[A cura di: Vincenzo Perrotta]
Senza riscaldamento né acqua calda corrente. È in queste condizioni che si sono trovati, una bella mattina di novembre, i residenti di un condominio di Beinasco, comune alle porte di Torino. Pur essendo a conoscenza dei problemi con la precedente amministrazione condominiale, che, a quanto apre, non aveva pagato le bollette per un importo di oltre 60mila euro, tutti i condòmini erano sicuri che si trattasse di un guasto tecnico alle caldaie, escludendo che il fatto fosse riconducibile alle morosità accumulate negli anni. Questo perché, da quando era arrivato il nuovo amministratore, a inizio anno, avevano cominciato a ripianare il debito attraverso una rigida rateizzazione dell’importo, concordata con il legale dell’azienda titolare della fornitura. E invece il motivo era proprio quello. L’EniGas aveva piombato i contatori a causa del debito pregresso, nonostante il piano di rientro e nonostante mancassero solo più due rate alla fine della dilazione.
L’AMMINISTRATORE DEL CONDOMINIO
Tra chi non credeva possibile un provvedimento del genere, l’amministratore condominiale, Daniele Anzoletti: “Quando abbiamo preso in gestione il condominio, nel marzo del 2015, esisteva già un debito pregresso di circa 60mila euro con EniGas a causa di una fattura risalente a due anni prima che non era stata evasa. Per questo motivo – prosegue Anzoletti – avevamo incontrato l’avvocato di EniGas e concordato con lui un piano di rientro che avrebbe permesso di ripianare il debito entro fine 2015”.
Come riportato dall’amministratore, il condominio aveva iniziato fin da subito a raccogliere le quote e a versarle alla società erogatrice. Eppure, quando mancavano soltanto due rate (un mese e mezzo circa) al termine del pagamento ed era già stata versata circa la metà della somma pattuita, i tecnici di EniGas sono intervenuti per piombare il contatore.
“A quel punto – spiega l’amministratore – l’unica strada per far riattivare il contatore è stata quella di pagare la somma rimanente in una sola tranche. Così ho dovuto mettere mano al portafogli e saldare il debito di tasca mia, in quanto ho ritenuto non ci sarebbe stato il tempo per convocare un’assemblea straordinaria e richiedere le somme ai condòmini. Non potevo permettere che oltre 20 famiglie restassero al freddo e, in più, senza acqua calda, visto che il contatore serve anche per quello”.
Anche a somma pagata, però, i tempi per la riattivazione del servizio si prospettavano relativamente lunghi: “La cosa che mi ha lasciato di stucco è stata che, anche dopo il pagamento della cifra mancante – circa 31 mila euro – il giorno stesso della piombatura del contatore, si prospettava un tempistica di massimo quattro giorni per rimettere in funzione il contatore. Per fortuna, dopo almeno 15 fax e svariate telefonate al call center, siamo riusciti a riattivarlo”.
Ma cosa è andato storto nella vicenda del condominio dell’hinterland torinese? Può la società erogatrice sospendere il servizio di fornitura per morosità pregressa del condominio, nonostante una rateizzazione in corso? Per saperne di più abbiamo esposto il caso all’avvocato Enrico Morello di Torino.
IL PARERE LEGALE
Prima cosa da rilevare: il contratto è fra il condominio, rappresentato dall’amministratore, e l’ente che somministra il servizio. Ci tengo a sottolinearlo perché tutte le obbligazioni dell’amministratore si ripercuotono poi sul singolo condomino. In molti casi, ad esempio, è successo che alcuni residenti, pur avendo pagato la loro quota, si erano visti interrompere il servizio. Quindi hanno fatto opposizione contro il provvedimento sospensivo, sostenendo che questo fosse ingiusto poiché la quota era parziaria e in quel modo sarebbero stati lesi i loro diritti. In questo caso l’argomentazione era stata ritenuta non valida dal giudice (Tribunale di Alessandria, sez. Civile, ordinanza 17 luglio 2015, N.d.a.). La circostanza che alcuni dei condòmini abbiano provveduto al versamento a favore del condominio delle quote stabilite per le spese ordinarie di gestione costituisce un dato che attiene unicamente ai rapporti tra condòmini, ma non può assumere nessun rilievo nei rapporti con un soggetto esterno.
Vero è che, come in tutti i contratti, se tu non adempi io non sono obbligato ad adempiere. In base a questo principio è lecito che l’ente erogatore possa decidere di sospendere la fornitura. Ma diverso è il caso in cui la sospensione rischi di ledere la salute degli utenti. Rimane comunque la possibilità per il condomino di ricorrere al giudice affinché valuti se sia stato leso o meno un diritto fondamentale. Sarà poi il giudice a valutare se l’ente erogatore ha adottato un comportamento legittimo oppure no. Il che dipende dall’importo, in quanto il creditore non può gravare la situazione del debitore e viceversa, ma anche dal tipo di servizio che si va a sospendere e dal comportamento del condominio. In ogni caso, le parti in causa sono tenute a comportarsi, nelle trattative, secondo buona fede.
Nel caso di Torino preso qui in esame, il comportamento dell’azienda è stato molto grave, soprattutto perché il condominio si stava adoperando per ripianare il debito. Non conosco il caso nei dettagli, ma da come mi è stato riportato, potrebbero esserci gli estremi per richiedere i danni al soggetto erogatore del servizio.