Mai come negli ultimi mesi il tema “immigrazione” è salito agli onori della cronaca, complice l’imponente apparato di comunicazione messo in campo dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ne ha fatto il proprio principale cavallo di battaglia elettorale.
Ma, aldilà di quella propaganda politica che vuole identificarla esclusivamente con i fenomeni delinquenziali, l’immigrazione nel nostro Paese ha innumerevoli volti, tra cui spicca quello lavorativo. Ebbene, secondo quanto emerso dal Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa, in Italia, dal 2008 al 2017, la quota di immigrati regolarmente occupati è aumentata del 43%, passando da 1,7 milioni a quasi 2,5 milioni; e le prime tre professioni con maggior percentuale di occupazione straniera sono quelle di colf, badante e addetto alla ristorazione mentre per gli italiani le prime tre professioni sono l’impiegato addetto alla segreteria, l’addetto alle vendite e l’addetto alla ristorazione.
“In realtà, la presenza massiva di stranieri nel lavoro domestico è una costante del settore da molti anni – afferma Lorenzo Gasparrini, segretario generale di DOMINA (Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico) -. Il 77% delle badanti e il 69% delle colf sono di origine straniera, e si improvvisano come collaboratori domestici e assistenti familiari, nonostante, dal nostro Osservatorio si evinca che molti hanno concluso con successo percorsi di studio di livello avanzato nel proprio Paese in settori completamente diversi: alcuni sono ingegneri, altri insegnanti, altri ancora sono medici. Eppure, il 34% è impiegato regolarmente in lavori non qualificati. Il dato è parziale poiché non tiene conto dei lavoratori in nero, circa 1 milione solo nel settore domestico (dati Ricerca DOMINA), e degli stranieri irregolari. Per questo motivo DOMINA è impegnata in attività di sensibilizzazione sull’importanza della regolarizzazione, al fine di valorizzare il lavoro domestico e tutelare le famiglie”.