CONDOMINIO, GIUDICI DI PACE: “NUOVE MANSIONI SENZA GIUSTO STATUS GIURIDICO”
[A cura di: Vincenzo Perrotta]
Sulla questione dell’attribuzione ai giudici di pace di nuove mansioni, ivi compresa quella di farsi carico di tutte le controversie in materia condominiale è intervenuto, ai taccuini di Italia Casa e Quotidiano del Condominio, anche Alberto Rossi, segretario generale dell’Unione nazionale Giudici di Pace.
Segretario Rossi, in sintesi quali sono queste nuove attribuzioni dei giudici di pace e qual è la sua posizione in merito?
Limitandoci al conferimento della competenza esclusiva in materia condominiale, essa rientra nell’ambito della più ampia volontà del legislatore delegante di aumentare considerevolmente le competenze del giudice di pace, sia per valore (sino a 30mila euro in generale e sino a 50mila euro in materia di circolazione veicoli e natanti), sia per materia (diritti reali, successioni, volontaria giurisdizione, tutte le espropriazioni mobiliari, compresi i pignoramenti presso terzi), al fine di deflazionare i carichi di lavoro dei Tribunali, che nel futuro si occuperanno solo di materie specialistiche (tribunali del lavoro, della famiglia, delle imprese, etc.) ovvero di cause connotate da maggiore difficoltà o di valore particolarmente alto. In tal senso, già oggi i giudici di pace trattano la maggior parte delle controversie in sede di contenzioso condominiale, ovviamente nei limiti di valore e materia attualmente previsti dalla legge (oneri condominiali, delibere assembleari, risarcimenti, sino a 5mila euro; modalità d’uso di beni condominiali), con la conseguenza che l’ampliamento della competenza riguarderebbe una porzione minoritaria di controversie, ma di complessa risoluzione, inerenti crediti di valore elevato e questioni di natura reale (diritto di proprietà, servitù, etc.) su beni condominiali. In tal senso la Scuola Superiore della Magistratura (i giudici di pace da oltre 10 anni sono soggetti a formazione continua obbligatoria) già sta predisponendo incontri di formazione mirati sulle nuove competenze.
Lo sciopero che è andato in scena dal 6 all’11 giugno, peraltro in accordo con l’Angdp, è riconducibile alla riforma della Magistratura e, in particolare, a questo ampliamento di competenze?
Lo sciopero è stato contro una legge irrazionale nella sua impostazione di base. Con l’ampliamento smisurato delle competenze e con la sostanziale equiparazione dei magistrati onorari ai magistrati professionali sotto il profilo dei doveri e dei carichi di lavoro, si poneva l’esigenza di riconoscere ai giudici di pace – anche e soprattutto a garanzia della loro professionalità, indipendenza ed imparzialità (e quindi nell’interesse primario dei cittadini che accedono alla Giustizia di Pace) – un adeguato status giuridico sotto il profilo del trattamento economico e previdenziale, non potendosi neppure ipotizzare, secondo le comuni regole della logica, che un magistrato possa esercitare a tempo pieno la giurisdizione, peraltro investito di questioni delicate e di non meno del 70% del contenzioso civile, a titolo meramente volontaristico, senza un congruo compenso, senza previdenza, senza tutela della maternità e della salute, sostanzialmente senza alcun diritto, in aperta violazione della giurisprudenza comunitaria in materia (si segnala in particolare la sentenza O’Brien della Corte di Giustizia Europea del 1° marzo 2012, vincolante per il legislatore italiano, che riconosce il diritto alla previdenza ed alla pensione ai magistrati onorari britannici).