare chiarezza sugli esiti della mancata partecipazione dell’amministratore ai corsi di aggiornamento annuali.
Infatti il Tribunale di Padova del 24/03/2017 si è espresso per la nullità delle deliberazioni di nomina dell’amministratore non aggiornato.
Al contrario, per il Tribunale di Verona, sent. del 13/11/2018 il mancato aggiornamento ai sensi dell’art. 71 bis, co. 1, lett. g, disp. att. c.c., non determina la nullità della delibera assembleare di nomina dell’amministratore ma solo un’irregolarità priva di effetti pratici.
In merito al D.M. 140/2014, in conseguenza dell’esperienza che stiamo vivendo nell’attuale emergenza epidemiologica, è opportuno prevedere in alternativa alla presenza fisica in aula o in sede, esami in collegamento Skype con una delle Associazioni accreditate al MISE e, inoltre, svolgimento mix a distanza e di persona delle assemblee condominiali.