Ennesima esplosione in una palazzina ed ennesima strage. Questa volta è accaduto a Milano, in via Brioschi, zona Navigli. Bilancio: tre morti e nove feriti, tra cui due bambine gravissime. Causa probabile, una fuga di gas nel palazzo. Si tratta dell’episodio più grave a Milano di questa tipologia di disastri dopo l’esplosione di viale Monza nel settembre 1994, sette morti, e di via Lomellina (2006), quattro morti. Sono troppo frequenti i casi che dimostrano la pericolosità del gas (metano in particolare). È quasi un bollettino di guerra. Ma è possibile che ciò continui ad avvenire, negli anni Duemila ed in un Paese moderno? Seguiamo questo problema da oltre vent’anni in tutta Italia.
Riscontriamo che c’è molta incoerenza nelle norme di sicurezza che regolano le modalità di uso domestico del gas. Emblematica è la storia del metano: il “pubblico” fornisce ai cittadini una materia altamente deflagrante (ricordiamo che esso possiede 5 volte il potere calorifico del vecchio gas di città; da ciò deriva il vero problema ancor oggi irrisolto).
In questo quadro, si potrebbe pensare che il pubblico debba assumersi l’onere di tutelare la sicurezza dei cittadini. Ma ciò non avviene in modo integrale. La normativa non stabilisce, infatti, che gli enti erogatori (i quali esercitano un’attività economica, traendone profitto, costituente però al tempo stesso un servizio di interesse pubblico) eseguano, sotto la loro responsabilità, i relativi controlli di regolarità dell’uso e di applicazione di tutte le misure di sicurezza entro e all’esterno delle abitazioni, interrompendo l’erogazione in caso di anomalie; non dispone per una assicurazione sociale (come la previdenza e l’assistenza sociali) che risponda, in termini di primo rischio assoluto e con copertura del cento per cento, sul piano, non solo della responsabilità civile, ma anche del costo di ricostruzione dell’immobile.
Ci si dimentica che non ci troviamo di fronte ad una calamità naturale ineluttabile, come fosse un terremoto od una inondazione, generata dalle forze della natura; ma ad un fatto causato da azioni umane (private e pubbliche) combinate a norme di legge lacunose o distorte. I controlli della rete di distribuzione del gas a monte del contatore sono a carico dell’ente erogatore che li effettua sotto la sua responsabilità, anche ai fini della responsabilità civile (se qualcosa non va, dovrebbe bloccare subito la erogazione). A valle dei contatori (cioè nelle abitazioni) i controlli sono a carico dell’Asl.
Si dispone che i fornelli delle cucine non possano essere venduti, se non sono dotati del dispositivo della valvola termostatica, che impedisce la fuoriuscita del gas in caso di spegnimento della fiamma; e poi si permette che in milioni di case continuino ad usarsi vecchi fornelli che ne sono privi. Non viene disposta l’installazione obbligatoria, all’interno delle abitazioni, di apparecchiature che interrompano automaticamente l’erogazione del gas, o diano l’allarme in caso di perdite dell’impianto. Gli apparecchi domestici (cucine, forni) andrebbero blindati ad evitare manomissioni da parte di chi vuol far un uso improprio di questa sostanza altamente pericolosa (ad esempio per tentativi di suicidio o per minacciare e compiere ritorsioni).
Per contenere se non eliminare il fenomeno Assoedilizia, oltre alle misure di sicurezza suesposte, propone che venga incentivato l’utilizzo di cucine, scaldabagni e impianti di riscaldamento elettrici attraverso:
* agevolazioni per chi opera la trasformazione da alimentazione a gas ad elettricità simili a quelle per il contenimento energetico (contributi delle amministrazioni locali all’installazione e detrazione delle spese in più anni dall’Irpef);
* obbligatorietà della trasformazione per cittadini con età superiore ai 65 anni e per chi ha rivelato problemi psichici;
* per i meno abbienti, tariffe elettriche agevolate, incrementando quanto già previsto oggi dalla legge”.