[A cura di: Andrea Tolomelli – presidente nazionale Abiconf – www.abiconf.it] Ogni categoria professionale ha il diritto dovere di aggiornare e preparare i propri iscritti per quanto attiene allo specifico mondo del lavoro. Questo è un principio sacrosanto e riconosciuto dal nostro Ordinamento per tutte le diverse professioni e lo deve essere anche per gli amministratori di condominio.
Alle Associazioni degli amministratori di condominio (nella loro pluralità) deve essere riconosciuto il primato dell’attività di formazione ed aggiornamento professionale dei propri iscritti essendo le medesime a garantire la qualità dei rispettivi associati.
La formazione degli amministratori di condominio trova la sua disciplina dal combinato disposto di tre fonti normative:
Solo dalla sistematica lettura ed applicazione di tali disposti si può configurare un corretto quadro applicativo circa la formazione degli amministratori di condominio.
L’aggiornamento professionale degli amministratori di condominio è proposto attraverso un corso di formazione e non un mero monte ore (come per altre categorie “ordinistiche”) e la formazione professionale è compito delle organizzazioni ed istituzioni professionali – quali le Associazioni di Categoria – in quanto afferisce allo specifico svolgimento dell’attività sulla base di un complesso nozionistico che già deve essere in possesso dell’iscritto.
Enti o società di formazione, se non collegate con le associazioni di categoria, pur potendo svolgere l’attività formativa di cui al DM 140/2014, non avendo però modo di interagire con il corsista nel suo cammino professionale non riescono a garantire quell’effettiva attività, anche quotidiana, di assistenza e di controllo qualitativo che viceversa le associazioni possono fare.
Le Associazioni professionali – ed in particolare quelle iscritte al MISE – hanno come obiettivo primario quello di promuovere e garantire all’utente finale la formazione permanente dei propri iscritti, gli standard di qualificazione professionale nonché forme di garanzie a tutela dell’utente. Pertanto, per quegli amministratori di condominio che sono iscritti ad associazioni professionali saranno le medesime a frapporsi tra loro e gli utenti condòmini garantendo la sussistenza dei requisiti per l’esercizio della professione, nonché ulteriori e più elevati o differenziati standard qualificativi dell’associato anche rispetto alla norma UNI di riferimento.
Si potrà porre il problema della “verifica” dei requisiti suddetti per quegli amministratori non iscritti ad associazioni professionali per i quali si dovrà fare riferimento all’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile con obbligo di quest’ultimi di esporre e dimostrare il possesso dei propri requisiti direttamente ai condòmini.
Le associazioni professionali, nel rispetto della loro autonomia, ben potranno trovare momenti d’incontro e dialogo per discutere le problematiche della categoria e determinare obbiettivi ed azioni comuni e – perché no – per trovare accordi per una comune deontologia di categoria.
Di qui corre il pensiero a quelle che furono le nostre proposte per l’attuazione di un Registro telematico degli Amministratori di Condominio gestito dalla associazioni di categoria e dunque per la contestuale istituzione di tavoli di lavoro tra le associazioni iscritte al MISE, che attestano la qualità dei loro iscritti, per elaborare proposte ed iter comuni per la valutazione delle predette situazioni e più in generale per la determinazione di comuni linee guida sulla formazione. Ciò anche per una piena attuazione della legge 4/2013 che prevede espressamente all’articolo 4 comma 3, la possibilità per le singole associazioni professionali di promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di qualificazione delle competenze professionali, con anche l’eventuale partecipazione delle associazioni dei lavoratori, imprenditori o dei consumatori maggiormente rappresentative.
Certo è che, pur nel rispetto del principio di libera associazione, va evidenziato che, le associazioni che promuovono la formazione dell’iscritto nonché le particolari forme di tutela del cittadino anche con gli strumenti previsti dalla legge 4/2013 – quali lo sportello del cittadino consumatore- sono quelle che hanno i requisiti e sono iscritte al registro presso il MISE delle associazioni professionali che attestano la qualità dei servizi erogati dai loro iscritti.
Ciò premesso, può comprendersi la contrarietà all’innalzamento legislativo del monte ore formativo attualmente previsto nelle 72 ore del corso base e 15 ore del corso di aggiornamento professionale, in quanto le differenti associazioni, nell’ambito di quello spazio di “sana” competizione tra le medesime, contemplato dalla pluralità associativa prevista dalla stessa legge 4/2013, devono promuovere percorsi di formazione e qualificazione per gli iscritti, ben, dunque, potendo – e forse dovendo – le associazioni professionali prevedere aggiunte di diversi momenti formativi oltre quelli necessariamente previsti dal D.M. formazione.
Di certo, nel momento che l’amministratore di condominio è a tutti gli effetti un professionista al quale si richiede generalmente una sempre più elevata capacità professionale, risalta tutta la contraddittorietà ed anacronismo del comma 2° dell’articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al codice civile – che ammette la possibilità di amministrare il proprio condominio in assenza dei requisiti formativi e di aggiornamento professionale previsti per tutti gli amministratori di condominio. Tale disposto è difatti contrario all’inquadramento dell’amministratore quale professionista e tra l’altro non è concepibile che nell’ambito di una collettività organizzata – quale è il condominio – una maggioranza assembleare possa eventualmente imporre ai condòmini di minoranza la scelta di una prestazione non qualificata professionalmente. Sarebbe come ammettere che, un soggetto non qualificato come avvocato possa difendere il condominio in cui abita! È assurdo.
La comproprietà di un bene, sia pure nel rispetto della libera gestione dello stesso, non può comportare il diritto di esercitare un’attività professionale senza i requisiti previsti per legge. Ciò determina anche una forma di “squalificante” concorrenza posto che chi non è tenuto ad investire risorse economiche e tempo per la propria formazione ben potrà richiedere più bassi compensi.
Questa norma andrebbe cancellata e rappresenterebbe un importante riconoscimento per tutta la categoria degli amministratori di condominio ed è imprescindibile rispetto ai sempre più pressanti obblighi e responsabilità che si vogliono caricare sull’amministratore di condominio (e ciò, sia pure paradossalmente, anche a tutela anche di tutti coloro che amministrando senza una specifica formazione si assumono, a volte inconsapevolmente, importanti e rischiose responsabilità).