[A cura di: Andrea Tolomelli – pres. Alac Confcommercio Bologna] L’installazione di un impianto ascensore in uno stabile originariamente privo va inquadrata nell’ambito della fattispecie innovativa, come tale deliberabile con le maggioranze agevolate di cui al nuovo secondo comma dell’articolo 1120 c.c., trattandosi di un intervento volto ad eliminare e/o ridurre le barriere architettoniche in un fabbricato condominiale.
Difatti, per comune giurisprudenza, l’ascensore è un tipico ausilio atto ad eliminare o attenuare le barriere architettoniche presenti in uno stabile condominiale; vedi da ultimo la Cassazione del 5 agosto 2015 n. 16846: “In tema di installazione di ascensore in condominio e quindi di parti comuni negli edifici, la solidarietà costituisce principio generale di applicazione erga omnes e ad hoc: così, è consentita l’installazione di un ascensore, in quanto diretto ad eliminare le barriere architettoniche, mediante delibera assunta con maggioranza speciale in deroga a quella qualificata codicistica. È, quindi, legittima, e va pertanto confermata, la sentenza di merito con cui, accertati la presenza di condòmini con problematiche di salute, l’adozione della delibera a maggioranza degli intervenuti rappresentanti la metà del valore dell’edificio, l’assenza di pregiudizi al passaggio di una persona anche seduta ed accompagnata ed al decoro architettonico nonché di ostacoli all’eventuale passaggio di mezzi di soccorso (mediante apposita c.t.u.) e quindi la ratio decidendi, la relativa correttezza giuridica, l’assoluta esaustività e congruità logico-formale, venga, di fatto, convalidata la delibera dell’assemblea condominiale”.
Pertanto, deliberata a maggioranza la spesa per l’innovazione costituita dall’ascensore questa dovrà essere suddivisa sulla base dei millesimi generali di proprietà ex art. 1123 c.c.. Trattasi, ovviamente, di delibera, come tale atto di una maggioranza obbligatorio anche per una minoranza dissenziente. Ai condòmini contrari non rimarrà che “appellarsi” all’art. 1121 c.c. in materia di innovazioni gravose e voluttuarie, sostenendo, per l’appunto, la gravosità e la voluttuarietà dell’installazione dell’impianto nel contesto condominiale al fine di ottenere l’esenzione temporanea dalla partecipazione alle spese contro il non utilizzo dell’impianto.
Va detto che, per costante interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, la gravosità e la voluttuarietà dell’opera innovativa vanno intese in senso oggettivo, stante l’esplicito riferimento alle condizioni ed all’importanza dell’edificio. Così la gravosità è data dal costo dell’opera rispetto al valore dell’edificio ed indipendentemente dalle condizioni finanziarie dei singoli condòmini e la voluttuarietà consiste nella mancanza di utilità, sempre rispetto alle condizioni obbiettive dell’edificio condominiale.
L’onere della prova degli estremi per classificare un’innovazione come gravosa o voluttuaria, come osservato dal Supremo Collegio, grava sul condomino interessato all’esonero alla spesa, trattandosi di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese in condominio (Cassazione Civile n. 2408 del 23 aprile 1981). Il condomino dissenziente che intenda essere esonerato dalla relativa spesa per l’innovazione, che rivesta i caratteri della gravosità e voluttuarietà, potrà manifestare la propria volontà direttamente in assemblea o attraverso l’impugnativa del verbale assembleare (vedi conformemente Cassazione n. 1215 del 17 aprile 1969).
A parere dello scrivente la tesi è oggigiorno ardita e difficilmente percorribile in considerazione del fatto che l’impianto ascensore è indiscutibilmente uno strumento volto a superare le barriere architettoniche (quindi difficilmente potrà essere inteso come voluttuario, anche in considerazione dell’esplicita previsione delle innovazioni rivolte alla riduzione delle barriere architettoniche di cui al secondo comma dell’art. 1120 c.c.); e d’altro canto i costi di messa in opera e di gestione si sono notevolmente abbassati, dunque, difficilmente ricorreranno i presupposti della gravosità.
I condòmini originariamente dissenzienti rispetto ad una innovazione gravosa o voluttuaria, utilizzabile in maniera separata, che furono esclusi dalla contribuzione alle spese per la sua installazione, ai sensi del citato primo comma dell’articolo 1121 c.c., o loro eredi e aventi causa, potranno comunque successivamente usufruire dell’innovazione, in virtù del terzo comma dell’articolo 1121 c.c., contribuendo alle spese d’installazione e manutenzione della medesima.
Nella determinazione della c.d.“quota d’ingresso” che il condomino originariamente dissenziente dovrà versare agli altri, per il caso di impianti soggetti ad obsolescenza e veloce logoramento, quali gli ascensori, sarà opportuno detrarre dalle spese d’installazione e manutenzione straordinaria del bene un importo pari alla svalutazione del bene per obsolescenza e vetustà, al fine di determinare così il valore effettivo dell’opera.
In tal senso, il Tribunale di Genova, in una sentenza del 21 maggio 1984, ha affermato che occorre un correttivo che tenga conto del logoramento dell’opera e della sua obsolescenza, così da ottenere il valore attuale del contributo da corrispondere per usufruire dell’opera. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8746 del 18 agosto 1993, ha stabilito che: “In tema di condominio di edifici, l’articolo 1121 c.c. riconosce ai condòmini dissenzienti (e ai loro eredi e aventi causa), in caso di innovazioni gravose o voluttuarie, il diritto potestativo di partecipare successivamente ai vantaggi delle innovazioni stesse, contribuendo “pro quota” alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera ragguagliate al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti in danno dei condòmini che hanno assunto l’iniziativa dell’opera”.
Un singolo condomino e/o un gruppo di condòmini potrà anche scegliere di percorrere la strada dell’installazione di un ascensore come opera “personale” ex art. 1102 c.c. (applicabile al condominio negli edifici in virtù del richiamo di cui all’articolo 1139 c.c.) anziché quella di provocare una delibera assembleare obbligatoria per i dissenzienti.
L’articolo in parola riconosce, dunque, al singolo condomino il diritto di modificare, a proprie spese, le parti comuni per un miglior godimento della sua proprietà esclusiva, con i soli divieti di non alterarne la destinazione d’uso e di non impedire agli altri di farne parimenti uso e di utilizzare le parti comuni in maniera esclusiva. Può pertanto affermarsi che, nel rispetto dei suddetti limiti, il condomino può modificare e innovare le parti comuni a sue spese e quindi anche installare un ascensore.
Sul punto, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1781 del 12 febbraio 1993 afferma espressamente che: “La norma dell’articolo 1120 c.c., nel richiedere che le innovazioni delle cose comuni siano approvate dai condòmini con determinate maggioranze, mira essenzialmente a disciplinare l’approvazione di innovazioni che comportino per tutti i condòmini delle spese, ripartite su base millesimale; ove non si faccia questione di spese, torna applicabile la norma di cui all’articolo 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso secondo il loro diritto, e a tal fine, può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie al miglior godimento della cosa comune, come applicare nella tromba delle scale dell’edificio condominiale un ascensore ponendolo a disposizione degli altri condòmini”.
Quindi, ai sensi del citato artico 1102 c.c., il diritto del singolo condomino di modificare a sue spese le parti comuni, e come suddetto, di installarvi un impianto ascensore, trova espresse limitazioni nella variazione della destinazione d’uso delle parti comuni e nell’impedimento agli altri condòmini di fare parimenti uso delle medesime, come pure nella sottrazione del bene all’utilizzo comune asservendolo all’uso esclusivo.
Per quanto attiene alla modifica della destinazione del bene comune, l’installazione di un ascensore in un vano scale e o in un cortile comune – originariamente sprovvisti – solitamente comporta una modifica dei luoghi, pur senza variare la destinazione d’uso del vano (che rimane quella originaria di ospitare la rampa delle scale e dare aria e luce a questa ed agli appartamenti che vi si affacciano), o del cortile che permane quella di un bene a servizio del fabbricato per le varie necessità manutentive o di vita quotidiana. Anche in considerazione del fatto che spesso un impianto ascensore non occupa tutto il vano scale o tutto il cortile lasciando ampio spazio per gli altri usi.
L’impedimento agli altri di fare “parimenti uso” della cosa comune e/o l’asservimento all’uso esclusivo è stato superato (nella molta giurisprudenza espressasi al riguardo) nella prefigurata possibilità agli altri condòmini di partecipare in qualunque tempo alla comunione dell’impianto.
Così la Cassazione nella sentenza n. 1529 del 11 febbraio 2000: “L’installazione di un ascensore in un edificio in condomino che ne sia sprovvisto, può essere attuata, riflettendo un servizio suscettibile di utilizzazione separata, anche a cura e spese di taluni condòmini soltanto, purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto ed in quelle di manutenzione dell’opera”.
Ancora la Cassazione nella sentenza n. 20902 del 8 ottobre 2010: “In tema di condominio negli edifici, in caso di installazione dell’ascensore a cura e spese solo di alcuni condòmini, la limitazione, per alcuni condòmini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell’andito occupati dall’impianto di ascensore, non rende l’innovazione lesiva del divieto posto dall’art. 1120, comma 2, c.c. ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dalla innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo. Ciò, in quanto il concetto di inservibilità espresso nell’art. 1120 cit. va interpretato come sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ritraeva secondo l’originaria costituzione della comunione, con la conseguenza che pertanto devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condòmini tranne uno, comportino per quest’ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità“.
Ai sensi dell’articolo 1120 c.c. ultimo comma, sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio ala stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Per corrente giurisprudenza, i limiti di cui all’articolo 1120 c.c. sono applicabili nell’ambito di opere eseguite dal singolo condomino ex art. 1102 c.c.. Per quanto attiene all’inservibilità del vano scale o della corte comune da parte di quei condòmini che eventualmente non partecipano alla comunione dell’impianto ascensore o non né hanno interesse varranno le considerazioni di cui sopra.
A proposito del decoro architettonico, è interessante riportare la massima della Corte di Cassazione nella sentenza n. 18334 del 25 ottobre 2012, a mente della quale: “La verifica, ai sensi dell’art. 1120, ultimo comma, cod. civ., se l’installazione di un ascensore nell’atrio di uno stabile condominiale rechi pregiudizio, oltre che alla stabilità o la sicurezza del fabbricato, al decoro architettonico dell’edificio, nonché all’uso o godimento delle parti comuni ad opera dei singoli condòmini, implica una valutazione anche in ordine alla ricorrenza, o meno, di un deprezzamento dell’intero immobile, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità. Nel compiere tale verifica, inoltre, è necessario tenere conto del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Corte cost. sentenza 167 del 1999)”.
L’installazione dell’ascensore è da ritenersi illegittima quando lesiva dell’altrui proprietà esclusiva o pregiudizievole del valore della medesima. Così la Corte di Cassazione del 25 giugno 1994 n. 6109 ha ritenuto che: “L’installazione di un ascensore non può comportare un pregiudizio intollerabile o un danno apprezzabile ad un singolo condomino, nel qual caso, l’innovazione non può essere considerata legittima e ciò anche se l’ascensore viene installato a norma dell’articolo 3 della legge 09/01/1989 n. 13 (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano dichiarato la nullità della deliberazione adottata a maggioranza in base all’art. 2 legge n. 13 del 1989 cit. di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava peraltro un sensibile deprezzamento dell’unità).
Diversa fattispecie è costituita dalla casistica – apparentemente simile, ma sostanzialmente diversa – della sostituzione dell’impianto ascensore vetusto con uno nuovo. In quest’ultimo caso, la norma di riferimento è l’articolo 1124 c.c. oggi espressamente derubricato “Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori” secondo in testo modificato dalla legge di riforma dell’istituto del condominio, legge 220/2012. Così, a norma del prefato disposto, gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono e la relativa spesa è suddivisa tra essi per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo, secondo quella che tradizionalmente viene chiamata “tabella ascensore”.
Pertanto, per l’acquisto di un ascensore nuovo in uno stabile originariamente sprovvisto concorrono tutti i condòmini (che ne hanno una possibilità di utilizzo) sulla base dei millesimi generali di proprietà, mentre per l’acquisto di ascensore in sostituzione di uno precedente, o per una sua sostanziale manutenzione, concorrono i condòmini sulla base del millesimo ascensore ex art. 1124 c.c., dunque con una maggior spesa per i piani alti. La logica giuridica del suddetto complesso di norme sta nel fatto che nel caso di sostituzione di un impianto preesistente concorrono più i piani alti in quanto quelli che potenzialmente hanno contribuito alla maggior usura dell’ascensore, circostanza che non si verifica viceversa nel caso di acquisto di un impianto in uno stabile originariamente privo. Per completezza, va aggiunto che la sostituzione di un impianto avverrà sempre con nuovi componenti “a norma”, dunque anche in tal caso opererà pienamente il disposto del nuovo art. 1124 c.c..
Sul punto molto esaustiva la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5975 del 25 marzo 2004, ove è stato affermato che: “In tema di condominio di edifici la regola posta dall’art. 1124 c.c. relativa alla ripartizione delle spese di manutenzione a ricostruzione delle scale (per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzione di piano, per l’altra metà in misura proporzionale alla altezza di ciascun piano dal suolo) è applicabile per analogia, ricorrendo l’identica ratio, alle spese relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore già esistente. Nell’ipotesi, invece, d’installazione ex novo dell’impianto dell’ascensore trova applicazione la disciplina dell’art. 1123 c.c. relativa alla ripartizione delle spese per le innovazioni deliberate dalla maggioranza (proporzionalità al valore della proprietà di ciascun condomino)”.
Il suddetto principio trova pieno accoglimento nei riformati art. 1120 e 1124 c.c..
La compagine condominiale che intende procedere all’installazione dell’ascensore potrà darsi, convenzionalmente – con accordo unanime – una diversa regolamentazione per la ripartizione delle spese tanto d’installazione quanto di manutenzione o ricostruzione; difatti si ritiene la disciplina della ripartizione delle spese condominiali suscettibile di deroga negoziale (vedi conformemente Cassazione n. 6499 del 6 novembre 1986 e n. 2833 del 25 marzo 1999).
Nel caso vi siano dei condòmini che vengano estraniati temporaneamente dalla spesa, risulterebbe opportuno adeguarsi ai suddetti criteri legislativi, in quanto coloro che eventualmente subentreranno ben potrebbero addurre la non vicolatività dell’accordo in deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese, specie se comportante per loro una maggior spesa. Difatti, il Giudice di Pace di Bari del 13 ottobre 2011, nella sentenza n. 5632, ha ritenuto congrua la determinazione della quota d’ingresso sulla base delle tabelle millesimali ex art. 1123 c.c., e non con altro criterio.