Gli amministratori di condominio gestiscono importanti capitali, servizi, progetti fiscali e finanziari e sovraintendendo alla corretta manutenzione degli immobili che rappresentano un bene di primario interesse e fonte di tanti sacrifici specie per noi italiani che siamo uno dei popoli più interessati a questa forma di investimento del nostro risparmio. Ma non solo, la casa è spesso un micro cosmo di ricordi ed affetti personali che ne aumenta esponenzialmente il valore.
Anche sulla scorta di tali considerazioni, il nostro Legislatore, nell’ambito della riforma dell’Istituto del Condominio, con la legge 220/2012, ha ridisegnato la figura dell’amministratore di condominio proprio partendo dalla formazione ed aggiornamento professionale e dalla reputazione dello stesso.
Nell’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile è stato esplicitamente previsto che, per ricoprire la carica di amministratore di condominio, occorre il godimento dei diritti civili, non essere stato interdetto o inabilitato, unitamente a dei requisiti di “onorabilità” e “professionali”.
Rientrano nell’ambito dei requisiti di “onorabilità”:
Rientrano invece nelle competenze professionali:
Con un successivo Decreto del Ministero di Giustizia, il D.M. 140/2014, sono state chiarite durata, modalità, materie e requisiti dei formatori e dei responsabili scientifici dei corsi.
È stato, dunque, previsto un sistema di aggiornamento professionale non solo basato su un monte ore minimo ma ben di più, ed altrettanto particolarmente, attraverso veri e propri corsi di aggiornamento con verifica finale.
Unica eccezione è stata riservata a coloro che amministrano il proprio condominio che, non sono tenuti né ad una formazione professionale né tantomeno all’aggiornamento periodico annuale. Tale norma, contenuta nell’ambito del secondo comma dell’articolo 71 bis. c.c. è, inspiegabilmente, in contrasto con la professionalizzazione della categoria e stride con tutte le normalmente previste tutele dei clienti finali (che sono i condòmini nella loro collettività ma, anche, i terzi e ciò soprattutto in considerazione della “funzione di garanzia” attribuita all’amministratore da numerosa giurisprudenza nell’ambito dell’individuazione delle responsabilità penali ed extra contrattuali in capo all’amministratore di condominio).
Il Legislatore riformatore, nell’assenza di un Ordine o Collegio di riferimento per gli amministratori di condominio, ha incentrato l’attività di controllo sul possesso dei suddetti requisiti all’atto della nomina e successivamente in sede di rinnovo, in primis facendo riferimento agli stessi condòmini che collettivamente sono i mandanti dell’amministratore (stante l’espressa riconducibilità al mandato del rapporto giuridico ex art. 1129, 15° comma c.c.) e successivamente, in caso di controversia, al Giudice adito.
Difatti, lo stesso articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile prevede che, in caso venga meno il godimento dei diritti civili, o vi siano interdizione o inabilitazione o perdita dei requisiti di “onorabilità” suddetti, il rapporto con l’amministratore cesserà e ciascun condomino, senza formalità, potrà convocare l’assemblea dei condòmini per la nomina del nuovo amministratore. Quest’ultima una delle poche situazioni che lasciano il Condominio sprovvisto dell’Amministratore, sostanzialmente al pari del decesso dello stesso.
Per quanto attiene ai requisiti professionali, ai sensi dell’articolo 1129, secondo comma c.c., questi debbono essere esplicitati dall’amministratore in sede di nomina e di rinnovo dell’incarico. Pertanto, dall’offerta dell’amministratore, alla base della nomina o del rinnovo, dovranno risultare i predetti requisiti professionali. Ai sensi del punto 8 del successivo comma 12 dell’articolo 1129, c.c. può configurare una grave irregolarità motivo di revoca dell’incarico, l’omessa, incompleta o inesatta dichiarazione in ordine ai suddetti requisiti. Nel caso, la gravità dovrà essere accertata e valutata dal Giudice eventualmente adito tenendo conto della forza dirompente rispetto al rapporto fiduciario tra condòmini ed amministratore.
Dalla lettura delle suddette norme, ben potrebbe ricondursi a nullità il mandato conferito ad un soggetto privo dei requisiti necessari per assumerlo. Cosicché, l’amministratore eventualmente sfiduciato potrebbe rifiutarsi di consegnare i documenti al nuovo amministratore che non possiede i titoli per assumere il mandato, come pure l’istituto di credito potrebbe non ammettere il nuovo amministratore all’operatività del conto corrente. Ciò per un corretto rispetto delle norme di legge ed a tutela di tutte le parti coinvolte (compresi l’amministratore uscente, l’istituto di credito ed i professionisti eventualmente incaricati dal o nell’interesse del condominio).
Difatti, con il passaggio di consegne spesso vengono trasferiti importanti documenti che devono essere conservati adeguatamente. Pensiamo ai tanti documenti afferenti ad appalti, lavori straordinari e ciò soprattutto oggigiorno, se pensiamo che l’eventuale agevolazione del Super Bonus 110% prevede un notevole raccolta documentale da conservare per anni in caso di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. In tali casi, l’amministratore uscente, benché sfiduciato ma non propriamente sostituito, potrebbe tornare a chiamare l’assemblea dei condòmini affinché questa deliberi la nomina di un nuovo amministratore in grado di accettare l’incarico in quanto nel possesso dei requisiti di legge.
In giurisprudenza, a conferma, il Tribunale di Padova del 2017, nella sentenza n. 818 propriamente aveva rilevato la nullità della nomina dell’amministratore che non ha frequentato il corso annuale di aggiornamento, affermando che, la mancata frequentazione del corso di formazione periodica rende illegittima la nomina dell’amministratore di condominio.
I Tribunali di Milano (del 27/03/2019, n. 3145) e di Verona (del 13/11/2018, n. 2515) hanno, diversamente ritenuto che, la mancata formazione professionale dell’Amministratore di condominio, non è causa di nullità della nomina ma è semplice motivo di revoca dell’incarico professionale. Tale impostazione è opinabile nell’ottica della professionalizzazione dell’incarico, perché viene ad ammettere implicitamente che la tolleranza del cliente (ingenuo o incosciente) salvi un mandato (collettivo) assunto in dispregio delle norme di legge.
La legge 220/2012 – entrata in vigore il 18 giugno 2013 – va poi messa in relazione alla legge 4 del 2013, ed è dal combinato disposto di tali norme che possiamo ora riportarci alla professione di amministratore di condominio e non più soltanto a quel triste Ufficio di diritto privato come soleva riferirsi in passato la giurisprudenza.
Ai sensi dell’articolo 2 della citata legge 4 / 2013 è professione, non organizzata in ordini o collegi, l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.
L’amministratore è dunque un professionista “atipico” – in quanto senza un albo di riferimento -; può iscriversi ad una associazione professionale che ha come obbiettivo la formazione, la qualifica, la rappresentanza e il controllo dell’operatività dell’iscritto.
Nell’ambito della libertà di associazione – garantita dall’articolo 18 della nostra carta costituzionale – alcune associazioni professionali di amministratori hanno maturato i requisiti e si sono iscritte in apposito elenco presso il MISE (Ministero dello sviluppo economico) tra quelle che rilasciano attestato di qualità.
Ed è proprio a queste ultime associazioni, che sono tali in quanto hanno previsto meccanismi a garanzia del consumatore (sportelli di tutela e regolamenti deontologici), e sistemi di verifica e miglioramento della qualità dei servizi degli iscritti, che l’utente finale (condomino) o i terzi (colleghi, fornitori ed istituti bancari, ecc.) possono eventualmente riferirsi per la verifica dei requisiti degli amministratori di condominio professionisti.
Difatti, gli associati a tali strutture dovranno evidenziare la loro iscrizione e possedere quei requisiti previsti per l’esercizio della professione in quanto la prestazione, per essere di qualità, dove essere anzitutto svolta nel rispetto delle norme di legge.
A conclusione, è opportuno evidenziare che, ai sensi del terzo comma dell’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile, possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche le società. In tal caso, i requisiti suddetti dovranno essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi.