Tra le voci di chi in questi giorni ha scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiarimenti sull’attività degli amministratori di condominio in questa situazione di emergenza, spicca anche quella del presidente Unai, Rosario Calabrese.
Dalla lettura dell’allegato n. 1 del DCPM 22.03.2020, rileviamo che gli studi dei professionisti resteranno aperti (commercialisti, avvocati, ma anche ingegneri e architetti etc.), così come le famiglie potranno continuare ad avere colf e badanti conviventi e pure a servirsi del portiere in condominio.
Considerato che nella filosofia stessa del “Restiamo Tutti a Casa”, le attività del condominio non possano fermarsi.
Ma quale casa? Quella dove abitiamo. Dove? Nel condomino, ovvio! Quindi il condominio non si può fermare. Di conseguenza non possono fermarsi gli studi di amministrazione condominiale, dovendo garantire la reale fruibilità del diritto costituzionale alla casa ad una vita decorosa, ma anche e soprattutto perché nell’allegato al DCPM 22.03.2020, alla riga 94 della elencazione, fra le attività autorizzate a restare operative troviamo “attività di organizzazioni economiche, di datori di lavoro e professionali”.
Riallacciando questo dettato con l’obbligo di “rimanere a casa” si ricava il postulato che deve funzionare il condominio. Quindi gli studi di amministrazione condominiale non possono chiudere. Chiediamo quindi che nell’elenco delle attività autorizzate a restare operative sia incluso anche il codice ATECO 683200.
Chiediamo con forza, quindi, al legislatore e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di tener conto che l’imperativo “restiamo a casa” significa, di fatto “restiamo in condominio”.