[a cura del prof. Andrea Fusaro]
La riforma dell’istituto del condominio anche se non è stata talmente innovativa da prospettare una nuova configurazione giuridica dell’istituto sotto il profilo della definizione dell’inquadramento dell’ente condominiale in una struttura, per così dire, univoca e unitaria, ha, probabilmente, preso spunto da legislazioni in materia di altri Paesi, almeno per alcune formulazioni legislative. Solo per una migliore informazione per chi si interessa della “teoria e pratica del condominio”, si deve qui far cenno al fatto che alcuni Paesi europei riconoscono il condominio come persona giuridica sotto forma associativa e, in particolare, ciò emerge dalla normativa francese, olandese e svizzera; al contrario la nostra legislazione, pur dopo la riforma del 2012, non attribuisce la personalità giuridica al condominio e rimane ancorata, di fatto, al precedente schema che inquadra il condominio nell’ambito degli enti di gestione con una limitata autonomia patrimoniale.
Gli autori che si sono occupati ex professo di diritto comparato condominiale, ad esempio M. Dogliotti (vedi M. Dogliotti Comunione e Condominio in Trattato di diritto civile, Utet vol. VII, Torino, 2006), fanno riferimento a due grandi categorie, se così si può dire, di sistemi giuridici contrapposti, e cioè distinguono tra sistemi che aderiscono a una concezione per così dire “monista”, per la quale viene attribuita al condomino una quota di comproprietà sull’immobile e, contestualmente, un diritto di godimento in via esclusiva su un singolo appartamento, mentre altri sistemi, tra cui il nostro, aderirebbero a una concezione di tipo “dualistico” del condominio, per cui il condomino ha un diritto di proprietà su una unità abitativa e di comproprietà sulle parti comuni dell’edificio.
Come già prima detto, altri ordinamenti attribuiscono al condominio la personalità giuridica, come in Francia e in Svizzera e, in ogni caso, quasi tutti gli ordinamenti, compreso il nostro, prevedono una struttura organizzativa che fa capo a un fiduciario e/o esecutore di quanto previsto dai condòmini, ovvero dello statuto organizzativo del condominio e ad un’assemblea dei condòmini.
In particolare, la riforma del condominio ha mutuato dall’ordinamento francese la previsione di cui all’art. 1130 bis del cod. civ. sul così detto consiglio di condominio, e inoltre si sono recepiti istituti e normative che impongono limiti alla facoltà di disposizione della proprietà esclusiva da parte del condomino, come ad esempio prevede l’art. 1122 cod. civ., nella nuova formulazione, e sono state stabilite e previste maggiori limitazioni per i condòmini a tutela della destinazione d’uso delle parti comuni, così come prevede l’art. 1117 quater cod. civ.; mentre, al contrario, si è certificato di dare impulso a una sorta di “dinamismo condominiale” attraverso l’introduzione di nuove possibilità di attuazione di impianti e/o servizi e la riforma ha accentuato il controllo sull’attività fiduciaria dell’amministratore da parete dei signori condòmini.
A somiglianza con altri ordinamenti, si è data una migliore indicazione delle parti comuni dell’edificio e, peraltro, si è pervenuti a un maggior controllo e delimitazione dei diritti dei singoli condòmini a tutela di quella che potremmo chiamare la corretta via nella convivenza condominiale. A differenza di altri ordinamenti, tra cui il nostro, l’ordinamento svizzero e spagnolo prevedono addirittura la perdita dell’appartamento da parte del condomino inadempiente.
Ad avviso di chi scrive, le norme sul condominio, specialmente dopo la riforma, meriterebbero una migliore armonizzazione in relazione agli ordinamenti stranieri vigenti in ambito europeo e ciò anche al fine di migliorare la possibilità di acquisizioni immobiliari, almeno nell’area dell’Unione europea, e anche al fine di rendere più facile l’investimento di capitali stranieri nel mercato immobiliare e italiano, per cui si imporrebbe una maggiore uniformazione (a livello europeo), delle norme relative all’istituto del condominio negli edifici.