[A cura di: ing. Fabrizio Mario Vinardi, consigliere segretario Ordine Ingegneri prov. di Torino] Il grave momento di recessione economica in cui viviamo da oltre 10 anni ha reso sempre più frequente, e tristemente concreta, la frase “non arrivo a fine mese”. Secondo recenti statistiche, quasi il 48% delle famiglie italiane fa difficoltà a raggiungere “fine mese”; secondo il medesimo studio, tuttavia, per almeno 1/3 di loro il reale problema risiederebbe non tanto (o solo) nella insufficiente capacità di reddito, ma anche nel fatto di vivere al di sopra delle proprie reali possibilità.
Accade così che, con sempre maggior frequenza, gli amministratori condominiali chiedano un consiglio, e in alcuni casi, una vera e propria consulenza sul come comportarsi in caso di condòmini in arretrato con il pagamento delle spese condominiali.
Premesso che l’amministratore deve formalizzare la richiesta di pagamento delle spese il prima possibile (e, quindi, idealmente al momento dell’approvazione da parte dell’assemblea del relativo reparto) e che a nulla sono valsi i solleciti bonari al condomino moroso, sarà necessario procedere con una formale messa in mora da parte di un legale.
È bene ricordare che, salvo l’assemblea non decida di concedere al debitore una proroga per il saldo delle proprie spettanze, l’amministratore ha l’obbligo professionale di agire per il recupero del credito entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui ricade l’esigibilità del credito stesso.
È comunque bene valutare caso per caso, in funzione sia della posizione del condomino moroso sia dell’entità del debito: decidere di procedere contro un condomino che sia “possidente”, ossia possegga beni immobili e magari abbia uno stipendio fisso da lavoro dipendente, è tutt’altra cosa che procedere contro un “nullatenente” senza reddito fisso.
Proprio per questo motivo, accade spesso che un amministratore condominiale, o il suo avvocato, chieda la verifica dei beni immobili in capo ad un determinato soggetto unitamente all’ispezione ipotecaria, per verificare l’esistenza di eventuali formalità (si tratta di dati pubblici, ma è opportuno che la verifica sia svolta da un tecnico competente, in quanto sapersi districare tra iscrizioni, trascrizioni e annotazioni può essere tutt’altro che semplice).
Molto spesso viene anche chiesto quale possa essere il più probabile valore di mercato del bene immobile e qui i problemi si complicano: infatti, mentre le verifiche ipo-catastali di cui sopra hanno necessariamente un risultato “esatto”, l’estimo immobiliare è connotato da una maggior aleatorietà già nel caso di compravendita ordinaria, aleatorietà che aumenta di gran lunga nel caso di vendita forzosa all’asta.
Esaminiamo insieme quali sono i passaggi che si dovranno compiere per poter esigere il credito, dando per scontato non solo – come già detto – l’approvazione da parte dell’assemblea del riparto delle spese, ma anche l’assenza di impugnazione da parte del condomino moroso:
Un caso reale che ben rappresenta quanto sopra descritto è quello di un amministratore di condominio che, dopo aver affidato a chi scrive una ispezione ipotecaria e richiesto un parere sulla opportunità, o meno, di procedere, aveva ricevuto parere sostanzialmente negativo.
La motivazione risiedeva nel fatto che l’immobile era commercialmente poco appetibile (un piccolo bilocale con una sola aria, in una zona degradata, ubicato al 3° piano senza ascensore) e, peraltro, gravato da ipoteca di primo grado quale garanzia per l’istituto bancario che aveva concesso mutuo all’epoca della compravendita.
Di diverso avviso era stata l’assemblea condominiale, che aveva ritenuto potersi procedere in quanto il mutuo era stato concesso da molto tempo e, pertanto, il residuo doveva ragionevolmente essere di modesto importo, cosa poi effettivamente confermata.
Tuttavia, quale fatto non verificabile a priori, è emerso nel corso dell’esecuzione immobiliare che l’immobile era stato oggetto di lavori edilizi abusivi, fortunatamente sanabili poiché legati alla disposizione interna dei locali (difformità che non poteva essere rilevata da un mero esame documentale e/o dall’esterno, in quanto in quanto verificabile solo durante l’accesso all’appartamento).
La necessità di sanare questa pur blanda irregolarità non fece altro che diminuire ulteriormente il valore commerciale dell’immobile, che dopo un’asta andata deserta fu aggiudicato per soli € 27.500: detratte le spese di procedura (compensi all’Estimatore, al Custode e al Delegato), le poche somme rimaste furono integralmente incamerate dalla banca a saldo della quota residuale del mutuo erogato.
Il condominio, quindi, subì oltre al danno anche le “beffe”, poiché a fronte di costi sostenuti per circa euro 7.000, non poté recuperare assolutamente nulla.
In conclusione, l’analisi di questo caso reale fa rilevare che:
– occorre ponderare attentamente il ricorso a procedure giudiziarie, soprattutto quando gli importi in gioco sono relativamente modesti, in favore di procedure alternative quali la mediazione o gli accordi stragiudiziali;
– ciò vale ancora di più quando la situazione non possa essere indagata completamente prima del giudizio, come nel caso degli abusi edilizi sopra citati, circostanza che incrementa la già elevata aleatorietà del risultato finale;
– infine, come recitava una pubblicità degli anni ’90, è bene considerare che un “qualunque consiglio” dato da un professionista competente e qualificato, non è un “consiglio qualunque”, cosa che l’assemblea del nostro caso studio ha ben imparato a proprie spese.