[A cura di: Andrea Tolomelli – presidente nazionale Abiconf] È praticamente da quando è iniziato lo stato di emergenza sanitaria determinato dal COVID-19 che noi italiani ci dividiamo tra chi cerca ed invoca regole (per poi semmai trasgredirle) e chi, invece, sente la necessità di tenere il comportamento più appropriato per proteggere gli altri e sé stesso, indipendentemente da ogni particolare previsione di legge.
Tale situazione la ritroviamo anche nell’ambito delle assemblee di condominio.
Dopo “fiumi” d’inchiostro (o forse oggi più appropriatamente di “file”) spesi sul tema, forse è opportuno mettere fine alla “telenovela” con la seguente considerazione: le assemblee di condominio sono inequivocabilmente delle forme di aggregazione di persone (ed a volte anche molto partecipate) e pertanto è opportuno svolgerle da remoto o se non è possibile rinviarle a quando lo stato di emergenza sarà cessato.
Questa è la conclusione alla quale si arriva dopo la lettura dei vari provvedimenti emergenziali che si sono susseguiti e tutti senza mai fare un chiaro riferimento all’assemblea di condominio. Sono stati, infatti, introdotti divieti di assembramento e di spostamento più volte ristretti, allentati e nuovamente rinforzati in considerazione della ripresa esponenziale dell’epidemia. Le nostre attività lavorative sono state specificatamente normate da protocolli per l’industria, commercio, turismo e studi professionali. Sono state pure regolamentate le funzioni religiose ed i conseguenti festeggiamenti, le attività sportive e ludiche ed il diritto di manifestare. Il Governo ha pure sentito la necessità di entrare nel più intimo quotidiano di tutti noi con raccomandazioni che riguardano la nostra casa, indicandoci come possibile pericolo ricevere ospiti se non strettamente necessario e raccomandandoci di non spostarci con mezzi pubblici o privati se non per esigenze lavorative, di studio o per necessità. Sono stati aperti e chiusi i ristoranti ed i bar e limitato il numero delle persone che possono stare allo stesso tavolo.
Assistiamo, dunque, in tutti questi provvedimenti, al tentativo di bilanciare le evidenze scientifiche che purtroppo ad oggi ci indicano come unica soluzione al diffondersi del morbo il distanziamento personale con la valutazione del mantenimento in esercizio di quelle attività non posticipabili anche in ragione di interessi di natura economica.
Fortunatamente il condominio – che non è un’attività economica ma una comproprietà – può sopravvivere indipendentemente dalle assemblee di condominio: l’importante è che sopravvivano i condòmini e l’amministratore!
Difatti, il Legislatore del ’42 nel costruire l’ossatura dell’istituto del condominio ha incentrato sull’amministratore (in carica a pieni poteri fino alla sostituzione con un altro amministratore) lo svolgimento delle funzioni ordinarie e straordinarie d’urgenza anche indipendentemente dalla possibilità per i condòmini di riunirsi nell’organo assembleare collegiale (infra agli articoli 1130 e 1135 c.c).
A questo punto occorre premettere che, l’attività degli studi di amministrazione normalmente solo per una minima parte si può riferire al momento assembleare essendo, viceversa, per la più grande parte è svolta nel quotidiano con la cura del bene comune, la gestione degli interventi manutentivi, l’organizzazione dei servizi in condominio, le registrazioni contabili, il confronto e l’assistenza fiscale, il pagamento delle spese e la formulazione e l’incasso delle quote dai condòmini.
Il confronto con i condòmini non è soltanto assembleare ma, specie oggigiorno, può avvenire in più modi attraverso, telefono, e-mail e perfino con incontri da remoto in videoconferenza e ciò indipendentemente dall’ufficialità o meno dell’assemblea di condominio! Anzi, in quest’ultimo periodo, nella limitazione dei momenti di comunicazione collettiva, è aumentato notevolmente il carico di lavoro per gli studi di amministrazione dovendo gli stessi fornire più chiarimenti personali a tutti i condòmini ai quali viene recapitata la contabilità d’esercizio. Spesso, poi, all’azione legale si è sostituita una puntuale attività di confronto, discussione e dilazione con inevitabile aggravio di lavoro per l’amministratore.
La premessa è fondamentale per spiegare quanto sia importante la funzione dell’amministratore indipendentemente dallo svolgimento delle assemblee di condominio.
Orbene, venendo alla lettura degli ultimi DPCM, rileviamo quanto segue:
Considerato che una forte raccomandazione pur non avendo valore di precetto in assoluto è di certo un avvertimento di pericolo, soprattutto per chi ha la responsabilità di organizzare un evento, come l’amministratore di condominio, può dedursi che, per le assemblee di condominio (assimilate alle riunioni private da una circolare del ministero dell’interno in data 20 ottobre 2020) per potersi tenere in presenza:
Per quanto attiene alle assemblee in videoconferenza, la legge 126 del 13 ottobre 2020 nel convertire in legge il c.d. “DL di Agosto” accoglie e tramuta in legge alcuni emendamenti, normando la possibilità per l’assemblea di condominio di tenersi con modalità di videoconferenza andando a modificare il testo dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, disponendo che, la convocazione dell’assemblea deve contenere l’indicazione “se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma sulla quale si terrà la riunione e l’ora della stessa”. È stato poi introdotto, dalle medesima legge, un quinto comma dell’articolo 66 che dispone: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente è trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convocazione”.
Orbene, dalla lettura di tali nuovi disposti è chiaro che, ove sia stata disciplinata l’assemblea on line nell’ambito del regolamento di condominio, l’amministratore potrà procedere con l’avvertenza di indicare la piattaforma elettronica sulla quale la medesima si terrà. L’inciso suddetto lascia sottendere la convinzione dell’attuale Legislatore circa la possibilità di prevedere collegamenti da remoto per le assemblee di condominio anche già da prima dell’introduzione di tale norma, nell’assenza di uno specifico divieto e nell’ambito dell’autonomia regolamentare dell’assemblea di Condominio.
Ove non prevista nel regolamento di condominio la possibilità di collegamento da remoto all’assemblea di condominio, occorrerà acquisire un preventivo consenso, che nel caso, per espressa previsione, dovrà essere di tutti i condòmini.
Tale disposizione, pare, tra l’altro, di prossima modifica con la sostituzione del consenso di tutti i condomini con quello della mera maggioranza dei condomini (teste). Ove dovesse intervenire la suddetta modifica, secondo una discutibile scelta giuridica (sicuramente figlia della fretta di questi giorni) verrà introdotto per le assemblee in videoconferenza una sorta di pre-quorum costitutivo (per l’appunto della maggioranza dei condòmini – teste) in quanto dovranno poi verificarsi, anche nell’assemblea in videoconferenza, i quorum costitutivi di cui all’articolo 1136 c.c. (forse sarebbe stato più lineare riferirsi ai quorum dell’articolo 1136 c.c.).
Sarà pertanto necessario che, l’amministratore, prima di convocare l’assemblea on line, acquisisca il preventivo consenso dei condòmini semmai utilizzando un modulo di raccolta del consenso da inviare e farsi restituire.
La norma in effetti non prevede una specifica modalità di espressione del consenso che pertanto potrebbe essere anche in forma verbale, consiglio però l’acquisizione per iscritto, anche per evidenti ragioni di una più immediata prova, soprattutto per prevenire eventuali contestazioni.
Tra l’altro con il suddetto modulo potrà anche acquisirsi un indirizzo e-mail al quale inviare i codici di partecipazione alla riunione (facendo semmai fede a quella recente giurisprudenza in materia di convocazione assembleare che la ammette via posta elettronica se preventivamente autorizzata dal condomino richiedente – Corte d’Appello di Brescia 3 gennaio 2019).
Nell’assenza di una specifica giurisprudenza di riferimento posso poi esprimere le seguenti considerazioni in merito a questa nuova normativa:
Ciò detto, verificata l’indisponibilità dei condòmini ad essere convocati in assemblee a distanza, permarrà come estrema ratio, nel caso di necessità la possibilità di ricorrere ad assemblee in presenza nel più che mai rigoroso rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro, mantenimento delle mascherine per tutta la durata dell’assemblea, sanificazione dell’ambiente e attestazione della mancanza delle condizioni che impediscono la circolazione delle persone ( quarantena, febbre, sintomi, contatti con persone infette ecc. ). Naturalmente le assemblee non potranno essere tenute nelle abitazioni private e negli orari serali di divieto di spostamento.
Preme sottolineare che, dal combinato disposto delle suddette norme, per potersi tenere l’assemblea in presenza dovranno esserci comprovati motivi a giustificazione della necessità che pare comunque difficile da assumersi rispetto a provvedimenti temporalmente limitati quali i DPCM e stante l’attuale possibilità di tenere assemblee con collegamenti da remoto.
Difatti, come può giustificarsi la necessità di un’assemblea in presenza quando sono gli stessi condòmini a non acconsentire allo svolgimento di un’assemblea in videoconferenza? Perché costringere un soggetto ad intervenire fisicamente ad un’assemblea assumendosi un rischio (tra l’altro alto in assemblee numerose) quando un altro non ha acconsentito ad una modalità sicura con collegamenti da remoto? Perché mai gli stessi amministratori di condominio dovrebbero esporre a rischio la propria salute, quella dei propri collaboratori e quella dei condòmini loro amministrati?
Tra l’altro, non potrà di certo invocarsi il suddetto stato di necessità rispetto ad assemblee per la mera approvazione dei bilanci stante l’intervenuta sospensione dei termini dell’articolo 1130 comma 10 c.c. con la legge 126/2020 ed ancor prima, in virtù del disposto dell’articolo 91 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, a mente del quale il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti.
Ricordo infine il generale disposto dell’articolo 1256 c.c., 2° comma, in virtù del quale il debitore finché perdura un’impossibilità ad adempiere non è responsabile del ritardo nell’adempimento.