In questi mesi di emergenza sanitaria, sia nella fase critica del lockdown sia in quella – meno restrittiva – che ne è seguita, una parte significativa del dibattito in seno alle associazioni del mondo condominiale si è concentrata sulla problematica delle assemblee.
Un nodo, di fatto, a tutt’oggi da sciogliere, complice il silenzio da parte di Governo e Parlamento su qualsivoglia richiesta di disciplinare le riunioni condominiali in presenza o, in alternativa, quelle da remoto, in maniera più strutturata, e anche meno attaccabile sul profilo giuridico, di quanto non fatto limitandosi a liquidare con qualche Faq i comprensibili dubbi espressi dagli amministratori.
E così, mentre non pochi professionisti, pur in ordine sparso, stanno comunque provvedendo a convocare le assemblee, adottando tutte le precauzioni nella loro disponibilità e contestualmente sperando di non dover rispondere a titolo personale di eventuali contagi che si dovessero sviluppare o diffondere in tali contesti, quasi tutte le associazioni che rappresentano gli amministratori condominiali continuano a predicare prudenza, dissuadendo i propri iscritti dallo svolgere riunioni a meno che queste non siano improrogabili.
Insomma, a prevalere è lo stallo. E a scandire le settimane – ormai i mesi – è l’attesa di un intervento normativo che:
Ora, se la prima strada sembrerebbe più facilmente percorribile – tanto che le associazioni stesse hanno stilato, nelle ultime settimane, numerosi decaloghi di “assemblee in sicurezza”, e d’altra parte già si sta cercando, in assenza di indicazioni specifiche, di interpretare, per analogia, quelle previste per altri comparti dai vari decreti – l’ipotesi della riconversione telematica delle assemblee di persona sarebbe quella maggiormente previdente in ottica di prospettiva, consentendo al mondo condominiale di farsi trovare pronto anche nella malaugurata ipotesi di un nuovo peggioramento della situazione epidemiologica.
Però, a prescindere dalla volontà politica di recepire un input lanciato, negli ultimi mesi, da numerose rappresentanze dell’amministrazione condominiale, gli ostacoli nell’imboccare una siffatta direzione sono diversi. E se quelli di carattere sociale o perfino ideologico possono anche essere affrontati e superati, non altrettanto è possibile fare con quelli infrastrutturali, che hanno il nome di “digital divide”, vale a dire il divario digitale che a tutt’oggi esiste tra i residenti di diverse parti d’Italia.
Tutt’altro che di poco conto, il problema (ovviamente non con specifico riferimento al contesto condominiale) è stato posto nuovamente in evidenza, non più tardi dello scorso 1° luglio, anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che ha ritenuto di indirizzare una segnalazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dello Sviluppo Economico, all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani riguardo allo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione fissa e mobile a banda ultra-larga, in un’ottica di promozione degli investimenti e del rispetto di un corretto gioco concorrenziale.
Nella segnalazione, l’Autorità ha rilevato che le infrastrutture di telecomunicazioni, sia mobili che fisse, costituiscono elemento fondamentale per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale e la crescita economica, come dimostrato anche nel corso della recente emergenza sanitaria dall’accesso al lavoro ed all’istruzione a distanza.
Occorre quindi che le istituzioni pubbliche rimuovano gli ostacoli ingiustificati all’installazione ed all’esercizio di infrastrutture di telecomunicazioni, promovendo l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica da parte dei cittadini e rilanciando gli investimenti privati e pubblici nelle suddette reti di comunicazione.
In primo luogo, l’Autorità richiama quanto espresso in precedenza sulla necessità di rimuovere gli ostacoli ingiustificati all’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access, anche in virtù di una rinnovata verifica della validità degli attuali limiti elettromagnetici e degli standard di misurazione alla luce delle valutazioni scientifiche intervenute al riguardo, con conseguenti importanti favorevoli ricadute sui livelli di servizio erogati ai consumatori e alle imprese.
In secondo luogo, l’Autorità auspica un’azione volta a ridurre gli oneri amministrativi e le barriere allo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione fisse con opportuni interventi sugli iter autorizzativi e sui limiti al subappalto, in modo da favorire una concorrenza tra operatori per la fornitura di infrastrutture di qualità, con adeguati benefici in termini di prezzo.
Inoltre, l’Autorità accoglie con favore la previsione di strumenti di sostegno alla domanda – tramite l’erogazione di voucher e dispositivi elettronici – per le famiglie meno abbienti (intervento di coesione o c.d. fase I), rispondenti ad un duplice obiettivo:
Al contempo, ritiene necessario che gli ulteriori interventi destinati alle famiglie e alle imprese (interventi della c.d. fase II) debbano essere erogati esclusivamente per connessioni con velocità di almeno 100 Mpbs, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica. In caso contrario si avrebbe un sostegno ingiustificato per tecnologie che hanno dimostrato, proprio durante l’emergenza sanitaria, di non essere adeguate al soddisfacimento delle esigenze di connettività del Paese.
Infine si assume che un forte stimolo ai clienti finali ad avvalersi di nuove tecnologie possa derivare dalla mobilità della clientela tra i diversi operatori.
In tal senso, appare opportuna una modifica delle norme relative al diritto di recesso di cui art. 1, commi 3 e 3-ter, del D.L. n. 7/2007, al fine di impedire agli operatori di pretendere corrispettivi ingiustificati in caso di recesso anticipato – in termini di imposizione di costi relativi a servizi di attivazione e accessori non corrispondenti a quelli reali – tali da limitare eccessivamente la facoltà dei clienti di cambiare operatore.
Peraltro, l’eliminazione di ogni ostacolo contrattuale al cambio di operatore, tra cui il vincolo di permanenza dei clienti già contrattualizzati fino a 48 mesi, con tecnologie obsolete, favorirebbe la concorrenza per la fornitura di servizi sempre più veloci. Questo strumento, inoltre, sosterrebbe gli investimenti legati alla domanda di connettività, senza alcun onere pubblico.
L’Autorità auspica che tali interventi siano adottati in modo da permettere un più veloce sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili e di assicurare un level playing field concorrenziale. La concorrenza tra operatori, a tutti i livelli della filiera dei servizi di telefonia mobile e fissa, può rappresentare il motore principale per l’ammodernamento delle reti di telecomunicazione, garantendo che i consumatori siano gli effettivi destinatari dei relativi effetti benefici, in termini di prezzi, qualità dei servizi e innovazione tecnologica.
Sul tema è intervenuta anche Federconsumatori, che rimarca come “Nelle settimane di lockdown è emersa in tutta la sua evidenza la necessità di adeguare le infrastrutture tecnologiche alle esigenze dei cittadini, che hanno diritto di poter accedere alla Rete in tutte le aree del Paese. Nei mesi scorsi gli utenti hanno utilizzato diverse tipologie di strumenti tecnologici per accedere a servizi e attività on line, soprattutto per coloro i quali hanno dovuto confrontarsi con lo smartworking e con l’istruzione a distanza. Il forzato trasferimento “in remoto” di alcune attività ha evidenziato il digital divide esistente in Italia: un’importante percentuale della popolazione si vede, di fatto, negato il cosiddetto “diritto all’accesso” ad internet”.
Come rimarca Federconsumatori, “abbiamo più volte chiamato gli operatori e le istituzioni a stanziare gli investimenti necessari in direzione di una estensione ed un potenziamento delle infrastrutture per renderle pienamente e diffusamente fruibili. Ora anche l’Antitrust ha rilevato la medesima problematica in una segnalazione trasmessa a Parlamento, Governo, AGCom e Anci e ha giustamente evidenziato il ruolo delle infrastrutture di telecomunicazioni nello sviluppo e nella crescita dell’intero sistema. Accogliamo quindi positivamente l‘intervento dell’AGCM e chiediamo che le istituzioni pubbliche rispondano con azioni rapide ed efficaci alla richiesta dell’Autorità di rimuovere gli ostacoli all’installazione di infrastrutture di tlc e di promuovere l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica. Il diritto all’accesso, non ci stanchiamo di ribadirlo, deve essere garantito a tutti”.