[A cura di: Andrea Tolomelli, presidente nazionale ABICONF] È da fine gennaio di questo sfortunato anno 2020 che viviamo in “stato di emergenza”, determinato, come noto, dalla pandemia per COVID-19, e forse occorre anzitutto una riflessione sul senso da attribuire a tale condizione.
Non mi voglio riferire al senso squisitamente giuridico di questa particolare situazione, in quanto non vorrei addentrarmi nel dibattito aperto da molti studiosi sullo sconfinamento o meno nello “stato di eccezione” ovverosia nella possibilità, a seguito di un particolare evento, di ristringere alcuni diritti fondamentali con norme di carattere eccezionale. Credo invece opportuno ragionare su cosa significhi “stato di emergenza” per tutti noi cittadini.
È anzitutto un forte avvertimento di una condizione di pericolo innanzi alla quale tutti noi dobbiamo avere avvertenze perché ne va della salute e della vita delle persone e soprattutto di quelle che dipendono da nostre azioni. Di qui la necessità ed il dovere di adeguare i nostri stili di vita, le nostre azioni e le nostre attività quotidiane in funzione di questo stato di pericolo nel più che scrupoloso rispetto delle normative d’emergenza introdotte dal Governo e dal Parlamento per fronteggiarlo.
Nei vari provvedimenti emergenziali sono stati introdotti divieti di assembramento e di spostamento più volte ristretti, allentati e purtroppo ora, a distanza di qualche mese, nuovamente rinforzati in considerazione della ripresa esponenziale dell’epidemia. Le nostre attività lavorative sono state specificatamente normate da protocolli per l’industria, commercio, turismo e studi professionali. Sono state pure regolamentate le funzioni religiose ed i conseguenti festeggiamenti, le attività sportive e ludiche ed il diritto di manifestare. Il Governo ha inoltre sentito la necessità di entrare nel più intimo quotidiano di tutti noi, con raccomandazioni che riguardano la nostra casa, indicandoci come possibile pericolo ricevere ospiti se non strettamente necessario e raccomandandoci di non spostarci con mezzi pubblici o privati se non per esigenze lavorative, di studio o per necessità.
Vediamo, dunque, in tutti questi provvedimenti un costante bilanciamento tra, da un lato, le evidenze scientifiche che purtroppo ad oggi ci indicano come unica soluzione al diffondersi del morbo il distanziamento personale con, dall’altro lato, la valutazione del mantenimento in esercizio di quelle attività non posticipabili anche in ragione di interessi di natura economica.
Da tutto questo il condominio non poteva naturalmente restare immune.
Come noto, il condominio altro non è che un particolare tipo di comproprietà, sprovvisto di personalità giuridica, rappresentato dall’amministratore che mantiene i propri pieni poteri fino alla sua effettiva sostituzione con altro amministratore (art. 1129 n. 8 c.c.).
Fortunatamente il Legislatore del 1942, nel costruire l’ossatura dell’Istituto del condominio – forse perché storicamente più abituato all’imprevisto di noi – ha incentrato sull’amministratore lo svolgimento delle funzioni ordinarie e straordinarie d’urgenza anche indipendentemente dalla possibilità per i condòmini di riunirsi nell’organo assembleare collegiale di qui infra agli articoli 1130 e 1135 c.c .
Vi sono poi diverse norme, per lo più introdotte dal legislatore riformatore con la legge 220/2012, che prevedono tempi e adempimenti a carico dell’amministratore soprattutto nell’ottica di tutela della collettività assembleare rispetto alla mala gestio dell’amministratore.
Ricordiamo, però, che in tutti quei casi di impossibilità temporanea ad adempiere, soccorre il disposto in materia di obbligazioni in generale di cui all’articolo 1256 c.c., 2° comma, in virtù del quale il debitore finché perdura un’impossibilità ad adempiere non è responsabile del ritardo nell’adempimento.
Ciò premesso cercherò di addentrarmi su due aspetti particolari del mondo del condominio: assemblee e rendiconti.
Alla luce del perdurante e più volte rinnovato stato d’emergenza, dei susseguitisi provvedimenti emergenziali ed in particolare degli ultimi DPCM del 13 ottobre e del 24 ottobre 2020 che hanno previsto:
E considerato che una forte raccomandazione – pur non avendo valore di precetto in assoluto – è di certo un avvertimento di pericolo, soprattutto per chi ha la responsabilità di organizzare un evento.
Può dedursi che, relativamente all’ipotesi di svolgimento di assemblee condominiali in presenza (assimilata alle riunioni private da una circolare del ministero dell’interno in data 20 ottobre 2020) per potersi tenere in presenza:
La legge 126 del 13 ottobre 2020 nel convertire in legge il c.d. “DL di Agosto” accoglie e tramuta in legge alcuni emendamenti, normando la possibilità per l’assemblea di condominio di tenersi con modalità di videoconferenza andando a modificare il testo dell’articolo 66 delle disposizioni di attuazione al codice civile, disponendo che, la convocazione dell’assemblea deve contenere l’indicazione “se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma sulla quale si terrà la riunione e l’ora della stessa”.
È stato poi introdotto, dalle medesima legge, un quinto comma dell’articolo 66 che dispone: “Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condòmini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconferenza. In tal caso il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all’amministratore e a tutti i condòmini con le medesime formalità previste per la convocazione”.
Orbene, dalla lettura di tali nuovi disposti è chiaro che, ove sia stata disciplinata l’assemblea on line nell’ambito del regolamento di condominio l’amministratore potrà procedere con l’avvertenza di indicare la piattaforma elettronica sulla quale la medesima si terrà. L’inciso suddetto lascia sottendere la convinzione dell’attuale Legislatore circa la possibilità di prevedere collegamenti da remoto per le assemblee di condominio anche già da prima dell’introduzione di tale norma, nell’assenza di uno specifico divieto e nell’ambito dell’autonomia regolamentare dell’assemblea di condominio.
Ove non prevista l’assemblea da remoto nell’ambito del regolamento di condominio, occorrerà acquisire un preventivo consenso all’assemblea on line, che nel caso, per espressa previsione, dovrà essere di tutti i condòmini. Tale disposizione, nel prevedere un preventivo assenso di tutti i condòmini, trova una sua giustificazione nel fatto che in assenza di una specifica preventiva valutazione e ricomprensione nell’ambito del regolamento di condominio occorrerà verificare il consenso dei condòmini ad una assemblea in videoconferenza, in quanto, la stessa potrà necessariamente svolgersi solo attraverso l’utilizzo di strumentazioni che non sempre sono nella disponibilità di tutti i condòmini e di infrastrutture che permettano il collegamento di tutti i partecipanti al condominio. Tali erano infatti le eccezioni avanzate da alcune associazioni della proprietà e dei condòmini rispetto alla previsione normativa delle assemblee on line di condominio.
Nel caso, sarà pertanto necessario che, l’amministratore, prima di convocare l’assemblea on line, acquisisca il preventivo consenso di tutti i condòmini semmai utilizzando un modulo di raccolta del consenso da inviare e farsi restituire. La norma in effetti non prevede una specifica modalità di espressione del consenso che pertanto potrebbe essere anche in forma verbale. Consiglio però l’acquisizione per iscritto, anche per evidenti ragioni di una più immediata prova, soprattutto per prevenire eventuali contestazioni. Tra l’altro, con il suddetto modulo potrà anche acquisirsi un indirizzo e-mail al quale inviare i codici di partecipazione alla riunione (facendo semmai fede a quella recente giurisprudenza in materia di convocazione assembleare che la ammette via posta elettronica se preventivamente autorizzata dal condomino richiedente – Corte d’Appello di Brescia 3 gennaio 2019).
Nell’assenza di una specifica giurisprudenza di riferimento, posso poi esprimere le seguenti considerazioni in merito a questa nuova normativa:
E se i condòmini non vogliono l’assemblea on line?
Ciò detto, verificata l’indisponibilità dei condòmini ad essere convocati per mezzo di assemblee a distanza, permarrà come estrema ratio, nel caso di necessità la possibilità di ricorrere ad assemblee in presenza nel più che mai rigoroso rispetto del distanziamento interpersonale di almeno un metro, mantenimento delle mascherine per tutta la durata dell’assemblea, sanificazione dell’ambiente e attestazione della mancanza delle condizioni che impediscono la circolazione delle persone (quarantena, febbre, sintomi, contatti con persone infette ecc. ). Naturalmente le assemblee non potranno essere tenute nelle abitazioni private.
Pur comprendendo le preoccupazioni di molti condomini di cercare di sfruttare i vantaggi fiscali del 110 % – super eco bonus – francamente vi sono forti perplessità nel ritenere che tali motivi possano rappresentare una effettiva necessità per la convocazione di assemblee di condominio in presenza soprattutto nell’attuale periodo di crescente emergenza sanitaria, anche perché il condomino interessato potrebbe ben acconsentire all’assemblea on line.
Comunque, si auspica che il Governo e Parlamento provvedano al più presto alla proroga di tutti gli incentivi fiscali per la manutenzione straordinaria degli immobili dimostrando così di comprendere le tante difficoltà del momento, sia dal punto di vista decisionale, sia dal punto di vista esecutivo.
Tra l’altro, è assurdo prevedere l’avvio di importanti lavori di manutenzione in questo momento in cui si raccomanda il confinamento nelle rispettive abitazioni. Va infatti ricordato che non più di qualche mese fa per fronteggiare l’avanzata del virus fu disposto anche il blocco dei cantieri edili con notevoli conseguenti problemi per lo stazionamento dei ponteggi e gli oneri conseguenti.
Va evidenziato che quando la normativa del super eco bonus – 110%, fu introdotta, nell’aprile scorso, di certo non si immaginava che sarebbero occorsi mesi per ben comprendere la funzionalità della stessa (che stiamo ancora studiando come dimostrano i molti webinar sull’argomento) e che ad oggi ci saremmo ritrovati in una situazione forse più critica di marzo e aprile per il sol fatto che è pesantemente colpita tutta l’Italia e non solo alcune regioni come in precedenza.
Riprendendo anzitutto il disposto dell’articolo 1256 c.c., 2° comma, in virtù del quale il debitore finché perdura un’impossibilità ad adempiere non è responsabile del ritardo nell’adempimento, per la durata dello “stato di emergenza” e delle conseguenti e susseguitesi limitazioni contenute nei provvedimenti nazionali e locali può ritenersi non ascrivibile all’amministratore la responsabilità per la violazione del termine semestrale di cui all’articolo 1130 n° 10 c.c. per la presentazione all’assemblea dei condòmini del rendiconto d’esercizio; e ciò soprattutto ove questo sia stato inviato ai condòmini ed in quanto l’amministratore si dimostri disposto a fornire tutti i ragguagli del caso ai condòmini richiedenti.
Tra l’altro la stessa legge 126/2020 nel raccogliere l’istanza delle associazioni di rappresentanza degli amministratori di condominio ha stabilito all’articolo 63 bis che “Il termine di cui al numero 10) dell’articolo 1130 del codice civile è sospeso fino alla cessazione dello stato di emergenza da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020”
L’attività degli studi di amministrazione di condominio in questo periodo è stata duramente messa alla prova:
Come più volte sottolineato, bisogna tenere presente che nel momento in cui la situazione sanitaria dovesse risolversi occorrerà quantomeno un anno per recuperare l’arretrato del calendario assembleare.